Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-01-19, n. 201600158

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-01-19, n. 201600158
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201600158
Data del deposito : 19 gennaio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06838/2013 REG.RIC.

N. 00158/2016REG.PROV.COLL.

N. 06838/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6838 del 2013, proposto da:
G S, rappresentata e difesa dagli avv. L F, G M S, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Cnr - Consiglio Nazionale delle Ricerche, in persone del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

D R, F A, S P, C F, S B, V Z, C Alberto Biffi;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE I n. 00254/2013, resa tra le parti, concernente approvazione graduatoria e nomina vincitori concorso per l'assunzione a tempo indeterminato di 37 ricercatori di III livello area scientifica;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Cnr - Consiglio Nazionale delle Ricerche;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 novembre 2015 il Cons. R G e uditi per le parti l’avvocato Papetti per delega dell’avvocato Formentin, l’avvocato Saracco e l’avvocato dello Stato D'Ascia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Viene in decisione l’appello proposto da Stefania Grandi conto la sentenza, di estremi indicati in epigrafe, con la quale il T.a.r. per il Veneto ha respinto il ricorso proposto in primo grado contro il provvedimento con cui il Dirigente della Direzione Centrale Supporto alla Gestione delle Risorse – Ufficio Concorsi, del C.N.R., ha approvato la graduatoria ed ha nominato i vincitori del concorso pubblico per titoli ed esami per l’assunzione a tempo indeterminato di complessive 37 unità di personale “Profilo ricercatore, III Livello” Area Scientifica (L1) “Ingegneria Industriale”.

2. Nel ricorso di primo grado, la ricorrente ha lamentato violazione di legge con riferimento alle norme della lex specialis del concorso sotto il profilo della errata applicazione ed inosservanza dei criteri predeterminati per la valutazione dei titoli;
eccesso di potere per motivazione insufficiente, perplessa e lacunosa, nonché per disparità di trattamento.

In sintesi la ricorrente ha assunto che la Commissione non abbia valutato alcuni titoli e servizi svolti che avrebbero, invece, dovuto essere ammessi.

3. La dottoressa Grandi nell’atto di appello lamenta che il T.a.r. avrebbe illegittimamente integrato la motivazione dei verbali della commissione. Più nel dettaglio, secondo l’appellante, il T.a.r. avrebbe giustificato la mancata valutazione dei titoli contestati in ragione della loro non attinenza alle discipline oggetto del concorso, mentre nei provvedimenti impugnati la mancata valutazione di tali titoli era motivata in ragione del fatto che la candidata li avrebbe indicati in maniera generica e incompleta.

Il T.a.r. avrebbe, quindi, sostituito il criterio della completezza documentale (utilizzato dalla Commissione per giustificare la mancata valutazione dei titoli) con quello dell’attinenza disciplinare (criterio mai utilizzato dalla Commissione).

4. Si è costituito in Consiglio Nazionale delle Ricerche per resistere all’appello.

5 .Alla udienza di discussione del 10 novembre 2015 la causa è stata trattenuta per la decisione.

6. L’appello non merita accoglimento.

7- La ricorrente, come si è accennato, lamenta che il T.a.r. avrebbe illegittimamente integrato la motivazione degli atti concorsuali introducendo il criterio dell’attinenza all’oggetto del concorso per giustificare la mancata valutazione da parte della Commissione dei titoli, delle pubblicazioni e delle esperienze lavorative vantate dalla ricorrente. Al contrario, nei verbali della Commissione la mancata valutazione sarebbe giustificata in ragione di una asserita genericità o incompletezza nell’indicazione del titolo.

8. Il Collegio ritiene che la dedotta discrepanza tra la motivazione della sentenza e la motivazione dei verbali della Commissione non sussista.

In effetti, risulta dagli atti che la Commissione non ha valutato i titoli contestati ritenendo che essi, a causa della incompleta o generica indicazione, non fossero suscettibili di adeguata valutazione in base ai criteri fissati dalla stessa Commissione.

Fra i criteri alla luce dei quali i titoli avrebbe dovuto essere valutati (e non lo sono stati a causa della generica indicazione) vi è certamente quello dell’attinenza all’oggetto del concorso, che rappresenta il criterio principale di valutazione dei titoli dei candidati.

In sostanza, quindi, diversamente da quanto lamentato dalla ricorrente, i titoli contestati non sono stati valutati in quanto, a causa di una generica o incompleta indicazione, la Commissione non ha potuto verificarne la rispondenza ai criteri predeterminati, primo fra tutti quello dell’attinenza.

