Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-10-07, n. 202208614
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Pubblicato il 07/10/2022
N. 08614/2022REG.PROV.COLL.
N. 03508/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3508 del 2019, proposto da
H Italiana S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati Gennaro D'Andria e G A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 00701/2019, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2022 il Cons. Francesco De Luca e uditi per le parti gli avvocati Gennaro D'Andria e dello Stato Andrea Fedeli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il provvedimento n. 26297 del 15 dicembre 2016, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (per brevità, anche Autorità) ha ascritto in capo alla H Italiana s.r.l. (per brevità, anche H), professionista operante nel settore dell’autonoleggio anche con il marchio Firefly Rent A Car (attraverso il sito web https://it.fireflycarrental.com ),due pratiche commerciali scorrette.
In particolare, la prima pratica si sarebbe concretizzata, da un lato, nel blocco, operato dal professionista, di un considerevole importo – individuato autonomamente dal professionista - sulla carta di credito del cliente a garanzia di eventuali danni arrecati all’autovettura noleggiata e, dall’altro, dall’offerta di alcuni prodotti accessori presentati asseritamente come “assicurativi” al fine di abbattere l’importo del deposito cauzionale.
La seconda pratica avrebbe riguardato i comportamenti posti in essere dal professionista con riferimento alla gestione dei danni (arrecati alle autovetture date a noleggio) ed in particolare alla condotta tenuta sperimentalmente in tre specifiche location nazionali (Catania, Napoli e Palermo) relativamente ai casi di auto riconsegnata fuori orario, oltre che alle omissioni informative caratterizzanti il sito web del professionista in relazione alle procedure di gestione dei danni (essendo, in particolare, i criteri per la stima del danno contenuti in una matrice non resa pubblica al consumatore sul sito web di Firefly ).
L’Autorità ha ritenuto che la prima pratica costituisse una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 24 e 25 del Codice del Consumo;mentre la seconda una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 22, 24 e 25 del Codice del Consumo.
Per l’effetto, l’Autorità ha vietato la diffusione o continuazione delle pratiche in esame, irrogando al professionista una sanzione amministrativa pecuniaria pari a € 1.500.000,00 in relazione alla prima pratica e di una sanzione amministrativa pecuniaria di € 120.000,00 in relazione alla seconda.
2. La H, ricorrendo dinnanzi al Tar Lazio, Roma, ha impugnato il provvedimento n. 26297/2016 cit., deducendone l’illegittimità sia in relazione all’ an degli asseriti illeciti ascritti al professionista, sia con riguardo alla quantificazione delle sanzioni in concreto applicate.
3. Il Tar Lazio ha parzialmente accolto il ricorso, limitatamente alle censure svolte contro la seconda pratica commerciale, mentre ha rigettato le doglianze riferite alla prima pratica, in relazione alla quale ha pure confermato l’importo della sanzione amministrativa pecuniaria di € 1.500.000,00.
4. La ricorrente in primo grado ha appellato la sentenza pronunciata dal Tar, deducendone l’erroneità con l’articolazione di tre motivi di impugnazione.
5.L’Autorità si è costituita in giudizio, resistendo al ricorso e svolgendo le proprie argomentazioni controdeduttive con memoria conclusionale del 20 giugno 2022.
6. L’appellante ha depositato memoria conclusionale insistendo nelle difese in atti, nonché ha replicato alle avverse deduzioni, pure eccependo l’inutilizzabilità delle prime due segnalazioni ricevute dall’Autorità, in quanto anteriori ai 180 giorni antecedenti all’avvio del procedimento.
7. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza pubblica del 7 luglio 2022.
8. Con il primo motivo di appello viene censurata la sentenza di prime cure, tenuto conto che il Tar, da un lato, non avrebbe esaminato la pratica commerciale sulla base del complessivo atteggiarsi del comportamento della società (essendosi il primo giudice limitato a scrutinare solo una fase della relazione contrattuale instauratasi tra la ricorrente e i consumatori, circoscritta al ritiro del veicolo), dall’altro, avrebbe ricondotto la nozione di pratica commerciale scorretta all’ammontare della riserva, dimostrando di valutarne la presunta natura aggressiva in maniera arbitraria.
8.1 Con riferimento al primo profilo, secondo la prospettazione attorea, assumerebbe rilievo nel presente giudizio la circostanza per cui la relazione commerciale tra il consumatore e il professionista si instaura non al desk con il ritiro del veicolo, ma al momento della compravendita del servizio on line, con la conseguenza che l’asserita natura aggressiva della pratica avrebbe dovuto essere analizzata prendendo in considerazione la complessiva condotta della società, fin dall’inizio del rapporto contrattuale instauratosi con il consumatore.
Avuto riguardo al caso di specie, dovrebbe ritenersi che il professionista fornisse tutte le informazioni necessarie in merito alla riserva richiesta per i noleggi a marchio Firefly , evidenziando l’importanza di disporre di un plafond sufficiente sulla propria carta di credito per poter costituire una riserva al momento del ritiro del veicolo;sicché, qualsiasi posizione di debolezza correlata all’impossibilità di costituire una riserva adeguata, in cui si fosse trovato il consumatore, avrebbe dovuto imputarsi ad una scelta ex ante e in maniera consapevole del consumatore medesimo (di scegliere il servizio Firelfy e di accettare le relative condizioni, ivi compreso l’obbligo di costituire una riserva pari ad un ammontare predeterminato).
In altri termini, il consumatore che sia stato debitamente informato in un momento in cui è ancora libero di optare per altri marchi o fornitori del servizio di autonoleggio, non potrebbe essere "indotto" a fare alcunché, avendo questi sempre la possibilità – al momento della prenotazione online – di scegliere un brand che non richieda una riserva o che richieda una riserva di ammontare inferiore.
La ricorrente argomenta le proprie censure anche mediante la valorizzazione di precedenti giurisprudenziali che confermerebbero l’impossibilità di integrare una pratica commerciale aggressiva in ipotesi in cui il consumatore sia stato correttamente informato sulla necessità di prestare una riserva;il che impedirebbe di configurare una posizione negoziale di debolezza del consumatore derivante dall’impossibilità di fornire la riserva per poter effettivamente ritirare il veicolo prenotato.
8.2 Con riferimento al secondo profilo di censura, la ricorrente evidenzia come il Tar abbia erroneamente valorizzato l’ammontare della riserva, ritenuto molto elevato, in tale modo accogliendo una nozione di pratica aggressiva indeterminata, correlata all’importo della riserva e alla tipologia di carte di credito scelte dal consumatore (con una decisione certamente non dipendente dal professionista).
Pertanto, a fronte di carte di credito senza plafond o con plafond elevati la richiesta di riserva di ammontare rilevante non sarebbe idonea a condizionare le scelte del consumatore, a differenza di quanto accadrebbe in presenza di carte di credito con un plafond molto basso.
Peraltro, il Tar avrebbe escluso la sussistenza di pratiche commerciali scorrette a fronte di operatori che richiedevano una riserva di importo superiore a quella richiesta dal ricorrente, con conseguente emersione pure di un trattamento discriminatorio operato dal Tar.
9. Per ragioni di connessione, il primo motivo di appello deve essere esaminato congiuntamente al secondo motivo con cui è censurata l’omessa pronuncia su un motivo di ricorso ritualmente introdotto in primo grado e riferito al difetto di prova delle contestazioni sollevate dall’Autorità e alla contraddittorietà della sua motivazione.
Non vi sarebbero, infatti, evidenze che dimostrerebbero come il consumatore, pur in grado di fornire in astratto la riserva richiesta da H per i noleggi a marchio Firefly , sia stato obbligato ad acquistare prodotti aggiuntivi per mantenere un "plafond" ragionevole sulla propria carta di credito.
I documenti valorizzati dall’Autorità avrebbero riguardato soltanto un’asserita carenza di idonea informativa al momento della prenotazione on line sulla necessità di costituire una riserva;profilo neppure censurato nel provvedimento finale.
Si tratterebbe, inoltre, di elementi documentali riguardanti un momento antecedente alla costituzione della riserva, mentre nel provvedimento si contestava lo sfruttamento della posizione di debolezza dei consumatori che avevano già prestato la riserva, al fine di indurli ad acquistare i prodotti assicurativi accessori.
Le segnalazioni, peraltro, provenivano da consumatori che non avevano costituito la riserva, né avrebbero potuto costituirla in quanto impossibilitati in ragione della mancata disponibilità di una carta di credito o della mancata disponibilità di una carta di credito con plafond sufficiente;il che evidenziava l’impossibilità di sfruttare l’obbligo di prestare una riserva che il consumatore non era in grado di costituire.
Parimenti, la mail valorizzata dal Tar e riferita alla valenza incentivante per la vendita di una modifica delle caratteristiche del prodotto assicurativo non avrebbe potuto provare la contestazione, essendo significativa di una regola generale economica per cui un prodotto accessorio idoneo a consentire al consumatore di evitare la costituzione di una riserva potrebbe essere un elemento attraente per il consumatore.
Anche l’incentivo alla vendita dei prodotti accessori rientrerebbe in una normale politica commerciale aziendale, come ritenuto dal Tar in controversia analoga.
