Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-03-16, n. 201001519
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
N. 01519/2010 REG.DEC.
N. 09875/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso r.g.n. 9875/2009, proposto da:
B N C, rappresentato e difeso dagli avv.ti G O e M S, con domicilio eletto presso il secondo, in Roma, viale Parioli, 180;
contro
Comune di Portogruaro, in persona del sindaco in carica, n.c.;
nei confronti di
A T, rappresentato e difeso dagli avv.ti A B, S C e P V G, con domicilio eletto presso il secondo, in Roma, via di Porta Castello, 33; P R, R R, G M, G Marco Corilianò, Luciano Gradini, Luigi Geronazzo, Roberto Miglioranza, Renato Stival, Florio Favero, Alessandro Florean, tutti non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. Veneto, Venezia, sezione III, n. 02742/2009, resa tra le parti e concernente il verbale di proclamazione degli eletti al Consiglio comunale di Portogruaro .
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di A T;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2010, il Consigliere di Stato Aldo SCOLA ed uditi, per le parti costituite, gli avvocati Orsoni, Sanino e Corsini;
Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.
FATTO
A) - Il comune di Portogruaro, con una popolazione superiore a 15.000 abitanti, doveva eleggere 20 consiglieri comunali ed alle elezioni del 6 e 7 giugno 2009 si erano presentati A B, candidato alla carica di sindaco, e B N C, candidato alla carica di consigliere comunale per il “Partito Socialista”, collegato al candidato sindaco A B.
Nel primo turno A B, sostenuto da alcune liste, aveva ottenuto la percentuale del 43,1%, quale candidato alla carica di sindaco.
Nel turno di ballottaggio, alla coalizione collegata al sindaco A B si erano unite anche le liste “Rifondazione comunista-Sinistra Europea-Comunisti Italiani”, che avevano ottenuto al primo turno preferenze pari all’1,95 %, e la lista “Città del Lemene”, che aveva ottenuto al primo turno preferenze pari al 2,89 %.
Il 24 giugno 2009 A B veniva proclamato sindaco, avendo riportato nella tornata di ballottaggio 7245 preferenze, pari al 52,45 % dei voti (677 voti in più dell’altro candidato A T, che ne aveva riportati 6568, pari al 47,54 %).
Pertanto, alle liste di sostegno al sindaco Bertoncello avrebbero dovuto andare 10 dei 20 seggi a disposizione, in applicazione dell’art. 73, d.lgs. n. 267/2000, con assegnazione dell’ultimo seggio utile a B N C, candidato alla carica di consigliere comunale per il “Partito Socialista” e primo dei non eletti.
Ma l’Ufficio elettorale, applicando l’art. 73, comma 7, d.lgs. 267/2000, nel determinare la cifra elettorale delle liste collegate al sindaco, aveva escluso dal calcolo i voti riportati dalle liste unite che nel primo turno non avevano raggiunto il 3% delle preferenze, così attribuendo al gruppo delle liste collegate al sindaco A B 9 seggi (in luogo dei 10 attribuiti ex art. 73) ed al gruppo di liste collegate al candidato A T, erroneamente, 11 seggi (10 seggi + 1 per il candidato sindaco non eletto).
L’Ufficio elettorale era incorso, inoltre, secondo gli originari ricorrenti, in un’altra palese illegittimità nell’applicazione del metodo D’Hondt, non avendo detratto, dai seggi complessivamente attribuiti alle liste collegate, il seggio spettante al candidato sindaco non eletto, con suddivisione della cifra elettorale per 20 anziché per 19; donde il loro ricorso introduttivo al T.a.r. Veneto, proposto per violazione del principio del giusto procedimento e dell’art. 73, commi 7, 8 ed 11, d.lgs. n. 267/2000; eccesso di potere per difetto di presupposti, illogicità ed arbitrarietà , dato che lo sbarramento del 3% opererebbe solo nel primo turno elettorale, per cui le liste rimaste sotto la soglia avrebbero potuto concorrere alla ripartizione dei seggi, collegandosi ad una delle coalizioni ammesse al ballottaggio.
Si costituiva in giudizio il controinteressato A T, che resisteva al gravame, cui A B rinunciava e che veniva respinto dai primi giudici (dopo un’istanza cautelare accolta con decreto presidenziale monocratico ma poi respinta con ordinanza collegiale appellata e sospesa con decreto presidenziale monocratico emesso inaudita altera parte , ma poi confermata con ordinanza collegiale n. 4389/2009), con immediata lettura del dispositivo della sentenza in pubblica udienza , dandosi atto della rinuncia al ricorso da parte di A B e prescindendo dall’eccezione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse ad agire, basata sul rilievo che, nelle more del giudizio, in seguito alle dimissioni di undici consiglieri, le funzioni del Consiglio comunale erano state sospese ed era stato nominato un commissario prefettizio.
B) - Tale pronuncia veniva, poi, impugnata da B N C per:
1) violazione degli artt. 72 e 73, d.lgs. n. 267/2000 , avendo l’Ufficio elettorale ed il T.a.r. Veneto applicato un criterio di calcolo poi abbandonato dalla successiva giurisprudenza amministrativa (cfr. C.S., sez. V, dec. 6147/2006; dec. n. 2312/2004; dec. n. 1159/2009);
2) incostituzionalità del cit. art. 73, comma 7, e violazione degli artt. 3 e 97, Cost. (principi di eguaglianza, buon andamento e ragionevolezza dell’azione amministrativa);
3) erronea assegnazione di un seggio di consigliere comunale al candidato sindaco sconfitto al ballottaggio ed errata ripartizione dei seggi in Consiglio comunale (cfr. C.S., sez. V, dec. n. 8208/2003), in rapporto al perdurante interesse del C a coltivare il presente appello, il cui auspicato accoglimento implicherebbe la reintegrazione del Consiglio comunale di Portogruaro come precisato nei suoi scritti difensivi.
Dimessisi dall’incarico i consiglieri comunali eletti a sostegno di A T (insieme a lui) il Prefetto di Venezia, con proprio decreto (anch’esso impugnato), sospendeva le funzioni del Consiglio comunale e nominava un apposito commissario prefettizio, con successivo e definitivo scioglimento del Consiglio stesso mediante d.P.R. 3 novembre 2009 n. 42052, non impugnato dal C .
A T si costituiva in giudizio ed eccepiva la corretta impostazione dell’impugnata pronuncia, alla luce delle istruzioni ministeriali, della consolidata giurisprudenza e dei citati lavori parlamentari (cfr. C.S., sez. V, dec. n. 5653/2005 e dec. n. 3083/2003; Corte cost. , sent. n. 305/2004), nonché l’improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza d’interesse , atteso il sopraggiunto scioglimento del discusso organo consiliare .
All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione, previo abbandono della dedotta domanda cautelare.
DIRITTO
I) - La questione interpretativa da cui dipendeva la definizione della controversia era se, avuto riguardo al disposto dell’art. 73, comma 7, d.lgs. n. 267/2000, l'assegnazione dei seggi in caso di ballottaggio dovesse effettuarsi in rapporto a liste o gruppi di liste formatisi in vista del ballottaggio per l'elezione del sindaco ovvero, come ha ritenuto la p.a. nell’atto impugnato, in base ai risultati del primo turno elettorale: questione che vede la giurisprudenza prevalente orientata nel senso sostenuto dall’amministrazione.
Innanzitutto, l’art. 73, comma 8, d.lgs. n. 267/2000, dispone che “per