Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-09-24, n. 202005610

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-09-24, n. 202005610
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202005610
Data del deposito : 24 settembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/09/2020

N. 05610/2020REG.PROV.COLL.

N. 08579/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8579 del 2018, proposto dalla prof.ssa -OS-, rappresentata e difesa dall’avvocato P S R, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Giuseppe Mazzini 11;

contro

Ministero dell’università e della ricerca, Università degli Studi Foggia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

prof.ssa -OS-, rappresentata e difesa dagli avvocati F G L G e F G S, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio F G S in Roma, via Giovanni Paisiello n. 55;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione Prima) n. -OS-/2018, resa tra le parti, concernente per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- il provvedimento con il quale in data 2 febbraio 2017 è stata disposta la presa di servizio della Prof. -OS- come professore ordinario presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Foggia;

- la delibera del Consiglio di amministrazione dell’Università di Foggia del 1.2.2017, con la quale è stata disposta la definitiva approvazione della proposta di chiamata della prof. -OS- in qualità di professore di ruolo di prima fascia per il settore scientifico disciplinare IUS 10 Diritto amministrativo, settore concorsuale 12/D1, presso il dipartimento di Giurisprudenza, con decorrenza 2.2.2017;

e i seguenti atti endoprocedimentali presupposti:

- la delibera del Consiglio del dipartimento di Giurisprudenza del 25.1.2017, con la quale è stata proposta la chiamata della prof. -OS- a decorrere dalla prima data utile;

- il decreto rettorale n. 77 del 24.1.2017 di approvazione degli atti della procedura valutativa;

- le relazioni finali e dei verbali redatti dalla Commissione in seno alla procedura valutativa;

- il decreto rettorale n. 1/2017 con il quale è stata rigettata l’istanza di ricusazione della prof. -OS-;

- il decreto rettorale n. 1503/2016 di nomina della commissione di valutazione;

- la delibera del Consiglio del dipartimento di Giurisprudenza del 16.11.2016 con la quale è stata formulata la proposta di nomina della Commissione;

- il decreto rettorale n. 1166/2016, contenente il bando per la procedura valutativa per un posto di professore di ruolo di prima fascia per il settore scientifico disciplinare IUS 10 Diritto amministrativo, settore concorsuale 12/D1, in parte qua;

- la delibera del Consiglio di dipartimento del 21 settembre 2016, con la quale è stato proposto l’avvio della procedura valutativa, in parte qua;

- il verbale del Consiglio di dipartimento del 13 luglio 2016, in parte qua;

- i provvedimenti a firma del Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza, con le quali si è disposto in ordine alle richieste di accesso ai documenti della prof. -OS-;

- il regolamento relativo ai criteri generali per la proposta dipartimentale di copertura dei posti di professori di ruolo (emanato con decreto rettorale n. 873-2016, prot. n. 18997 – I/3 del 06.07.2016), in parte qua;

nonché ogni altro atto connesso presupposto o conseguenziale, ancorché non conosciuto dalla ricorrente, ivi eventualmente compresi i bandi emanati successivamente ed in conseguenza della presa di servizio della prof. -OS- e della connessa liberazione del budget di 0,70, per la sua cessazione dal servizio come professore associato.

Per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato dalla prof.ssa -OS- Vera il 19 dicembre 2018:

impugnativa di atti dell’Università di Foggia e del Dipartimento di Giurisprudenza della stessa Università per la copertura di un posto di professore universitario di ruolo di I fascia per il settore concorsuale 12/D1 “Diritto amministrativo”, SSD JUS/10, riservato ai docenti interni ex art. 24, comma 6, L. n. 240/2010.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’università e della ricerca e della prof.ssa -OS- e dell’Università degli studi Foggia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 giugno 2020 il Cons. A P e uditi per le parti gli avvocati indicati nel verbale d’udienza.

L’udienza si svolge ai sensi dell’art. 84 comma 5 del d.l. n. 18 del 17 marzo 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

A) La sentenza, qui impugnata, ha osservato in punto di fatto quanto segue.