10. Le censure attoree sono fondate ai sensi e nei limiti di seguito precisati.
11. Preliminarmente, al fine di statuire sui motivi di appello, giova ricostruire il quadro normativo entro cui si inserisce la delibera impugnata in prime cure, alla stregua delle precisazioni fornite dalla giurisprudenza formatasi in materia ( ex multis , Consiglio di Stato, sez. VI, 27 settembre 2021, n. 6491 e 10 marzo 2021, n. 2033)
11.1 In ambito unionale, la disciplina di riferimento è recata nella Direttiva 2005/29/CE, che ha introdotto il divieto di pratiche commerciali sleali, articolate in ingannevoli e aggressive (13° considerando), al fine di assicurare il corretto funzionamento del mercato interno e di garantire un livello elevato di tutela dei consumatori (Corte di Giustizia, 26 ottobre 2016, in causa C-611/14, punto 25): tale obiettivo si fonda sulla circostanza che, rispetto a un professionista, il consumatore si trova in una posizione di inferiorità, in particolare in relazione al livello di informazioni possedute (Corte di Giustizia, sentenza del 13 settembre 2018, in cause C-54/17 e C-55/17, punto 54)
In ambito nazionale, occorre avere riguardo al codice del consumo (D. Lgs. 206/05), che ha a sua volta stabilito il divieto di pratiche commerciali scorrette (art. 20), di nuovo articolate in ingannevoli (artt. 21 — 23) e aggressive (artt. 24-26).
Ai sensi delle pertinenti disposizioni normative (art 20 D. Lgs. n. 206/05), affinché venga violato il relativo divieto, occorre che si sia in presenza di una pratica commerciale e che tale pratica realizzi la doppia condizione di essere contraria alle norme di diligenza professionale, nonché di falsare o essere idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico del consumatore medio in relazione al prodotto preso in esame (Corte di Giustizia, 7 settembre 2016, in causa C-310/15, punto 32 e Consiglio di Stato, sez. VI, 7 marzo 2019, n. 1585).
Provvedendo alla disamina dei singoli elementi costitutivi dell’illecito in esame, si rileva quanto segue.
11.2 Per “ pratiche commerciali ” – ai sensi del titolo III della parte II del D. Lgs. n. 206/05 - si intendono tutti i comportamenti tenuti da professionisti che siano oggettivamente “correlati” alla “promozione, vendita o fornitura” di beni o di servizi a consumatori, posti in essere anteriormente, contestualmente o anche posteriormente all'instaurazione dei rapporti contrattuali. La condotta tenuta dal professionista può consistere in dichiarazioni, atti materiali, o anche semplici omissioni (nelle ipotesi in cui le regole di diligenza impongano una condotta commissiva).
La nozione di “pratica” commerciale scorretta evoca, dunque, il concetto di “attività” – anziché di “atto” – svolta dall’imprenditore o dal professionista. Si tratta, pertanto, di un comportamento che ha valenza generale e che si inserisce, in quanto tale, nell’ambito di una strategia di impresa o professionale finalizzata a trarre illeciti vantaggi economici con pregiudizio delle parti contrattuali deboli (Consiglio di Stato, sez. VI, 27 febbraio 2020, n. 1428;Id.;11 novembre 2019, n. 7699).
11.3. Tale pratica commerciale, per potere essere considerata scorretta, deve, in primo luogo, essere contraria alle norme di diligenza professionale, locuzione da intendere come richiamo (non alla colpa ma) alla buona fede quale regola di condotta oggettiva alla quale la parte professionale deve conformare la propria attività concreta.
L’art. 18, lettera h), Cod. cons. definisce, infatti, la «diligenza professionale» come « il normale grado della specifica competenza ed attenzione che ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede nel settore di attività del professionista ».
Occorre, pertanto, verificare se il comportamento del professionista manifesti l'inosservanza delle pratiche di mercato oneste o del principio generale della buona fede nel suo settore di attività, alla luce delle aspettative legittime di un consumatore medio (Corte di Giustizia, 7 settembre 2016, in causa C-310/15, punto 34;sentenza del 12 maggio 2011, C-122/10, punto 22).
11.4. La pratica deve, in secondo luogo, falsare o essere idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico del consumatore medio in relazione al prodotto.
Avuto riguardo alla nozione di consumatore, occorre prendere in considerazione il parametro del consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici (Corte di Giustizia, 12 giugno 2019, in causa C-628/17, punto 30). Tale riferimento è coerente con la nozione di “attività” di rilevanza generale che incide sul mercato e, pertanto, la pratica deve essere idonea a ledere la categoria dei consumatori che operano in quel determinato settore.
Il consumatore, per effetto della pratica commerciale (contraria alla diligenza professionale), deve essere condizionato nel compimento di una decisione commerciale, suscettibile di influire non solo nella costituzione, ma anche nello svolgimento del rapporto negoziale o nel compimento di attività successive alla sua esecuzione: la disciplina in esame si applica, infatti, in relazione a pratiche poste in essere non soltanto prima, ma pure durante e dopo un'operazione commerciale relativa a un prodotto.
La pratica commerciale, in definitiva, deve essere idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso (Corte di Giustizia, 19 dicembre 2013, in causa C-281/12, punto 29): ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. m), D. Lgs. n. 206/05 (Cod. cons.), tale decisione può riguardante non soltanto l’ an (“se acquistare o meno un prodotto”), ma anche il quomodo dell’acquisto (le modalità e le relative condizioni), il compimento di atti esecutivi del contratto (se pagare integralmente o parzialmente, se tenere un prodotto o disfarsene) e, più, in generale l’esercizio di un diritto originato dal contratto concluso.
11.5. Il legislatore, dopo avere individuato gli elementi costitutivi della pratica commerciale scorretta:
- ha provveduto alla specificazione di due tipologie di pratiche scorrette, idonee ad influire, rispettivamente, sulla consapevolezza e sulla libertà della decisione di natura commerciale: le pratiche ingannevoli (di cui agli artt. 21 e 22 Cod. cons.) e le pratiche aggressive (di cui agli artt. 24 e 25 Cod. cons.);
- ha analiticamente individuato una serie di specifiche tipologie di pratiche commerciali (le c.d. ‘liste nere’) da considerarsi sicuramente ingannevoli e aggressive (art. 23 e 26 Cod. cons., cui si aggiungono le previsioni ‘speciali’ di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 21 e all’art. 22-bis Cod. cons.), senza che si renda necessario accertare la sua contrarietà alla «diligenza professionale» nonché dalla sua concreta attitudine «a falsare il comportamento economico del consumatore».
La disposizione di cui al citato art. 20, comma 2, Cod. cons. non va, peraltro, intesa come una mera clausola “ricognitiva” delle pratiche commerciali ingannevoli ed aggressive ‒ rilevante soltanto a fini interpretativi ‒ bensì delinea una “fattispecie” (generale) di illecito, dotata di autonoma portata disciplinare, applicabile in caso di mancata integrazione delle fattispecie speciali delineate dagli artt. 21 e ss. del medesimo Codice.
Le “pratiche commerciali scorrette”, in altre parole, costituiscono un genus unitario di illecito, i cui elementi costitutivi sono definiti dall’art. 20, comma 2, Cod. cons. All’interno della fattispecie generale, il legislatore ha regolato due sottotipi (e, all’interno di ciascuno di essi, due ulteriori fattispecie presuntive) che si pongono in rapporto di specialità (per specificazione) rispetto alla prima.
11.6. Per quanto di maggiore interesse ai fini dell’odierno giudizio, occorre soffermarsi sulla pratica commerciale aggressiva, corrispondente all’illecito descritto al par. 2 del provvedimento impugnato in primo grado, l’unico a rilevare nella presente sede processuale (in quanto investito dai motivi di appello proposti dal professionista).
In termini generali, è considerata aggressiva la pratica commerciale che, « tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso » (art. 24 Cod, cons.).
Gli elementi che valgono a connotare le pratiche commerciali aggressive sono rappresentati dall’elemento strutturale, integrato dagli atti di molestia, coercizione o indebito condizionamento, e dall’elemento funzionale, consistente nell’effetto distorsivo che la pratica induce sulla libertà di scelta del consumatore (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 3 giugno 2019, n. 3723 e 4 luglio 2012, n. 3904).
Come precisato dalla Sezione (11 dicembre 2017, n. 5795), il concetto di «molestie» include “tutti i comportamenti dell’operatore professionale che recano disagio, disturbo, fastidio al consumatore, inducendo quest’ultimo a ritenere che soltanto acconsentendo ad una determinata decisione di natura commerciale egli possa recuperare il pieno e indisturbato godimento della propria libertà negoziale ”: in tale nozione potrebbero essere sussunte anche le molestie di diritto, integrate dal vanto di pretese contrastanti con i diritti del consumatore, accampate dal professionista per impedire al consumatore il libero esercizio della propria autonomia negoziale nell’assunzione di una decisione di natura commerciale.
Il concetto di «coercizione» allude invece a quelle forme di coartazione realizzate attraverso la minaccia di un ‘male’ ‒ non necessariamente avente il carattere «ingiusto e notevole» proprio della violenza codicistica (1435 c.c.) ‒ come conseguenza della mancata effettuazione della scelta che il professionista vuole spingere il consumatore ad adottare.
