Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-04-23, n. 201402038

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-04-23, n. 201402038
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201402038
Data del deposito : 23 aprile 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09904/2010 REG.RIC.

N. 02038/2014REG.PROV.COLL.

N. 09904/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9904 del 2010, proposto da:
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Napoli, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

A R, rappresentato e difeso dagli avv. L L, P D F, con domicilio eletto presso Giuseppe Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

nei confronti di

Comune di Castello di Cisterna;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE I n. 23130/2010, resa tra le parti, concernente scioglimento del consiglio comunale di Castello di Cisterna per diciotto mesi e conseguente nomina di una commissione straordinaria per la gestione dell'ente locale


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di A R;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2014 il Cons. Michele Corradino e uditi per le parti gli avvocati Sticchi Damiani su delega di Lentini e dello Stato Santoro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con decreto del Presidente della Repubblica del 10 luglio 2009, assunto ai sensi dell’art. 143 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, su proposta del Ministero dell’Interno in data 3 luglio 2009, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, veniva disposto lo scioglimento del Consiglio comunale di Castello di Cisterna (NA) per diciotto mesi, con contestuale nomina di una Commissione Straordinaria per la gestione del Comune.

L’allora sindaco del Comune di Castello di Cisterna, il dott. A R, impugnava detto provvedimento innanzi al T.A.R. Campania, lamentando l’inosservanza dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento e l’insussistenza dei presupposti per l’adozione della misura di rigore. Con motivi aggiunti, proposti in seguito alla produzione in giudizio di copia degli atti istruttori, lo stesso adduceva la contrarietà, l’apoditticità e l’illogicità delle conclusioni dell’amministrazione.

Si costituivano per resistere in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno - Prefettura- U.T.G. di Napoli.

Con sentenza n. 23130 del 5 novembre 2010 il T.A.R. accoglieva il ricorso, affermando l’illogicità, l’incoerenza e la contraddittorietà della proposta di scioglimento del consiglio comunale, per la mancanza di adeguate ragioni giustificatrici del provvedimento.

Il Tar, in particolare, censurava l’operata dell’Amministrazione, perché, quest’ultima, in un primo momento, alla nota 27 ottobre 2008, con la quale il Prefetto di Napoli affermava la sussistenza dei presupposti per la misura di rigore di cui è causa, opponeva, con la nota 27 gennaio 2009, la necessità di un supplemento istruttorio, e, successivamente, sulla base di quegli stessi elementi ritenuti, in prima battuta, non causalmente adeguati a dimostrare forme di condizionamento dell’Amministrazione, proponeva lo scioglimento.

Appellano la sentenza la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno -Prefettura- U.T.G. di Napoli.

Con memoria, depositata in vista dell'udienza, l’appellato chiede che il ricorso venga respinto perché improcedibile, inammissibile ed infondato.

Alla camera di consiglio del 13/03/2014 il ricorso viene trattenuto per la decisione come da verbale.

DIRITTO

Ai fini del decidere, ritiene il Collegio di dover, preliminarmente, esaminare la questione di improcedibilità, prospettata dall’odierno appellato.

In particolare, il dott. A R, chiede che sia dichiarata la sopravvenuta carenza di interesse, essendo intervenuta, nel frattempo, la naturale estinzione degli organi elettivi controversi.

L’eccezione non può essere accolta. Pur essendosi insediata, medio tempore , una nuova Amministrazione Comunale, questo Collegio non può esimersi dal decidere la questione, in ordine alla quale è stato chiamato a pronunciarsi, per la sussistenza, nel caso di specie, di un interesse anche morale a che i fatti siano rettamente accertati.

Questo Collegio ritiene, altresì, non meritevole di accoglimento la questione di inammissibilità, prospettata dall’odierno appellato. L’appellato, in particolare, solleva l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per non avere il Ministero dell’Interno censurato l’autonomo capo della motivazione, relativo alla reiterazione di elementi di prova non idonei a fondare la misura di rigore in concreto adottata, idoneo, ex se, a sorreggere la statuizione di annullamento di cui è causa.

Nel capo non impugnato, in particolare, il giudice di prime cure censurava l’operato dell’Amministrazione in quanto fondata su quegli stessi elementi per cui il Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali del Ministero, in prima lettura, aveva richiesto un supplemento istruttorio, ritenendo gli stessi non idonei ad evidenziare adeguatamente il nesso causale tra i collegamenti degli amministratori locali con esponenti della criminalità organizzata e la compromissione della libera determinazione degli organi di governo.

Orbene, pur non essendo stato impugnato, expressis verbis , il capo che, da solo, sorregge la statuizione di annullamento del giudice di prime cure, ritiene questo Collegio di dover respingere l’eccezione di inammissibilità, risultando palese, dal contesto generale, l’intenzione degli odierni appellanti di contestare anche e soprattutto tale capo.

Nel merito, il ricorso è fondato.

L’appellante contesta le conclusioni del giudice prime cure, il quale ha ritenuto la proposta di scioglimento del consiglio comunale illogica, incoerente e contraddittoria, in quanto non sorretta da adeguate ragioni giustificatrici. In particolare, il Tar ha censurato il provvedimento di scioglimento viziato per essere basato su quegli stessi elementi che, in un primo momento, la stessa Amministrazione aveva ritenuto non causalmente adeguati ad integrare il presupposto dello scioglimento. L’Amministrazione, più specificatamente, aveva, inizialmente, rilevato che, sebbene la situazione lasciasse supporre, nel suo complesso, forme di condizionamento degli organi di governo, ad una più attenta analisi, le singole fattispecie segnalate non apparivano idonee a dimostrare il collegamento tra i rapporti con esponenti della criminalità organizzata e la compromissione della libera determinazione degli organi di governo.

