Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-01-28, n. 201900673
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Pubblicato il 28/01/2019
N. 00673/2019REG.PROV.COLL.
N. 01277/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1277 del 2008, proposto dal signor M M, rappresentato e difeso dall'avvocato M C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G F in Roma, via Girolamo Boccardo, n. 26;
contro
Il Comune di Anacapri, in persona del Sindaco
pro tempore
, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 5946/2007, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2019 il pres. Luigi Maruotti e udito l’avvocato Alessandro Damonte, su delega dichiarata dell’avvocato M C;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con istanza del 19 dicembre 1986 (formulata ai sensi della legge n. 47 del 1985), il signor Massimo Mennillo ha chiesto al Comune di Anacapri il rilascio di un provvedimento di condono, in relazione ad un manufatto realizzato in località Pastena.
Egli ha allegato all’istanza una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, indicativa della data di ultimazione del manufatto prima del 1° ottobre 1983.
2. Il Sindaco di Anacapri, con il provvedimento n. 10271 del 12 agosto 1996, ha respinto l’istanza, rilevando che non è risultata la data dell’ultimazione del manufatto, anteriore al 1° ottobre 1983.
3. Con il ricorso n. 8988 del 1996 (proposto al TAR per la Campania, Sede di Napoli), l’interessato ha impugnato il diniego di data 12 agosto 1996 e ne ha chiesto l’annullamento.
4. Il TAR, con la sentenza n. 5946 del 2007, ha respinto il ricorso.
5. Con il gravame in esame, l’appellante ha impugnato la sentenza del TAR ed ha chiesto che, in sua riforma, il ricorso di primo grado sia respinto.
Con l’articolato motivo d’appello, l’interessato ha dedotto che:
- contrariamente a quanto deciso dal TAR, si dovrebbe attribuire prevalente rilievo alla dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, indicativa della data di ultimazione del manufatto, rispetto alle risultanze del contratto di compravendita del fondo, di data 16 novembre 1985, nel quale non si è fatta menzione della esistenza del manufatto;
- il Comune avrebbe dovuto svolgere una più approfondita istruttoria prima di respingere l’istanza di condono;
- in violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, il TAR non si sarebbe potuto pronunciare sul rilievo di successive opere volte ad ampliare il manufatto de quo o a modificarne la destinazione.
6. Ritiene la Sezione che le censure così sintetizzate risultano palesemente infondate e vanno respinte.
6.1. Va premesso che, per la pacifica giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Sez. VI, 10 dicembre 2018, n. 6967 e n. 6944;Sez. VI, 29 gennaio 2008, n. 241), incombe sul richiedente il condono edilizio straordinario il fornire la rigorosa prova dell'effettivo completamento funzionale delle opere abusive, entro una delle date prese in considerazione dalle tre leggi sul condono (n. 47 del 1985, n. 724 del 1994, n. 326 del 2003).
Infatti, il privato a ciò interessato è l’unico soggetto a poter essere nella disponibilità di documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con ragionevole certezza l'epoca di realizzazione del manufatto (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 13 novembre 2018, n. 6367;Sez. IV 30 agosto 2018, n. 5101;Sez. VI 5 marzo 2018, n. 1391).
6.2. Ciò posto, osserva il Collegio che l’appellante non ha dimostrato, né in sede amministrativa né in sede giurisdizionale, che il manufatto sia stato realizzato entro la data del 1° ottobre 1983.
Da un lato, va considerata irrilevante la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, allegata alla originaria istanza di condono, poiché la legge n. 47 del 1985, così come le altre due leggi sul condono straordinario, non ha ad essa attribuito alcun rilievo probatorio (cfr. Sez. IV, 30 agosto 2018, n. 5098;Sez. IV, 25 maggio 2018, n. 3143;Sez. IV, 30 marzo 2018, n. 2020).
Dall’altro lato, risulta decisivo considerare – come ha correttamente evidenziato la sentenza impugnata - che nell’atto di acquisto del terreno di data 16 novembre 1985 non vi è alcuna menzione del manufatto in questione.
Peraltro, per dimostrare che alla data del 1° ottobre 1983 il manufatto fosse stato ultimato, nessun elemento probatorio di data tendenzialmente certa è stato fornito dall’interessato (quale sarebbe potuto essere un contratto di somministrazione di energia elettrica o di acqua o di gas, specificamente riguardante il manufatto in questione).
6.3. Poiché legittimamente il provvedimento impugnato in primo grado ha escluso l’esistenza del manufatto alla data del 1° ottobre 1983, è irrilevante l’osservazione con cui il TAR ha evidenziato che si sarebbe dovuto considerare a maggior ragione abusivo ogni ulteriore modifica del manufatto, effettuata sine titulo .
7. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto, perché manifestamente infondato.
Nulla per le spese, non essendosi costituito in giudizio il Comune appellato.