<<L’Università di Foggia, con D.R. n. 1166/2016, recante data 26.9.2016, ha indetto una procedura valutativa, riservata ai docenti interni, per la copertura di un posto di professore universitario di ruolo di prima fascia, per il settore concorsuale 12/D1 “Diritto Amministrativo” - SSD IUS/10- mediante chiamata ai sensi dell’art. 24, co. 6, L. n. 240/2010.

Hanno presentato domanda di partecipazione l’odierna ricorrente, prof.ssa -OS-, e la prof.ssa -OS-, controinteressata nel presente giudizio, entrambe professori associati confermati di diritto amministrativo, in servizio presso l’Università di Foggia ed in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale di cui all’art. 16, L. n. 240/2010 per il settore concorsuale e le funzioni oggetto della procedura valutativa, così come prescritto dal bando.

In data 5.12.2016, con D.R. n. 1503/2016, è stata nominata la Commissione giudicatrice, composta da tre docenti, due dei quali sorteggiati da un elenco di quattro professori ordinari di diritto amministrativo indicati dal Dipartimento di Giurisprudenza, ed un terzo, il prof. Enrico -OS- (professore della stessa Università di Foggia, indicato come membro interno), designato direttamente dal predetto Dipartimento (coerentemente con quanto previsto dal Reg. n. 923/2016 dell’Università di Foggia).

L’individuazione del componente interno quale membro della Commissione di valutazione è stata contestata dalla ricorrente, la quale, prospettando la sussistenza di particolari rapporti di natura fiduciaria e patrimoniale tra lui e la controinteressata, ha presentato istanza di ricusazione nei suoi confronti, rigettata con successivo D.R. n. 1/2017.

La Commissione, in seguito, esaminata la documentazione presentata dalle candidate e, in particolare, i curricula, le attività didattiche e di ricerca, le pubblicazioni scientifiche prodotte e gli incarichi istituzionali da esse assunti, ha individuato la controinteressata quale candidata più qualificata a ricoprire il ruolo oggetto del procedimento de quo.

In particolare, con il verbale n. 3 del 23.1.2017, ha precisato che: “la prof.ssa -OS-, pur qualificata per gli altri criteri, non integra quello dell’intensità e della continuità delle pubblicazioni, a partire dal conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale di I fascia;
inoltre, la produzione scientifica della prof.ssa -OS-, oltre a presentare continuità anche dopo il conseguimento dell’ASN di I fascia, è qualitativamente superiore a quella della prof.ssa -OS-. In conclusione, la Commissione giudica la prof.ssa -OS- meno qualificata a ricoprire il posto di ruolo messo a bando, rispetto alla prof.ssa -OS- che, al contrario, è pienamente qualificata”.

Approvati gli atti della procedura valutativa (con decreto del Prorettore n. 77 del 24.1.2017), il Consiglio di Dipartimento di Giurisprudenza, con verbale del 25.1.2017, ha proposto al Consiglio di amministrazione la chiamata della odierna controinteressata, in seguito approvata nella seduta del 1° febbraio 2017.

Il procedimento si è concluso con l’adozione, in pari data, del D.R. n. 106/2017, mediante il quale il Rettore ne ha disposto la nomina a professore ordinario per il SSD IUS/10 Diritto Amministrativo- settore concorsuale 12/D1, e la successiva presa di servizio della docente in data 2.2.2017>>.

B) La sentenza, per quel che qui rileva, in punto di diritto, ha statuito quanto segue.

<<2. [Sulla] composizione della Commissione e l’istanza di ricusazione.

Lamenta, in termini generali, l’incompatibilità del prof. -OS- a comporre la commissione in questione. Il componente verserebbe in un’evidente situazione di conflitto di interessi, la quale, minandone l’imparzialità, gli impedirebbe di valutare obiettivamente la posizione dell’altra candidata.

Afferma, inoltre, a sostegno della propria tesi, che la collaborazione tra i due (pacificamente l’una allieva dell’altro — così come allieva è stata la odierna ricorrente) intercorrerebbe ininterrottamente dal 1992 e che l’intera carriera della sua concorrente sarebbe stata pressoché “governata” (v. p. 22 ricorso) dal professore in questione, il quale avrebbe, infatti, valutato positivamente e “creato” la quasi totalità dei titoli della medesima.

L’esistenza di una particolare contiguità sarebbe, infatti, desumibile sia dal coinvolgimento del docente nell’attività didattica e scientifica della controinteressata che dalla partecipazione di quest’ultima, sin dal 2007, alla redazione della rivista “Diritto e processo amministrativo” della quale il docente componente di Commissione è direttore.

L’infondatezza nel merito del presente motivo, vero punto nodale della controversia, esime il Collegio dall’esame dell’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa di parte resistente.

Tanto premesso, nell’ambito dei concorsi universitari, dato il carattere ristretto della comunità scientifica, è ovviamente assai frequente l’esistenza di rapporti tra componenti della Commissione e candidati, sicché costituisce approdo consolidato della giurisprudenza amministrativa la constatazione che “i rapporti personali scaturiti dalla cura di pubblicazioni scientifiche in comune fra i membri della commissione d’esame e i candidati, non costituiscono, di per sé, vizi della procedura concorsuale né alterano la par condicio tra i candidati, specie se si considera che nel mondo accademico le pubblicazioni congiunte sono ricorrenti per il rilievo che assumono come titoli valutabili” (CdS, Sez. VI, n. 3276/2012;
T.A.R. Toscana, n. 236/2012 ) ed anche perché soddisfano esigenze di “approfondimento di temi di ricerca sempre più articolati e complessi, sì da rendere, in alcuni settori disciplinari, estremamente difficile, se non impossibile, la formazione di Commissioni esaminatrici in cui tali collaborazioni non siano presenti” (v. CdS, Sez. VI, n. 5885/2010).

Pertanto, non ogni rapporto di conoscenza e collaborazione tra candidati e componenti delle Commissioni giudicatrici comporta l’obbligo di astensione.

Infatti, per costante orientamento espresso dalla giurisprudenza formatasi in materia, “non costituisce ragione d’incompatibilità la sussistenza di rapporti di collaborazione meramente intellettuale, mentre l’obbligo di astensione sorge nella sola ipotesi di comunanza di interessi economici di intensità tale da far ingenerare il ragionevole dubbio che il candidato sia giudicato non in base alle risultanze oggettive della procedura, ma in virtù della conoscenza personale con il commissario” (v. CdS, Sez. V, n. 4782/2011), nonché in caso di un “concreto sodalizio di interessi economici di lavoro e professionali talmente intensi da ingenerare il sospetto che la valutazione del candidato non sia obiettiva e genuina, ma condizionata da tale cointeressenza” (v. T.A.R. Lazio n. 6945/2013).

È, dunque, non la semplice esistenza di rapporti a determinare l’incompatibilità, bensì la loro particolare e significativa intensità ovvero il comune denominatore economico.

Orbene, tanto premesso, ritiene il Collegio che, nella fattispecie in esame, non emergano elementi tali da far ritenere con ragionevole certezza che il rapporto tra esaminatore ed esaminando esorbiti dal normale rapporto fiduciario intercorrente tra componenti dello stesso Istituto universitario e della stessa Università ovverosia della stessa “scuola” (intesa come corrente di pensiero scientifico), non potendosi, quindi, affermare, sulla base dei dati fattuali prospettati, che l’imparzialità del docente sia stata minata dalla sussistenza del predetto rapporto.

Peraltro, nel caso di specie, occorre porre in rilievo che il Professore ricusato ha svolto funzioni di membro interno alla Commissione, la cui natura ontologica è, pertanto, caratterizzata dall’intraneità all’Istituto e dalla necessaria cooperazione e conoscenza scientifica con i candidati, sicché non sarebbe astrattamente possibile ipotizzare rapporti di scarsa collaborazione pregressa>>.

C) Ha prodotto ricorso in appello l’interessata, deducendo, per quel che qui rileva, quanto segue.

<<Sulla composizione della Commissione e l’istanza di ricusazione.