Pertanto, la stessa aveva indirizzato una richiesta di supplemento istruttorio relativamente al contesto ambientale, in quanto le frequentazioni tra amministratori locali ed esponenti malavitosi, seppur inopportune, non apparivano determinanti a dimostrare l’ingerenza dei secondi nella vita amministrativa, relativamente ai provvedimenti emessi nel settore dell’urbanistica, in relazione ai quali non era provata la finalità di favorire gli interessi della criminalità organizzata, e, infine, in ordine alle procedure di appalto di opere pubbliche, nel cui ambito non appariva chiaro come l’adozione di provvedimenti illegittimi potesse dimostrare l’asservimento degli organi elettivi alla criminalità organizzata. L’Amministrazione, acquisita la relazione integrativa, concludeva, infine, per lo scioglimento nonostante la relazione de qua non fosse corredata da nuovi elementi obiettivi, idonei a superare le iniziali deficienze probatorie.

Orbene, tutto ciò premesso, le conclusioni del Tar non meritano di essere condivise.

Il Giudice di prime cure, infatti, in applicazione di un principio generale dell’ordinamento giuridico, ha sottolineato che, ove un organo, gerarchicamente sovraordinato all’ufficio proponente, richieda nuove indagini in merito alla sussistenza, nella specie, dei presupposti per l’esercizio del potere di scioglimento, così da poter riesaminare il complesso delle circostanze che hanno indotto, in prima battuta, l’Amministrazione stessa a desistere dall’adozione del provvedimento e, pertanto, a proseguire le indagini, i principi di logicità, coerenza e non contraddizione dell’azione amministrativa impongono che la formazione di un eventuale successivo convincimento di senso contrario sia sorretto da adeguate ragioni giustificatrici. Per il principio in esame, il provvedimento, adottato in mancanza del predetto presupposto, sarebbe illegittimo.

Si deve invece rilevare come, contrariamente a quanto assunto dal giudice di prime cure, l’odierno Collegio ritenga assolutamente lineare il ragionamento seguito dall’Amministrazione. Questa, infatti, ha richiesto un supplemento istruttorio esclusivamente su alcuni punti, ritenendo le altre questioni, già a partire dalla prima relazione, causalmente adeguate a dimostrare l’inquinamento dell’azione amministrativa dell’ente locale a causa dell’influenza della criminalità organizzata. Acquisito, poi il supplemento istruttorio, la stessa, lungi dall’operare una valutazione atomistica dei singoli fatti segnalati, si è determinata nel senso dello scioglimento per l’aver, rettamente, considerato i fatti segnalati in concorso tra loro, nelle loro reciproche connessioni ed interrelazioni, quali momenti rivelatori di una complessiva linea di condotta.

La modifica normativa al T.U.E.L., per la quale gli elementi fondanti i provvedimenti di scioglimento devono essere “concreti, univoci e rilevanti”, non implica la regressione della ratio sottesa alla disposizione. La finalità perseguita dal legislatore è rimasta quella di offrire uno strumento di tutela avanzata, in particolari situazioni ambientali, nei confronti del controllo ed dell’ingerenza delle organizzazioni criminali sull’azione amministrativa degli enti locali, in presenza anche di situazioni estranee all'area propria dell'intervento penalistico o preventivo. Ciò nell'evidente consapevolezza della scarsa percepibilità, in tempi brevi, delle varie concrete forme di connessione o di contiguità – e, dunque di condizionamento, - fra organizzazioni criminali e sfera pubblica e nella necessità di evitare, con immediatezza, che l'amministrazione dell'ente locale rimanga permeabile all'influenza della criminalità organizzata.

La legge, peraltro, sul presupposto che il potere di scioglimento degli enti locali, soggetti a pericolo di infiltrazione criminale, costituisce una misura avanzata di prevenzione, riconosce all’Amministrazione ampi margini in merito alla valutazione degli elementi che possono costituire indice di collegamenti diretti o indiretti fra i vertici dell’Ente e la criminalità organizzata ovvero possono rendere plausibili forme di condizionamento degli amministratori. Ciò anche quando il valore indiziario di tali dati non sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale.

Orbene, nel caso esaminato, questo Collegio ritiene legittimo l’operato dell’Amministrazione in quanto risultano adeguatamente provati sia il ricorrere di relazioni e frequentazioni equivoche, sia i fattori di inquinamento dell’azione amministrativa dell’ente locale, a causa dell’influenza della criminalità organizzata.

Le infiltrazioni mafiose, ritiene il Collegio, emergono con evidenza da una lettura correlata dei fatti segnalati, che, nel loro insieme, denotano fenomeni di condizionamento e compromissione della libertà di autodeterminazione degli organi di governo.

Nel valutare la legittimità del provvedimento, la proposta di scioglimento, infatti, non può essere scomposta in singoli atti, perché non si intende accertare, con la valutazione in esame, la rilevanza o il peso specifico del singolo fatto contestato.

Dovendosi leggere i fatti in correlazione tra loro, seppur, da una meticolosa analisi dei dati posti alla base dello scioglimento del Comune di Castello di Cisterna, emerga, come rappresentato dal giudice di prime cure, che alcuni elementi, fra gli innumerevoli segnalati, siano approssimativi o poco rilevanti, questo Collegio ritiene il provvedimento di scioglimento, con il quale si è accertato un livello di infiltrazione criminale inaccettabile, legittimo, rispettando lo stesso, nel suo complesso, i requisiti di legge.

Alla luce delle suesposte considerazioni, l’appello va accolto.

In considerazione della natura della questione decisa, sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi