Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-01-27, n. 202300989
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Testo completo
Pubblicato il 27/01/2023
N. 00989/2023REG.PROV.COLL.
N. 01984/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1984 del 2019, proposto da B S, in proprio e quale titolare dell’omonima Azienda Agricola, rappresentato e difeso dall’avvocato M A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A P in Roma, via Nizza, 59,
contro
AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 7769/2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2022, il Cons. G T e viste le conclusioni delle parti come in atti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la gravata sentenza del Tribunale amministrativo regionale indicata in epigrafe, è stato respinto il ricorso proposto per l’annullamento dei provvedimenti relativi al regime delle cc.dd. quote latte per l’annata lattiero-casearia 2007/2008.
La parte ricorrente in primo grado ha impugnato l’indicata sentenza con ricorso in appello, reiterando con i motivi di impugnazione le ragioni di doglianza espresse in primo grado, in chiave critica rispetto alle opposte statuizioni del Tar.
Si è costituita in giudizio l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA), depositando memoria con cui resiste al gravame.
Il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 6 dicembre 2022.
2. I provvedimenti impugnati hanno ad oggetto la quantificazione del periodo supplementare per il periodo sopra indicato.
Va anzitutto premessa l’infondatezza degli argomenti di censura con cui si lamenta una generale inaffidabilità del sistema seguito da AGEA per determinare il dato della produzione nazionale di latte, sulla cui base poi calcolare il prelievo supplementare: su questo aspetto il Collegio, in ossequio al principio di sinteticità e anche ai sensi dell’articolo 74 c.p.a., rinvia a quanto diffusamente argomentato, in ordine ad analoga doglianza, nelle sentenze di questa Sezione 23 novembre 2022, n. 10303, e novembre 2022, n. 9821.
Parimenti infondata è la doglianza relativa alla determinazione “retroattiva” dei quantitativi di riferimento individuali in relazione all’annata lattiera, come ormai pacifico nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, con richiamo anche alla posizione al riguardo espressa dalla Corte costituzionale (cfr. Cons. Stato, sez. II, 4 marzo 2022, n. 1560;sez. III, sentenza n. 3047/2022) oltre che, già da tempo, dalla Corte di giustizia UE (cfr. sent. 25 marzo 2004 in causa C-480) argomentando dalla natura non sanzionatoria dell’obbligo di pagamento del prelievo supplementare, che ne consente quindi anche un ricalcolo successivo alla scadenza del termine di pagamento dei prelievi, nonché dall’inconfigurabilità in capo ai produttori di latte di un legittimo affidamento in ordine alla possibilità di produrre senza rispettare le quote che ormai da anni l’Unione europea ha imposto a tutela del mercato.
3. La parte ricorrente, con un ulteriore profilo di censura, ha denunciato la contrarietà della disciplina italiana del meccanismo imperniato sulla restituzione prioritaria del prelievo pagato in eccesso agli allevatori che fossero in regola con i versamenti mensili, sulla base della quale sono stati adottati tali provvedimenti, rispetto al parametro comunitario rappresentato dal Regolamento 2003/1788/CE (nella versione modificata dal Regolamento 2006/1468/CE), e dall’articolo 16 del Regolamento 2004/595/UE, nella versione ratione temporis applicabile.
Il mezzo è fondato.
4. Come già affermato da una consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, la ridetta anticomunitarietà della norma interna attributiva del potere (articolo 9 del d.l. 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, come integrato dall’articolo 2 del d.l. 24 giugno 2004, n. 157, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2004, n. 204,) è stata accertata dalla Corte di Giustizia dell’UE.
E invero, in relazione all’annata lattiera 2003/2004, con sentenza in data 11 settembre 2019 (in causa C-46/18), la Corte ha chiarito che una normativa nazionale (come quella italiana) che, per individuare la categoria prioritaria dei produttori cui restituire il prelievo imputato in eccesso, si basa sul regolare versamento mensile da parte dell’acquirente “ non si limita a richiedere un siffatto versamento, ma stabilisce un ordine di priorità nel rimborso fondato altresì sul rispetto di una normativa nazionale disciplinante le modalità di riscossione del prelievo, incompatibile con 10 l’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 3950/92 ” (punto 43) ed è quindi incompatibile anche con l’art. 11, paragrafo 3, del Reg. CE n. 1788/03, il quale non prevede che gli acquirenti possano essere obbligati a versare mensilmente ed anticipatamente il prelievo.
Quindi, con sentenza della II Sezione 13 gennaio 2022, in causa C-377/19, la Corte di Giustizia ha ulteriormente affermato, stavolta con riferimento a vicenda afferente l’annata lattiera 2005/2006, il principio per cui “ L’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 595/2004 della Commissione, del 30 marzo 2004, recante modalità d’applicazione del regolamento (CE) n. 1788/2003 del Consiglio che stabilisce un prelievo nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale per effetto della quale beneficiano in via prioritaria della restituzione del prelievo supplementare riscosso in eccesso i produttori con riferimento ai quali gli acquirenti abbiano adempiuto il loro obbligo di versamento mensile di tale prelievo ”.
È pertanto fondata la censura di violazione di legge per la incompatibilità della disciplina introdotta con l’art. 9 del d.l. n. 49 del 2003, convertito nella legge n. 119 del 2003, e della disposizione dell’art. 2 del d.l. n. 157 del 2004, convertito nella legge n. 204 del 2004, che richiama il detto articolo 9, con la disciplina comunitaria applicabile all’annata lattiera in esame (in questo senso Consiglio di Stato, sez. III, sentenze n. 3961/2022 e n. 8663/2022).