La carriera della prof. -OS- (odierna appellata) appare pressoché monoreferenziale rispetto al prof. -OS-, e già questo, secondo i recenti orientamenti giurisprudenziali, precluderebbe in radice l’inclusione del maestro nella Commissione di concorso per l’allievo.

In sentenza si argomenta partendo da un equivoco di fondo. Il TAR “giustifica” la vicinanza tra il prof. -OS- e la prof. -OS-, poiché egli è stato nominato “membro interno (...) la cui natura ontologica è, pertanto, caratterizzata dall’intraneità all’istituto e dalla necessaria cooperazione e conoscenza scientifica con i candidati”. Il TAR travisa le regole che presiedono alla formazione delle Commissioni, che parlano di “membro designato” e non di “membro interno”. E proprio nei casi di una pluralità di candidati interni il rispetto del principio di imparzialità imporrebbe di designare un esterno (come d’altronde aveva espressamente chiesto di individuare mediante sorteggio la prof. -OS- e come invita a fare il recente atto di indirizzo n. 39 ANAC in argomento), decisione che, tra l’altro era stata assunta proprio in nome dell’esigenza di imparzialità nell’Università di Foggia per un concorso del Dipartimento di Agraria che vedeva più candidate interne, oggetto di ulteriore contenzioso. In quella occasione si è esclusa la possibilità di nominare come membro designato l’ordinario anziano in servizio nel dipartimento, per la pluralità di candidate interne e per il mero rapporto maestro/allievo con una di esse.

D) L’appellata ha proposto appello incidentale con il quale ha dedotto.

<<L’appello incidentale volto a riproporre il ricorso incidentale, respinto in primo grado, è propedeutico all’esame dell’atto di appello poiché il suo eventuale accoglimento definirebbe il giudizio.

Esso riguarda l’annullamento, in parte qua, dei verbali della Commissione di concorso nn. 2 e 3 e, sempre in parte qua, degli atti conseguenti approvati dall’Ateneo per:

a) errore e mancata effettiva considerazione dell’illegittimità denunziate con il ricorso incidentale, violazione dell’art. 64, comma 2, c.p.a., violazione dell’art. 14 del regolamento approvato con d.r. n. 923/2016 e dell’art. 8 del bando nonché eccesso di potere per travisamento dei fatti e insussistenza dei presupposti.

b) irricevibilità del ricorso.

Il bando di concorso relativo alla procedura de qua, all’art. 8, impone alla Commissione di “valutare specificamente la congruità del profilo scientifico del candidato con le esigenze di ricerca e di didattica indicate dal bando di concorso”.

Detto bando indica, all’art. 1, quanto all’impegno scientifico richiesto, che esso “consiste nell’approfondimento di diverse tematiche del settore scientifico disciplinare di riferimento, con particolare valorizzazione dei profili del diritto amministrativo più strettamente connessi all’attività autoritativa e al processo amministrativo”.

Il profilo rappresenta un elemento essenziale che il candidato deve possedere e, se la sua attività scientifica e produttiva non lo integrano, non può nemmeno aspirare a ricoprire il posto che è bandito dal dipartimento per realizzare gli specifici fini di didattica e di ricerca.

La Commissione giudicatrice della procedura de qua, nella seduta preliminare (verbale n. 1 del 5.1.2017), precisa che “la Commissione è tenuta a valutare specificamente la congruità del profilo scientifico del candidato con le esigenze di ricerca e di didattica, indicate dal bando di concorso” e riporta quanto previsto nel bando in proposito.

Nel verbale n. 2 del 17 gennaio 2017, per la -OS-, su questo specifico profilo, i giudizi individuali dei componenti la Commissione rilevano che “l’impegno scientifico può ritenersi sostanzialmente riconducibile all’impegno scientifico richiesto dal Dipartimento” (prof. -OS-, ma anche prof. -OS-) e che è meno soddisfatto “quello sul processo amministrativo” (prof. M). Nel giudizio collegiale, si assume in proposito che “il profilo scientifico della candidata sia congruo alle esigenze didattiche, di ricerca e sostanzialmente anche scientifiche, richieste dal dipartimento”.