L’«indebito condizionamento» è espressamente definito dal legislatore ‒ con una nozione di chiusura in grado di ‘intercettare’ le condotte aggressive non qualificabili come molestia o coercizione ‒ in termini di sfruttamento, da parte del professionista, « di una posizione di potere rispetto al consumatore per esercitare una pressione, anche senza il ricorso alla forza fisica o la minaccia di tale ricorso, in modo da limitare notevolmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole » (art. 18, comma 1, lettera l, Cod. cons.): non deve trattarsi necessariamente di condizionamento illecito, rilevando anche un condizionamento che, fatta salva la sua liceità, comporti in modo attivo, attraverso una certa pressione, il condizionamento forzato della volontà del consumatore (Corte di Giustizia, 12 giugno 2019, in causa C-628/17, punto 33).
Per valutare in concreto l’aggressività delle pratiche commerciali, il legislatore ha inoltre richiesto di prendere in considerazione: tempi, luogo, natura e persistenza della pratica;l’eventuale ricorso a minacce o sfruttamento di qualsivoglia evento tragico occorso al consumatore;qualsivoglia ostacolo (non contrattuale) oneroso e sproporzionato imposto dal professionista al consumatore che intenda esercitare diritti contrattuali;qualsiasi minaccia di promuovere un’azione legale ove tale azione sia manifestamente temeraria o infondata (art. 25 Cod. cons.).
In definitiva, la pratica aggressiva va definita come una condotta invasiva, per le pressioni in cui in concreto consiste, della libertà di scelta del consumatore.
Tale condotta, quindi, non incide, quanto meno necessariamente, sulla possibilità per il consumatore di acquisire gli elementi conoscitivi necessari circa il contenuto del contrarre, ma sulla stessa volontà di stipularlo pur in presenza di un giudizio negativo sulla sua convenienza. In ciò la differenza tra la pratica commerciale aggressiva e la pratica ingannevole: mediante quest’ultima l’operatore scorretto si propone di ottenere la stipula di un contratto del cui contenuto il consumatore non è ben consapevole;attraverso la pratica aggressiva, l’operatore si propone di condizionare la volontà del consumatore, facendogli concludere un contratto della cui convenienza non è convinto.
11.7. Le pratiche commerciali ingannevoli o aggressive costituiscono, inoltre, un "illecito di pericolo", con la conseguenza che deve essere effettuato un giudizio pronostico ex ante , avendo riguardo alla potenzialità lesiva del comportamento posto in essere dal professionista, indipendentemente dal pregiudizio causato in concreto al comportamento dei destinatari, indotti ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso (Consiglio di Stato, sez. VI, 27 febbraio 2020, n. 1428).
12. Alla stregua di tali coordinate ermeneutiche, è possibile soffermarsi sul caso di specie, al contempo precisando che, in ragione dell’effetto devolutivo proprio dell’appello, l’omessa pronuncia ovvero la contraddittorietà o l’erroneità della motivazione giudiziale non determinano l’annullamento con rinvio della sentenza gravata (non ricorrendo alcuna delle fattispecie di rimessione al primo giudice ex art. 105 c.p.a.), né comportano la riforma della pronuncia di prime cure, ammissibile soltanto ove si giunga ad un diverso esito della controversia.
Pure di fronte ad una omessa pronuncia ovvero ad una motivazione contraddittoria o erronea, occorre che il giudice ad quem verifichi se il contenuto dispositivo della decisione assunta dal Tar sia comunque corretto.
13. Avendo riguardo alla descrizione della pratica in contestazione operata al par. 2 del provvedimento gravato, essa è rappresentata, da un lato, dal blocco di “ un considerevole importo individuato autonomamente dal professionista sulla carta di credito del cliente a garanzia di eventuali danni arrecati all’autovettura noleggiata ” e, dall’altra, dall’offerta di “ alcuni prodotti accessori presentati asseritamente come “assicurativi” al fine di abbattere l’importo del deposito cauzionale ”.
13.1 Al riguardo, l’Autorità ha dato atto che:
- il professionista include, nella propria offerta di noleggio, una copertura assicurativa base la quale, secondo il più generale principio della responsabilità civile auto, tutela il consumatore nel caso di danni involontariamente provocati ad altri durante il periodo di noleggio e/o furti del veicolo;
- nella pagina web del professionista, durante l’iter di prenotazione online, è data evidenza dei requisiti per il noleggio, in cui si chiarisce che la tariffa di noleggio include tre differenti coperture a favore del cliente ( Third party liability , Collision Damage Waiver e Theft Protection );
- al momento del ritiro dell’autovettura, al cliente viene bloccato, da parte del professionista, un determinato importo sulla propria carta di credito a titolo di deposito cauzionale, a garanzia di eventuali danni suscettibili di essere provocati dall’autovettura o dalla stessa subiti;la necessità di provvedere al blocco cauzionale risulta oggetto di specifica informativa fornita nell’ambito dei requisiti per il noleggio;
- l’importo del deposito cauzionale varia in funzione della tipologia di auto noleggiata e può arrivare fino a € 2.160,00 (nella tabella a pag. 2 del provvedimento si riportano i valori di € 1.510,00 e di € 2.160,00);
- il professionista offre la possibilità di estendere la copertura assicurativa attraverso l’acquisto di prodotti accessori: Personal Insurance , in relazione alla responsabilità per danni ai conducenti autorizzati, ai passeggeri e agli effetti personali;nonché Super Cover , con riferimento alla responsabilità per danni o perdita del veicolo;
- i costi delle coperture assicurative accessorie, in specie della Super Cover , risultano indicati nei requisiti per il noleggio e variano in funzione dei giorni di noleggio e del tipo di veicolo noleggiato;
- l’offerta di tali prodotti accessori avviene tipicamente al desk del professionista, al momento del ritiro dell’autovettura da parte dei consumatori, venendo la maggior parte dei noleggi acquistati attraverso siti web di broker e/o compratori dei servizi di autonoleggio, che offrono anche servizi accessori propri volti alla copertura dei rischi;
- l’acquisto di tali prodotti assicurativi accessori permette l’abbattimento dell’elevato importo del deposito cauzionale.
13.2 Sulla base di tali rilievi, l’Autorità ha ravvisato una pratica scorretta tenuta dal professionista, “ che si sviluppa al momento del check out e si sostanzia nella vendita al consumatore di servizi c.d. “accessori”, facendo leva sul fatto che il consumatore deve garantire al professionista una conduzione e custodia diligente della vettura dando la propria carta di credito in garanzia al professionista ” (par. 45 del provvedimento).
La pratica de qua , tenuto conto della richiesta di bloccare una rilevante somma sul plafond della carta di credito del consumatore al momento del ritiro dell’autovettura, sarebbe idonea a condizionare indebitamente lo stesso consumatore, così da indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso: l’acquisto di un prodotto accessorio che gli permette l’abbattimento dell’elevato importo del deposito cauzionale.
In particolare, a fronte della elevata somma richiesta a garanzia attraverso il deposito cauzionale bloccato sulla carta di credito del consumatore, Firefly prospetterebbe insistentemente al cliente l’acquisto di prodotti accessori che permettono appunto la riduzione dell’importo del deposito cauzionale.
L’Autorità prende in esame, altresì, talune segnalazioni di utenti, riguardanti l’impossibilità di procedere al noleggio in ragione di una mancanza di disponibilità sulla carta di credito del consumatore.
La condotta complessivamente valutata risulterebbe, pertanto, scorretta in quanto non corrispondente alla diligenza attesa in una fase delicata del rapporto di consumo, quello in cui il professionista deve consegnare al consumatore l’autovettura noleggiata e assicurarsi solo della corretta custodia e prudente utilizzo dell’autovettura data a noleggio attraverso, fra l’altro, la garanzia della carta di credito: il professionista sfrutterebbe tale particolare posizione di supremazia e asimmetria per vendere prodotti accessori, presentati per limitare la responsabilità in caso di pericoli e danni, proprio grazie alla possibilità di ridurre l’elevato deposito cauzionale richiesto, in maniera da conseguire una finalità commerciale che travalica la custodia e la verifica dell’integrità dell’autovettura noleggiata.
La condotta, inoltre, sarebbe contraria alla diligenza professionale, ai sensi dell’articolo 20, comma 2, del Codice del Consumo, perché consistente nello sfruttamento della disponibilità della carta di credito data in garanzia dai consumatori al momento del prelevamento dell’autovettura.
14. Il Collegio rileva, preliminarmente, che, alla stregua delle censure svolte dall’Autorità nel provvedimento per cui è causa, viene contestata una pratica aggressiva suscettibile di essere attuata nei confronti di due categorie di consumatori:
a) i consumatori in possesso di una carta di credito con un plafond sufficiente per consentire il prescritto blocco cauzionale a garanzia della corretta esecuzione delle obbligazioni discendenti dal noleggio;
b) i consumatori privi di una carta di credito con disponibilità economiche sufficienti per consentire il blocco cauzionale in parola.
Tale ultima categoria di utenti è espressamente richiamata nel provvedimento sanzionatorio, avendo l’Autorità dato atto che “ l’elevato importo del deposito cauzionale richiesto da Firefly sia di fatto non sempre nella disponibilità del consumatore ” (par. 23), pure valorizzando alcune segnalazioni – poste a base dell’accertamento dell’infrazione – in cui si rappresentava l’impossibilità di eseguire il blocco sulla carta di credito in ragione dell’assenza di una copertura sufficiente (par. 25).
Il che, del resto, trova corrispondenza nelle difese processuali dell’Autorità, in cui parimente si rileva che “ è emerso come l’elevato importo del deposito cauzionale richiesto da H sia di fatto non sempre nella disponibilità del consumatore e come, a fronte dell’asserita indisponibilità di tale importo, il personale al desk prospetti come unica soluzione alternativa l’acquisto di un prodotto assicurativo accessorio ” (pag. 4 memoria conclusionale del 20 giugno 2022).
