Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-03-12, n. 202402392
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Pubblicato il 12/03/2024
N. 02392/2024REG.PROV.COLL.
N. 07480/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7480 del 2018, proposto da
E2i Energie Speciali S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati M B, P T e S V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato P T in Roma, via Maria Adelaide, n. 8;
contro
Regione Campania, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato R P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania n. 1143/2018.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Campania;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 6 marzo 2024 il Cons. Giordano Lamberti;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 - La società appellante è un primario operatore nazionale nel settore della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, nonché titolare nel territorio della Regione Campania di sei impianti eolici già in esercizio (per una potenza installata complessiva di 179,2 MW), di due progetti già autorizzati e ammessi al regime incentivante, a seguito della procedura d’asta indetta ai sensi del D.M. 23.6.2016, per una potenza complessiva di 50 MW, e di un progetto in corso di autorizzazione della potenza di 30 MW nel Comune di San Bartolomeo in Galdo.
2 – La società, con ricorso al Tar per la Campania, ha impugnato la delibera di Giunta Regionale n. 532/2016 recante “Approvazione degli indirizzi per la valutazione degli impatti cumulativi di impianti di produzione di energia elettrica da fonte eolica di potenza superiore a 20 KW”, deducendone l’illegittimità:
- per violazione dell’art. 6, comma 1, della legge n. 180/2011, in quanto sarebbe stata approvata alla stregua dell’istruttoria compiuta dalla Direzione Generale per l’Ambiente e l’Ecosistema, ma non conterrebbe alcun cenno alle risultanze dell’analisi preventiva sull’impatto della regolamentazione relativamente agli effetti sulle imprese del settore della produzione di energia da fonti rinnovabili;
- dei punti 2.2 e 2.3 (della D.G.R. n. 532/2016) nella parte in cui estende l’obbligo di valutazione cumulativa degli impianti ambientali agli impianti eolici di potenza superiore a 20 KW, valutazione cumulativa da eseguirsi nell’ambito del procedimento VIA o della valutazione di incidenza, attivata o da attivarsi secondo la disciplina vigente, ovvero per i procedimenti per i quali si è già concluso il sub procedimento di VIA in sede di rilascio del titolo abilitativo;
- per la violazione del principio di non aggravamento del procedimento amministrativo di cui all’art. 2 della legge n. 241/1990, poiché la delibera gravata, introducendo il nuovo parametro nell’ambito della valutazione ambientale e di quella di incidenza, della considerazione degli effetti di cumulo estesa alle altre iniziative eoliche anche solo in corso di autorizzazione, determinerebbe un aggravio delle richiamate procedure in termini di costi e di tempi di conclusione dei relativi iter;
- ove si prevede l’applicabilità della delibera anche agli impianti per i quali alla data della sua approvazione sia già concluso il procedimento di VIA con conseguente rilascio del relativo provvedimento finale;
- in riferimento al punto 2 lett. iii) e iv) della D.G.R. impugnata, laddove in violazione dell’art. 4, comma 3, del D.lgs. n. 28/2011, la stessa avrebbe esteso lo scrutinio anche agli impatti cumulativi teorici con altre iniziative progettuali in itinere, non ancora assentite, esulando in tal modo dalla finalità perseguita dalla norma statale attraverso la valutazione di impatto cumulativo e introducendo elementi di incertezza molto gravi per gli operatori, con effetti distorsivi sui costi e sui tempi del procedimento;
- per l’estensione della valutazione degli impatti cumulativi anche agli impianti per i quali siano in corso i procedimenti autorizzatori, oltre che per quelli in esercizio o già autorizzati in relazione ad un determinato ambito territoriale, che determinerebbe la violazione del punto 14.3 delle Linee Guida, approvate con D.M. 10.9.2010, laddove prescrive che il procedimento venga avviato sulla base dell’ordine cronologico di presentazione delle istanze di autorizzazione;
- in riferimento ai punti 4, 5.1, 5.2, 5.3, 5.4 e 5.5 laddove pretende di addossare ai proponenti oneri di indagine e di produzione documentale, diversi e non coincidenti con la normativa statale ed anzi talora aggiuntivi rispetto a quest’ultima (ad esempio in materia di esame di impatti visivi e sul patrimonio culturale con la previsione di un indice di distanza media cumulata entro i 20 km dall’area oggetto di intervento, con l’individuazione in dettaglio della presenza degli elementi costitutivi del paesaggio entro 2 km, con il calcolo di un indice di affollamento visivo, non previsti dal D.P.C.M. 12.12.2005, né dalle linee guida di cui al D.M. 10.9.2010).