Appare, pertanto, evidentemente illegittimo il giudizio, pur “sforzato”, della Commissione poiché espresso in palese travisamento dei fatti e difetto dei presupposti, in violazione delle norme indicate in epigrafe, attribuendo alla candidata -OS- una inerenza della sua produzione scientifica al profilo richiesto dal bando di concorso che, invece, è insussistente come ritenuto dalla stessa ricorrente.

L’assenza del profilo scientifico per la prof.ssa -OS- le impedisce di poter ricoprire il posto bandito e fa venir meno l’interesse a impugnare tutti gli atti successivi al bando poiché non potrebbe comunque aspirare ad essere chiamata.

Da altro punto di vista, il ricorso della prof.ssa -OS- è irricevibile poiché la ricorrente ha avvertito immediatamente la lesività dell’art. 1 del bando (cfr. email della prof.ssa -OS- del 22 settembre 2016, già prima dell’emanazione del bando) che indicava il profilo dell’impegno scientifico in cui non rientrava la sua attività e produzione scientifica, per cui avrebbe dovuto impugnare il decreto rettorale n. 1166 del 26 settembre 2016 nel termine di 60 giorni e non è avvenuto con conseguente irricevibilità del ricorso di primo grado.

Questo profilo non è stato oggetto di esame da parte del giudice di primo grado>>.

DIRITTO

A) L’appello incidentale, così come correttamente dedotto, deve essere esaminato con priorità logica perché la sua eventuale fondatezza determina l’esclusione dalla procedura su cui si controverte dell’appellante principale e, conseguentemente, l’inammissibilità del ricorso di primo grado.

L’appellante incidentale fa valere, in estrema sintesi, due profili:

a) l’appellante non era in possesso dei requisiti richiesti dal bando, che doveva, pertanto essere tempestivamente impugnato;

b) il ricorso di primo grado era intempestivo rispetto al rigetto dell’istanza di ricusazione.

Entrambe le censure non possono trovare accoglimento.

La Sezione ritiene che il possesso dei requisiti, che, nel caso di specie, si sostanziano nella valutazione della produzione scientifica delle candidate, sia una valutazione di merito che può essere sindacata dal giudice amministrativo solo in presenza di macroscopici vizi logici, che qui non ricorrono.

È pacifico che la produzione scientifica di entrambe le candidate possa farsi rientrare nel SSD IUS/10.

Il rigetto della censura (nei sensi suddetti) comporta anche che nessun onere di impugnativa del bando poteva porsi a carico dell’odierna appellante.

Si rivela, invece, inammissibile la censura di tardività di impugnazione dell’istanza di ricusazione perché le ragioni, che di seguito saranno esposte, dell’obbligo di astensione del prof. -OS- non andavano individuate nei rapporti indicati nella medesima istanza.

L’appello incidentale deve, pertanto essere respinto.

B) L’appello principale è fondato.

Deve ricordarsi che l’ANAC aveva adottato, ai sensi dell’art. 1, commi 2, lett. f) e 3 della legge 6 novembre 2012, n. 190, a proposito del medesimo caso in esame, la delibera n. 384 del 29 marzo 2017, riferendo che: “ il professore designato nella Commissione valutativa ha indubbiamente intrattenuto rapporti accademici e di ricerca con entrambe le candidate alla procedura, in quanto trattasi di studiose afferenti allo stesso settore scientifico disciplinare. Con specifico riferimento ai rapporti intrattenuti dal professore con la candidata risultata vincitrice della procedura, può sorgere il ragionevole dubbio che gli incarichi professionali e personali conferiti da un parente e un affine della stessa, anche se diversi anni addietro, possano determinare una situazione di conflitto di interessi, seppure potenziale. In particolare si evidenzia che il carattere gratuito dei due incarichi di difesa personale assunti dal professore in giudizi di primo e secondo grado, prima nei confronti di un parente e successivamente nei confronti di un affine della candidata, lascia intravedere la possibile esistenza di rapporti di amicizia personale con familiari e affini della candidata, che potrebbero travalicare la semplice relazione maestro/allievo, incidendo negativamente sull’indipendenza di giudizio del professore nella sua qualità di componente di una Commissione valutativa. Tuttavia, alla luce delle disposizioni normative vigenti e in base a quanto previsto allo stato attuale dal codice etico dell’università di Foggia, trattandosi di un esiguo numero di incarichi professionali e personali affidati da familiari e affini di una delle due candidate, la circostanza, sebbene possa legittimamente ingenerare il sospetto che la valutazione della candidata non sia stata oggettiva e genuina, non sembra sufficiente ad affermare l’esistenza di un rapporto di collaborazione costante e assoluto tale da determinare una situazione di incompatibilità da cui possa sorgere l’obbligo di astensione del commissario ”.