Si conferma, dunque, che l’Autorità ha ravvisato una pratica aggressiva anche nei confronti di consumatori privi di carta di credito con disponibilità sufficienti per eseguire il prescritto blocco cauzionale.
Ciò posto, anticipando le conclusioni che verranno infra svolte, il Collegio ritiene che sussistano sufficienti elementi istruttori per ritenere provata una condotta illecita soltanto nei confronti dei consumatori in possesso di una carta di credito con plafond sufficiente a consentire il prescritto blocco cauzionale, effettivamente indotti dalle sollecitazioni del professionista -intervenute in una fase sensibile del rapporto negoziale (ritiro del veicolo)- a porre in essere una decisione di acquisto (di prodotti assicurativi accessori) che altrimenti non avrebbero spontaneamente assunto, anche in ragione della sua inidoneità ad influire sulla possibilità di ritiro del veicolo, costituente l’utilità principale ambita attraverso la sottoscrizione del contratto (principale) di noleggio.
Un’analoga pratica illecita non potrebbe, invece, essere riscontrata in relazione ai consumatori privi di una carta di credito con plafond sufficiente per l’esecuzione del blocco cauzionale, da ritenere indotti all’acquisto dei prodotti accessori, anziché per effetto delle offerte sistematiche e insistenti presentate dal professionista al desk, in ragione dell’esigenza, autonomamente avvertita, di percorrere soluzioni alternative al fine di ottenere, comunque, il ritiro del veicolo, acquistando in tale modo spontaneamente prodotti accessori in grado di consentire l’abbattimento di un deposito cauzionale che altrimenti non avrebbe potuto essere assicurato (stante l’indisponibilità di una carta di credito con plafond sufficiente).
15. Soffermandosi sulla prima categoria di consumatori -in possesso di carta di credito con disponibilità sufficienti ad eseguire il prescritto blocco cauzionale-, occorre esaminare, in primo luogo, le risultanze istruttorie valorizzate nel provvedimento impugnato in prime cure, al fine di valutarne l’idoneità a sostenere il giudizio di illiceità espresso dall’Autorità.
Ai punti 16 e ss. del provvedimento, in particolare, si fa riferimento a:
- una presentazione PowerPoint del 2016, in cui si legge che “ We are inline to finish 2015 + [omissis] versus LY despite leisure volume being [omissis] down against 2014 for Ancillary Sale s”;“ Broker business in 2016 is predicted to increase by [20-30%] […]. It’s a great opportunity for Ancillary Sales and one we can make a difference with to drive revenue ” e “ Make the offer, every customer, every time ” (relativamente alle attività da svolgere al desk), pure tenuto conto che i consumatori al desk sono posti davanti ad una data alternativa: “ o acquistano il prodotto o non l’acquistano ”, senza procedere ad una comparazione dei prodotti offerti dai vari operatori di mercato;
- il doc. ispettivo denominato “ USER_FIREFLY_MAR_2016_INCENTIVI ”, recante gli incentivi economici da corrispondere al personale addetto al desk, correlati (altresì) alla vendita, da parte di ciascun dipendente, dei servizi accessori;
- doc. ispettivo denominato “ allegato mail 5 ” (doc. 18 produzione attorea di primo grado), recante le Linee Guida per il personale al desk, in cui, in relazione alla “ Preparation of the Rental Agreement ”, con specifico riferimento alle Ancillary Sales , si legge che “ Depending on the needs of the customer, please offer the relevant products (when applicable ) ”;
- una mail interna a H citata al par. 21 del provvedimento, riguardante il prodotto assicurativo, presente nel menù delle ancillaries , definito “ CVG4R o REDUC SCOVER ”, da proporre a “ Clienti con un plafond sulla carta non sufficiente a coprire la riserva minima richiesta per il car group noleggiato e che non vogliono spendere per il prodotto Full ” e rivolto a clienti che “ hanno preso la SCOVER con il broker ma non vogliono avere comunque il rischio di sborsare l’intero importo dell’ EXCESS che poi dovranno richiedere indietro al broker con tempi lunghi ed incerti ”, con la precisazione che tale ultimo punto è per H “ molto importante come selling proposition ” sui clienti che hanno acquistato la SCOVER del broker , “ e non va in conflitto con il prodotto venduto dal broker stesso, quindi riduce il rischio di complains da parte dei brokers che solitamente ci accusano di aver forzato il cliente a comprare un n ostro prodotto identico a quello venduto da loro allo stesso cliente ”;
- un’altra mail, citata al par. 22 del provvedimento, sempre interna al professionista, in cui si legge che “ ci è stato comunicato [… ] che possiamo vendere la riduz. penalità risarcitoria portando i danni a zero. modificando con penna su contratto. incentivante per la vendita!! :) ”;
- alcune segnalazioni di clienti che non disponevano di un plafond sufficiente per consentire il blocco a garanzia del noleggio;
- una mail interna alla società, citata al par. 26 del provvedimento, in cui si riferisce di un cliente che “ contesta perché' dice che aveva i soldi sulla carta e non gli avete bloccato 1510 euro ma l'avete forzata a comprare tutto ” e in cui si fa riferimento ad una cliente che si lamentava per l’alto importo del deposito cauzionale, al punto da “ obbligare ” il personale al desk a non richiedere l’autorizzazione sulla carta di credito “ altrimenti il plafond o la disponibilità si sarebbero esaurite al momento ” (cfr. doc. 19 produzione attorea di primo grado).
Sebbene non tutti i documenti de quibus siano stati prodotti in giudizio, non sussistono specifiche contestazioni in ordine alla loro esistenza o alla corrispondenza tra le espressioni letterali riportate nel provvedimento impugnato in prime cure, sopra trascritte, e le espressioni letterali realmente caratterizzanti il contenuto dei documenti in parola. Pertanto, la documentazione richiamata dall’Autorità può essere utilmente valorizzata a fondamento dell’odierno giudizio.
Tali documenti, inoltre, devono essere valutati alla luce del contesto di riferimento, connotato da precise clausole negoziali che prevedevano l’obbligo per il consumatore, al momento della consegna del veicolo, di vincolare sulla carta di credito indicata nel contratto di noleggio, a titolo cauzionale, una somma predeterminata, commisurata alla franchigia che il conduttore avrebbe dovuto pagare in caso di danni al veicolo non coperti dall’assicurazione base inclusa nel contratto di noleggio (cfr. memoria depositata sub doc. 7 in primo grado dal professionista in cui si riconosce che “ per garantire il pagamento da parte del cliente della franchigia, qualora applicabile … H chiede, per i servizi a marchio Firefly, un deposito equivalente all’ammontare della franchigia … la somma bloccata sulla carta di credito coincide con la franchigia ”) .
L’importo del blocco cauzionale poteva, tuttavia, essere ridotto o azzerato attraverso l’acquisto di prodotti assicurativi accessori offerti dal professionista (memoria sub doc. 7 cit., in cui si dà atto che “i servizi Firefly comprendono anche la possibilità di acquistare un servizio aggiuntivo al momento del noleggio, la Super-Cover, che azzera del tutto la franchigia. Questa soluzione permette al cliente Firefly di beneficiare di un servizio generalmente offerto solamente in caso di noleggio premium, ad un prezzo contenuto. Nel caso di un cliente che acquisti tale servizio non verrà richiesto alcun “deposito” in quanto il rischio che questo è normalmente volto a coprire, i.e. il mancato pagamento della franchigia, viene meno ”).
16. Prescindendo, per il momento, dalle segnalazioni in atti e dalla mail interna alla società citata al par. 26 del provvedimento (come verrà osservato, infra , irrilevanti ai fini del decidere), gli altri documenti sopra richiamati manifestano l’aggressività della pratica commerciale, ascritta al professionista, tenuta nei confronti di quei consumatori che, a disposizione di una carta di credito con plafond sufficiente per assicurare il blocco cauzionale richiesto dal professionista, pure potendo procedere al ritiro dell’autovettura senza dovere acquistare prodotti assicurativi accessori, per effetto dello sfruttamento indebito (operato dal professionista) della posizione di debolezza in cui si trovavano all’atto della presentazione al desk, risultavano indebitamente condizionati nella propria libertà contrattuale, venendo indotti ad una decisione di natura commerciale (acquisto di un prodotto accessorio) che, altrimenti, non avrebbero spontaneamente assunto.
16.1 Al riguardo, deve precisarsi come le contestazioni sollevate dall’Autorità non riguardino un’asserita ingannevolezza delle informazioni fornite dal professionista, ma l’aggressività della condotta da questi tenuta al desk, al momento del ritiro del veicolo.
Non meritano, dunque, favorevole apprezzamento le doglianze attoree incentrate sulla chiarezza delle obbligazioni contrattuali, in quanto nell’odierno giudizio non si discorre di una pratica diretta a incidere sulla consapevolezza dello scambio, ma di condotte lesive della libertà contrattuale, volte a condizionare le scelte di acquisto di consumatori (comunque) a conoscenza dell’asserro negoziale inter partes attuato.
