Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-12-05, n. 201705742

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-12-05, n. 201705742
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201705742
Data del deposito : 5 dicembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/12/2017

N. 05742/2017REG.PROV.COLL.

N. 00678/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso di registro generale n. 678 del 2016, proposto dal Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

F V, rappresentato e difeso dall'avvocato A L, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Ombrone, 12/B;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Puglia, Bari, Sezione II, n. 1494 del 12 novembre 2015, resa tra le parti, concernente la mancata ammissione alle prove orali dell’esame di abilitazione della professione di avvocato per l'anno 2014.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del dott. F V;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 novembre 2017 il consigliere D D C e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Pio Marrone e l’avvocato Vergerio Di Cesana (su delega dell’avvocato Loiodice);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla mancata ammissione del dott. F V alla prova orale dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato, sessione 2014, in considerazione del punteggio insufficiente ottenuto in due delle tre prove d’esame: 25 al parere motivato di diritto civile;
30 al parere motivato di diritto penale;
27 all’atto giudiziario (cfr. verbale del 30 gennaio 2015 della IV Sottocommissione per gli esami di Avvocato costituita presso la Corte di Appello di Firenze).

2. Il T.a.r. per la Puglia, Bari, Sezione II, n. 1494 del 12 novembre 2015 ha:

a) accolto il ricorso reputando fondata la seconda censura (Violazione di legge – Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990 – Eccesso di potere per difetto di motivazione – Violazione del principio di trasparenza dell’azione amministrativa), concernente l’illegittimità del procedimento riguardante la valutazione negativa delle prove scritte, giacché sugli elaborati non erano presenti né motivazione né segni grafici di correzione, idonei a giustificare il semplice voto numerico ad essi assegnato. Il T.a.r. ha fondato la propria decisione sull’interpretazione della norma transitoria di cui alla legge n. 247 del 2012, che, nel differire l’applicazione dell’art. 46 della medesima, laddove sancisce l’obbligo di motivazione in sede di giudizi valutativi negli esami di Avvocato, non esclude l’obbligo di indicare comunque una forma di esplicitazione della motivazione che vada oltre la semplice indicazione numerica, in considerazione di dare atto del rispetto dei criteri di valutazione predisposti dalla Commissione centrale dell’esame di avvocato prima dell’inizio delle correzioni;

b) assorbito le tre ulteriori censure con cui sono stati dedotti:

b1) Violazione dell’art. 1 bis, comma 9, del d.l. n. 112/2003, convertito dalla legge n. 180/2003;
violazione della circolare del 2.12.2013 con la quale la Commissione centrale presso il Ministero della giustizia ha comunicato i criteri di valutazione da osservare nella correzione dei compiti;
eccesso di potere per travisamento ed erronea presupposizione;

b2) Violazione dei principi di collegialità;
violazione degli artt. 17 bis, comma 2 e 23, comma 5, del R.D. n. 37/1934;
del d.l. n. 112/2003;
dell’art. 6 del DM 2.9.2003;
eccesso di potere;
difetto di istruttoria;
arbitrarietà;
manifesta illogicità;

b3) Violazione di legge;
violazione dell’art. 97 della Costituzione;
eccesso di potere;
disparità di trattamento;
violazione del principio di imparzialità;
illogicità.

3. Avverso tale decisione il Ministero della giustizia ha proposto – con ricorso ritualmente notificato e depositato - un unico complesso motivo di appello per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241/1990, nonché degli artt. 17 bis, 23 e 24 r.d. n. 3722/1934, del comma 9 dell’art. 22 del R.D.L. 27.11.1933, n. 1578, come sostituito, da ultimo, dall’art. 1 bis del D.L. 21.5.2003, n. 112, convertito dalla legge 18.7.2003, n. 180, degli artt. 46 e 49 della legge 31.12.2012, n. 247, illogicità manifesta della sentenza, deducendo, in sintesi, che:

a) “ i criteri normativamente previsti, specificati dalla Commissione Centrale, e recepiti dalla Sottocommissione competente, sono assolutamente adeguati allo scopo di enucleare le carenze idonee alla declaratoria di inidoneità dei candidati ”, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti;

b) con la sentenza n. 175/2011 la Corte Costituzionale ha, pertanto, dichiarato “ la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale degli art. 17 bis, comma 2, 23, comma 5, 24, comma 1 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37, come novellato dal d.l. n. 112 del 2003, nella parte in cui essi, secondo il diritto vivente, consentono che i giudizi di non ammissione dei candidati che partecipano agli esami di abilitazione all'esercizio della professione forense possano essere motivati con l'attribuzione di un mero punteggio numerico ”.

