Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-09-02, n. 201104963

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-09-02, n. 201104963
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201104963
Data del deposito : 2 settembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00986/2010 REG.RIC.

N. 04963/2011REG.PROV.COLL.

N. 00986/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 986 del 2010, proposto da:
V F, rappresentato e difeso dall'avv. R S F, con domicilio eletto presso Claudia De Curtis in Roma, via Marianna Dionigi, 57;

contro

Consiglio Superiore della Magistratura, Ministero della Giustizia, rappresentati e difesi dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

V M A, R M, M G;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 07327/2009, resa tra le parti, concernente NOMINA A PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consiglio Superiore della Magistratura e di Ministero della Giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 luglio 2011 il Cons. S D F e uditi per le parti gli avvocati R S Fe e Enrico Arena (avvocato dello Stato);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio il dott. V F, avendo preso parte alla selezione indetta dal CSM per la copertura del posto di Presidente del Tribunale di Torre Annunziata, agiva per l’annullamento della deliberazione dell’organo di autogoverno del 18 settembre 2008, concernente la nomina del dott. V M A.

La competente V Commissione del CSM, a seguito del’esame delle posizioni degli aspiranti alla funzione anzidetta, esprimeva con la maggioranza di tre voti la proposta in favore del dott. A, mentre ricevevano un voto ciascuno gli altri candidati, che erano i dottori G e M.

Il plenum dell’organo di autogoverno, nella seduta del 18 settembre 2008, recepiva la proposta di maggioranza della Commissione e deliberava la nomina del dott. A.

Tale nomina, come detto, veniva contestata dall’attuale appellante, dott. F, deducendo i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili.

In sostanza veniva dedotto che nell’ambito della ponderazione comparativa, sia per il merito che per le attitudini, vi sarebbero stati una sottostima della posizione del ricorrente, un difetto di motivazione, una disomogeneità del metro valutativo.

Il giudice di primo grado, dopo avere fatto un excursus delle rispettive carriere – quella del ricorrente e quella del prescelto alla funzione direttiva – dopo avere richiamato i limiti di sindacato del giudice amministrativo nella materia, il valore residuale della anzianità e le regole, sia normative che espresse con circolare del CSM sul punto, rigettava il ricorso ritenendolo infondato.

Avverso la sentenza di primo grado propone appello il dott. F, deducendo quanto segue.

L’appello riporta in sintesi il percorso professionale sia del dott. F che del dott. A (pagine 4 e 5 e pagine 7 e 8);
riporta il percorso seguito dall’organo di autogoverno che ha portato alla determinazione finale favorevole all’A (pagine 8 e 9 dell’appello);
l’appello riporta le censure già dedotte in primo grado, consistenti in sostanza nell’assunto di deficit motivazionale (pagina 13 in neretto), di contraddittorietà (pagina 10 dell’appello) e di disparità di trattamento nel metro valutativo (pagina 12 dell’appello).

Alle pagine 16 e 17 l’atto di appello riporta i passaggi motivazionali con i quali il giudice di primo grado ha valutato legittimo l’operato dell’organo di autogoverno, facendo richiamo ai limiti di sindacato del giudice amministrativo, alla preferibilità della posizione del dott. A, alla circostanza che il ricorrente non era neanche destinatario di una proposta, neanche di minoranza, volta a prospettare alla attenzione del Plenum una proposta a lui favorevole.