3 – Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tar adito ha dichiarato inammissibile il ricorso per carenza di interesse, in quanto la società ricorrente non avrebbe dedotto alcun effetto lesivo concreto e attuale derivante dalla D.G.R. n. 532/2016, e in quanto avrebbe proposto il gravame in relazione a più procedimenti autorizzatori che si trovano in fasi diverse e che non hanno elementi di connessione, ad eccezione del fatto di essere stati avviati dalla medesima società.
4 – La società originariamente ricorrente ha impugnato tale statuizione, deducendone l’erroneità e il contrasto con il principio di effettività della tutela giurisdizionale.
Secondo l’appellante: - sarebbe evidente il difetto logico della sentenza impugnata, orientata a far dipendere sempre l’interesse al ricorso dall’osservanza di modelli formali e vincolanti di deduzione, a prescindere dal tipo di lesione fatto valere;- l’assunto di un’attitudine dell’eterogeneità dei procedimenti autorizzatori avviati e dei relativi stadi di avanzamenti a dimostrare la mancanza di un pregiudizio concreto ed attuale è oscuro ed arbitrario;- il provvedimento amministrativo che (come quello oggetto del presente giudizio) modifichi il regime autorizzatorio, inserendo nuovi ed imprevedibili oneri è fonte di un pregiudizio attuale e concreto (nonché immediato);- la modifica in corsa delle cc.dd. regole del gioco determina una grave violazione dei principi (euro-unitari e costituzionali) di affidamento del privato e di stabilità del diritto.
4.1 - L’appellante prospetta che, nel caso di specie, la Regione avrebbe illegittimamente aggravato il procedimento autorizzatorio a scapito di imprese che – essendosi già impegnate con cospicui investimenti alla realizzazione degli impianti – sono poste dinanzi alla scelta tra rinuncia agli investimenti già effettuati o assunzione di costi non preventivati ed irragionevolmente alti (anche in termini di organizzazione logistica).
Per tali ragioni, anche l’appellante, in qualità di operatore già impegnato in procedure autorizzatorie, viene gravato di un pregiudizio immediato e concreto dalla Delibera 532 cit., che gli impone di integrare i suoi progetti con elaborati onerosi (gli studi aggiuntivi richiesti presuppongono lo stanziamento di fondi a parte, che devono essere iscritti a bilancio, nonché il reclutamento di risorse umane specifiche);per di più, l’adempimento istruttorio implica un allungamento dei termini di conclusione del procedimento destinato a ritardare l’entrata in esercizio dell’impianto, con conseguente aggravio dei costi di immobilizzazione dei capitali.
4.2 – Sotto altro profilo, l’appellante contesta la sentenza impugnata dove esclude la sussistenza dell’interesse a ricorrere per la mancanza della “ dimostrazione che le previsioni della D.G.R. gravata rendano impossibile qualsiasi ulteriore svolgimento della propria iniziativa imprenditoriale nel settore eolico sul territorio campano ”.