Pertanto, la presenza di condizioni contrattuale dal contenuto precettivo chiaro non rileva per escludere l’aggressività della condotta in contestazione, ancorata ad un diverso presupposto, correlato allo sfruttamento indebito di una posizione di debolezza del consumatore non discendente dall’oscurità del regolamento negoziale, ma dalla necessità (pure conosciuta) di subire una rilevante compromissione della propria capacità di spesa durante il rapporto di noleggio, per effetto del blocco cauzionale all’uopo da operare sulla propria carta di credito.
16.2 Tali rilievi manifestano l’infondatezza, altresì, delle censure tese a denunciare la focalizzazione dell’attenzione dell’Autorità su una singola fase del rapporto consumeristico data dal ritiro del veicolo, senza considerare la complessiva condotta della società (fin dall’inizio del rapporto contrattuale instauratosi con il consumatore).
Pure dovendosi tenere in considerazione il complessivo contesto giuridico e fattuale in cui si inserisce la pratica commerciale, l’aggressività in contestazione riguarda una specifica fase del rapporto negoziale, contraddistinta dalla particolare debolezza del consumatore, ormai in procinto di ricevere in consegna il veicolo (necessario per realizzare l’esigenza di trasporto in concreto avvertita) e costretto a subire una rilevante limitazione della propria capacità di spesa in ragione del preannunciato blocco cauzionale da operare sulla carta di credito presentata a garanzia del noleggio.
Di conseguenza, l’Autorità ha correttamente fatto riferimento a tale peculiare fase del rapporto negoziale, in cui il consumatore è particolarmente esposto alle strategie commerciali del professionista, potendo facilmente cedere a pressioni indebite della controparte aventi ad oggetto soluzioni negoziali alternative (altrimenti spontaneamente non ricercate) idonee ad evitare il blocco cauzionale altrimenti da attuare.
Così operando, lungi dallo svalutare il contesto di riferimento, l’odierna appellata ha puntualmente ricostruito le circostanze di tempo e di luogo in cui la pratica commerciale veniva svolta, rilevanti per l’integrazione dell’illecito consumeristico in contestazione.
16.3 Ciò rilevato, si osserva che i documenti in atti (in specie, la presentazione PowerPoint del 2016, il doc. ispettivo denominato “ USER_FIREFLY_MAR_2016_INCENTIVI ”, il doc. ispettivo denominato “ allegato mail 5 ” e le mail interne a H citate al par. 21 e al par. 22 del provvedimento) dimostrano l’aggressività della pratica commerciale per cui è causa.
Tale documentazione comprova come il professionista considerasse la vendita dei prodotti accessori una attività da potenziare in vista dell’incremento dei ricavi di gestione (cfr. presentazione PowerPoint citata).
A tali fini, l’operatore avvertiva la necessità di presentare sistematicamente e insistentemente, ad ogni consumatore e in ogni tempo, al momento del ritiro dell’autovettura, apposite offerte negoziali, sfruttando l’assunto per cui, al desk, il consumatore è posto davanti alla sola alternativa data dall’acquisto o dal mancato acquisto del prodotto offerto, non essendovi, di regola, la possibilità di una comparazione tra prodotti sostituibili.
In particolare, l’attività di vendita dei prodotti accessori al momento del ritiro dell’autovettura risultava:
- da un lato, promossa attraverso la previsione di incentivi in favore del personale dipendente, in tale modo indotto a sollecitare l’acquisto del consumatore al fine di ottenere un incremento della propria retribuzione;
-dall’altro, imposta dalle linee guida approvate dal professionista (prodotte in atti – doc. 18 produzione attorea di primo grado), in cui si chiedeva ai dipendenti e agli agenti di offrire sistematicamente i prodotti rilevanti ove applicabili alla luce delle esigenze dei consumatori (“ Depending on the needs of the customer, please offer the relevant products (when applicable). Please refer to the country policy ”).
Stante la perentorietà delle indicazioni operative fornite dal professionista (“ All employees must follow these guidelines in Corporates, Agencies or Franchisee rental locations ”) e la funzione assegnabile alle relative linee guida – di garantire uno standard di qualità uniforme sul territorio -, deve ritenersi che le regole di condotta in esame abbiano effettivamente conformato l’operato commerciale in contestazione.
Pertanto, a fronte di prodotti assicurativi acquistabili dai consumatori al momento di ritiro dell’auto, funzionali (altresì) ad una riduzione dell’importo da bloccare a garanzia sulla carta di credito, i dipendenti e gli agenti provvedevano effettivamente (perché obbligati dalle linee guida e invogliati dagli incentivi economici all’uopo previsti) a sollecitare l’acquisto di un prodotto accessorio, da un lato, “ applicable ”, perché sottoscrivibile al desk prima del ritiro dell’auto, dall’altro, idoneo a soddisfare i “ needs ” del consumatore e, in specie, l’esigenza di disporre di un maggiore importo sulla propria carta di credito utilizzabile durante il noleggio per la realizzazione dei propri interessi.
La sollecitazione dell’acquisto dei prodotti accessori doveva, inoltre, essere eseguita insistentemente e, dunque, per ogni consumatore e in ogni momento (“ every customer, every time”), in una fase delicata del rapporto contrattuale, in cui, come osservato, il consumatore è pronto al ritiro del veicolo necessario per garantire le proprie esigenze di trasporto e dove l’impossibilità di un adeguato confronto tra prodotti sostituibili pone il consumatore dinnanzi ad una decisione binaria in ordine all’acquisto di un prodotto (“ o acquistano il prodotto o non l’acquistano ”) necessario per salvaguardare la propria capacità di spesa (altrimenti compromessa dal blocco cauzionale sulla carta di credito).
La necessità di insistere nell’offerta di tali prodotti accessori si manifestava proprio in relazione a quei consumatori che non volevano avere comunque “ il rischio di sborsare l’intero importo dell’ EXCESS che poi dovranno richiedere indietro al broker con tempi lunghi ed incerti ”: tale esigenza doveva, dunque, essere sfruttata per promuovere la vendita delle coperture assicurative in esame attraverso la formulazione di apposita offerta di acquisto.
L’effetto leva prodotto dalla riduzione del blocco cauzionale al fine di condizionare l’acquisto dei prodotti accessori è confermato pure dalla mail citata al par. 22 del provvedimento, in cui la possibilità di ridurre le penali risarcitorie è considerata una circostanza incentivante per la vendita, a dimostrazione di come la correlazione tra le franchigie, il blocco cauzionale (comunque rapportato alle franchigie) e l’offerta di prodotti accessori in grado di ridurre tali franchigie e, di conseguenza il relativo blocco a titolo cauzionale (cfr. quanto emergente dalla memoria sub doc. 7 cit. sopra richiamata) fosse sfruttata dal professionista per incentivare la vendita dei prodotti assicurativi, facendo leva sulla posizione di debolezza del cliente altrimenti tenuto a subire l’applicazione di un rilevante blocco cauzionale sulla propria carta di credito.
16.4 L’esame complessivo di tali documenti denota una strategia commerciale - tesa ad offrire ai consumatori sistematicamente e insistentemente (a tutti e in ogni tempo), al momento del ritiro del veicolo, l’acquisto di prodotti accessori – integrante:
- una pratica commerciale, in quanto diretta a promuovere la vendita di un prodotto assicurativo funzionale all’incremento del ricavato del professionista, posta in essere al desk, nel momento in cui l’utente risulta in procinto di ritirare l’autovettura noleggiata e prenotata;
- una pratica commerciale aggressiva, configurando uno sfruttamento, da parte del professionista, di una posizione di potere rispetto al consumatore per esercitare una pressione tale da limitare notevolmente la capacità di quest’ultimo di prendere una decisione consapevole.
Tale pratica non si esauriva, infatti, nella mera messa a disposizione del consumatore di un prodotto assicurativo accessorio rispetto al contratto di noleggio, né nel collegamento tra la sottoscrizione della copertura assicurativa aggiuntiva e la riduzione del deposito cauzionale (da attuare con il blocco di un predefinito importo sulla carta di credito), ma delineava una complessiva attività di vendita di un prodotto assicurativo, che – come correttamente rilevato dall’Autorità al par. 45 del provvedimento impugnato in primo grado – faceva “leva sul fatto che il consumatore deve garantire al professionista una conduzione e custodia diligente della vettura dando la propria carta di credito in garanzia al professionista ”
16.4.1 Al riguardo, si deve precisare che la previsione di un blocco cauzionale sulla carta di credito, di per sé, non costituisce una prassi scorretta, rispondendo ad un’esigenza economicamente giustificabile dell’operatore professionale, di garantire il corretto adempimento dell’obbligazione risarcitoria gravante sul consumatore (pagamento della franchigia), in caso di violazione dell’obbligazione (principale) di custodia del veicolo concesso in noleggio.
Si fa questione di clausole aventi una funzione di garanzia, ponendo il professionista in condizione di soddisfare direttamente, senza la necessaria previa collaborazione del consumatore, il proprio credito risarcitorio, ove dovesse emergere una responsabilità per inadempimento della controparte contrattuale.
Trattasi, dunque, di clausole che tendono a realizzare, secondo le forme previste dall’ordinamento, le ragioni creditorie del professionista, esposto, in caso di inadempimento delle controparti, a rilevanti conseguenze dannose, suscettibile pure di minare (in ragione, altresì, dell’elevato numero dei rapporti negoziali contestualmente instaurabili dal medesimo operatore economico) la stabilità patrimoniale dell’impresa e, per l’effetto, la sua stessa operatività.