Nel prosieguo, con l’atto di appello (da pagina 15 in poi), declinando motivi di impugnazione, viene in sostanza dedotto che:

1)non vale la circostanza che il ricorrente odierno appellante non era destinatario neanche di una proposta;

2)mentre per il Tribunale di Torre Annunziata l’organo di autogoverno ha ritenuto che il dott. A fosse il migliore e che i dottori G e M fossero da preferire ai dottori F e R, in precedenza per il Tribunale di Nola il CSM medesimo aveva ritenuto migliore il dott. R, ma aveva valutato preferibile la posizione del dott. F rispetto ai dottori G e M;
la nomina a presidente del Tribunale di Nola a favore del dot. R è stata annullata da sentenza del Tar Lazio n.8002 del 2009, che ha disposto la ripetizione della comparazione dei candidati;

3)non viene adeguatamente esplicitata la motivazione della preferenza a favore del dott. A rispetto al dott. F, mentre si sostiene che i titoli di quest’ultimo sarebbero superiori rispetto a quelli del concorrente, menzionando a titolo esemplificativo l’esercizio di funzioni semidirettive, la esperienza nel settore penale, nel settore civile, familiare, societario, del lavoro, fallimentare (mentre il dott. A è esperto soprattutto nel settore penale);

4)viene omesso il riferimento alla attività di Gabinetto presso la Presidenza del Tribunale;
non viene chiarita la sottovalutazione di due consiliature di Consiglio giudiziario rispetto alla unica del dott. A;

5)non si tiene conto della laboriosità del dott. F rispetto a quella solo “buona” del dott. A;
non si comprende perché debba prevalere la “ottima” capacità direttiva di questi a fronte della “eccellente” capacità organizzativa dell’appellante;

6)da ultimo, l’appello (da pagina 20 a pagina 23) contesta il passaggio della sentenza, che richiama i limiti del sindacato del giudice amministrativo, che non può sostituire il proprio giudizio a quello espresso dall’organo di autogoverno, in quanto comunque deve essere garantito un controllo sulla attività del CSM.

Si sono costituiti il Ministero della Giustizia e il Consiglio Superiore della Magistratura, chiedendo il rigetto dell’appello perché infondato.

Alla udienza pubblica del 5 luglio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.L’appello è infondato e come tale da respingere.

Con il primo motivo l’appellante lamenta la erroneità della sentenza di primo grado nel punto in cui avrebbe sottolineato che egli non era destinatario neanche di una proposta, lamentando come tale motivo non sia in sé rilevante.

Il motivo è infondato.

Infatti, il primo giudice ha certamente affrontato i motivi di censura svolti, che mettono a confronto il nominato con il ricorrente, ma ha anche evidenziato come la doglianza del dott. F fosse – deve intendersi ad opinione di questo giudicante - ai limiti della inammissibilità, nel senso che, in quel procedimento, il giudizio ai fini della proposta di nomina all’ufficio direttivo era tale da farlo ritenere postergato anche rispetto ad altri concorrenti, che invece erano stati destinatari quantomeno di proposte di minoranza.

Le doglianze dell’appellante non muovono contestazioni rispetto alla sua postergazione rispetto a colleghi che in quel procedimento gli sono stati preferiti, al di là del prescelto, né asserisce che in una rinnovata valutazione egli sarebbe o dovrebbe essere preferito anche ai colleghi che pure gli sono stati preferiti, perché sono stati ritenuti destinatari di proposte di nomina, anche se di minoranza.

Questo Consesso richiama il principio secondo cui in presenza di controversie aventi ad oggetto selezioni pubbliche, non si può prescindere dalla verifica della c.d. prova di resistenza, con riferimento alla posizione della parte ricorrente rispetto alla procedura le cui operazioni sono prospettate come illegittime, dovendosi dichiarare inammissibile il gravame laddove, in esito ad una verifica a priori, risulti che la parte ricorrente non otterrebbe il bene-interesse per cui lotta, in caso di accoglimento del ricorso (così Consiglio di Stato, VI, 20 maggio 2009, n.3099 sulla sottoposizione alla prova di resistenza).

2.Con altro argomento svolto l’appello deduce che mentre per il Tribunale di Torre Annunziata l’organo di autogoverno ha ritenuto che il dott. A fosse il migliore e che i dottori G e M fossero da preferire ai dottori F e R, in precedenza per il Tribunale di Nola il CSM medesimo aveva ritenuto migliore il dott. R, ma aveva valutato preferibile la posizione del dott. F rispetto ai dottori G e M;
la nomina a presidente del Tribunale di Nola è stata annullata da sentenza del Tar Lazio n.8002 del 2009, che ha disposto la ripetizione della comparazione dei candidati.

