Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-06-07, n. 202104333

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-06-07, n. 202104333
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202104333
Data del deposito : 7 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/06/2021

N. 04333/2021REG.PROV.COLL.

N. 03226/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3226 del 2020, proposto dal signor PO EI, rappresentato e difeso dall'avvocato Alessandra Cagnazzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



contro

Ministero della giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;



nei confronti

HE AM, non costituito in giudizio;



per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 263 del 10 gennaio 2020, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 maggio 2021 il consigliere Giuseppe Rotondo, nessuno presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. La controversia sottoposta all’esame di questo Consiglio involge lo scrutinio di legittimità del verbale n. 18 del 19 gennaio 2017 della commissione esaminatrice del concorso a 500 posti di notaio indetto con d.m. 21 aprile 2016, nella parte in cui, in relazione alla busta n. 9 (riferibile al dott. PO EI), reputa l’elaborato concernente la redazione di un atto di diritto commerciale inter vivos gravemente insufficiente per le ragioni esposte nella allegata scheda ai nn. 3, 6 e 8 e conseguentemente, prescinde dalla correzione degli altri due elaborati (ricorso principale affidato a 3 autonomi motivi ed un successivo secondo atto di motivi aggiunti).

2. L’appellante, pertanto, all’esito della correzione del primo degli elaborati scritti, consistente nella redazione di un atto di diritto commerciale, è stato dichiarato “non idoneo” dalla Commissione e non ammesso, pertanto, a sostenere la prova orale.

3. Esercitato l’accesso in data 5 marzo 2018, l’istante proponeva ricorso dinanzi al T.a.r. per il Lazio avverso il giudizio di non idoneità, ivi censurando i giudizi della Commissione esaminatrice (in relazione all’elaborato inter vivos di diritto commerciale) perché ritenuti “manifestamente erronei, illogici ed illegittimi”. Lamentava inconguità e irragionevolezza dell’operato della Commissione in relazione al testo della traccia e ai criteri valutativi; genericità dei criteri stabiliti dalla commissione, tradotti nelle c.d. “motivazioni standard”, in larga parte sovrapponibili; omessa specificazione degli errori di grammatica e sintassi, nonché la mancanza di qualsivoglia segno grafico sull’elaborato; la mancata esplicitazione delle ragioni sottese al giudizio di non idoneità.

4. Con il primo atto di motivi aggiunti, l’interessato impugnava, altresì, la graduatoria definitiva dei vincitori, pubblicata in data 19 febbraio 2019, articolando a sostegno del gravame le medesime censure già poste a base del ricorso introduttivo del giudizio, nonché nuove censure a sostegno dei gravami già presentati; in particolare, avversava la nomina del componente la Commissione giudicatrice nominato con decreto dirigenziale del 17 febbraio 2017 in sostituzione di altro componente, il quale a suo dire, non avrebbe potuto prendervi parte in quanto “attinto da condanna penale”.

5. Si costituiva nel giudizio di primo grado il Ministero della giustizia.

6. Il T.a.r., con la sentenza n. 263 del 6 novembre 2019, respingeva con esaustiva motivazione il ricorso principale e il primo atto di motivi aggiunti; dichiarava inammissibile il secondo atto di motivi aggiunti (tale capo non è stato impugnato in appello); condannava il ricorrente al pagamento delle spese di lite (euro 2.000,00)

7. Nel gravarsi avverso la sentenza del T.a.r. n. 263 del 2020 (con ricorso in appello affidato a sei autonomi mezzi, da pagina 5 a pagina 27), l’appellante (originario ricorrente e soccombente in primo grado) lamenta quanto segue:

7.1. erronea qualificazione del primo motivo di ricorso, che il T.a.r. avrebbe ridotto al mero “travisamento della traccia”, laddove era stata contestata la ragionevolezza e congruità dell’operato della Commissione in relazione al testo della traccia e ai criteri valutativi. Al riguardo, il “il parere pro veritate del Prof. Notaio M.d.F. avrebbe certamente illuminato il giudice di prime cure in relazione al verbale n. 18 del 19 gennaio 2017”;

7.2. errata considerazione della scheda allegata al verbale n. 18, contenente i giudizi della Commissione giudicatrice, come un “modello di documento nel quale sono presenti delle parti bianche oggetto di eventuale riempimento” giacché nella scheda delle c.d. motivazioni standard “non esisterebbero “parti bianche”, ma 17 celle tutte dattiloscritte recanti al loro interno frasi di senso compiuto”;

7.3. la commissione giudicatrice nelle “motivazioni standard” riporta presunti “errori ostativi”, peraltro mai specificati, commettendo una grave omissione di giudizio;

7.4. la scheda trasfusa nel verbale risulterebbe carente di motivazione, non riscontrandosi così quelle gravi insufficienze nell’elaborato dell’appellante;

7.5. se, come afferma in motivazione il giudice di prime cure, “la Commissione ha completato la scheda delle motivazioni standard solo nelle parti descritte degli errori ostativi nn. 3, 6 e 8”, allora essa avrebbe dovuto stralciare dal giudizio le parti che non riteneva di completare, avrebbe

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