5. Né può in contrario ritenersi che la modifica del Regolamento intervenuta nel 2006, con la conseguente diversità del parametro comunitario di riferimento per l’annata di che trattasi, avrebbe rilievo determinante nell’escludere nella specie l’applicabilità dei principi enunciati dalla Corte.
In particolare, l’attuale disciplina – a differenza di quella precedente – consente agli Stati membri di prevedere criteri ulteriori e diversi di riassegnazione delle quote di prelievo in eccesso, ponendo l’unica condizione che questi siano previamente concordati con la Commissione UE.
Orbene, non può sostenersi che la nuova versione dell’articolo 16, Reg. 2003/1788 sarebbe stata rispettata, osservando che il testo del d.l. n. 49/2003 dopo la conversione sarebbe stato comunicato alla Commissione in data 27 giugno 2003, e quest’ultima, sia pure a distanza di tempo (nel 2006) in risposta a una segnalazione, si sarebbe espressa nel senso della compatibilità di tale normativa con quella comunitaria.
Rispetto a tale argomento appare decisivo il rilievo che una mera comunicazione non può ritenersi equivalente ad una misura normativa “concordata” (tanto meno in via preventiva), e soprattutto che il profilo di incompatibilità poi censurato dalla Corte è stato introdotto in sede di novella dell’articolo 9 dal d.l. n. 157/2004, dunque in epoca successiva alla detta comunicazione (né consta che esso sia stato specificamente oggetto di ulteriore comunicazione alla Commissione).
In altre parole, la previsione di criteri ulteriori per il rimborso si sarebbe potuta (e dovuta) concordare (preventivamente) con la Commissione UE, il che non è stato: dal momento che la modifica apportata nel 2004 alla norma interna del 2003, ritenuta anticomunitaria dalla Corte di Giustizia, comunque non risulta essere stata concordata.
6. Il motivo deve essere pertanto accolto, previa disapplicazione delle norme interne in contrasto con quelle europee e con effetto assorbente sulle residue censure non esaminate, come già ritenuto dalla Sezione in relazione all’annata lattiera 2004-2005 proprio a seguito del sopravvenire della sentenza della Corte del 2022 con la citata sentenza 10 ottobre 2022, n. 8663.
La fondatezza della censura comporta il parziale accoglimento del ricorso di primo grado e l’annullamento dei provvedimenti con esso impugnati: posto che per l’annata 2006/7 detti provvedimenti sono stati adottati sulla base della disciplina come sopra ricostruita, della quale risulta palese il carattere anticomunitario già alla stregua delle richiamate pronunce della Corte di Giustizia.
7. L’accoglimento di tale motivo di appello comporta dunque l’annullamento degli atti impugnati e, secondo quanto indicato dalla Corte di Giustizia, l’obbligo dell’Amministrazione di rideterminarsi - con ulteriori provvedimenti - sulle quote di prelievo supplementare dovuto dai produttori, disapplicando le disposizioni nazionali incompatibili.
In sede di dovuta rinnovazione dei procedimenti (e tenuto conto dell’effetto interruttivo e sospensivo di ogni termine inerente alle pretese creditorie, in conseguenza della instaurazione dei contenziosi), le Amministrazioni statali – salva la possibilità che il legislatore intenda introdurre criteri non discriminatori che comunque dovranno tenere conto della disciplina europea e delle sentenze pronunciate in materia dalla Corte di Giustizia – sono tenute ad individuare senz’altro il criterio da applicare in sostituzione di quello che la Corte di Giustizia ha ritenuto contrastante con la disciplina europea.
8. Il contenuto della decisione non consente, per le ragioni fin qui illustrate, di accedere ad ulteriori richieste di rinvio pregiudiziale (essendo stato accertato il contrasto fra la norma comunitaria e quella interna), né di ritenere non manifestamente infondati i prospettati dubbi di legittimità costituzionale (per le ragioni già indicate dalla sentenza di questo Consiglio di Stato n. 3047/2022).
Per le stesse ragioni appare superfluo e non pertinente ogni approfondimento istruttorio.
La domanda risarcitoria va allo stato respinta, posto che – in disparte il rilievo, inerente l’elemento soggettivo della fattispecie d’illecito, per cui l’accertamento dei provvedimenti ritenuti veicoli di lesione nel caso di specie consegue all’attuazione di una disposizione normativa di rango primario poi ritenuta confliggente con la normativa comunitaria - la presente pronuncia caducatoria implica, come segnalato, la riedizione del potere, solo all’esito della quale potrà apprezzarsi la sussistenza o meno di concreti profili di pregiudizio, anche in relazione all’effettiva spettanza del bene della vita (Consiglio di Stato, sez. III, sent. 3047/2022, cit.).
9. La presente decisione è stata assunta tenendo conto dell’ormai consolidato “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5 gennaio 2015, n. 5, nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242), che ha consentito di derogare all’ordine logico di esame delle questioni e tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis , per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663, e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 gennaio 2022, n. 339), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
10. Sussistono, nondimeno, giusti motivi legati alla peculiarità della vicenda sottesa al presente contenzioso (nella quale è risultato decisivo il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia) per disporre, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., per come espressamente richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a, l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio tra le parti.