Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-01-31, n. 202301087
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Pubblicato il 31/01/2023
N. 01087/2023REG.PROV.COLL.
N. 00811/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 811 del 2021, proposto da
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del Legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
contro
Fastweb S.p.A., in persona del Legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli Avvocati A G e C M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo Studio A G, in Roma, via Giulio Caccini n.1;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 11485/2020, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Fastweb S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2023 il Cons. M P e uditi per le parti gli Avvocati presenti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso iscritto al n. 5915/2011 R.R., l’odierna appellata Fastweb S.p.A. impugnava innanzi al Tar per il Lazio l’ordinanza ingiunzione n. 166/11/CONS del 30 marzo 2011 con la quale l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (di seguito Autorità), ritenuta sussistente la violazione di omesso adempimento all’obbligo di comunicare per l’anno 2009, in quanto operatore di telefonia vocale fornitore di servizi internet, la relazione annuale 2009 in materia di qualità dei servizi di telefonia fissa, mobile e internet da postazione fissa (nonché, con riguardo a ciascuno specifico comparto di attività di cui alle delibere 254/04/CSP, 278/04 CSP, 104/05 CSP, 131/06 CSP) e per non avere provveduto alla pubblicazione della stessa sul sito internet .
Il Tar accoglieva il ricorso con sentenza n. 11485 del 5 novembre 2020 ritenendo che la ricorrente avesse adempiuto agli obblighi imposti, anche se comunicando i dati in questione ad un indirizzo di posta elettronica diverso da quello prescritto.
L’Autorità impugnava la decisione di primo grado con appello depositato il 7 febbraio 2021 deducendo « Violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 1, lett. b) e c) dell’Allegato A alla delibera n. 179/03/CSP, con riguardo a ciascuno specifico comparto di attività dalle delibere 254/04/CSP, 278/04/CSP, 104/05/CSP, 131/06/CSP, dell’art. 1, commi 30 e 31, della L. n. 249/1997 - Illogicità manifesta ».
Fastweb S.p.A. si costituiva in giudizio il 26 febbraio 2021, integrando le proprie difese con memoria depositata il 27 dicembre 2022.
All’esito della pubblica udienza del 12 gennaio 2023, la causa veniva decisa.
Con il provvedimento impugnato l’Autorità, preso atto della mancata produzione di controdeduzioni alle contestazioni mosse in fase procedimentale, sanzionava l’appellata per omesso adempimento all’obbligo di effettuare le richiamate comunicazioni relativamente all’anno 2009.
La gravità della sanzione, inflitta in misura pari al triplo del minimo edittale, veniva giustificata valutando:
- l’effetto dell’omissione che non garantiva l’accesso, da parte degli utenti finali, ad informazioni comparabili, adeguate ed aggiornate sulla qualità dei servizi offerti;
- la mancata eliminazione o attenuazione delle conseguenze della propria omissione;
- la personalità dell’agente, di dimensioni e struttura organizzativa adeguate a garantire l’assolvimento dell’adempimento imposto;
- la sostenibilità della sanzione avuto riguardo alle condizioni economiche dell’agente.
L’Autorità censura la sentenza impugnata nella parte in cui afferma la ritualità della trasmissione effettuata presso il proprio l’indirizzo PEC risultante da pubblici elenchi, nonostante per gli specifici adempimenti imposti dalla delibera n. 179/03/CSP fosse richiesto, per esigenze organizzative, l’invio presso diversi recapiti (dvecqos@agcom.it, e direzionetutelaconsumatori@agcom.it).
Erronea sarebbe la statuizione del Tar per la quale sussisterebbe un legittimo affidamento circa l’avvenuto adempimento dell’obbligo in questione mediante invio a un diverso indirizzo di posta elettronica, riconoscendone il fondamento nella circostanza che la necessità di un invio ad indirizzi dedicati emergesse unicamente dall’art. 3, comma 6, della delibera n. 104/05/CSP relativa alla qualità dei servizi di comunicazione mobile.