L’appellante prospetta che se il momento di attualizzazione dell’effetto lesivo fosse differito ad una fase successiva, nessun investitore avveduto accetterebbe il rischio di un impegno di capitali in un progetto sotto la minaccia dell’imposizione di oneri aggiuntivi ingiusti, se il vaglio di legittimità di tali oneri non potesse essere preliminare, ma solo successivo all’assunzione dell’impegno finanziario;il T.A.R. avrebbe omesso di considerare che la società è stata obbligata ad impugnare immediatamente la Delibera poiché, laddove avesse posticipato l’impugnativa per individuare nel dettaglio “tempi e costi”, non avrebbe impedito il consolidamento di un atto a sé sfavorevole;inoltre, se la società avesse atteso di riuscire a quantificare nel dettaglio “tempi e costi”, non avrebbe neanche potuto accedere in un futuro alla tutela risarcitoria, giacché la mancata immediata impugnazione della Delibera 523/2016 le sarebbe stata opposta come concorso colposo del creditore nella causazione del danno (cfr. art. 1227, cod. civ.), in quanto l’omissione dell’impugnazione sarebbe stata letta come difetto di diligenza.
4.3 – L’appellante ha inoltre riproposto i motivi di censura, innanzi richiamati, non esaminati dal Giudice di primo grado.
5 – L’appello è fondato.
È pacifico in giurisprudenza il principio generale secondo il quale gli atti generali devono essere immediatamente e autonomamente impugnati, in osservanza del termine decadenziale, solo laddove essi siano suscettibili di produrre, in via diretta e immediata, una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica di un determinato soggetto. Nel caso di volizioni astratte e generali, in ragione dell'ordinario rivolgersi di tali atti a una pluralità indifferenziata di soggetti destinatari, non individuabili ex ante e destinati anche a cambiare nel corso del tempo, l'effetto lesivo si esplica, di regola, solo nel momento in cui è adottato l'atto applicativo, con la conseguenza che, tale volizione non deve formare oggetto di autonoma impugnazione - la quale sarebbe pertanto inammissibile per difetto di una lesione attuale e concreta - ma deve essere gravata unitamente al provvedimento applicativo di cui costituisce l’atto presupposto, in quanto solo quest’ultimo rende concreta la lesione degli interessi di cui sono portatori i destinatari.
L’impugnazione degli atti generali è dunque ammissibile quando essi contengano disposizioni in grado di ledere in via diretta ed immediata le posizioni giuridiche soggettive dei destinatari ( cfr . Consiglio di Stato, sez. V, 28 marzo 2022, n. 2276).
La DGR impugnata, avente il carattere di atto generale, modifica il regime autorizzatorio - nella specie, la valutazione degli impatti cumulativi ai fini delle pertinenti valutazioni ambientali, oltretutto anche in riferimento ai procedimenti in corso ( cfr . punto 2.2 della delibera n. 532) - aggravando gli oneri a carico delle società del settore, le quali ne risultano, pertanto, immediatamente e direttamente incise.
5.1 - Nello specifico, tale valutazione è supportata dal fatto che l’appellante è una società operante nello specifico settore energetico che viene in considerazione ed è pacificamente attiva nella Regione Campania, venendo di conseguenza a risentire immediatamente dalla nuova disciplina introdotta dalla delibera impugnata.
La stessa ha inoltre dimostrato di aver attualmente pendenti procedimenti sui quali è destinata ad incidere la delibera impugnata. In particolare, l’appellante ha rappresentato che la Regione Campania l’ha invitata a provvedere, nell’ambito del procedimento autorizzatorio relativo all’impianto di San Bartolo in Galdo, ad “ integrare la documentazione tecnica progettuale come previsto dalle citate Delibere di Giunta Regionale (D.G.R. n. 532 del 04/10/2016 e D.G.R. n. 532 del 04/10/2016). ”
Non rileva, ai fini del presente giudizio, la concomitante pendenza di giudizi aventi ad oggetto gli specifici provvedimenti relativi a ciascun progetto, restando comunque ferma, per le ragioni innanzi esposte, la facoltà della società di impugnare l’atto generale nel momento in cui questo è idoneo a riflettersi immediatamente nella sua sfera giuridica.