Non è quindi condivisibile l’affermazione secondo cui il T.a.r. avrebbe illegittimamente integrato la motivazione degli atti concorsuali: negli atti concorsuali l’incompletezza documentale del titolo rappresenta la premessa per spiegare l’impossibilità di valutarne l’attinenza. Il criterio del’attinenza, in definitiva a differenza di quanto deduce la ricorrente è presente negli atti della Commissione, sia pure intimamente legato a quello della completezza documentale.

9. La sentenza appellata non ha, pertanto, compiuto alcuna illegittima integrazione della motivazione degli atti impugnati. Al contrario, il T.a.r. ha puntualmente e dettagliatamente spiegato le ragioni (esaminando partitamente ogni singolo titolo non valutato) per le quali ha ritenuto legittima la valutazione compiuta dalla Commissione.

Rispetto all’analitica motivazione contenuta nella sentenza appellata, la ricorrente non articola ulteriori censure specifiche, limitandosi genericamente a riproporre i motivi del ricorso di primo grado.

Più nel dettaglio, la mancata valutazione dei titoli contestati deve ritenersi legittima, come già rilevato dal T.a.r., alla luce delle seguenti considerazioni:

per quanto riguarda al Diploma in scienza e tecnologia dei materiali, il Collegio ritiene che la mancata specificazione degli esami sostenuti nell’ambito del corso di studi non consentisse una adeguata valutazione del titolo (e ciò nonostante l’indicazione della data e del luogo di conseguimento, del titolo della tesi finale, del voto finale riportato). Appartiene, infatti, alla comune esperienza la considerazione che, al fine di attribuire, nell’ambito di un concorso per ricercatore, un punteggio ad un diploma specialistico, assuma un valore determinante anche il tipo di esami sostenuti dal candidato nel corso del biennio. Nel caso di specie, a fronte della mera indicazione del superamento di due esami di profitto, genericamente denominati I e I anno, entrambi peraltro sostenuti nello stesso anno (1999 a marzo e a ottobre) senza ulteriori indicazioni, è giustificata la mancata valutazione da parte della Commissione;

per quanto riguarda la collaborazione con l’Università di Pavia, la mancata indicazione del tipo di rapporto (contratto di lavoro, assegno di ricerca, borsa di studio) ugualmente giustifica la decisione di non valutare la relativa esperienza professionale;

eguale genericità caratterizza gli altri titoli non valutati, ovvero l’insegnamento del Corso di “Recupero e riciclo dei materiali”) tenuto per 8 anni presso la Facoltà di Farmacia dell’università del Piemonte Orientale e l’esperienza lavorativa con GDE,

Deve, infine, rilevarsi come non sussista alcuna disparità di trattamento rispetto ad altri candidati (F R, G) ciascuno dei quali si trovava in situazioni non coincidenti (e, dunque, non confrontabili) con quelle della ricorrente.

10. Appurato che il criterio dell’attinenza (o, più esattamente, dell’impossibilità di valutare l’attinenza del titolo a causa della sua incompleta indicazione) non è stato introdotto dalla sentenza impugnata sotto forma di integrazione della motivazione degli atti amministrativi impugnati, la restante parte dell’appello (a partire segnatamente dalla fine di pagina 7) che si esaurisce nella generica riproposizione dei motivi di primo grado, senza formulare critiche puntuali alla sentenza del T.a.r. va dichiarata inammissibile, per violazione del principio di specificità dei motivi oggi codificato dall’art. 101 c.p.a.

Va, a tal proposito ribadito che nel giudizio di appello, che non è un iudicium novum , è inammissibile la mera riproposizione dei motivi di primo grado, senza che sia sviluppata alcuna confutazione della statuizione del primo giudice, atteso che la cognizione del giudice d'appello investe le questioni dedotte dall’appellante mediante l'enunciazione di specifici motivi, e tale requisito di specificità dei motivi esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell'appellante, volte a confutare il fondamento logico-giuridico delle prime;
di conseguenza la parte soccombente, quando adisce il giudice di appello, non può limitarsi a riproporre i motivi di doglianza già dedotti e disattesi dal primo giudice, ma deve anche indicare le ragioni per le quali le conclusioni cui quest'ultimo è pervenuto non possono essere condivise atteso che nell'attuale sistema di giustizia amministrativa il giudizio di primo grado non è un passaggio obbligato che il soggetto è costretto suo malgrado a percorrere pur di giungere dinanzi al giudice di appello e ottenere da questi la decisione finale sulla fondatezza della pretesa, ma una fase essenziale del processo amministrativo, nel corso della quale il giudice adito confronta le opposte tesi e dichiara quale va ritenuta fondata;
da qui l'onere dell'appellante di investire puntualmente il decisum di prime cure e, in particolare, precisare i motivi per cui questo sarebbe erroneo e da riformare (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. V, 22 ottobre 2015, n. 4865).

11. La peculiarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese del giudizio,

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