Evidenzia ulteriormente l’Autorità che la trasmissione in questione avveniva in ogni caso in data 1 ottobre 2009, ovvero in ritardo di tre mesi sulla scadenza prefissata del 30 giugno precedente, senza che l’appellata si avvalesse della pur riconosciuta possibilità di richiedere una proroga, sostenendo che l’invio ad un diverso indirizzo e in significativo ritardo, integrasse, nonostante la natura ordinatoria del termine, una sostanziale elusione dell’obbligo imposto.
A parere dell’Autorità la prevista possibilità di richiedere la proroga renderebbe, infatti, cogente il termine, scaduto il quale, sarebbe legittimata a ritenere « di non poter più fare affidamento sull’invio di tale documentazione » consentendo di qualificare l’invio della documentazione al 1 ottobre non come mero ritardo ma inadempimento degli obblighi imposti.
L’Autorità censura, altresì, la sentenza nella parte in cui rileva che « nella motivazione dell’impugnata ordinanza si contesta a parte ricorrente la violazione dell’art.3, comma 6, dell’Allegato A alla delibera n. 104/05/CSP, che a rigore riguarda i soli “servizi di comunicazioni mobili e personali” e, dunque, non applicabile a Fastweb per il periodo in oggetto non essendo un operatore di servizi di comunicazioni mobili e personali… », nonostante l’impugnata ordinanza ingiunzione disponesse il pagamento dell’importo di € 30.987,42 a titolo di sanzione amministrativa ex art. 1, comma 31, della L. n. 249/1997 in ragione dell’omessa trasmissione delle relazioni e resoconti 2009 non solo per i servizi mobili ma anche per quelli di telefonia vocale su rete mobile, televisivi a pagamento e accesso a internet da postazione fissa.
Erronea sarebbe, ancora, l’affermazione per la quale la delibera n. 104/05/CSP non sarebbe applicabile a Fastweb per il periodo in questione non essendo qualificabile al tempo come operatore di servizi di comunicazioni mobili.
L’Autorità, premesso che tale profilo non veniva affrontato in sede di ricorso di primo grado, rileva che ciò troverebbe smentita sul sito aziendale dell’appellata ove si darebbe atto del fatto che « a seguito di accordo bilaterale con l’operatore mobile H3G S.p.A., ha iniziato nel 2008 a fornire anche servizi di comunicazione mobile mediante la commercializzazione di schede SIM con proprio marchio e proprio piano tariffario ».
La sentenza viene, infine, censurata nella parte in cui, pur considerando come « assodata » la tardività della comunicazione, riconduce la violazione alla fattispecie sanzionabile ai sensi dell’art. 1, comma 30 della L. 249/1997 anziché ai sensi dell’art. 1, comma 31, della medesima legge.
L’appello è fondato nei seguenti termini.
Preliminarmente deve rilevarsi che non è smentito né che le comunicazioni in questione venissero effettuate ad un indirizzo di posta elettronica diverso da quelli prescritti, né che avvenissero con ritardo di mesi.
Circa lo specifico profilo, non può non evidenziarsi come l’invio ad un indirizzo genericamente riferibile all’Autorità, ma predisposto per diverse acquisizioni, contraddica l’esigenza di assicurare la tempestiva acquisizione delle informazioni in questione.
Nel caso di specie, inoltre, la trasmissione avveniva in data 1 ottobre 2009, ovvero in ritardo di tre mesi sulla scadenza prefissata del 30 giugno precedente (termine previsto dall’art. 10, comma 1, lett. b) dell’allegato A alla delibera n. 179/03/CSP;dall’art. 3, comma 2, dell’allegato A alla delibera n. 254/04/CSP;dall’art. 17, comma 5, lett. b), ultimo periodo dell’allegato A alla delibera n. 278/04/CSP;dall’art. art. 3, comma 2, dell’allegato A alla delibera n. 104/05/CSP;dall’art. 3, comma 2, dell’allegato A alla delibera n. 131/06/CSP) senza che l’appellata si avvalesse della pur prevista possibilità di richiedere una proroga.
Considerato, quindi, che l’esigenza che impone l’adempimento in questione è individuabile nella tempestiva valutazione dei livelli di qualità del servizio, una trasmissione inviata con mesi di ritardo, peraltro ad un indirizzo diverso (ove pervengono una infinità di altre comunicazioni quali gli esposti dei cittadini e che, di fatto, frustra le evidenti esigenze di celerità dell’acquisizione) supera gli effetti di un mero ritardo.