In altri termini, i rilievi della Regione al riguardo, non considerano che l’onere addizionale di cui i proponenti vengono gravati dalle disposizioni della delibera impugnata (e dell’annesso allegato) genera senz’altro un pregiudizio concreto, diretto ed attuale alla società, che ne radica comunque l’interesse a ricorrere.
6 – Risultano fondate anche le censure di merito rivolte avverso l’atto impugnato e ritualmente riproposte in questa sede come di seguito esposto.
Con un primo ordine di censure l’appellante deduce, con diversi accenti, l’illegittimità dei Punti 2.2 e 2.3 della D.G.R. n. 532/2016, nella parte in cui l’obbligo di valutazione cumulativa degli impatti ambientali viene esteso agli impianti eolici di potenza superiore a 20kW.
A tal fine, l’appellante sottolinea che le disposizioni del provvedimento impugnato si applicano ai tutti i progetti nuovi o in corso di autorizzazione in Campania di potenza superiore alla soglia di 20kW. Per tali progetti, la valutazione degli impatti ambientali cumulativi deve essere effettuata nell’ambito del procedimento di VIA, di assoggettabilità a VIA ovvero di Valutazione di incidenza, ove attivati o da attivarsi sulla base della vigente disciplina. In caso contrario, oppure nel caso in cui il procedimento di valutazione ambientale si sia già concluso con provvedimento espresso, la valutazione dovrà effettuarsi nell’ambito del procedimento preordinato al rilascio del titolo abilitativo dell’impianto da parte delle Amministrazioni partecipanti all’iter autorizzativo.
Secondo l’appellante, tali disposizioni hanno illegittimamente modificato il campo di applicabilità del procedimento di Valutazione di impatto ambientale, così come definito dalla normativa statale in materia.
6.1 – L’appellante deduce inoltre l’illegittimità della delibera per la violazione del divieto generale di aggravamento del procedimento amministrativo, di cui all’art. 2 della legge n. 241/1990, evidenziando che questa aggiunge un nuovo parametro alla valutazione ambientale, o a quella di incidenza, non coerente con le finalità di tali procedimenti, relativo ad una considerazione degli effetti di cumulo estesa alle altre iniziative eoliche anche solo in corso di autorizzazione.
La dedotta illegittimità sarebbe aggravata dal fatto che la Delibera Regionale esige che la valutazione degli impatti cumulativi sia effettuata non solo per gli impianti che, alla data di approvazione degli indirizzi sulla valutazione cumulativa, non abbiano ancora esaurito il procedimento, ma addirittura per quelli che abbiano già ottenuto il provvedimento finale di valutazione ambientale.
6.2 – La società deduce ancora l’illegittimità dell’atto impugnato, nella parte in cui introduce un procedimento di valutazione ambientale “atipico” rispetto alla disciplina statale di riferimento.
A tal fine, rileva che l’art. 4, comma 3, del D.lgs. n. 28/2011, oltre a non prevedere la possibilità da parte delle Regioni di modificare il campo di applicabilità della valutazione ambientale, non consente nemmeno l’introduzione di un procedimento valutativo “atipico”, ulteriore e differente rispetto a quello già disciplinato dalla normativa statale, che costituisce a sua volta attuazione delle Direttive Europee in materia.
L’appellante conferma che le finalità proprie della Valutazione di impatto ambientale ricomprendano lo scrutino degli impatti (anche) cumulativi di un’iniziativa progettuale;ciò perché gli impatti non potrebbero che essere valutati se non con riguardo allo specifico contesto ambientale e territoriale in cui il progetto andrà a collocarsi, tenuto conto delle pressioni ambientali esistenti, esercitate dalle attività antropiche già presenti (di tipologia analoga o differente rispetto al progetto valutato) o comunque localizzate nel medesimo contesto da disposizioni normative, previsioni pianificatorie e/o da singoli provvedimenti autorizzativi già rilasciati.
