Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-12-01, n. 202210565

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-12-01, n. 202210565
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202210565
Data del deposito : 1 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/12/2022

N. 10565/2022REG.PROV.COLL.

N. 02814/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2814 del 2022, proposto da
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difeso dall'avvocato M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Società Sportiva Dilettantistica Cinecittà Bettini S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati S P e A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia – anche appellante incidentale;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 01185/2022, resa tra le parti, concernente decadenza dalla concessione dell’impianto sportivo di proprietà di Roma Capitale sito in Roma, via Quinto Publicio n. 39;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti l'atto di costituzione in giudizio e l’appello incidentale di Società Sportiva Dilettantistica Cinecittà Bettini S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 novembre 2022 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati Memeo e Corvasce;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’odierna appellata, A.S.D. Polisportiva Cinecittà Bettini s.r.l. (di seguito, “Polisportiva”), è concessionaria di un impianto sportivo di proprietà comunale, sito in Roma, via Quinto Publicio n. 39, giusta delibera di G.C. n. 70/2006 (di regolarizzazione delle concessioni esistenti e delle occupazioni senza titolo di impianti sportivi comunali) e relativo disciplinare di concessione prot. n. 1283 del 2 febbraio 2007, nonché successiva delibera di G.C. n. 51/2009 di prolungamento del periodo concessorio per diciotto anni complessivi (fino al 30 dicembre 2030) e nuovo disciplinare di concessione del 14 luglio 2009, come integrato da atto aggiuntivo del 16 dicembre 2009.

2. Roma Capitale, con determinazione prot. EA/1654/2021 in data 11 febbraio 2021 del Dirigente dell’U.O. Gestione e Sviluppo Impiantistica Sportiva del Dipartimento sport e politiche giovanili, ha disposto la decadenza della concessione, in applicazione dell’art. 21 del regolamento degli impianti sportivi di proprietà comunale di cui alla d.A.C. n. 11/2018, e la revoca della stessa, ai sensi dell’art. 5 del disciplinare, in ragione della realizzazione sull’area di una serie di opere edilizie non autorizzate.

3. Ciò, conclusivamente, in quanto “ alla data odierna non è stato comunicato dal Concessionario la completa rimozione delle opere contestate ed il ripristino dello stato dei luoghi ” e “ le opere realizzate in assenza di titolo edilizio ed in deroga alla programmazione delle opere pubbliche hanno di fatto variato la consistenza dell’impianto sportivo e generato flussi economici non previsti nella concessione ”.

4. La Polisportiva ha impugnato dinanzi al TAR del Lazio detto provvedimento, unitamente alla ingiunzione del Municipio VII a demolire le opere abusive, prot. CI/15116/2021 in data 28 gennaio 2021, prospettando sette motivi di censura, così sintetizzabili:

- incompetenza del dirigente che ha adottato il provvedimento di decadenza/revoca, spettando la competenza al Consiglio o alla Giunta comunale;

- violazione dell’art. 147-bis del t.u.e.l. di cui al d.lgs. 267/2000, per mancanza del parere di regolarità contabile sul provvedimento;

- violazione delle norme procedimentali e difetto di istruttoria e di motivazione, in ragione dell’omessa adozione di un provvedimento finale in esito alla conferenza di servizi indetta dal Municipio VII sulla s.c.i.a. in sanatoria, presentata in data 9 luglio 2020, ex art. 37 d.lgs. 380/2001, per le opere contestate;

- violazione del regolamento di cui alla d.C.C. n. 170/2002 e del disciplinare di concessione prot. QA3 1283 del 2 febbraio 2007, in quanto i pretesi abusi non sarebbero idonei ad integrare validi motivi di revoca della concessione;

- eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, illogicità, incongruenza manifesta e difetto di proporzionalità, dato che la maggior parte delle opere era già stata rimossa prima della revoca;

- violazione dei canoni generali di buona fede e di legittimo affidamento, avendo la concessionaria maturato la ragionevole certezza che il Dipartimento Sport di Roma Capitale avesse approvato la realizzazione delle opere oggi contestate.