4. Il dott. F V si è costituito in giudizio deducendo, da un lato, l’inammissibilità, l’improcedibilità, l’irricevibilità e infondatezza del gravame, e dall’altro, riproponendo i motivi implicitamente assorbiti dal T.a.r..

5. Con decreto monocratico n. 356 del 1 febbraio 2016, poi confermato con ordinanza n. 660 del 26 febbraio 2016, questo Consiglio ha accolto l’istanza cautelare dell’amministrazione ed ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata.

6. L’appellante ha depositato una memoria difensiva in data 13.10.2017 e alla pubblica udienza del 30 novembre 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

7. L’appello è fondato e va accolto.

7.1. La questione rilevante concerne la sufficienza del voto numerico nella correzione degli elaborati scritti, in presenza di criteri generali stabiliti dalla Commissione, nel periodo di vigenza dell’art. 49 della legge n. 247 del 2012.

7.2. Quanto già ritenuto in sede cautelare è coerente con la giurisprudenza amministrativa che - anche sulla scorta delle decisioni della Corte costituzionale n. 20 del 2009 e n. 175 del 2011, (che hanno qualificato tale indirizzo come diritto vivente conforme ai parametri costituzionali del giusto processo, del diritto di difesa, della buon andamento della P.A. nonché di quelli sanciti dagli artt. 3, 4, 24, 41, 97 e 117 Cost.) - ha affermato la sufficienza della espressione del voto in forma numerica.

Sul punto si osserva quanto segue:

a) in linea generale, ai fini della verifica di legittimità dei verbali di correzione e dei conseguenti giudizi, non occorre l'apposizione di glosse, segni grafici o indicazioni di qualsivoglia tipo sugli elaborati in relazione a eventuali errori commessi;
solo se mancano criteri di massima e parametri di riferimento cui raccordare il punteggio assegnato, si può ritenere illegittima la valutazione dei titoli in forma numerica (Cons. Stato, Sez. VI, n. 5639 del 2015;
Cons. Stato, Sez. VI, n. 913 del 2011);

b) anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 3, l. n. 241 del 1990, i provvedimenti della commissione esaminatrice che valutano negativamente le prove scritte vanno considerati di per sé adeguatamente motivati quando si fondano su voti numerici, attribuiti in base ai criteri da essa predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, valendo comunque il voto a garantire la trasparenza della valutazione (Cons. Stato, Sez. IV, n. 2557 del 2010);

c) in sede di valutazione degli elaborati scritti presentati dai candidati agli esami di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato non è richiesta, da parte della competente commissione, l'apposizione di glosse, di segni grafici o di indicazioni di qualsiasi tipo, sui verbali relativi alle operazioni di correzione, non avendo detti verbali la finalità di rendere edotti i candidati degli eventuali errori commessi, ma unicamente di dar conto del giudizio espresso con il punteggio numerico (Cons. Stato, Sez. IV, n. 445 del 2010);

d) i provvedimenti della commissione esaminatrice che rilevano l'inidoneità delle prove scritte e non ammettono all'esame orale il partecipante agli esami per l'abilitazione all'esame di avvocato vanno di per sé considerati adeguatamente motivati, quando si fondano su voti numerici, attribuiti in base ai criteri da essa – o comunque dalla competente commissione centrale istituita presso il Ministero della giustizia - predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti e senza, dunque, che sia ipotizzabile la necessità della "predisposizione di una griglia" volta a chiarire il significato del voto attribuito in rapporto ai predeterminati criteri di valutazione (Cons. Stato, sez. IV, n. 2544 del 2010);

e) in materia di esami di abilitazione per l'accesso alla professione forense, " allorquando si procede con l'attribuzione di un giudizio di valore, come è nella valutazione di un elaborato, non si è nel campo della discrezionalità amministrativa, ma in quello della discrezionalità tecnica, nell'ambito della quale, non sussistendo una scelta fra opposti interessi, non vi è luogo ad una motivazione, che è invece l'espressione tipica della spiegazione di una scelta amministrativa " (per tutte, Cons. Stato, sez. IV, n. 4040 del 2016);

f) nessun argomento di segno contrario alla consolidata giurisprudenza, in punto di sufficienza dell'espressione numerica, può trarsi dall'articolo 46, comma 5, della l. n. 247 del 2012, in quanto detta norma non risulta applicabile per il termine dilatorio contenuto nel successivo articolo 49 della legge medesima (Cons. Stato, sez. IV, n. 4040 del 2016);

