Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-04-08, n. 201401669

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-04-08, n. 201401669
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201401669
Data del deposito : 8 aprile 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03596/2013 REG.RIC.

N. 01669/2014REG.PROV.COLL.

N. 03596/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3596 del 2013, proposto da:
Impresa Gruppo Corsaro S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. A S, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, via Stoppani, 1;

contro

Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale Pubblica della Provincia di Latina, ATER di Latina, rappresentata e difesa dagli avv. M S e S S, con domicilio eletto presso l’avv. S S in Roma, via Guido D'Arezzo, 18;
Consorzio Cooperative Costruzione-CCC, Società Cooperativa in proprio e nella qualità di Mandataria RTI, rappresentato e difeso dagli avv. S V e E Bi, con domicilio eletto presso l’avv. S V in Roma, via Emilia, 88;
RTI-Associazione Professionale Studio Tecnico Associato Dott.A.E.Minnucci C.Marsaglia, La Patolegi Sas di Palluzzi Pierantonio &
C;

e con l'intervento di

ad opponendum:
F B, rappresentato e difeso dall'avv. Corrado De Simone, con domicilio eletto presso l’avv. Roberta Carta in Roma, piazza Mancini, 4;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - SEZ. STACCATA DI LATINA: SEZIONE I n. 00269/2013, resa tra le parti, concernente affidamento della progettazione esecutiva e della costruzione di n. 87 alloggi nel comune di Aprilia.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale Pubblica della Provincia di Latina in Breve ATER di Latina e di Consorzio Cooperative Costruzione-CCC Società Cooperativa in proprio e nella qualità di Mandataria RTI;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2013 il Cons. Paolo Giovanni Nicolo' Lotti e uditi per le parti gli avvocati A S, M S, S S, E Bi, Corrado De Simone e S V;


FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Latina, Sez. I, con la sentenza 25 marzo 2013, n. 269 ha respinto il ricorso proposto dall’attuale appellante per l’annullamento: della determina del 1°.10.2012, n. 56, con cui il dirigente Area Tecnica dell’

ATER

Latina, successivamente alla riapertura delle operazioni di gara indette per l’affidamento della “progettazione esecutiva e della costruzione di n. 87 alloggi” nel Comune di Aprilia, aveva approvato i verbali di gara e disposto l’aggiudicazione definitiva in favore del Consorzio Cooperative Costruzioni;
del verbale della seduta segreta del 18.9.2012, con cui l’apposita Commissione istituita presso l’ATER di Latina, successivamente alla riapertura delle operazioni di gara, aveva disposto l’esclusione del Gruppo Corsaro a causa di talune “incompletezze del progetto strutturale esecutivo presentato da codesta impresa” e della sua “non conformità rispetto alla vigente normativa di cui al D.M. 14.1.2008;
del verbale della seduta segreta del 26.9.2012, con cui l’apposita Commissione istituita presso l’ATER di Latina, successivamente alla riapertura delle operazioni di gara, ha disposto l’aggiudicazione provvisoria dell’appalto al Consorzio Cooperative Costruzioni;
del bando, del disciplinare di gara e del capitolato speciale d’appalto nella parte in cui imponendo la presentazione del progetto esecutivo già in sede di gara, comminano l’esclusione per incompletezze, incongruenze e/o difformità rispetto alla normativa vigente, del progetto medesimo;
di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali ivi espressamente compresi il verbale della Commissione di gara del 28.8.2012, la determina del dirigente Area tecnica del 29.8.2012 n. 50, non conosciuti, la nota del 13.8.2012 di comunicazione della rinnovazione parziale della procedura di gara, la nota del 5.9.2012 di avvio del procedimento di esclusione, la nota del 13.9.2012 di diniego dell’accesso agli atti del procedimento, la nota di comunicazione dell’esclusione del 21.9.2012 n. 14634 e la nota dell’11.10.2012 con cui è stata comunicata l’aggiudicazione definitiva in favore del Consorzio Cooperative Costruzioni;
nonché, ove occorra e nei limiti di interesse, la determina del dirigente Area Tecnica dell’

ATER

Latina del 10.8.2012 n. 47, non conosciuta.

In primo grado veniva, inoltre, richiesto il risarcimento del danno in forma specifica, col riconoscimento del diritto a conseguire l’aggiudicazione e stipulare il contratto previa declaratoria d’inefficacia del contratto d’appalto eventualmente già stipulato, e riedizione delle operazioni di valutazione delle offerte, con subordinata richiesta di risarcimento dei danni per equivalente.

Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente e preliminarmente, che dovevano considerarsi inammissibili perché tardive le censure avverso il bando di gara (pubblicato sulla G.U. V Serie Speciale n. 137 del 20.11.2009) e del Disciplinare nella parte in cui prescrivono a pena di esclusione che nella Busta “B” dell’Offerta Tecnica dovrà essere contenuto il progetto esecutivo.

Secondo il TAR, dalla lettura della sentenza di questa Sezione del Consiglio di Stato 31 marzo 2012, n. 1899 che si era già pronunciato sulla gara d’appalto che aveva già visto quale vincitore, in un primo momento, l’odierno appellato Consorzio Cooperative Costruzioni e che era già stata oggetto di un separato giudizio di cui alla predetta sentenza di questa Sezione, emergerebbe che il giudicato è circoscritto all’obbligo della stazione appaltante, di correggere la formula matematica per il calcolo dell’offerta prezzo, “che va sostituita da altra coerente con il criterio del metodo aggregativo - compensatore di cui al d.p.r. n. 554 del 1999 adottato dal bando di gara”.

Pertanto, ha ritenuto il TAR, il giudicato in argomento non involge ulteriori aspetti dell’attività della Commissione di gara, né incide sui poteri di autotutela che l’art. 11, comma 9, del d.lgs. 163-06 riconosce in ogni momento della procedura di gara, anche successivamente all’aggiudicazione definitiva.

Infine, per il TAR, sono prive di fondamento le censure relative alla dedotta violazione del principio del contrarius actus, alla dedotta violazione del principio della pubblicità delle sedute di gara, all’affidamento da parte della Commissione a un soggetto terzo della valutazione del progetto della ricorrente e, infine, avverso la relazione a firma dell’ing. A sulla verifica di conformità alla normativa sismica in vigore (D.M. 14.1.2008) del progetto esecutivo strutturale presentato dalla ricorrente.

L’appellante contestava la sentenza del TAR, deducendo:

- che le questioni controverse hanno già dato luogo ad autonome e concrete statuizioni coperte dal giudicato;

- lo sviamento dell’ azione amministrativa poiché il procedimento di riesame del progetto della ricorrente sarebbe stato avviato dall’ATER non dopo la proposizione da parte del Consorzio CCC del ricorso per revocazione della citata decisione di questo Consiglio 1899-2012 (poiché secondo l’ATER, la presunta incompletezza e la difformità del progetto della ricorrente dalla normativa antisismica sarebbe emersa solo a seguito delle censure contenute in tale ricorso), atteso che il ricorso per revocazione ha per oggetto le medesime censure già prospettate dal Consorzio col ricorso incidentale proposto nel primo giudizio avanti al TAR RG n. 646-2010, riproposto in appello con appello incidentale e ritenuto infondato da questa Sezione con la citata sentenza n. 1899-2012;

- che il TAR avrebbe errato omettendo di esercitare il sindacato giurisdizionale sul legittimo esercizio del potere di autotutela, mediante la verifica dei suoi presupposti;

- che il TAR avrebbe erroneamente ritenuto inammissibile in quanto tardiva l’impugnazione del bando nella parte in cui commina l’esclusione per le difformità progettuali (la relativa censura viene qui riproposta in via meramente subordinata);

- che si sarebbe verificato un vizio radicale del procedimento di gara consistente nella’omessa custodia dei plichi e nell’omessa, relativa, verbalizzazione, nonché nella violazione del principio di pubblicità della sedute di gara;

- che, infine, sarebbe illegittimo l’affidamento da parte della Commissione a un soggetto terzo della valutazione del progetto della ricorrente, ritenendosi che l’attività svolta dal consulente incaricato dell’ATER fosse stata di mera consulenza e non valutativa.

Con l’appello in esame, si chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Si costituivano l’Amministrazione appellata ed il Consorzio controinteressato chiedendo il rigetto dell’appello principale.

Spiegava atto d’intervento ad opponendum l’ing. F B, sia in qualità di presidente del seggio di gara, sia di direttore dell’Area tecnica dell’ATER.