5. Con motivi aggiunti, l’impugnazione è stata estesa al provvedimento prot. n. CI/63189/2021 in data 21 aprile 2021, con la quale il Municipio Roma VII, sul presupposto dell’intervenuta revoca della concessione, ha stabilito il divieto di prosecuzione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande esercitata nei locali dell’impianto.

6. Con ulteriori motivi aggiunti, è stato infine impugnato il diniego definitivo della s.c.i.a. in sanatoria, prot. CI/23457/2021 in data 12 febbraio 2021, adottato dal Municipio Roma VII sul presupposto che “ l’istanza di intervento edilizio (SCIA) non è valutabile in quanto priva di nulla osta dipartimentale, carente nella dichiarazione della legittimità delle preesistenze, compilazione degli allegati e degli elaborati grafici oltre che priva del versamento degli oneri previsti ”, assumendo la Polisportiva che, viceversa, la pratica fosse corredata della documentazione richiesta.

7. Il TAR del Lazio, con la sentenza oggi in esame (II, n. 1185/2022), ha accolto il gravame, argomentando, in estrema sintesi, nel senso che:

- il provvedimento di revoca costituisce inequivocabile espressione di una funzione amministrativa e non può in alcun modo essere ascritto alla sfera dell’attività politica dell’ente;

- risulta dalla documentazione che Roma Capitale abbia adottato la revoca della concessione dell’impianto sportivo, il divieto di prosecuzione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande nonché il diniego di sanatoria, in assenza di un’idonea valutazione in merito alla reale e concreta consistenza delle opere asseritamente abusive ancora presenti, ed in disprezzo ai principi di proporzionalità e di adeguatezza;

- in particolare, il principio di proporzionalità è stato violato sotto il profilo della necessarietà e dell’adeguatezza, non comportando la decadenza il minore sacrificio possibile che, a seguito della condotta riscontrata, possa essere inferto al destinatario, bensì un sacrificio ben superiore a quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito (la regolarità degli interventi eseguiti sull’area comunale e la loro rispondenza all’interesse pubblico), considerato che l’amministrazione avrebbe potuto avvalersi di ben altri strumenti che, ugualmente idonei a raggiungere il medesimo risultato, arrecassero un minore sacrificio al privato, quale ad esempio, oltre alla concessione della breve proroga richiesta per procedere all’integrale demolizione delle opere, una compiuta valutazione dell’intervento realizzato dal concessionario, onde valutarne l’effettiva rispondenza all’interesse pubblico, tanto più a fronte di un rapporto concessorio risalente al 2007 e con scadenza al 2030;

- pertanto, sia il ricorso introduttivo che i successi due ricorsi per motivi aggiunti devono essere accolti sotto il profilo del difetto di istruttoria e di motivazione e della violazione dei principi di correttezza, buona fede e proporzionalità dell’azione amministrativa (con assorbimento dei profili di gravame che non sono stati oggetto di specifica disamina).

8. Appella Roma Capitale, deducendo (intorno a tre ordini di censura – epigrafati A, B e C), le argomentazioni appresso sintetizzate.

8.1. In ordine alla incompletezza e contraddittorietà dell’istruttoria (A), affermate dal TAR, l’Amministrazione ha agito ben ponderando gli effetti che la sua azione avrebbe prodotto, in considerazione sia dell’entità e della rimozione soltanto parziale degli abusi contestati, sia del tempo intercorso tra il verbale di verifica e la determinazione dirigenziale di decadenza, quest’ultima da ritenersi unico atto possibile di conclusione del procedimento, vista la reiterata inottemperanza da parte del concessionario.

