Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-12-19, n. 201807144

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-12-19, n. 201807144
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201807144
Data del deposito : 19 dicembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/12/2018

N. 07144/2018REG.PROV.COLL.

N. 06482/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6482 del 2016, proposto da
R S, rappresentato e difeso dall'avvocato F R, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Gian Giacomo Porro, 18;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avv. S S e domiciliata in Roma, via del Tempio di Giove, 21;
ASL Roma 2, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati B B e G M, con domicilio eletto in Roma, via Filippo Meda, 35;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. Lazio – Roma, Sezione II Ter , n. 08289/2016, resa tra le parti, concernente il divieto di prosecuzione dell’attività di pizzeria esercitata dal ricorrente.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e di ASL Roma 2;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2018 il Cons. A M e uditi per le parti gli avvocati F R e S S;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Roma Capitale ha vietato al sig. Simone Rossetti di proseguire “ l’attività di laboratorio di preparati di generi di pizzeria con vendita ” esercitata nel locale ubicato nella via Britannia 41 a causa dell’assenza di una canna fumaria per l’espulsione degli fumi sprigionati dall’esercizio della detta attività.

Ritendo il divieto illegittimo il sig. Rossetti l’ha impugnato con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – Roma, il quale, con sentenza 19 luglio 2016, n. 8289, lo ha respinto.

Avverso la sentenza ha proposto appello il sig. Rossetti.

Per resistere al gravame si sono costituite in giudizio Roma Capitale e la ASL – Roma 2.

Sia l’appellante sia Roma Capitale, con successive memorie hanno meglio illustrato le rispettive tesi difensive.

Con ordinanze 17 luglio 2017, n. 3489, 27 dicembre 2017, n. 6076 e 16 maggio 2018, n. 2905, questa Sezione ha disposto incombenti istruttori.

Con l’ultimo dei detti provvedimenti ha, in particolare, ordinato l’esecuzione di una verificazione “ tendente ad accertare se l’impianto tecnologico di smaltimenti dei fumi adottato dall’appellante sia idoneo alla stregua della normativa vigente a garantire la conservazione dei livelli di qualità dell’aria della città in alternativa alla via di fumo tradizionale e cioè mediante canna fumaria ”, demandando lo svolgimento dell’adempimento istruttorio all’I.S.P.R.A.

Eseguito l’incombente l’appellante e Roma Capitale hanno ulteriormente argomentato le proprie tesi.

Alla pubblica udienza del 13 dicembre 2018 la causa è passata in decisione.

In via preliminare va respinta l’eccezione con cui Roma Capitale deduce che l’appello sarebbe inammissibile in quanto privo di specifiche censure contro la sentenza.

Col ricorso, infatti, vengono mosse specifiche critiche all’impugnata sentenza.

Il gravame può quindi essere esaminato nel merito.

Ha carattere assorbente l’esame del motivo con cui l’appellante denuncia l’errore commesso dal Tribunale nel respingere il gravame pur avendo affermato che in base all’art. 12 del regolamento regionale n. 1 del 2009 è possibile “ utilizzare in alternativa alle canne fumarie altri strumenti o apparati tecnologici aspiranti e/o filtranti per lo smaltimento dei fumi la cui idoneità è accertata secondo la normativa vigente in materia ”.

In definitiva il giudice di prime cure avrebbe dovuto stabilire se l’amministrazione comunale, nel disporre la cessazione dell’attività, avesse correttamente applicato la normativa di settore, che le imponeva di verificare l’efficienza dell’impianto a carboni attivi utilizzato dall’appellante, tenuto anche conto che l’esercizio dell’attività era già stato a suo tempo autorizzato con sistema di smaltimento di fumi alternativo alla canna fumaria.

La doglianza è fondata.

La legge regionale 29 novembre 2006, n. 21 (recante, tra l’altro, norme per lo “ svolgimento delle attività di somministrazione di alimenti e bevande ”) dispone, all’art. 7, comma 2, che “ I comuni, con propri regolamenti, nel rispetto degli istituti di concertazione e partecipazione amministrativa, disciplinano in particolare:

(…)

d) l'utilizzo, da parte dei locali in cui si svolge attività di somministrazione di alimenti e bevande, di più moderni ed ecologicamente idonei strumenti o apparati tecnologici per lo smaltimento dei fumi, di preferenza senza immissione in atmosfera, e per la diminuzione dell'inquinamento acustico, con particolare riferimento ai centri storici ”.