L’appellante prospetta, tuttavia, che l’estensione dello scrutinio anche agli impatti cumulativi teorici con altre iniziative progettuali in itinere e, dunque, non ancora assentite (ivi incluse le modifiche di progetti già esistenti), costituisce invece parametro del tutto spurio rispetto all’oggetto tipicamente progettuale della valutazione di impatto ambientale e al suo carattere specifico. Valutazioni “integrate” rispetto al massimo carico tollerabile sulle matrici ambientali, considerate su “scala vasta”, sono pertinenti invece, o almeno dovrebbero esserlo, ad altri e distinti livelli valutativi e decisionali, quale quello pianificatorio, anch’esso soggetto ad obblighi di scrutinio ambientale preventivo.
6.3 – La società appellante contesta inoltre la Delibera regionale dove prevede che la valutazione degli impatti cumulativi consideri, oltre agli altri impianti eolici già in esercizio o autorizzati nell’ambito territoriale di riferimento, anche quelli per i quali siano (ancora) in corso i rispettivi procedimenti autorizzativi. Si tratta di un onere procedimentale, oltre che illogico e irragionevole, apertamente in contrasto con la normativa delle Linee Guida Nazionali per l’autorizzazione degli impianti da fonti rinnovabili, nella parte in cui prescrivono che il procedimento autorizzativo venga avviato “ sulla base dell'ordine cronologico di presentazione delle istanze di autorizzazione, tenendo conto della data in cui queste sono considerate procedibili ai sensi delle leggi nazionali e regionali di riferimento ” (Allegato 1, Punto 14.3).
7 – Con un ulteriore ordine di censure, l’appellante contesta l’illegittimità del Documento di “ Indirizzi per la valutazione degli impatti cumulativi di impianti di produzione di energia elettrica da fonte eolica di potenza superiore a 20 kW ” approvato dalla D.G.R. n. 532/2016, e in particolare dei Punti 4, 5.1, 5.2, 5.3, 5.4 e 5.5.
A tal fine, l’appellante deduce:
- la violazione del divieto generale di aggravamento del procedimento amministrativo, di cui all’art. 2 della legge n. 241/1990, consistente nella pretesa di addossare ai proponenti oneri di indagine e di produzione documentale, diversi e non coincidenti con quelli previsti dalla normativa statale ed anzi talora espressamente qualificati rispetto ad essi aggiuntivi, come avviene in tema di valutazione degli impatti cumulativi di carattere paesaggistico (Indirizzi, par 5.1);
- per alcune componenti ambientali richiamate (come nel caso degli impatti su flora e fauna, acustici e sul suolo), l’obbligo di valutazione cumulativa degli impatti non è previsto all’interno delle Linee Guida nazionali per l’autorizzazione degli impianti da fonti rinnovabili.
7 – Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente, sono fondate.
La delibera n. 532/2016, con riferimento agli impatti cumulativi, ha previsto un regime in virtù del quale: - nel caso di impianti di potenza superiore a 20 KW per i quali, alla data di vigenza degli indirizzi regionali in questione, non è stato emanato il provvedimento conclusivo di verifica di assoggettabilità a VIA o di VIA, anche in integrazione con la Valutazione d’incidenza, o di Valutazione di Incidenza, la valutazione degli impatti cumulativi, predisposta dal proponente secondo le indicazioni degli Indirizzi, deve essere presentata all’Autorità competente alle citate valutazioni ambientali, ove dovute, ai fini del parere dei competenti organi tecnico amministrativi;- nel caso di impianti eolici di potenza superiore a 20 KW per i quali, alla data di vigenza degli Indirizzi, è stato già emanato il provvedimento conclusivo di verifica di assoggettabilità a VIA o di VIA, anche in integrazione con la Valutazione d’incidenza, o di Valutazione di Incidenza, ove dovute, la valutazione degli impatti cumulativi predisposta dal proponente deve essere presentata alle Amministrazioni che partecipano al procedimento di autorizzazione ai fini della loro espressione per il rilascio del titolo abilitativo.