All’udienza pubblica del 10 dicembre 2013 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente, per quanto riguarda l’atto d'intervento ad opponendum, questo Consiglio ha già asserito (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 17 settembre 2012, n. 4911) che la finalità di esso è contrastare le ragioni del ricorrente, ed è ammissibile se ed in quanto l'interveniente risulti titolare di un interesse di fatto dipendente da quello azionato in via principale o ad esso accessorio, ovvero di quello sotteso al mantenimento dei provvedimenti impugnati, che gli consente di ritrarre un vantaggio indiretto e riflesso dalla reiezione del ricorso.

Nel caso di specie, tuttavia, non può essere riconosciuta, in capo all’ing. F B in qualità di presidente del seggio di gara e di direttore dell’Area tecnica dell’ATER, alcuna posizione giuridica qualificata connessa all’interesse di fatto al mantenimento dei provvedimenti impugnati, trattandosi di atti imputati esclusivamente all’Amministrazione, sia sotto il profilo della titolarità che degli effetti, secondo lo schema dell’imputazione organica, schema rispetto al quale l’ing. F B rimane giuridicamente estraneo.

Dunque l’atto d’intervento si deve ritenere inammissibile.

Parimenti in via preliminare deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dal Consorzio Cooperative Costruzioni, secondo cui il ricorso medesimo andava presentato in sede di ottemperanza, in quanto in esso si contesta la violazione di un giudicato del Giudice Amministrativo;
poiché il TAR, nella sentenza impugnata, ha affermato che non vi è stata violazione del giudicato, per poter far valere la suddetta eccezione la relativa statuizione del TAR doveva essere contestata con rituale appello incidentale.

Nel merito, rileva il Collegio che, per la soluzione della controversia in esame, deve muoversi dal principio, pienamente condivisibile, secondo cui anche dopo l'entrata in vigore del nuovo codice del processo amministrativo, il rapporto di incidenza fra autotutela amministrativa e giudicato del giudice amministrativo non deve essere risolto aprioristicamente, con l'affermazione assoluta della prevalenza del secondo sul primo, ma affidato in concreto al riscontro dell'esatta portata del medesimo giudicato e del bene della vita riconosciuto (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 23 maggio 2011, n. 3078).

Pertanto, solo ove il giudicato non inibisca l'esercizio dei tratti liberi dell'azione amministrativa, ovvero ne consenta espressamente la riedizione, è inconfigurabile una situazione di inottemperanza ed è pienamente esplicabile il potere di autotutela ai sensi dell’art. 21-nonies della l. 241-90.

Da tale regola di principio si evince che, per risolvere in concreto la questione della prevalenza dell’autotutela ovvero del giudicato, ci si deve previamente muovere sul piano dell’esatta determinazione del contenuto del giudicato intervenuto tra le parti in relazione alla procedura di gara oggetto di questo giudizio, giudicato scaturente dalla sentenza di questa Sezione del Consiglio di Stato 31 marzo 2012, n. 1899.

Prima di stabilire l’esatta perimetrazione del contenuto del giudicato interventuo, pare opportuna una breve premessa di carattere generale.

L’individuazione della portata del giudicato amministrativo di annullamento possiede un grado di una complessità dogmatica di rilevante intensità.

In particolare, infatti, l’esame del giudicato amministrativo e dei suoi limiti oggettivi e soggettivi implica l’approfondimento di complesse tematiche, proprie del diritto amministrativo, che non possono essere risolte soltanto sulla sola base dei principi del diritto processuale civile e ciò si spiega perché, a differenza delle controversie decise dal giudice civile, il processo amministrativo di legittimità ha per oggetto un provvedimento amministrativo, il quale sotto il profilo sostanziale, produce effetti che (come avviene di regola) possono anche riguardare una pluralità di destinatari, che ne siano avvantaggiati o svantaggiati;
sotto il profilo procedimentale, può essere seguito da un ulteriore provvedimento, nell’ambito o del medesimo procedimento o di un procedimento ulteriore e collegato, che trovi il suo necessario presupposto in quello precedente.

Pertanto, di volta in volta deve verificarsi se siano compatibili con le esigenze del processo amministrativo (e col diritto amministrativo sostanziale) i principi del diritto processuale civile sul c.d. giudicato formale e sul c.d. giudicato sostanziale.

Inoltre, sempre con riguardo in specifico al contenuto del giudicato, in dottrina ed in giurisprudenza, si è ormai affermato pacificamente che gli effetti della sentenza di annullamento, su cui si forma il giudicato vanno determinati sulla base del petitum e della causa petendi: gli atti annullati sono quelli specificamente individuati nel dispositivo o nella motivazione della sentenza, ovvero (se tale individuazione manchi) quelli impugnati e affetti dai vizi accertati.