Ne deriva che, di per sé, la previsione delle garanzie de quibus non potrebbe costituire una pattuizione economicamente ingiustificabile, che ragionevolmente i consumatori non potrebbero attendersi nei rapporti con i professionisti.
16.4.2 Nel caso di specie, tuttavia, l’Autorità non ha contestato la mera previsione di garanzie aggiuntive a carico del cliente o la loro idoneità a determinare una riduzione del deposito cauzionale, ma ha censurato la pressione indebita esercitata dal professionista sul cliente, al desk, al fine di sollecitare insistentemente l’acquisto del prodotto assicurativo e, dunque, di indurre il cliente a porre in essere una decisione commerciale che altrimenti non avrebbe assunto.
16.5 Alla stregua di quanto emergente dai documenti richiamati e di quanto sopra precisato, il professionista attuava una vera e propria strategia commerciale, per condizionare la libertà contrattuale del cliente, sfruttando una cornice negoziale di riferimento, caratterizzata da:
- un elevato blocco cauzionale da applicare all’atto della consegna del veicolo, suscettibile di incidere sensibilmente sul plafond della carta di credito presentata dal consumatore;
- franchigie contrattuali relative alla responsabilità per danni e furto del veicolo;
- la possibilità di sottoscrivere prodotti assicurativi aggiuntivi, idonei a ridurre sensibilmente il blocco cauzionale, correlato alle franchigie per furto e danni.
Come osservato, il professionista poneva in essere una serie preordinata di atti, consistenti nell’offerta sistematica al desk, sempre e in relazione ad ogni consumatore, di prodotti accessori, pure funzionali ad una riduzione di franchigia e del blocco cauzionale cit., sfruttando tale elemento quale incentivo alla vendita, in funzione di un incremento dei ricavi dell’attività di impresa.
Come correttamente rilevato dall’Autorità al par. 49 del provvedimento impugnato in prime cure, nella specie rilevano anche i tempi e il luogo nei quali la condotta è stata tenuta - e precisamente il momento del ritiro dell’auto al desk del professionista -, nonché l’elevato importo del deposito cauzionale richiesto, variabile da € 1.510 a 2.160,00.
Sotto tale ultimo profilo, la circostanza per cui si tratti di una somma elevata discende da fatti notori, correlati alle retribuzioni medie mensili nel territorio italiano, prossime agli importi bloccati a titolo di deposito cauzionale;sicché per il consumatore medio l’impossibilità di disporre per il periodo del noleggio di un importo sulla carta di credito (strumento tipicamente deputato all’acquisto di beni e servizi) all’incirca prossimo ad una retribuzione mensile media, si traduce inevitabilmente in una rilevante compressione della capacità di spesa durante lo svolgimento del rapporto di noleggio.
Peraltro, il blocco cauzionale risultava rapportato alle franchigie, a carico del consumatore, relative ai danni da risarcire in caso di furto o danneggiamento del veicolo, con conseguente valorizzazione di un importo economico (all’uopo da vincolare) di gran lunga superiore rispetto ai prezzi contrattuali (definiti dallo stesso professionista “ molto bassi ” nella memoria sub doc. 7 cit.);il che rileva pure per valutare il carattere elevato del blocco cauzionale, chiedendosi al consumatore di vincolare a garanzia una somma, di regola, molto superiore al costo da sostenere per godere dell’avversa prestazione negoziale.
Del resto, l’odierno appellante, in sede amministrativa, sebbene abbia inteso giustificare le ragioni sottese alla quantificazione delle franchigie cui è correlato il blocco cauzionale, ha comunque dato atto che “ simili livelli di franchigia potrebbero a prima vista sembrare piuttosto elevati ” (pag. 3 memoria sub doc. 7 cit.);il che conferma come il consumatore medio, di fronte ad un blocco cauzionale correlato a livelli di franchigia ritenuti dallo stesso professionista a prima vista piuttosto elevati -sebbene ancorati al valore del veicolo (anziché del servizio di noleggio) e, in ipotesi, simili a quelli praticati da altri concorrenti – non potrebbe non valutare, anch’egli, come elevati i relativi importi economici (di franchigia e di blocco cauzionale).
Il carattere elevato del blocco cauzionale, peraltro, non determina, di per sé, la pratica aggressiva, concorrendo a delineare il contesto entro cui operava il professionista: questi, in particolare, sfruttando la posizione di debolezza del cliente e la propria posizione di preminenza – tradottasi pure nella definizione delle condizioni contrattuale, con imposizione di una garanzia (blocco cauzionale) dall’importo considerevole, suscettibile di limitare notevolmente la capacità di spesa del cliente -, faceva leva sulle difficoltà del cliente a subire un elevato blocco cauzionale, esercitando un’indebita pressione funzionale al condizionamento dell’altrui libertà contrattuale.
Il consumatore veniva così posto di fronte ad una ben definita alternativa: subire una limitazione rilevante della propria capacità di spesa, discendente (in specie) dal blocco cauzionale sulla carta di credito, ovvero accettare la proposta contrattuale, sistematicamente e insistentemente avanzata dal professionista al desk, al momento del ritiro dell’auto - quando, ormai, il cliente è prossimo all’avvio dell’esecuzione contrattuale, avvertendo un’effettiva (e, di regola, non rinunziabile) esigenza di fruire del veicolo in noleggio -, acquistando il prodotto assicurativo e ottenendo in tale modo una rilevante riduzione del deposito cauzionale.
In tali ipotesi è ragionevole ritenere che l’acquisto del prodotto non avvenisse su iniziativa del consumatore, all’esito di una libera scelta negoziale, ma fosse il risultato della indebita pressione esercitata dal professionista, limitativa della libertà contrattuale del cliente, indotto all’acquisto, più che per profittare delle utilità tipicamente discendenti da un prodotto assicurativo (assicurazione contro il rischio di un evento lesivo), per evitare una rilevante limitazione della propria capacità di spesa durante il rapporto di noleggio, derivante dall’imposizione di una garanzia aggiuntiva, data da un elevato blocco cauzionale sulla carta di credito - per un importo tale da potere esaurire o, comunque, ridurre considerevolmente il plafond a disposizione del consumatore durante l’esecuzione del contratto principale - sul quale il professionista faceva leva sistematicamente per condizionare l’altrui decisione contrattuale.
In siffatte ipotesi, si assiste ad una limitazione della libertà del consumatore di assumere una decisione avente natura commerciale, riguardante l’acquisto di un prodotto assicurativo (e, dunque, il “ se acquistare o meno un prodotto ” ex art. 18, comma 1, lett. m), D. Lgs. n. 206/05), con conseguente integrazione degli elementi costitutivi della pratica commerciale aggressiva, sia sul piano strutturale, facendosi questione di un’azione di indebito condizionamento, sia su quello funzionale, discorrendosi di azione produttiva di un effetto distorsivo sulla libertà di scelta del consumatore.
17. L’emersione di una tale pratica aggressiva, se riscontrabile in relazione ai consumatori in possesso di una carta di credito con disponibilità sufficienti a consentire il blocco cauzionale de quo , non sembra configurabile con riguardo ai consumatori privi di una carta di credito con sufficienti disponibilità economiche, rispetto ai quali non risultava prospettabile quell’alternativa in precedenza richiamata e posta alla base del condizionamento indebito operato dal professionista: subire una limitazione rilevante della propria capacità di spesa per effetto del deposito cauzionale sulla carta di credito ovvero accettare la proposta contrattuale di acquisto del prodotto assicurativo.
17.1 Al riguardo, deve ribadirsi che l’Autorità non ha contestato un’ingannevolezze delle informative fornite dal professionista, ma soltanto l’aggressività del comportamento in concreto tenuto: non può, dunque, dubitarsi della consapevolezza in capo ai consumatori del concreto assetto negoziale da attuare nei rapporti con il professionista, con particolare riferimento alla necessità di consentire sulla propria carta di credito un blocco cauzionale di ammontare predeterminato, per poter procedere al ritiro del veicolo.
Del resto, nello stesso par. 8 del provvedimento si dà atto espressamente che il professionista specificava che “[n] el momento in cui si effettua il ritiro dell’auto a noleggio, è necessario depositare una somma per coprire la franchigia applicabile alla riduzione di responsabilità per danni (CDW), riduzione di responsabilità per furto e, in alcuni paesi, l’importo per coprire un pieno di carburante. Tale importo deve essere pagato con una carta di credito emessa a nome del conducente principale ”.
Per l’effetto, a fronte della consapevolezza delle regole negoziali inter partes applicabili, il consumatore - edotto delle condizioni negoziali regolanti il noleggio (ivi compresa la necessità di procedere al blocco cauzionale sulla carta di credito)- che, pur non disponendo di una carta di credito con disponibilità sufficienti e, dunque, pur non avendo la possibilità di eseguire il prescritto deposito cauzionale, si presentava comunque al desk, manifestava l’interesse di ricevere, in ogni caso, il veicolo in noleggio (per soddisfare l’esigenza di trasporto sottesa alla contrattazione), rendendosi in tale modo disponibile a ricercare e percorrere soluzioni alternative idonee a permettere l’esecuzione del contratto principale attraverso l’abbattimento o l’azzeramento del blocco cauzionale che, altrimenti, non avrebbe potuto essere assicurato dal cliente (stante l’indisponibilità di una carta di credito con plafond sufficiente).