In particolare, dopo i parziali ripristini, rimarrebbero: cinque campi per giocare a padel (o “paddle”, nel provvedimento impugnato), realizzati al posto dei due campi di calcio a 8 e allenamento portieri, preesistenti;
ampliamento dei locali spogliatoi sottostanti la tribuna per circa 78 mq con tettoie in aderenza di circa 37 e 40 mq;
utilizzo a parcheggio dell’area a verde confinante con l’impianto sportivo, area non data in concessione, con realizzazione di un accesso diretto;
opere minori (gazebo, guardiola, etc.).

Peraltro, risultano trascorsi quasi otto mesi tra il primo sopralluogo e l’avvio del procedimento, quattro mesi tra la comunicazione di avvio del procedimento ed il sopralluogo di verifica dell’ottemperanza e quasi tre mesi tra detto sopralluogo ed il provvedimento di decadenza.

Gli interventi di trasformazione dell’impianto, ai sensi del Regolamento per gli impianti sportivi di proprietà comunale, approvato con d.A.C. n. 11/2018, necessitavano di preventiva autorizzazione da parte dell’Amministrazione, posto che: ai sensi dell’art. 8, le discipline sportive praticabili negli impianti di proprietà di Roma Capitale sono stabilite dall'Amministrazione Capitolina, ed il Concessionario può introdurre la pratica di nuove discipline solo a seguito di autorizzazione dell'Amministrazione;
ai sensi dell’art. 17, lettera q), è obbligo dei concessionari non modificare la destinazione d'uso dei diversi spazi dell'impianto sportivo;
ai sensi dell’art. 21, comma 1, lettera b), rientra tra le cause di decadenza della concessione la realizzazione di lavori senza le preventive autorizzazioni da parte degli uffici che gestiscono il contratto (dunque il Dipartimento Sport, non il Municipio VII cui era stata indirizzata la s.c.i.a. in sanatoria).

La ratio di tali disposizioni risiede nel fatto che l’Amministrazione proprietaria dell’opera pubblica deve essere edotta sugli interventi che il concessionario intende realizzare, così da essere messa in condizione di poter autorizzare o meno gli interventi proposti, laddove conformi alla disciplina regolamentare e legislativa.

Oltre all’elemento quantitativo – gli abusi rimasti sono di indubbia rilevanza - vi è anche quello qualitativo, dato che la loro realizzazione ha comportato la violazione del rapporto concessorio sotto il profilo gestionale. Infatti, l’Amministrazione, in attuazione dell’art. 175, comma 4, del Codice dei contratti pubblici, ha facoltà di modificare il rapporto concessorio, qualora la modifica introdotta rispetti le soglie ivi stabilite. La mancata richiesta di autorizzazione ha impedito l’attivazione di quanto disposto dalla normativa. L’autorizzazione - prescindendo dalle valutazioni tecniche circa la fattibilità delle opere, i pareri da acquisire, la rilevanza economica ai fini della gestione contrattuale - attiene altresì ad una valutazione circa l’interesse pubblico allo svolgimento di attività sportive differenti rispetto a quanto stabilito al momento della stipula del disciplinare.

8.2. Per quanto concerne la non proporzionalità ed inadeguatezza della sanzione erogata (B), altresì affermata dal TAR, Roma Capitale sottolinea che nel regolamento degli impianti sportivi comunali, approvato con d.A.C. n. 11/2018, e nel disciplinare di concessione, prot. QA3 1238 del 7 luglio 2007, integrato con atto EA/10038 del 16 dicembre 2009, non è previsto alcuno “strumento intermedio” (ammenda, sanzione) applicabile al contraente nel caso in cui questo venga meno al rispetto delle clausole contrattuali.

La decadenza della concessione è quindi l’unico strumento a disposizione dell’Amministrazione nel caso in cui, dalle verifiche svolte, si rilevi un mancato adempimento degli obblighi contrattuali ed un mancato riscontro alla richiesta di rispristino nei termini indicati. Nel caso in questione, erano state ampiamente fornite da parte dell’Amministrazione tutte le indicazioni sulle modalità e sui termini per ottemperare al ripristino dello stato dei luoghi, condizione necessaria per ristabilire le basi del rapporto concessorio, sia dal punto di vista contrattuale sia relativamente al rapporto fiduciario tra le parti.