Il Collegio osserva che tali deduzioni, che tenderebbero a dimostrare la migliore posizione dell’appellante rispetto a colleghi che nella procedura oggetto del presente giudizio gli sono stati invece preferiti, non sono in grado di sovvertire il giudizio di legittimità relativo alla nomina del dott. A.

Infatti, in primo luogo, si tratta di procedure comparative differenti, avvenute in momenti differenti e già in linea di principio non comparabili.

Inoltre, il riferimento ad un accoglimento giurisdizionale di primo grado (rispetto alla nomina a presidente del Tribunale di Nola) non rileva, sia per la mancanza di ogni riferimento ai motivi accolti, sia perché non si conosce l’esito dell’eventuale appello, oltre che per la già rilevata incomparabilità tra le due procedure.

Infine, deve essere osservato che l’assunto di parte appellante, anche ove comprovato e condiviso, sarebbe soltanto idoneo a dimostrare la sua preferibilità rispetto ai due colleghi destinatari delle proposte di minoranza (G e M), ma nulla osserva o aggiunge rispetto al giudizio più favorevole al nominato dott. A.

3.Con riguardo alle censure che mirano a sostenere la superiorità del dott. F rispetto al collega A – e quindi al relativo dedotto vizio di difetto di motivazione e di disparità di trattamento – il giudice di primo grado ha correttamente richiamato i criteri, anche specificati dalla circolare 13000 dell’8 luglio 1999 in materia, relativi a attitudini, merito e anzianità (quest’ultima assume valore residuale).

Per quanto riguarda il candidato poi nominato, il parere espresso dal competente Consiglio giudiziario è di “eccellenza” ed evidenzia le elevate doti professionali, la eccezionale preparazione giuridica e generale, la sua laboriosità, un approccio di massima serietà e rigore.

Si sottolinea che sotto il profilo attitudinale, già nello svolgimento delle funzioni di giudice, il dott. A ha disimpegnato di fatto funzioni presidenziali, dimostrando ottime capacità direttive.

Nel corso della discussione dinanzi al Plenum dell’organo di autogoverno, in presenza di doti organizzative in linea di massima equivalenti così come della pressoché simile elevata cultura giuridica di vari candidati, il dott. Pepino evidenziava i meriti del dott. A nell’avere ridotto “gli elementi di conflittualità tra avvocatura e magistratura presenti nel Distretto di Napoli, dimostrando capacità ed autorevolezza in un momento storico assolutamente difficile riguardo ai rapporti tra le due categorie”.

Pertanto, poste in votazione le proposte e in assenza della formazione di una maggioranza su una di esse, il Plenum, nel ballottaggio tra i due candidati proposti (A e G), concludeva con 14 voti a favore del primo e 8 voti a favore del secondo.

Pertanto, è destituito di fondamento ogni motivo di doglianza che voglia fare riferimento alla equiparabilità della preparazione professionale e delle relative esperienze, in quanto è evidente che tutte le esperienze professionali e le conoscenze delle varie branche del diritto non potevano essere, nella specie, considerate tali da preferire in assoluto l’uno all’altro dei candidati, tutti definiti con aggettivazioni di assoluto valore (si evidenzia la “straordinaria laboriosità” del F, la “eccezionale preparazione” del dott. A).

Né il riferimento a differenze “filiformi” o puntiformi tra candidati consente di valutare fenomeni di illogicità o erronea macroscopicità, rispetto a giudizi valutativi discrezionali dell’organo di autogoverno.