Il regolamento regionale 19 gennaio 2009, n. 1, adottato in attuazione delle menzionata legge regionale, stabilisce, a sua volta, all’art. 12, che: “ 1. I comuni, nell'ambito degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi, garantiscono l'equilibrio tra le esigenze di tutela dei contesti urbani di particolare pregio artistico-architettonico e quelle di tutela della libera iniziativa economica e dei diritti acquisiti dagli esercizi già operanti all'interno dei contesti stessi.

2. Gli esercizi di cui al comma 1 possono utilizzare, in alternativa alle canne fumarie, altri strumenti o apparati tecnologici aspiranti e/o filtranti per lo smaltimento dei fumi, la cui idoneità è accertata secondo la normativa vigente in materia ”.

Infine l’art. 64 del regolamento di igiene del comune di Roma, approvato in data 2 gennaio 1949 e tuttora vigente, prevede che “ Nella città e nei centri abitati i fumaioli dovranno essere elevati al di sopra del fabbricato e, dove questo sia più basso di quelli contigui, prolungati sino ad una altezza sufficiente per evitare danno e incomodo ai vicini.

Sono eccettuati da questa disposizione i fumaioli delle stufe a coke ed a gas per il riscaldamento di singoli ambienti, purché non sbocchino sotto le finestre dei piani superiori.

Le canne fumarie dei forni, delle caldaie a vapore, dei caloriferi, dei focolai industriali ed impianti consimili dovranno essere totalmente esterne ed indipendenti da altre canne fumarie, tanto da escludere ogni danno ed incomodo agli abitanti.

Potrà tuttavia essere consentito che le canne fumarie di caloriferi domestici o di piccoli impianti industriali siano collocate nelle scale ovvero anche all'interno di muri corrispondenti a cucine, bagni o cessi, purché lo spessore del muro, ed i muri stessi abbiano intonaco interno o tubatura a perfetta tenuta.

L'Ufficio d'Igiene potrà anche prescrivere caso per caso, quando sia ritenuto necessario, l'uso esclusivo dei carboni magri o di apparecchi fumivori ”.

Alla luce del delineato quadro normativo deve escludersi, come già affermato dalla V Sezione di questo Consiglio di Stato, con sentenza 11 ottobre 2018, n. 5870, “ che per i locali commerciali in cui si svolge l'attività di gastronomia calda, in particolare nel caso di specie in cui la cottura dei cibi sia assicurata con piastre elettriche, sussista un obbligo inderogabile di convogliare i fumi e i vapori così sprigionati sulla sommità dell'edificio e di espellere gli stessi attraverso una canna fumaria ”.

Come correttamente dedotto dall'appellante, le disposizioni ora richiamate consentono lo smaltimento dei fumi attraverso l’utilizzo di apparati alternativi al sistema tradizionale mediate via fumaria, purché in grado di abbattere il livello delle emissioni inquinanti.

Al fine di un più chiara cognizione delle circostanze di fatto oggetto di controversia questa Sezione, con ordinanza 16 maggio 2018, n. 2905, ha disposto apposita verificazione a cura dell’I.S.P.R.A. all’esito della quale è emerso che i dispositivi di captazione e abbattimento dei fumi installati nel locale dell’appellante “ risultano validi come alternativa all’invio in canna fumaria … ”.

L’amministrazione capitolina ha contestato gli esiti della verificazione compiuta, tuttavia nella specie può prescindersi dal prendere posizione sulle critiche mosse all’attività del perito, atteso che il divieto di prosecuzione dell’attività adottato da Roma Capitale, risulta, comunque, illegittimo in quanto fondato soltanto sull’assenza di canna fumaria in assenza di qualunque verifica in ordine la possibilità di percorrere le vie alternative previste a livello regolamentare.

Da ciò discende l’erroneità dell’appellata sentenza che tale vizio non ha rilevato.

Il ricorso va, pertanto, accolto.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di natura diversa.

Spese e onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.

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