8.3. Infine, sull’affermato “difetto di motivazione” (C), sostiene che le opere realizzate e/o da realizzare all'interno dell’impianto sportivo in oggetto sono a tutti gli effetti opere pubbliche, disciplinate dal Codice dei contratti pubblici, e non sono attuabili mediante le procedure autorizzative previste per l'edilizia privata, di cui al Titolo II del d.P.R. 380/2001, bensì ai sensi dell'art. 7, comma 1, lettera c), del medesimo t.u.e..

Il titolo abilitativo idoneo alla realizzazione dell’opera pubblica dovrebbe essere approvato con deliberazione dell’Assemblea Capitolina, per i progetti difformi urbanisticamente dal P.R.G., mentre per quanto concerne le opere pubbliche che si andrebbero a realizzare in conformità urbanistica, il provvedimento conclusivo sarebbe una determinazione dirigenziale da adottare in esito ad eventuale conferenza di servizi, indetta dall’ufficio procedente ai sensi degli artt. 14 ss. della legge 241/1990, per l'esame contestuale delle diverse competenze attribuite agli uffici coinvolti ratione materiae . Inoltre, le opere dovrebbero essere inserite nella programmazione, progettate e realizzate in conformità al Codice dei contratti e del relativo Regolamento di esecuzione ed attuazione, oltre che patrimonializzate dall’Ente.

Pertanto, l’accertamento di conformità, di cui agli artt. 37 del t.u.e. e 22 della l.r. Lazio 15/2008, non è applicabile, mentre trovano applicazione gli artt. 35 del t.u.e. e 21 della l.r. 15/2008, relativi alle opere abusive eseguite su suoli di proprietà dello Stato e di altri enti pubblici;
di conseguenza, in tali casi (mediante atto del dirigente della U.O.T., giusta nota del Direttore Generale prot. DG/9633 del 23 luglio 2021) occorre ingiungere al responsabile dell’abuso la demolizione dell’opera e il ripristino dello stato dei luoghi entro un congruo termine.

9. La Polisportiva ha depositato “memoria con appello incidentale”, controdeducendo analiticamente all’appello, contestando la decisione del TAR sulla competenza e riproponendo le censure assorbite dal TAR.

9.1. In particolare, ha eccepito l’inammissibilità dell’appello alla luce dell’art. 101, cod. proc. amm., in quanto:

- non avrebbe specificamente censurato alcuni passaggi della sentenza (concernenti la infondatezza dei motivi di rigetto della s.c.i.a., la mancata contestazione della relazione asseverata dell’arch. Pedri sul carattere non abusivo delle opere, l’assenza di un’idonea valutazione in merito alla loro reale consistenza, la violazione del principio di proporzionalità), da considerare autonomi capi della sentenza, e come tali da ritenersi passati in giudicato;

- la prospettazione dell’appello innoverebbe rispetto alle difese di primo grado, riguardo alla contestazione della pretesa mancata presentazione de “... la scheda di rilevamento statistico e il rendiconto di gestione, come previsto dal disciplinare di concessione … e dal regolamento …”, e della realizzazione di un presunto e non meglio definito “accesso diretto” in una non meglio definita area a verde confinante con l’impianto sportivo e utilizzata a parcheggio.