Con riguardo al riferimento all’espletamento di funzioni semidirettive, il comportamento dell’organo di autogoverno, lungi dall’essere viziato della motivazione, ha richiamato proprio la circostanza che tutti i candidati avevano svolto funzioni di tale tipo, ma ha anche evidenziato, rispondendo perciò adeguatamente al dovere di motivazione, che spesso, a differenza del dott. A, le funzioni espletate dagli altri magistrati erano avvenute in Tribunali meno complessi e qualificanti.

Nell’ambito del giudizio globale, che deve essere effettuato nel suo complesso, senza segmentazione delle voci analitiche, non rileva la asserita sottovalutazione della attività di Gabinetto presso la Presidenza del Tribunale o delle due consiliature di Consiglio giudiziario rispetto alla unica del dott. A, potendo tali differenze essere ben compensate, come avvenuto, da altre voci di giudizio.

Va osservato che in sede di conferimento degli incarichi direttivi ai magistrati ordinari né le fonti primarie né i criteri definiti dal Consiglio superiore della magistratura prescrivono che i candidati debbano essere posti a raffronto in modo analitico, con riferimento a ciascuno dei tre parametri prestabiliti (anzianità, attitudine e merito), ben potendo la comparazione risolversi in un giudizio complessivo unitario, frutto della valutazione integrata dei requisiti sopraindicati (così, per esempio, Consiglio Stato sez. IV, 20 dicembre 2005, n. 7216).

Allo stesso modo, il riferimento alla laboriosità del dott. F, che sarebbe preferibile rispetto a quella “buona” del dott. A, ed il richiamo alle differenze tra l’aggettivazione “ottima” e quella “eccellente”, non possono incidere sulla legittimità del giudizio complessivo.

4.Da ultimo, l’appello (da pagina 20 a pagina 23) contesta il passaggio della sentenza, che richiama i limiti del sindacato del giudice amministrativo, che non può sostituire il proprio giudizio a quello espresso dall’organo di autogoverno, sostenendo in sostanza la esigenza di un profondo sindacato.

Il motivo è infondato per come proposto in relazione al caso di specie.

E’ noto infatti che le deliberazioni con le quali il Consiglio superiore della magistratura provvede al conferimento di uffici direttivi ai magistrati, sebbene espressione di un'azione connotata da caratteri di ampia discrezionalità, non si sottraggano al sindacato giurisdizionale di legittimità atteso che la singolare posizione costituzionale di detto organo non permette di escludere la sua azione dall'ordinario regime di controllo valevole per tutta l'attività amministrativa che, peraltro, deve intendersi limitata ai soli profili di illegittimità, senza poter toccare il merito delle scelte dell'organo di autogoverno (così, tra tante, Consiglio Stato sez. IV;
27 novembre 2010, n. 8299).

Nella specie tale sindacato è avvenuto, anche da parte del primo giudice, ma si è ritenuto immune dalle censure svolte l’operato dell’organo di autogoverno della magistratura ordinaria.

D’altronde, le deliberazioni con le quali il Consiglio superiore della magistratura propone il conferimento di uffici direttivi e superiori ai magistrati sono espressione di attività amministrativa ampiamente discrezionale il che, se non le sottrae al sindacato giurisdizionale quanto meno sotto il profilo dell'esistenza dei presupposti e congruità della motivazione nonché dell'accertamento del nesso logico di consequenzialità fra presupposti e conclusioni, impone però che il riscontro di legittimità operabile dal g.a. non possa trasmodare oltre il vaglio dei difetti degli atti stessi suscettibili di concretizzare il vizio di eccesso di potere, e ciò fermo restando, specie ove si tenga conto della particolare posizione ordinamentale del Consiglio Superiore, che in nessun modo il sindacato giurisdizionale può impingere nel merito della scelta discrezionale fatta propria dall' organo di autogoverno (Consiglio Stato sez. IV;
05 dicembre 2006, n.7112).

5.Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va respinto, con conseguente conferma della impugnata sentenza.

La condanna alle spese del presente grado di giudizio segue il principio della soccombenza;
le spese sono liquidate in dispositivo.

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