Per contro, con riferimento al giudicato amministrativo di rigetto, si deve ritenere, da un lato, che la pronunce di rigetto lascia invariato l’assetto giuridico dei rapporti precedente alla radicazione del giudizio;
dall’altro, che anche la portata degli effetti del giudicato di rigetto possano e debbano essere apprezzati in relazione al petitum e alla causa petendi.

Come accade per ogni sentenza, anche in questa tipologia di vicende, strutturalmente orientate al futuro in quanto esprimenti regole da osservare nel caso concreto, la sentenza del giudice amministrativo accerta fatti, situazioni, rapporti ed esprime un giudizio di legittimità o illegittimità sui provvedimenti che li hanno generati e disciplinati.

Il giudicato rende irreversibili accertamenti e giudizi (purchè essi, ovviamente siano stati effettivamente compiuti nella sentenza) e connessi, per il principio della domanda, al petitum sostanziale e alla causa petendi che, nel processo amministrativo, è legata ai motivi di ricorso.

Si deve, infatti, ritenere ormai superato l’orientamento assai risalente, espresso dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (peraltro sempre contrastato dalla dottrina), che tendeva a escludere che sulla sentenza di rigetto potesse formarsi il giudicato sostanziale, proprio sul rilievo che la sentenza non produce effetti modificativi o innovativi rispetto al precedente assetto dei rapporti sostanziali (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 21 febbraio 1997, n. 305, in un caso, peraltro, in cui gli effetti sfavorevoli erano opposti a soggetti estranei alla lite. Cfr. però Consiglio di Stato, sez. V, 23 ottobre 1970, n. 799).

La tesi adottata aveva il pregio pratico di consentire all'Amministrazione di intervenire senza alcun limite e nuovamente sulla situazione in sede di autotutela o comunque in via amministrativa anche dopo il rigetto del ricorso, eventualmente per motivi di equità (cfr. Cons. giust. amm., 4 luglio 1986, n. 97), ma certamente in contrasto con il principio di effettività della tutela, di rango costituzionale ed europeo e incluso ormai espressamente anche tra i principi del processo amministrativo (art. 1 c.p.a.).

La tesi opposta a tale orientamento ormai superato, e prevalente in dottrina, è apparsa, dunque, maggiormente aderente a principi generali in materia di processo, poiché la sentenza di rigetto contiene un accertamento giudiziale della situazione di fatto e di diritto e su questo accertamento non vi è ragione di negare che si formi il giudicato.

Del resto, la sentenza di rigetto deve dare al resistente la stessa utilità che il ricorrente ritrarrebbe dall'accoglimento del ricorso.

Piuttosto è dibattuta, tra i fautori della tesi favorevole, l'ampiezza del giudicato in relazione alla regola del dedotto e deducibile e appare preferibile la tesi di chi precisa che, ad ogni modo, il giudicato non può che formarsi nei limiti dei motivi posti a fondamento della domanda, quantomeno in riferimento al giudicato di rigetto.

Peraltro, anche sotto questo profilo si può incidentalmente registrare un orientamento di maggiore ampiezza adottato da questo Consiglio, che omologa ancor più il giudicato amministrativo a quello civile;
infatti, è stato affermato in generale che, ai sensi dell'art. 2909 c.c., il giudicato fa stato tra le parti, i loro eredi ed aventi causa, nei limiti oggettivi costituiti dai suoi elementi costitutivi, ovvero il titolo della stessa azione ed il bene della vita che ne forma oggetto;
entro tali limiti, il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, cioè non soltanto le questioni di fatto e di diritto fatte valere in via di azione e di eccezione e, comunque, esplicitamente investite dalla decisione, ma anche le questioni che, pur non dedotte in giudizio, costituiscano un presupposto logico ed indefettibile della decisione stessa, restando salva ed impregiudicata soltanto la sopravvenienza di fatti e situazioni nuove, verificatisi dopo la formazione del giudicato (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 11 marzo 2013, n. 1473).