9.2. Ha poi contestato la decisione del TAR di rigetto della propria censura di incompetenza del dirigente, sottolineando che:

- trattandosi di revoca prima della scadenza naturale, in mancanza di espressa previsione negli atti e regolamenti amministrativi, bisogna necessariamente fare riferimento al disposto dell’art. 936 c.c. in tema di accessione, il quale stabilisce che, nell’ipotesi di intervenuto consenso del proprietario del suolo alla costruzione eseguita, quest’ultimo è tenuto a rimborsare al costruttore le spese sostenute per l'edificazione dell'opera (cfr., ex multis , Cass. Civ., SS.UU. n. 3873/2018 e n. 6973/2017);

- la conseguente acquisizione, a titolo oneroso da parte di Roma Capitale delle nuove opere costruite dalla Polisportiva sul suolo comunale, comporta un impegno di spesa che non può essere considerato atto meramente gestionale, bensì un atto tipico dell'organo di governo, in quanto caratterizzato da discrezionalità amministrativa;

- in tale ipotesi, infatti, la giurisprudenza esclude espressamente la competenza dirigenziale ad adottare atti incidenti sulla convenzione che ha determinato il sorgere del diritto di superficie, competenza che la giurisprudenza prevalente attribuisce alla giunta comunale (cfr. Cons. Stato, V, n. 6982/2010);
in modo del tutto analogo, nel caso in esame viene in rilievo un provvedimento a mezzo del quale l’Amministrazione resistente ha espresso la propria volontà di revocare anticipatamente la convenzione in oggetto, che però comporta, quale diretta conseguenza, un acquisto a titolo oneroso degli edifici e delle opere medio tempore autorizzati dalla stessa Amministrazione ed effettivamente realizzati dalla concessionaria;

- la competenza ad emettere il provvedimento di revoca era quindi del consiglio comunale o della giunta e di certo non del dirigente e, pertanto, sul punto, la qui gravata sentenza, è errata e va parzialmente riformata e, per questo motivo preliminare ed assorbente (cfr. Cons. Stato, A.P. n. 5/2015), tutti gli atti gravati devono essere annullati e l’avverso atto d’appello va rigettato.

9.3. Ha poi riproposto le altre censure dedotte col ricorso di primo grado dichiaratamente assorbite dal TAR.

10. La Polisportiva e Roma Capitale hanno puntualizzato con memorie e repliche le rispettive difese.

11. In particolare, con la seconda memoria, la Polisportiva prospetta che:

- “il Dipartimento Grandi Eventi, Sport, Turismo e Moda Direzione Sport - U.O. Gestione e Sviluppo Impiantistica Sportiva di Roma Capitale, con la nota prot. EA/2022/0009092 del 30/09/2022, a firma del Direttore della Direzione Sport arch. C E (allegato 1 alla prima memoria), indirizzata alla A.S.D. Polisportiva Cinecittà Bettini S.r.l. ed avente ad oggetto l’“Impianto Sportivo di proprietà capitolina sito in Via Quinto Publicio n.39 (SIS 7-11) ricadente nel Municipio VII.”, ha determinato che, “ In riferimento all’Impianto Sportivo di cui all’oggetto, con la presente si comunica che l’Ufficio scrivente ha chiesto, con nota prot. 9075 del 30.09.2022 (allegato 1-bis alla prima memoria), alla Struttura Territoriale di riferimento, copia della documentazione necessaria al fine di poter procedere all’idonea valutazione in merito alla reale e concreta consistenza delle opere, per garantire i principi di proporzionalità e di adeguatezza, costituenti i c.d. “limiti interni” al corretto esercizio dell’azione amministrativa da parte di questo Ufficio.” ”;

- in sintesi, il Dipartimento Sport, con detta nota ha comunicato l’intervenuta riapertura dell’istruttoria relativamente al procedimento di sanatoria ex art. 37 del d.P.R. 380/2001 e della conseguente conferenza di servizi, avendo proceduto all’acquisizione, presso il Municipio VII, della relativa documentazione, e questo al dichiarato fine di “... garantire i principi di proporzionalità e di adeguatezza, costituenti i c.d. “limiti interni” al corretto esercizio dell’azione amministrativa da parte di questo Ufficio. ”, il tutto, dichiaratamente, in conformità a quanto stabilito dal TAR Lazio con la sentenza appellata, cui, all’evidenza, Roma Capitale ha inteso prestare acquiescenza.

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