g) i principi innanzi illustrati sono stati consolidati, da ultimo, dall'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato che, con la sentenza 20 settembre 2017 n. 7, ha confermato la validità del principio generale, osservando conclusivamente che: “… l'art. 49 della L. n. 247 del 2012 esclude l'applicazione dell'art. 46, comma 5, della stessa legge, e la predetta norma transitoria non appare affetta da alcuna forma di manifesta irragionevolezza od irrazionalità;
nella vigenza dell'art. 49 della L. n. 247 del 2012 i provvedimenti della commissione esaminatrice degli aspiranti avvocati, che rilevano l'inidoneità delle prove scritte e non li ammettono all'esame orale, vanno di per sé considerati adeguatamente motivati anche quando si fondano su voti numerici, attribuiti in base ai criteri da essa predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, valendo comunque il voto a garantire la trasparenza della valutazione
”;

h) non sfugge che la Corte costituzionale, con la pronuncia n. 310 del 2010, ha affermato che è incostituzionale la legge che esclude l’onere della motivazione, ma essa non si attaglia alla legittimità del punteggio numerico in sede di valutazione delle prove di esame, essendosi la Corte espressa in relazione agli atti sanzionatori;
con tale pronuncia, in particolare, la Corte ha ritenuto che “ È costituzionalmente illegittimo l'art. 14, comma 1, d.lg. 9 aprile 2008 n. 81, in materia di tutela della salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro (come sostituito dal d.lg. n. 106 del 2009), nella parte in cui, stabilendo che ai provvedimenti di sospensione dell'attività imprenditoriale previsti dalla citata norma non si applicano le disposizioni di cui alla l. 7 agosto 1990 n. 241, esclude l'applicazione ai medesimi provvedimenti dell'art. 3, comma 1, che impone l'obbligo di motivazione del provvedimento amministrativo. L'obbligo di motivare i provvedimenti amministrativi, infatti, non soltanto è diretto a realizzare la conoscibilità, e quindi la trasparenza, dell'azione amministrativa, ma anche, nel contempo, da un lato, costituisce corollario dei principi di buon andamento e d'imparzialità dell'amministrazione e, dall'altro, consente al destinatario del provvedimento, che ritenga lesa una propria situazione giuridica, di far valere la relativa tutela giurisdizionale ”;
il principio enucleabile da tale pronuncia è quindi riferibile a disposizioni aventi carattere sanzionatorio, sicché non può estendersi a procedimenti d’indole diversa come quello di valutazione delle prove di un concorso;
del resto, " il criterio prescelto dal legislatore per la valutazione delle prove scritte nell'esame di abilitazione, nella varietà della graduazione attraverso la quale si manifesta, esterna una valutazione che, sia pure in modo sintetico, si traduce in un giudizio di sufficienza o di insufficienza, variamente graduato a seconda del parametro numerico attribuito al candidato, che non solo stabilisce se quest'ultimo ha superato o meno la soglia necessaria per accedere alla fase successiva del procedimento valutativo, ma dà anche conto della misura dell'apprezzamento riservato dalla commissione esaminatrice all'elaborato e, quindi, del grado di idoneità o inidoneità riscontrato " (cfr. Corte cost., n. 175 del 2011).

8. Nella specie, la Commissione ha attribuito voti numerici in base a criteri predeterminati e tale espressione di voto va di per sé considerata adeguatamente motivata, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, valendo comunque il voto a garantire la trasparenza della valutazione.

9. Vanno ora scrutinate le censure, assorbite dal giudice di primo grado, e riproposte dalla parte appellata nel presente grado.

9.1. Con il primo motivo di ricorso il candidato ha lamentato la violazione dell’art. 22, comma 9 del R.D.L. n. 1578 del 1993, come modificato dall’art. 1 bis del d.l. n. 112/2003, convertito dalla legge n. 180/2003;
la violazione della circolare del 2.12.2013 con la quale la Commissione centrale presso il Ministero della giustizia ha comunicato i criteri di valutazione da osservare nella correzione dei compiti;
l’eccesso di potere per travisamento e l’erronea presupposizione. In particolare, sono state censurati il mancato rispetto dei criteri di valutazione stabiliti dalla Commissione centrale e la mancanza di collegamento tra questi criteri e le conseguenti concrete modalità di attribuzione del punteggio, nonché l’impossibilità di desumere dalla comparata lettura dell’elaborato e dei predefiniti criteri, le ragioni concrete dell’attribuzione di quel punteggio piuttosto che di un altro. A sostegno delle proprie pretese il ricorrente si è giovato anche di pareri resi da due professori e un avvocato cassazionista, versati in atti.