In tali ipotesi, non è possibile ritenere – e, comunque, non emergono idonei elementi istruttori a supporto della conclusione contraria – che l’acquisto dei prodotti accessori fosse indebitamente condizionato dall’offerta sistematicamente e insistentemente avanzata dal professionista in una fase delicata del rapporto negoziale.
Nell’ambito di un tale contesto fattuale e negoziale, è più probabile che la decisione commerciale assunta dal consumatore derivasse dalla necessità di procedere, comunque, al ritiro del veicolo, cui il consumatore non avrebbe potuto provvedere se non attraverso l’acquisto di prodotti accessori idonei a ridurre il blocco cauzionale altrimenti imposto.
In altri termini, il consumatore, per potere usufruire del servizio di noleggio, non disponendo di una carta di credito con disponibilità sufficienti, era indotto all’acquisto del prodotto assicurativo, anziché per effetto dell’insistente offerta di prodotti accessori avanzata dal professionista, in ragione dell’esigenza di realizzare l’interesse sostanziale sotteso al contratto principale (noleggio del veicolo), che altrimenti, in assenza dell’acquisto di prodotti accessori in grado di abbattere gli importi del prescritto blocco cauzionale, non avrebbe potuto essere soddisfatto.
17.2 Non potrebbe diversamente argomentarsi sulla base delle segnalazioni in atti, da ritenere irrilevanti ai fini della decisione;ciò, a prescindere dai profili di inutilizzabilità sollevati dall’appellante (peraltro discendenti da una circostanza, data dall’asserita tardiva contestazione dell’infrazione, che, in ipotesi, in quanto integrante un asserito autonomo vizio di legittimità del provvedimento, avrebbe dovuto essere tempestivamente introdotta con il ricorso di primo grado e -a fronte di un’omessa pronuncia del Tar- tempestivamente riproposta con il ricorso in appello).
In particolare, con tali segnalazioni sono stati contestati:
- la mancata evidenziazione sul sito collegato a H di costi aggiuntivi per la riconsegna del veicolo presso una località diversa da quella del ritiro, la comunicazione -al momento del ritiro del veicolo- della necessità “ di una disponibilità di carta da bloccare a garanzia di 2.000,00 Euro che io non possedevo in quel momento ”, nonché la sussistenza di difficoltà nell’annullamento della prenotazione (segnalazione del 24.6.2015);
- la mancanza, al momento del ritiro del veicolo, della “ giusta copertura di 1900 euro non chiaramente specificata sul voucher ” con la prospettazione, da parte dell’addetto, dell’ “ unica alternativa valida per ottenere il noleggio, pagare c/o di loro una assicurazione integrativa di circa 23 euro per tutto il periodo del noleggio o pagare la somma della caparra in contanti ”, con la conseguenza che il consumatore, “ non avendo alternative e non cedendo a questa forma di ricatto ” ha chiamato un taxi per soddisfare le proprie esigenze di trasporto (mail del 16.8.2016);
- la scoperta in fase di ritiro della necessità di “ un blocco cauzionale su carta di credito di 1500 euro, importo ben superiore allo standard applicato dagli altri fornitori, circa 300 euro (H incluso). Il massimale in questione non è però segnalato nei termini e condizioni … e nel voucher di prenotazione che viene rilasciato al completamento della prenotazione non è segnalato nessun limite di massimale di carta di credito per il ritiro del mezzo… sicché la carta non è sufficiente al ritiro del mezzo e la soluzione proposta dal dipendente H è quella di pagare una assicurazione di 7 euro al giorno per abbattere il blocco cauzionale a 300 euro (lo stesso operatore mi informa che non è possibile addebitare più carte di credito dello stesso titolare, fino a concorrere alla caparra richiesta) ” (nota del 25.8.2014).
Nell’ambito della sezione del provvedimento dedicata alle segnalazioni, al par. 26, l’Autorità ha richiamato, altresì, una mail in cui si riferiva di un cliente che aveva contestato di avere i soldi sulla carta e che, ciò nonostante, era stato forzato a comprare tutto, con la precisazione che la mail “ riferisce, in particolare, di una cliente che si lamentava per l’alto importo del deposito cauzionale, al punto da “obbligare” il personale al desk a non richiedere l’autorizzazione sulla carta di credito “ altrimenti il plafond o la disponibilità si sarebbero esaurite al momento ” (par. 26).
Ad eccezione della mail di cui al par. 26 cit., si tratta di segnalazioni riguardanti profili di ingannevolezza irrilevanti ai fini dell’odierno giudizio.
17.2.1 In particolare, si tratta di contestazioni provenienti da consumatori privi di carta di credito con plafond sufficiente ad eseguire il prescritto blocco cauzionale: i consumatori lamentavano una presunta ingannevolezza delle informazioni fornite dal professionista, essendo inconsapevoli dell’esistenza di clausole riferite ad elevati blocchi cauzionali e, pertanto, risultando sorpresi dell’impossibilità di procedere al ritiro del veicolo senza provvedere al blocco di importi allo stato non disponibili.
Le contestazioni in esame riguardano una scorrettezza influente, più che sulla libertà dello scambio, sulla sua consapevolezza, chiedendosi di vincolare rilevanti somme di denaro all’insaputa del consumatore.
Difatti:
- nella mail del 24.6.2015 si fa riferimento alla necessità di “ una disponibilità di carta da bloccare ” comunicata soltanto allo sportello H, che induceva il cliente a chiedere l’annullamento della prenotazione, non disponendo lo stesso dell’importo richiesto;ciò evidenziando come il consumatore non fosse consapevole della necessità di procedere al blocco cauzionale di un elevato importo sulla propria carta di credito, tenuto conto che altrimenti non si sarebbe recato al desk per il ritiro del veicolo;
- nella mail del 16.8.2016 si richiama la necessità di procedere alla copertura di un importo di € 1900 euro non chiaramente specificata sul voucher;i successivi rilievi, riferiti ad un presunto “ ricatto ” operato dal professionista, riguardano la prospettazione di alternative al blocco cauzionale, per consentire comunque al consumatore di usufruire del servizio di noleggio altrimenti precluso: non emerge, dunque, un’indebita induzione all’acquisto di prodotti accessori, ma la prospettazione di soluzioni alternative al blocco cauzionale (nella specie non attuabile), al fine di consentire al consumatore il ritiro del relativo veicolo (prassi non aggressiva, differente da quella risultante dalla documentazione sopra richiamata, attestante offerte insistenti di prodotti accessori non necessari per il ritiro del veicolo, operata attraverso lo sfruttamento della posizione di debolezza di consumatori che ben potevano assicurare il blocco cauzionale sulla carta di credito presentata a garanzia del noleggio);
- nella nota del 25.8.2014 si fa riferimento, ancora una volta, alla scoperta della necessità di un blocco cauzionale soltanto in fase di ritiro del veicolo.
Tali segnalazioni dimostrano, più che un’induzione indebita all’acquisto, l’inconsapevolezza dei clienti in ordine all’esistenza di specifiche clausole negoziali, disapprovate, aventi ad oggetto il blocco cauzionale su carta di credito: il che evidenzia un’asserita ingannevolezza delle informazioni fornite dal professionista, con conseguente emersione di un profilo di asserita scorrettezza, tuttavia, non rilevante nell’odierno giudizio, in cui si fa questione di pratica (anziché ingannevole) aggressiva.
17.2.2 Quanto alla mail richiamata al par. 26 del provvedimento, non sembra si tratti di una segnalazione direttamente proveniente da un consumatore.
Come emergente dal doc. 19 della produzione attorea in prime cure, si è in presenza di una corrispondenza interna al professionista (come confermato dall’Autorità in giudizio, che discorre, anziché di segnalazione di un consumatore, di una “ mail del professionista ” – pag. 5 memoria conclusionale), in cui, a fronte di una lamentela di un cliente in ordine ad una condotta degli operatori che avevano bloccato sulla carta di credito € 1.500 e avevano costretto il cliente “ a comprare tutto ”, risultava precisato che il cliente aveva “ obbligato il collega a non richiedere auth sulla carta per 1500 eu altrimenti il plafodn o la disponibilità si sarebbero esaurite al momento ”.
Si tratta, dunque, di un documento che non permette di ricostruire i fatti di causa, non essendovi evidenze in ordine alle modalità di svolgimento del rapporto, attesa la puntuale contestazione opposta dal professionista, secondo cui era stato il cliente ad imporre le proprie scelte agli operatori presenti al desk.
In assenza di ulteriori elementi istruttori idonei a permettere una precisa ricostruzione dei fatti riportati nella mail de qua , tale documento non può essere valorizzato ai fini decisori.
18. Alla luce dei rilievi svolti, le censure attoree possono essere accolte soltanto in parte, limitatamente alla ascrizione in capo all’odierno appellante di una pratica commerciale scorretta attuata (anche) nei confronti di consumatori privi di carta di credito con plafond sufficiente a consentire il previsto blocco cauzionale, in relazione ai quali, tenuto conto del contesto fattuale e giuridico di riferimento, nonché valutati gli elementi di prova valorizzati dall’Autorità, nessuna induzione indebita all’acquisto potrebbe essere contestata alla società H.
La fondatezza parziale delle censure attoree, come si osserverà infra , comportando un ridimensionamento dell’ambito oggettivo della pratica aggressiva effettivamente ascrivibile al professionista, determina la necessità di procedere, altresì, alla riduzione della sanzione pecuniaria all’uopo irrogabile.