Deve, pertanto, ritenersi corretta la riconduzione della fattispecie, operata dall’Autorità, alla previsione di cui all’art. 1, comma 31, della L. 249/1997 trattandosi, sostanzialmente, di una omessa trasmissione, e non di una tardiva trasmissione (di cui al comma 30 della medesima norma).
Non è, inoltre, invocabile alcun legittimo affidamento circa la ritualità della trasmissione ad un diverso indirizzo di posta atteso che deve disattendersi l’affermazione per la quale l’obbligo di invio alle email dedicate non fosse chiaro emergendo unicamente dall’art. 3, comma 6, della delibera n. 104/05/CSP relativa alla qualità dei servizi di comunicazione mobile.
Tale indicazione, infatti, è contenuta anche:
- all’art. 3, comma 6, dell’allegato A) della delibera n. 254/04/CSP, in tema di telefonia vocale fissa;
- all’art. 17, comma 8, dell’allegato A) della delibera n. 278/04/CSP, in tema di servizi di televisione a pagamento);
- all’art. 3, comma 6, allegato A) della delibera n. 131/06/CSP, in tema di servizi
di accesso a internet da postazione fissa.
Erronea è, altresì, l’affermazione per la quale la delibera n. 104/05/CSP non sarebbe applicabile a Fastweb per il periodo in questione non essendo un operatore di servizi di comunicazioni mobili.
Sul punto può superarsi l’eccezione di inammissibilità della censura sollevata dell’Autorità sul rilievo che per tale profilo non veniva affrontato in sede di ricorso di primo grado.
L’affermazione trova, infatti, smentita nei contenuti pubblicati dalla stessa appellata sul proprio sito web laddove si legge che dal 2008 « Fastweb lancia per la prima volta in Italia la connessione fino a 100 Mega per le piccole e medie aziende presenti nelle zone servite dalla sua rete in fibra ottica. Inoltre la società lancia i servizi mobili di telefonia e dati per famiglie, partite Iva e piccole e media imprese. Fastweb, da sempre leader nella convergenza grazie al Triple Play, diventa a tutti gli effetti un operatore 4P. Nel corso dell’anno viene siglato l’accordo industriale con Telecom Italia per promuovere lo sviluppo delle reti in fibra ottica di nuova generazione (NGN) attraverso la condivisione delle infrastrutture » (https://www.fastweb.it/corporate/azienda/storia-e-innovazione/).
Premesso quanto sopra circa la correttezza della qualificazione della condotta da parte dell’Autorità, deve riconoscersi che le evidenziate peculiarità della fattispecie non siano, tuttavia, state tenute in debita considerazione dall’Autorità nella valutazione della gravità della condotta che, come anticipato, si rifletteva nell’irrogazione della sanzione nella severa misura del triplo del minimo edittale.
Ne deriva il fondamento di quanto dedotto in primo grado dall’odierna appellata (punto 8 del ricorso), nella parte in cui deduceva l’illegittimità del provvedimento impugnato censurando gli illustrati presupposti del giudizio di gravità formulato dall’Autorità.
Tale profilo trova conferma negli stessi scritti dell’Autorità ove si riconosce « che, a tutto concedere, la pubblicazione e l’invio tardivo avrebbero potuto rilevare quale ravvedimento operoso per attenuare le conseguenze dell’illecito e dunque per questa via incidere esclusivamente sul quantum della sanzione, non certo sull’an ».
Per quanto precede, l’appello deve essere accolto in parte, limitatamente alla dedotta sussistenza dei presupposti legittimanti l’adozione della sanzione impugnata con ciò determinando, in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento parziale del ricorso di primo grado, ovvero, nella sola parte in cui veniva contestato l’ammontare della sanzione quantificato sulla base di un incongruo giudizio di gravita, e fatte in ogni caso salve le ulteriori determinazioni dell’Autorità in coerenza con i suesposti rilievi.
L’accoglimento parziale dell’appello determina la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.