Non è in discussione l’importanza e la necessità della valutazione degli impatti cumulativi ( cfr . art. 5 del D.lgs. n. 152 del 2006 e Cons. St., n. 5092 del 14.10.2014), dovendosi invece verificare se l’atto impugnato non abbia esorbitato dell’ambito ad esso demandato dalla legge regionale e nazionale che regola la materia, ponendosi in contrasto con le norme di rango sovraordinato.
7.1 - L’art. 4, comma 3 del D.lgs. n. 28/2011, richiamato nelle premesse della Delibera impugnata, si limita a delegare alle Regioni unicamente la previsione dei “ casi in cui la presentazione di più progetti per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili e localizzati nella medesima area o in aree contigue sono da valutare in termini cumulativi nell’ambito della valutazione di impatto ambientale ”, e ciò con la precipua finalità “ di evitare l’elusione della normativa di tutela dell’ambiente ”.
La disposizione statale, dunque, non ha affatto previsto la possibilità di modificare il campo di applicabilità della valutazione ambientale, ma ha delegato alla potestà normativa regionale la sola individuazione delle modalità e dei criteri per prevenire indebite elusioni di tale campo di applicabilità.
L’art. 15 della legge regionale n. 6/2016 non modifica tale assetto, limitandosi a prevedere, per quel che rileva in questa sede, che: “ In attuazione del decreto del Ministero dello sviluppo economico 10 settembre 2010, n. 47987 (Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili), entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con delibera di Giunta regionale …sono stabiliti i criteri e sono individuate le aree non idonee alla realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonte eolica di potenza superiore a 20 Kw, di cui al paragrafo 17 del citato decreto ministeriale” ;e che “ entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con delibera di Giunta regionale, su proposta dell’Assessore all’ambiente di concerto con l’Assessore alle attività produttive, sono individuati gli indirizzi per la valutazione degli impatti cumulativi di impianti di produzione di energia elettrica da fonte eolica di potenza superiore a 20 Kw. ”
L’ambito di tale disposizione regionale, avuto riguardo alla legge nazionale citata ed al principio espresso dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 13 del 2014), secondo la quale “ il margine di intervento riconosciuto al legislatore regionale per individuare le aree e i siti non idonei alla installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile ai sensi dell’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003 e del paragrafo 17 delle linee guida, non permette in alcun modo che le Regioni prescrivano limiti generali, valevoli sull’intero territorio regionale […] perché ciò contrasterebbe con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale in conformità alla normativa dell’Unione europea (sentenza n. 13 del 2014) ” deve essere circoscritta alle ipotesi di verifica cumulativa di una pluralità di progetti interferenti presentati dallo stesso soggetto, e ciò, come specificato dall’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28/2011 al fine di evitare un’elusione delle soglie di obbligatorietà della V.I.A., mediante un’artificiosa frammentazione dei progetti.
7.2 - La delibera impugnata ha invece prescritto la valutazione degli impatti cumulativi del progetto presentato con qualsiasi altro impianto potenzialmente interferente, peraltro anche se ancora in corso di autorizzazione, di potenza superiore a 20 kW, estendendone indebitamente l’ambito applicativo dell’art. 15 cit., da riferirsi invece, come detto, alla valutazione cumulativa dei progetti presentati da uno stesso soggetto al fine di scongiurare effetti elusivi.
Tale esito si pone in contrasto con la normativa statale che regola la materia.
Infatti, con riguardo alla riduzione delle soglie dimensionali delle categorie progettuali soggette a procedura di verifica di assoggettabilità in sede regionale di cui all’Allegato IV, Parte II del D.lgs. n. 152/2006, il Decreto del Ministero dell’Ambiente 30 marzo 2015, adottato sulla base dell’art. 6, comma 7 lett. c) D.lgs. n. 152/2006, prevede la riduzione della metà delle predette soglie dimensionali (e dunque sino a 500 kW nel caso degli impianti eolici) in caso di sussistenza di impatti cumulativi con altri progetti esistenti o autorizzati, da appurarsi sempre secondi i criteri individuati dal medesimo Decreto.