Esaurita tale premessa dogmatica generale e passando all’esame concreto della vicenda oggetto del giudizio, si deve rilevare molto schematicamente che:

- nella causa oggetto della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 31 marzo 2012, n. 1899, passata in giudicato e di cui è controversa la portata applicativa, il Consorzio Cooperative Costruzioni ha proposto appello incidentale, riproponendo tutte le censure dedotte con il ricorso incidentale e non esaminate dal giudice di primo grado;

- in tale sentenza del Consiglio di Stato n. 1899-12 ha respinto, con espressa statuizione nel dispositivo, il ricorso incidentale del Consorzio Cooperative Costruzioni;

- uno dei vizi alla base del ricorso incidentale promosso dal Consorzio Cooperative Costruzioni, e riproposto in sede di appello (v. pag 19 dell’appello incidentale nel giudizio conclusosi con la predetta sentenza del Consiglio di Stato n. 1899-12), era volto a evidenziare e che la lex di gara prescriveva che “il progetto esecutivo deve essere redatto in conformità all’art 35, comma 1, del D.P.R. 21.12.1999, n. 554 ed adeguato alla vigente normativa in materia di strutture antisismiche e di risparmio energetico” e che “in caso di difformità, di incompletezza degli elaborati la Commissione di gara procederà all’esclusione del concorrente dalla gara” (cfr. pagg. 6 e 9 del Disciplinare di gara);

- al punto 10.2 della sentenza del Consiglio di Stato n. 1899-12 è stato ritenuto “inammissibile, oltre che infondata, l’asserita carenza progettuale della Gruppo Corsaro: inammissibile, in quanto impingente nell’ambito della discrezionalità tecnica;
infondata per difetto di prova in quanto neppure supportata, al fine di evidenziare il dedotto vizio in termini di manifesta illogicità e travisamento di specifici aspetti di immediata rilevazione, da eventuali perizie tecniche rese da soggetti esperti nel campo della progettazione;
infine, infondata nel merito, apparendo che il progetto esecutivo presentato dalla Corsaro sia completo di ogni particolare costruttivo richiesto dalla legge e dalla lex di gara e di ogni elemento necessario o utile ai fini della realizzazione dell’opera”;

- l’esclusione comminata all’odierno appellante, in seguito alla riedizione del procedimento di valutazione delle offerte, è motivata, dopo ampia discussione nella seduta della Commissione di gara del 18.9.2012 (cfr. Verbale in Indice Atti, n. 6 docc. ATER), e sulla base della Relazione redatta dal professionista del Genio Civile, arch. A, sul fatto che il progetto esecutivo dell’impresa Corsaro non rispetta la normativa antisismica in vigore (D.M 14 gennaio 2008);

- infatti, a seguito di ciò, il RUP con nota del 21.9.2012, prot. n. 14634 ha comunicato all’impresa Gruppo Corsaro s.r.l. l’esclusione dalla gara disposta dalla Commissione nella citata seduta del 18.9.2012.

Pertanto, l’anzidetto giudicato del Consiglio di Stato n. 1899-12 ha, in primo luogo, dichiarato inammissibile la censura di cui al citato ricorso incidentale attinente alle dedotte carenze progettuali.

La pronuncia di inammissibilità, come è evidente, non è in alcun modo assimilabile ad una pronuncia di rigetto, in quanto non ha nessun contenuto di accertamento da cui possano scaturire gli effetti del giudicato cui si è sommariamente fatto cenno nell’ambito della premessa dogmatica.

In particolare, la dichiarazione di inammissibilità della censura perché impinguente nell’ambito della discrezionalità tecnica non contiene né può contenere alcun contenuto di accertamento, anzi, affida esclusivamente ogni valutazione in proposito alla discrezionalità tecnica che rimane dunque libera di esplicarsi. Ne consegue che la situazione presa in considerazione dall’amministrazione non era sindacabile sotto il profilo della legittimità, ma appariva oggetto di una valutazione tecnico-discrezionale che, in quanto tale, poteva legittimamente essere eventualmente riconsiderata, nella ricorrenza dei necessari presupposti.

In secondo luogo, l’anzidetto giudicato ha ritenuto non provata la predetta censura.

In relazione al difetto di prova, valgono le stesse considerazioni appena svolte (assenza di contenuto accertativo del giudicato).

Pertanto, la comminatoria di esclusione, impugnata in questo giudizio, non può dirsi basata su un vizio di legittimità del progetto esecutivo della Corsaro che il Consorzio Cooperative Costruzioni aveva già proposto nel ricorso incidentale e in sede di appello incidentale nel giudizio conclusosi con la predetta sentenza del Consiglio di Stato n. 1899-12;
poiché quel vizio, in quella sentenza, passata in giudicato, è stato ritenuto, invece, inammissibile, nonché infondato per difetto di prova.