19. Con il terzo motivo di appello si censura la sentenza di prime cure, nella parte in cui ha rigettato e, in alcuni casi (secondo la prospettazione attorea), omesso di esaminare o correttamente ricostruire le doglianze riferite alla quantificazione della sanzione, in specie relative alla gravità della violazione e al suo effettivo ambito di applicazione.
19.1 In particolare, a giudizio dell’appellante:
- l’asserito sfruttamento della posizione di debolezza del consumatore che avrebbe già dato la propria carta di credito a garanzia del noleggio non avrebbe potuto ritenersi dimostrata, provenendo le segnalazioni da consumatori che non erano in grado di fornire una riserva;
- l’impatto significativo sul mercato ricondotto alla pratica in esame sarebbe stato riferito a tutti i clienti del professionista, quando la contestazione riguardava, anziché l’intero business in Italia del professionista, soltanto i servizi offerti dal marchio Firefly , rappresentante meno del 15% del fatturato totale del professionista nell’anno in cui il provvedimento è stato adottato;
- non sarebbe necessario tenere conto del fatturato complessivo del professionista, dovendo prendersi in esame solamente il fatturato derivante dalla vendita dei servizi di autonoleggio a marchio Firefly
19.2 Il motivo di appello è parzialmente fondato.
19.3 L’Autorità, nella determinazione del quantum della sanzione, ha valorizzato:
- il fatturato, pari a 274 milioni di euro, realizzato dal professionista nel corso dell’esercizio 2015;
- lo sfruttamento della situazione di asimmetria ed oggettiva debolezza nella quale si trovava il consumatore che aveva già dato la propria carta di credito a garanzia del noleggio stesso;
- l’idoneità della pratica a raggiungere un numero considerevole di consumatori, in ragione della sua potenziale applicazione a tutti i clienti del professionista;
- la durata, per lo meno a partire dal luglio 2014, della pratica.
Sulla base di tali elementi l’importo base della sanzione amministrativa pecuniaria è stato definito in € 2.000.000,00.
In ragione della riduzione dell’ammontare della riserva a partire dall’8.11.2016 e della volontà del professionista di adottare alcune misure volte a rendere più complete le informazioni disponibili sul proprio sito web in merito all’importo del deposito cauzionale, considerata pure la realizzazione di perdite di esercizio negli ultimi tre esercizi commerciali, la sanzione è stata determinata nella misura di € 1.500.000,00.
19.4 L’appellante, in primo luogo, contesta infondatamente la valorizzazione del fatturato complessivo del professionista in luogo del fatturato riferito alla vendita dei servizi di autonoleggio a marchio Firefly .
Come precisato dalla Sezione (tra gli altri, 2 settembre 2019, n. 6036 e 20 dicembre 2021, n. 8448), il fatturato complessivamente realizzato dal professionista costituisce un indice in grado di esprimere la specifica dimensione economica dell’operatore;diversamente, i soli ricavi introitati per il settore o per la vendita del prodotto interessato dalla pratica in contestazione sono indicativi della mera condizione economica strettamente connessa alla condotta illecita e dipendente dalla buona riuscita o meno della pratica commerciale scorretta.
Pertanto, attribuire rilevanza al fatturato complessivo quale parametro di commisurazione del quantum sanzionatorio consente il dispiegarsi dell’effetto deterrente e dissuasivo della sanzione medesima, che deve essere adeguata ed efficace per disincentivare condotte qualificabili come pratiche commerciali scorrette: di contro, ancorare l’ammontare della sanzione ai ricavi realizzati attraverso la vendita del prodotto oggetto della pratica commerciale scorretta potrebbe non dissuadere dal reiterare la condotta anti–consumeristica, laddove gli utili derivanti dal settore o prodotto rappresentino una minima parte di un fatturato complessivo ben più ampio ed esteso.
In definitiva, deve confermarsi la valorizzazione, ai fini della determinazione del quantum debeatur , del fatturato complessivo dell’impresa.
19.5 L’appellante contesta, invece, fondatamente la possibilità di configurare uno sfruttamento di una posizione di debolezza in relazione ai consumatori comunque privi di una carta di credito con plafond sufficiente ad eseguire il blocco cauzionale.
Al riguardo, in relazione a tale categoria di consumatori, come sopra osservato, deve escludersi in radice la possibilità di configurare una pratica commerciale;il che influisce pure sulla gravità dell’illecito valutata dall’Autorità nella commisurazione del quantum della sanzione in concreto irrogabile.
Nella specie emerge, in particolare, un’infrazione dalla portata oggettiva più circoscritta rispetto a quella rilevata dall’odierna appellata e posta a base della quantificazione della sanzione applicabile, potendo ravvisarsi una pratica commerciale scorretta soltanto in relazione ai consumatori in possesso di una carta di credito con plafond sufficiente per operare il previsto blocco cauzionale, con conseguente necessità di commisurare il quantum debeatur ad un illecito dall’oggetto maggiormente limitato rispetto a quanto riscontrato in sede amministrativa.
19.6 Parimenti, l’appellante deduce correttamente come la condotta in contestazione abbia riguardato soltanto una quota dei consumatori che usufruiscono dei servizi forniti dalla società H, corrispondenti agli utenti che si rivolgano all’autonoleggio con marchio Firefly .
La stessa Autorità, nel provvedimento impugnato, fa riferimento al “ cliente Firefly ” (par. 7), al “ sito web di Firefly ” (par. 8), ai requisiti per il noleggio Firefly (par. 8) e all’attività di Firefly (parr. 11, 15, 18, 22, 48 e 50).
Nell’individuare il professionista, l’Autorità ha fatto riferimento:
- al par. 1, alle società H Italiana s.r.l. e H Europe Service Centre Ltd (quest’ultima successivamente ritenuta estranea all’infrazione, come riportato al par. 44 dello stesso provvedimento);
- al par. 61, al gruppo H.
Lo stesso provvedimento è stato assunto nei confronti del professionista H Italiana S.r.l.
Ne deriva che l’Autorità, nel valutare l’idoneità della pratica a raggiungere un numero considerevole di consumatori, ha fatto riferimento alla sua potenziale applicazione “ a tutti i clienti del professionista ”;nell’individuare il professionista, ha preso in considerazione la società H;per l’effetto, l’Autorità ha quantificato la sanzione sull’assunto per cui la pratica aggressiva riguardasse tutti i clienti della H Italiana s.r.l.
Tale rilievo è erroneo, in quanto la pratica commerciale aggressiva era rivolta nei confronti, anziché di tutti i clienti della società H, dei soli clienti interessati dai servizi di autonoleggio forniti dal professionista con il marchio Firefly .
Per l’effetto, l’Autorità è incorsa in errore nel determinare un indice rilevante per valutare la diffusività e la gravità del fatto contestato.
20. L’accoglimento parziale dell’appello impone una rideterminazione della sanzione pecuniaria.
Le sanzioni amministrative pecuniarie costituiscono una delle materie di giurisdizione estesa al merito ai sensi dell'art. 134, comma 1, lett. c) del cod. proc. amm., avendo il giudice amministrativo il potere non solo di annullare i provvedimenti di applicazione di sanzioni pecuniarie, ma anche di modificare, in base a una propria valutazione, la misura delle sanzioni pecuniarie con essi comminate, in riforma parziale delle sentenze impugnate e in parziale accoglimento dei ricorsi di primo grado (cfr. Consiglio di Stato Sez. VI, 30 giugno 2016, n. 2947).
Tenuto conto che, nell’ambito della pratica in contestazione, da un lato, soltanto alcune delle condotte contestate dall’Autorità sono espressive di una pratica commerciale aggressiva (relative a consumatori in possesso di una carta di credito con disponibilità sufficienti a permettere il deposito cauzionale), dall’altro, la pratica aggressiva effettivamente configurabile ha avuto un indice di diffusività inferiore rispetto a quello ravvisato dall’Autorità (per avere inciso soltanto sui clienti del marchio Firefly ), il Collegio ritiene di provvedere alla riduzione del 60% della sanzione irrogata con il provvedimento impugnato in prime cure a valere sulla pratica oggetto dell’odierno giudizio, con conseguente quantificazione di un importo, da corrispondere a titolo sanzionatorio, pari a € 600.000,00, da reputare proporzionato:
- alle dimensioni del professionista, come rilevato dall’Autorità, connotato da un fatturato di 274 milioni di euro nell’arco del 2015;
- alla gravità dell’illecito, produttivo di una menomazione della libertà contrattuale dei consumatori, in una fase sensibile del rapporto consumeristico, al momento del ritiro dell’autovettura - essenziale per la realizzazione delle esigenze di trasporto all’uopo avvertire – con sfruttamento della situazione di asimmetria ed oggettiva debolezza nella quale si trova il consumatore che ha già dato a garanzia la propria carta di credito (con plafond sufficiente ad eseguire il blocco cauzionale) e che, dunque, è conscio di dover sopportare una rilevante diminuzione della propria capacità di spesa durante il rapporto di noleggio.
21. Alla luce delle considerazioni svolte, deve pervenirsi all’accoglimento dell’appello ai sensi e nei limiti sopra precisati e, per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, al parziale annullamento del provvedimento impugnato, con rideterminazione della sanzione amministrativa pecuniaria prevista per la pratica commerciale descritta al punto 2 del provvedimento in € 600.000,00.
22. La particolarità della controversia e la soccombenza soltanto parziale dell’appellante giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.