9.1.1. Il motivo è privo di pregio.

9.1.2. Come chiarito in precedenti arresti giurisprudenziali specifici in materia (Consiglio di Stato, sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 871;
sez. IV, 23 maggio 2016, n. 2110;
sez. IV, 19 febbraio 2007, n. 5468;
da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, n. 11/2017), alle cui motivazioni ci si riporta a mente degli artt. 74 e 88, comma 2, lett. d) del c.p.a., costituisce jus receptum il principio secondo il quale “ le valutazioni espresse dalle Commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso, seppure qualificabili quali analisi di fatti (correzione dell'elaborato del candidato con attribuzione di punteggio o giudizio) e non come ponderazione di interessi, costituiscono pur sempre l'espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l'idoneità tecnica e/o culturale, ovvero attitudinale, dei candidati, con la conseguenza che le stesse valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico od un errore di fatto, o ancora una contraddittorietà ictu oculi rilevabile. Ne consegue che il giudicante non può ingerirsi negli ambiti riservati alla discrezionalità tecnica dell'organo valutatore (e quindi sostituire il proprio giudizio a quello della Commissione), se non nei casi in cui il giudizio si appalesi viziato sotto il profilo della logicità, vizio la cui sostanza non può essere confusa con l'adeguatezza della motivazione, ben potendo questa essere adeguata e sufficiente e tuttavia al tempo stesso illogica;
stante, invero, il diverso rilievo ed ambito concettuale, che assumono i due vizi, l'uno non può essere arbitrariamente dedotto dall'altro e, soprattutto, un giudizio critico negativo reso dalla Commissione esaminatrice mediante punteggio numerico non risulta affetto né da profili di insufficienza, né da profili di irrazionalità solo perché il giudice, senza rilevare alcuna concreta eclatante discrasia tra la votazione negativa attribuita e il contenuto degli elaborati, decida di sostituire (indebitamente) la propria competenza a quella specifica riconosciuta dall'ordinamento alla Commissione, invadendo gli ambiti di discrezionalità tecnica alla stessa riservati
”.

9.1.3. Nelle decisioni sopra richiamate è stato, infatti, condivisibilmente osservato che:

I) il sindacato di legittimità del giudice amministrativo è limitato al riscontro del vizio di eccesso di potere per manifesta illogicità, con riferimento ad ipotesi di erroneità o irragionevolezza riscontrabili ab externo e ictu oculi dalla sola lettura degli atti;

II) il punteggio numerico vale come sintetica motivazione (cfr. riassuntivamente, per tutte, sez. V, 26 maggio 2015, n. 2629;
Corte cost., 8 giugno 2011, n. 175;
Corte cost., 1° agosto 2008, n. 328, relativa al concorso notarile, cui si rinvia a mente degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d), c.p.a.).

III) la contestazione dell’osservanza dei criteri generali fissati Commissione centrale si risolve, in mancanza della rappresentazione di elementi controfattuali certi ed obiettivamente apprezzabili, in una surrettizia riaffermazione della tesi della insufficienza del punteggio numerico (Consiglio di Stato, sez. IV n. 4035 del 2016, C.g.a. n. 317 del 2012;
sez. IV 8628 del 2009;
Corte cost., n. 175 del 2011, cui si rinvia sempre a mente degli artt. 74 e 88, comma 2, lett. d) del c.p.a.).

9.1.4. Il ricorrente, nella specie, ha cercato di supportare la critica ai giudizi espressi dalla Commissione giovandosi dei pareri espressi da due professori e un avvocato cassazionista, nonché ragguagliando le soluzioni offerte nei propri elaborati a quelle pubblicate, all’indomani dell’esame, sul sito della rivista “Altalex”. Ciò, tuttavia, in assenza di qualsivoglia allegazione e dimostrazione di circostanze fattuali certe e obiettivamente riscontrabili da cui inferire l’effettiva sussistenza del vizio di eccesso di potere per manifesta illogicità, erroneità, irragionevolezza o abnormità di giudizio.

9.1.5. Un tale modo di procedere si risolve, pertanto, in un inammissibile sindacato di merito che, nell’ordine:

a) travalica il giudizio di legittimità;

b) impinge nella lata discrezionalità dell’amministrazione (che, come è noto, è sindacabile esclusivamente nelle ipotesi di manifesta irragionevolezza/abnormità);

c) collide con il principio di infungibilità dei giudizi emessi dalle commissioni valutative.