Pertanto, la contestazione dell’illegittimità del progetto in relazione a tale medesimo vizio, effettuata dall’Amministrazione in sede di autotutela, non si può porre in contrasto con il giudicato che, sulla medesima circostanza e in relazione al medesimo vizio, si è formato per effetto della citata sentenza del Consiglio di Stato n. 1899-12.

Invece, in relazione alla parte della sentenza predetta n. 1899-12, laddove è stato specificato che il progetto dell’attuale appellante “appare” completo di ogni particolare costruttivo richiesto dalla legge e dalla lex di gara e di ogni elemento necessario o utile ai fini della realizzazione dell’opera, occorre muovere da due diversi ordini di argomentazioni, entrambi che escludono che su tale parte della sentenza si sia formato il giudicato.

In primo luogo, infatti, occorre pur sempre mettere in relazione l’affermazione suddetta, contenuta in quella sentenza, con i principi generali che sovrintendono al sindacato giurisdizionale sulla cd. discrezionalità tecnica, che può essere contestata (e valutata dal giudice) solo ed esclusivamente sotto il profilo dell’attendibilità del giudizio dell’Amministrazione quanto a norme tecniche applicato e al relativo procedimento applicativo.

In secondo luogo, occorre metterla in relazione con i principi processuali della domanda.

Quanto ai limiti del sindacato del Giudice Amministrativo in materia di discrezionalità tecnica è stato ancora recentemente ed autorevolmente ribadito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione civile (sentenze 22 maggio 2012, n. 8071 e 10 agosto 2011, n. 17143), nonché dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio (sentenza 29 novembre 2012, n. 36), l’impossibilità per il Giudice Amministrativo di compiere valutazioni tecniche sostitutive rispetto a quelle demandate alla P.A, prefigurando, in caso contrario, l'eccesso di potere giurisdizionale sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera del merito, preclusa al giudice amministrativo.

Infatti, laddove il Giudice abbia proceduto ad una valutazione autonoma sulla base di propri calcoli o proprie valutazioni, vi sarebbe uno sconfinamento nel merito amministrativo al di fuori dei casi in cui la legge prevede una giurisdizione di merito (è il caso di cui alla citata sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 10 agosto 2011, n. 17143).

Peraltro, lo stesso legislatore, agli artt. 31, comma 3 e 34, comma 2, c.p.a., ha esplicitato tali limiti in relazione alle ipotesi di azione di accertamento e di condanna nei casi indicati da tali norme, azioni che non sono esercitabili qualora “sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'Amministrazione”;
si tratta, all’evidenza, di un’esplicitazione dei limiti, già evidenziati, connaturati al sindacato sulla discrezionalità tecnica, espressiva, dunque, del sotteso principio generale, indiscutibile, di matrice giurisprudenziale.

Pertanto, applicando tali principi al caso di specie, si deve concludere che l’individuazione corretta del dictum giudiziale, apprezzato sulla base della motivazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 1899-12, non possa prescindere dall’anzidetto principio generale che ne deve necessariamente condizionare l’interpretazione.

In altre parole, il giudicato non può ritenersi formato sulla completezza del progetto, poiché il giudice non poteva certamente farne oggetto di un sindacato sostitutivo;
bensì si è formato in relazione all’attendibilità della valutazione tecnica circa l’iniziale ammissione del progetto dell’attuale appellante alla gara.

Non a caso, questo Consiglio, nella sentenza n. 1899-12, ha affermato che “il progetto appare completo” e non che il progetto è completo, significativamente sottintendendo l’assenza di qualsivoglia accertamento sul punto.

Anche sotto il profilo letterale, dunque, il dictum giudiziale indica che il giudicante non ha preteso compiere alcun accertamento tecnico sostitutivo sul progetto presentato in gara, ma ha semplicemente espresso una valutazione connessa ai vizi dedotti con il ricorso incidentale proposto in primo grado in quel giudizio relativamente alla iniziale fase di ammissione alla gara dell’attuale appellante.

Pertanto, sia il tenore letterale del giudicato di cui in questa sede si ipotizza la violazione, sia il tipo di accertamento derivante da quel giudicato, connesso ad un’attività amministrativa rientrante nel concetto di discrezionalità tecnica e, quindi, non sostituibile dal giudice e non oggetto di alcun effetto conformativo, inducono a ritenere non sussistente alcuna violazione del giudicato nella nuova valutazione compiuta dalla’Amministrazione contestata in questo giudizio.