Come si vede, l’ANAC ha analizzato soltanto un segmento dei fatti che potevano prefigurare l’ipotesi di conflitto d’interesse, ritenendolo irrilevante, e cioè quello attinente agli incarichi professionali e personali affidati da familiari e affini di una delle due candidate , dopo avere premesso, ritenendolo anch’esso irrilevante, che il professore designato nella Commissione valutativa ha indubbiamente intrattenuto rapporti accademici e di ricerca con entrambe le candidate alla procedura, in quanto trattasi di studiose afferenti allo stesso settore scientifico disciplinare .

La sentenza qui impugnata ha tuttavia condivisibilmente evidenziato che il “ vero punto nodale della controversia ” era rappresentato dalla partecipazione alla commissione giudicatrice del prof. -OS- pur essendo questi “Maestro” di entrambe le “allieve”.

Il giudice di primo grado ha ritenuto ammissibile tale partecipazione “ dato il carattere ristretto della comunità scientifica ”, aderendo al sinora costante orientamento di questa Sezione (v. tra tutte Cons. Stato 24/08/2018 n. 5050, dove si afferma che il legislatore, nel tenere conto di queste realtà e del numero più o meno contenuto delle singole comunità scientifiche, ha procedimentalizzato il sistema di scelta dei componenti della commissione, senza prevedere l’obbligo di astensione per il ‘maestro’ così selezionato, che sia chiamato a valutare anche un proprio allievo. L’obbligo di astensione invece sussiste quando l’«intensità della collaborazione» sia stata tale da far desumere che vi è stata una valutazione dello stesso candidato basata non sulle sue qualità scientifiche o didattiche, ma su elementi che non attengano a tali qualità .

Certamente, non v’è dubbio che, in passato, il carattere ristretto della comunità scientifica di un determinato settore di riferimento potesse giustificare la deroga alle norme di astensione che presiedono a qualsiasi procedura concorsuale.

Ma nel momento in cui le Università ed i docenti ad esse addetti raggiungono un’ampia diffusione numerica sul territorio, il giudice della legittimità deve poter valutare se quel carattere di ristrettezza degli appartenenti al determinato settore scientifico in questione sussista ancora.

Orbene, alla data del passaggio in decisione del ricorso in appello, il sito istituzionale del Ministero dell’università indicava nel numero di 145 i professori ordinari di diritto amministrativo.

Questo collegio ritiene che tale numero non possa più giustificare quella deroga.

Il prof. -OS- aveva l’obbligo di astenersi perché, come già rilevato, era il “Maestro” di entrambe le “allieve”.

Ed è appena il caso di notare che nella delibera cit. la stessa ANAC aveva ammesso, nell’esercizio delle competenze affidatele dall’art.1, comma 2 lett. f) della legge 6 novembre 2012 n. 190, il “ sospetto che la valutazione della candidata non sia stata oggettiva e genuina ”.

In conclusione, il ricorso in appello va accolto con conseguente annullamento di tutti gli atti indicati in epigrafe, successivi al bando di concorso.

C) Resta salvo, com’è ovvio, il potere dell’Università di Foggia di indire ex novo, la procedura oggetto delle impugnative.

D) Le spese del giudizio possono compensarsi in ragione del mutamento dell’orientamento giurisprudenziale.

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