9.2. Col terzo motivo di ricorso il candidato ha contestato la violazione del principio di collegialità, la violazione degli artt. 17 bis, comma 2 e 23, comma 5, del R.D. n. 37/1934;
del d.l. n. 112/2003;
dell’art. 6 del DM 2.9.2003;
l’eccesso di potere;
il difetto di istruttoria;
l’arbitrarietà e la manifesta illogicità, in ragione dell’insufficienza del tempo dedicato alla correzione di ciascun elaborato, quantificato in una media di circa quattro minuti e 10 secondi per ciascuno di essi.

9.2.1. Anche questo mezzo non ha fondamento.

9.2.2. Il Collegio condivide il maggioritario orientamento ( ex multis , Consiglio di Stato, VI, 11 dicembre 2013, n. 5497;
id., VI, 1 febbraio 2013, n. 614;
id., IV, 23 febbraio 2012, n. 970;
id., VI, n. 1411/2015, cui si rinvia a mente degli artt. 74 e 88, comma 2, lett. d) del c.p.a.) secondo cui non è sindacabile in sede di legittimità la congruità del tempo dedicato dalla commissione giudicatrice alla valutazione delle prove d'esame di candidati. Ciò sulla base delle seguenti plurime considerazioni:

I) in primo luogo, manca una predeterminazione, sia pure di massima, ad opera di legge o di regolamenti, dei tempi da dedicare alla correzione degli scritti;

II) in secondo luogo, non è possibile, di norma, stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato;

III) in terzo luogo, perché le medie temporali risultano scarsamente significative laddove siano state effettuate in base a un computo meramente presuntivo, derivante dalla suddivisione della durata di ciascuna seduta per il numero dei concorrenti o degli elaborati esaminati.

9.3. Con il quarto e ultimo motivo di ricorso il dott. V ha censurato la violazione di legge e l’eccesso di potere per disparità di trattamento;
la violazione del principio di imparzialità e l’illogicità, asserendo di essersi confrontato con altri candidati, risultati vittoriosi, e di avere appurato l’identità delle soluzioni dagli stessi proposte rispetto a quelle proprie, non positivamente valutate.

9.3.1. Anche questo motivo non merita accoglimento.

9.3.2. In primo luogo, va ritenuta l’inammissibilità, per genericità, della censura dedotta ai sensi dell’art. 40, comma 1, lett. c) del c.p.a., giacché assolutamente carente dei motivi specifici a sostegno e, segnatamente, per l’omessa indicazione, prima facie , dei candidati in comparazione.

9.3.3. Nel merito, ad ogni modo, la censura non coglie nel segno.

9.3.4. Il Collegio condivide, sul punto, l’orientamento già chiaramente espresso da questo Consiglio di Stato (Sezione IV, n. 11/2017), cui ci si richiama ai sensi degli artt. 74 e 88, comma 2, lett. d) del c.p.a., da cui possono trarsi importanti corollari:

I) le competenze della commissione sono l’espressione di una scienza non sindacabile da pareri di terzi, a meno che non venga prospettata con precisione e giustificazione probatoria la sussistenza delle note figure dell’illogicità, dell’irrazionalità e del radicale travisamento dei fatti;
di conseguenza, la pretesa disparità di trattamento nella correzione degli elaborati non consente quello che viene definito un sindacato “forte” del giudice amministrativo sulla medesima discrezionalità tecnica (Cons. Stato, v, n. 5085/16 cit.);

II) in assenza della dimostrazione di un vizio, ictu oculi rilevabile, di manifesta illogicità o abnorme irrazionalità, non è sindacabile l’asserita disparità di trattamento del candidato ricorrente rispetto: 1) ai candidati giudicati da altre Commissioni che hanno deciso autonomamente di apporre glosse o segni grafici;
2) ad altri candidati risultati idonei che avrebbero seguito la medesima soluzione del ricorrente;

III) rimane, comunque, inammissibile l’ipotesi del confronto diretto tra gli elaborati ad opera del giudice, essendo, il giudizio valutativo espresso dalla Commissione, oltre che connotato da ampia discrezionalità tecnica, anche sintetico e omnicomprensivo sui tre elaborati.

10. In conclusione, l’appello va accolto mentre sono respinte le censure riproposte dall’intimato. Pertanto, in riforma della sentenza appellata, è respinto il ricorso proposto dinanzi al T.a.r.

11. Le spese seguono la soccombenza, con condanna dell’appellato al pagamento in favore del Ministero delle spese del doppio grado di giudizio, secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014.

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