Sotto il profilo dei principi processuali, si deve segnalare che il giudizio amministrativo si basa pur sempre sul principio della domanda, e che nessuna domanda era stata proposta con riguardo all’accertamento della completezza e conformità tecnica del progetto presentato in gara dall’odierna appellante (quand’anche tale domanda fosse da ritenersi ammissibile)

Pertanto, nessun giudicato può mai prospettarsi in relazione alla conformità tecnica del progetto e il punto 10.2 della sentenza citata di questo Consiglio non può che ritenersi, al limite (assecondando le prospettazioni dell’appellante, comunque non condivisibili), un mero obiter dictum inidoneo a costituire accertamento suscettibile di passare in giudicato.

Ciò significa, conclusivamente, che il giudicato in esame non inibisce l'esercizio del potere di autotutela ai sensi dell’art. 21-nonies della l. 241-90, poiché si esplica su un tratto fisiologicamente libero dell'azione amministrativa, attinente al merito insindacabile.

In altre parole, l’accertata legittima ammissione di un concorrente alla gara, sulla base di una prima valutazione (effettuata dalla P.A. ovvero illegittimamente omessa, secondo le prospettazioni del ricorso incidentale citato) non impedisce un nuova valutazione dell’Amministrazione in relazione agli spazi dell’azione amministrativa incomprimibili dal potere giurisdizionale e che, quindi, non possono in alcun modo dirsi coperti dal giudicato, poiché attinenti al merito tecnico della valutazione stessa, demandata necessariamente all’Amministrazione ed espletata attraverso nuovi e più perfezionati strumenti di apprezzamento del fatto sorto il profilo tecnico (nel caso di specie, la nuova valutazione compiuta dalla Commissione di gara del 18.9.2012 - cfr. Verbale in Indice Atti, n. 6 docc. ATER, sulla base della Relazione redatta dal professionista del Genio Civile, arch. A).

Pertanto, sulla base di tali argomentazioni, il primo motivo di ricorso, particolarmente complesso sotto il profilo giuridico, deve respingersi in quanto infondato.

Anche gli altri motivi di ricorso sono da ritenersi infondati.

Infatti, non è prospettabile lo sviamento dell’azione amministrativa, poiché a prescindere dal fatto che il procedimento di riesame del progetto della ricorrente in primo grado sia stato o meno correttamente avviato all’ATER solo dopo la proposizione da parte del Consorzio CCC del ricorso per revocazione della citata decisione del Consiglio di Stato n. 1899-2012, la difformità del progetto della ricorrente dalla normativa antisismica e la necessità di effettuare un nuovo e più approfondito controllo, costituiscono evidenti ragioni di interesse pubblico sottese al provvedimento impugnato, funzionale a garantire la sicurezza delle persone che andranno ad abitare gli edifici costruendi e, come tale, doverosamente adottato dall’Amministrazione nello svolgimento degli ordinari poteri di controllo che, altrimenti, avrebbe dovuto esplicare in sede esecutiva.

Tuttavia, la richiesta di correggere il progetto dell’appellante in sede esecutiva, come pretende l’appellante, per la realizzazione dell’opera a regola d’arte ed in sicurezza, avrebbe irrimediabilmente e inammissibilmente leso la par condicio dei concorrenti, giustificandosi così l’intervento dell’Amministrazione in via preventiva in sede di autotutela.

Né può ritenersi che l’omissione, in sede di riapertura del procedimento, di alcuna verifica sul progetto presentato in gara dal Consorzio CCC, sia sintomatica dello sviamento, atteso che è soltanto il progetto dell’appellante ad essere stato oggetto di una contestazione approfondita che ha indotto legittimamente l’Amministrazione ad un nuovo e più vasto controllo.

Per quanto riguarda l’articolata relazione tecnica allegata al ricorso, si deve ritenere che la medesima non è idonea a supportare un giudizio di incongruità e di illegittimità delle valutazioni tecniche effettuate dall’Amministrazione nell’escludere l’attuale appellante in via di autotutela.

Infatti, le relative censure contenute nel ricorso di primo grado, pur lette in collegamento con l’anzidetta perizia, appaiono evidentemente ben lontane dal dimostrare una palese irragionevolezza e/o illogicità delle valutazioni compiute, limitandosi a mere asserzioni apodittiche, rivelandosi perciò inadeguate a intaccare le valutazioni dell’Amministrazione che, come detto, si connotano per essere esercizio di discrezionalità tecnica.