7.3 - Quanto alla contestata valutazione del cumulo degli impatti cumulativi teorici, deve rilevarsi che tale aspetto è proprio di altri livelli valutativi e decisionali che si collocano ad un livello superiore e pianificatorio, proprio nell’ottica di ovviare ai limiti di una valutazione ambientale condotta esclusivamente a livello di singolo progetto.
Inoltre, a livello di autorizzazione del singolo progetto, sotto il profilo meramente procedurale, tuttavia passibile di rilevanti riflessi sostanziali, si osserva che la giurisprudenza ha già censurato una delibera della Regione Campania che, non rispettando il criterio dell’ordine cronologico di presentazione delle domande, si era rivelata “foriera di irragionevole disparita di trattamento” ( cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 13 marzo 2014, n. 1195). Il criterio cronologico, ha osservato la sentenza citata, “ ha il fine di ordinare l’esame delle istanze sulla scorta di un criterio cronologico, evitando che procedimenti più complessi possano essere conclusi con valutazioni che siano state la conseguenza dell’esame più rapido di procedimenti meno complessi...Ciò che rileva è che la presentazione di un’istanza di data successiva possa influire in modo determinante sul buon esito dell’istanza presentata precedentemente a causa di eventuali interferenze tra gli impianti ”.
8 – Alla luce delle considerazioni che precedono, la prospettazione di parte appellante merita condivisione anche dove deduce che la Delibera regionale, nell’approvare appositi Indirizzi per la valutazione degli impatti cumulativi, non solo ha finito per disciplinare un procedimento valutativo atipico rispetto a quello statale, ma ha introdotto indicazioni metodologiche e obblighi informativi e documentali non previsti, o comunque non coincidenti, con quelli stabiliti dalla normativa vigente.
8.1 – Nello specifico, riguardo alla disciplina dei contenuti dello studio di impatto ambientale, occorre infatti fare riferimento all’art. 22 e all’Allegato VII della Parte II del D.lgs. n. 152/20016 e al D.p.c.m. 27 dicembre 1988, recante “Norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale”, la cui perdurante applicabilità è tenuta ferma dall’art. 34, comma 1 del D.lgs. n. 152/2006 nelle more della modifica e dell’integrazione delle norme tecniche in materia di valutazione ambientale.
L’adozione delle predette norme tecniche a livello statale è funzionale ad assicurarne l’uniformità in tutto il territorio nazionale, e con essa l’effettività della disciplina e dei procedimenti valutativi, anche sul piano della convergenza metodologica e della raffrontabilità dei relativi esiti, evitando che i proponenti siano soggetti a discipline frammentate e differenziate sul territorio (ed altresì la tentazione di usare la normativa tecnica a fini di influenza sulla distribuzione dei progetti fra le Regioni).
L’adozione di norme tecniche in materia di valutazione ambientale, anche solo in funzione integrativa di quelle statali, non è inoltre prevista tra gli ambiti rimessi alla potestà legislativa e regolamentare regionale ai sensi dell’art. 7, comma 7 del D.lgs. n. 152/2006.
Al riguardo, la giurisprudenza ha avuto modo di evidenziare che le procedure autorizzative per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili rientrano nella materia concorrente dell’energia, nell’ambito della quale l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 costituisce un principio fondamentale, ispirato a “canoni di semplificazione”, inderogabile da parte delle Regioni, “ non potendo il legislatore regionale introdurre ... nuovi o diversi adempimenti rispetto a quelli indicati nella norma statale ” ( cfr . Corte cost., 26 novembre 2010, n. 344 e 1 aprile 2010, n. 124).
9 - Anche a voler sostenere che la Delibera Regionale abbia inteso introdurre norme più restrittive al fine di assicurare un migliore e più elevato livello di tutela dell’ambiente, deve osservarsi che l’art.