La lacunosità di tali contestazioni è evidente anche in relazione ai rilievi mirati e circostanziati, contenuti nel verbale del 18 settembre 2012 e nella relazione del consulente che ne costituisce parte integrante, a confutazione dei quali l’appellante non ha articolato alcuna considerazione tecnica, limitandosi a ribadire l’assenza di carenze progettuali ed a promuovere, inammissibilmente, una consulenza tecnica di ufficio.

Quanto agli ulteriori motivi d’appello, si deve ritenere che:

- Il TAR ha correttamente valutato come inammissibile in quanto tardiva l’impugnazione del bando nella parte in cui, richiedendo la presentazione in gara di un progetto esecutivo, ha comminato l’esclusione per difformità e/o incompletezze del medesimo in violazione degli articoli 53 del Codice dei Contratti e dell’articolo 140 del DPR 554-99;
infatti, il bando chiariva inequivocabilmente che l’ammissione delle offerte era subordinata al puntuale rispetto della normativa in materia antisismica e all’elaborazione di un progetto ad un grado di dettaglio e di completezza propria del livello esecutivo, tanto che il mancato rispetto dell’incombente era sanzionato con l’esclusione.

La prescrizione, pertanto, atteneva ai requisiti minimi dell’offerta tecnica ed era immediatamente escludente se correlata a contenuti inadeguati e/o non conformi alle menzionate prescrizioni normative, non potendo quindi sostenersi che l’interesse della ricorrente all’impugnazione di tale clausola sia sorto solo a seguito della esclusione dalla gara disposta col verbale del 9 settembre 2012;

- la censura di mancata custodia e conservazione dei plichi, nonché di omessa verbalizzazione delle modalità di attuazione delle eventuali garanzie preordinate ad assicurarne l’integrità e a scongiurare la possibilità di manomissioni, è inammissibile, atteso che tale questione non ha alcun rapporto o connessione con l’autonomo profilo escludente basato sull’irregolarità del progetto della Gruppo Corsaro rispetto alla normativa antisismica e doveva semmai essere proposta nell’ambito del primo contenzioso;

- le censure sulla violazione dei principi di pubblicità e di partecipazione al procedimento sono infondate, poiché è documentalmente provato che la rivalutazione economica è avvenuta nel corso della seduta pubblica del 26 settembre 2012, alla quale ha presenziato anche un delegato del RTI appellante: in quella sede, la Commissione ha effettuato una ricognizione di quanto avvenuto nelle sedute, necessariamente segrete, dedicate alla rivalutazione delle proposte tecniche, tenutesi rispettivamente il 28 agosto 2012 e il 18 settembre 2012;
ha, quindi, preso atto delle relative risultanze, con l’esclusione delle offerte della società La Patolegi e della Gruppo Corsaro e, previa modificazione della formula da utilizzare per l’attribuzione dei punteggi, ha provveduto legittimamente e correttamente alla valutazione delle offerte economiche, redigendo infine la graduatoria finale;

- in relazione alla censura con cui si contesta l’affidamento da parte della Commissione a un soggetto terzo della valutazione del progetto della ricorrente, si deve rilevare che, come si evince dal verbale di gara relativo alla seduta del 18 settembre 2012, la Commissione, dopo aver acquisito le relazioni del consulente e quella di calcolo integrativa redatta dalla Gruppo Corsaro, ha aperto un confronto critico sul progetto, prendendo in esame gli elaborati, approfondendo i rilievi emersi e soprattutto valutandoli alla luce delle considerazioni illustrative della Gruppo Corsaro.

Nella specie, “la relazione di calcolo integrativa”, documento tecnico di oltre 100 pagine, non è mai stato conosciuto dal consulente dell’ATER, con l’effetto che le tematiche e i rilievi rappresentati dalla Gruppo Corsaro a confutazione delle difformità denunciate dall’ATER stessa sono stati considerati e valutati proprio in occasione della seduta collegiale della Commissione che, dunque, non ha in alcun modo delegato le sue funzioni valutative, ma si è servita, legittimamente di un mero ausilio tecnico, a sostegno delle proprie valutazioni di carattere particolarmente complesso e delicato.

Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto in quanto infondato.

Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.

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