Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2011-03-21, n. 201101739

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2011-03-21, n. 201101739
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201101739
Data del deposito : 21 marzo 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05005/2010 REG.RIC.

N. 01739/2011REG.PROV.COLL.

N. 05005/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5005 del 2010, proposto da:
Servizi Ecologici Scanferla Srl, rappresentata e difesa dall'avv. I C, con domicilio eletto presso Luigi Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

contro

Regione Veneto, rappresentata e difesa dagli avv. M C, F Z, E Z, con domicilio eletto presso M C in Roma, via Bassano del Grappa, 24;
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA :SEZIONE III n. 00327/2010, resa tra le parti, concernente RISARCIMENTO DEL DANNO SUBITO PER RITARDATA CONCESSIONE AUTORIZZAZIONE STOCCAGGIO RIFIUTI SPECIALI.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Veneto e di Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2010 il Cons. R C e uditi per le parti gli avvocati Cacciavillani, C e l' avv. dello Stato Venturini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La Servizi Ecologici Scanferla s.r.l. presentava in data 30 aprile 2008 alla Regione Veneto istanza di autorizzazione per la realizzazione di un impianto di stoccaggio e recupero di rifiuti speciali, lavaggio e bonifica autocisterne nel Comune di Camponogara.

Non avendo ricevuto una risposta dall’amministrazione la società proponeva davanti al Tar per il Veneto un ricorso avverso il silenzio, con cui veniva anche richiesto il risarcimento dei danni.

La Regione Veneto si costituiva in giudizio, depositando la deliberazione della Giunta regionale n. 3178 del 27 ottobre 2009, n. 3178, con cui era stato approvato l’intervento richiesto.

Con sentenza n. 327/2010 il Tar dichiarava cessata la materia del contendere in ordine al ricorso avverso il silenzio e dichiarava inammissibile la domanda di risarcimento perché incompatibile con la natura accelerata e semplificata del rito di cui all’art. 21- bis della legge n. 1034 del 1971.

La Servizi Ecologici Scanferla s.r.l. ha proposto ricorso in appello avverso tale sentenza, contestando la declaratoria di inammissibilità della domanda risarcitoria.

La Regione Veneto e il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio si sono costituiti in giudizio, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile o, comunque, respinto.

Alla camera di consiglio del 20 luglio 2010, questa Sezione – con ordinanza n. 276/2010 – ha rilevato che il giudizio verte sul solo risarcimento del danno e ha disposto la trattazione del ricorso in udienza pubblica, come anche chiesto in via subordinata dalla parte appellata, oltre a richiedere alle parti adempimenti istruttori.

All’odierna udienza la causa stata trattenuta in decisione.

2. L’oggetto del giudizio di appello è limitato alla domanda di risarcimento del danno proposta dalla Servizi Ecologici Scanferla s.r.l. nei confronti della Regione Veneto e le prime questioni da esaminare concernono la ricevibilità dell’appello e l’ammissibilità della domanda proposta in primo grado.

In relazione all’eccezione di irricevibilità dell’appello per tardività, si rileva che la sentenza di primo grado è stata impugnata nella sola parte relativa al risarcimento del danno e, di conseguenza, non trovano applicazione i termini previsti per il rito speciale avverso il silenzio, nonostante il ricorso sia stato impropriamente intitolato “appello civico nel rito avverso il silenzio”.

La disposta trattazione in udienza pubblica e le considerazioni che seguiranno sull’ammissibilità della domanda di risarcimento proposta in primo grado confermano l’applicazione per tale domanda delle regole del rito ordinario.

Una diversa interpretazione condurrebbe comunque alla concessione dell’errore scusabile, tenuto conto dell’incertezza giurisprudenziale sia sull’ammissibilità della proposizione di una domanda risarcitoria unitamente ad un ricorso avverso il silenzio, sia sul rito applicabile in tale ipotesi.

3. Il Tar ha dichiarato la domanda di risarcimento inammissibile, facendo applicazione di quella giurisprudenza restrittiva nei confronti dell’ammissibilità del cumulo di domande, specie se assoggettate a diversi riti, come nel caso di azione avverso il silenzio e domanda di risarcimento del danno (Consiglio Stato , sez. IV, 28 aprile 2008 , n. 1873, secondo cui è inammissibile la domanda di risarcimento del danno proposta nell'ambito del rito speciale previsto dall'art. 21- bis l. 6 dicembre 1971 n. 1034, poiché con tale rito può essere unicamente impugnato il silenzio serbato dall'amministrazione su un'istanza, ma non è possibile formulare alcuna altra domanda;
v. anche Cons. Stato, IV, 12 febbraio 2010 n. 773 sull’inammissibilità dell’impugnazione del provvedimento sopravvenuto nell’ambito di un giudizio avverso il silenzio).

In contrapposizione a tale orientamento formalista si è sviluppata altra tesi, che ha valorizzato, rispetto al mero dato della proposizione di una domanda di cognizione nell’ambito di un rito speciale, l’ammissibilità del cumulo oggettivo di domande, proposte con lo stesso atto introduttivo, come espressamente previsto dall’art. 104 del c.p.c., salvo verificare la necessità di conversione del rito (Cons. Stato, sez. VI, 18 giugno 2002, n. 3332, che ha ritenuto ammissibile un ricorso cumulativo, proposto in primo grado, contenente sia la richiesta di esecuzione del giudicato sia la domanda risarcitoria a condizione che, in applicazione del principio di conservazione e di conversione degli atti processuali, sussistano i presupposti di contenuto e forma previsti per un'ordinaria azione cognitoria).

La tesi presuppone che un ricorso cumulativo contenente una domanda assoggettata a rito speciale e una domanda risarcitoria sia ammissibile, non in quanto l'azione risarcitoria possa essere ordinariamente proposta seguendo altro rito, ma in quanto si deve ritenere ammissibile il cumulo delle due domande a condizione che sussistano i presupposti di contenuto e forma previsti per un'ordinaria azione cognitoria, con conseguente conversione del rito;
ciò in applicazione anche dei principi di effettività e concentrazione delle tutele.

In conformità con tali principi, l’art. 32 del codice del processo amministrativo ha stabilito che è sempre possibile nello stesso giudizio il cumulo di domande connesse proposte in via principale o incidentale, facendo cadere ogni dubbio sull’ammissibilità del cumulo e prevedendo che il cumulo di più domande assoggettate a riti diversi comporta solo l’applicazione del rito ordinario, ad eccezione delle controversie cui si applica il rito abbreviato, che prevalgono in ogni caso sugli altri riti.

Il principio del cumulo delle domande ha poi trovato nello stesso Codice un concreta e speciale attuazione proprio con riferimento ai casi controversi, venuti in passato all’esame della giurisprudenza.

In particolare, l’art. 117, comma 6, del Codice ha previsto che, se l’azione di risarcimento del danno è proposta congiuntamente a quella avverso il silenzio, il giudice può definire con il rito camerale l’azione avverso il silenzio e trattare con il rito ordinario la domanda risarcitoria.

La disposizione in primo luogo ammette la proponibilità contestuale delle due domande, e, a differenza di quanto previsto per l’impugnazione del provvedimento sopravvenuto, non stabilisce una conversione obbligatoria del rito, ma lascia al giudice il potere di decidere con rito camerale l’azione avverso il silenzio, rinviando al rito ordinario la trattazione della domanda risarcitoria.

Tale disposizione, in parte innovativa su tale ultimo punto, ha codificato quell’orientamento favorevole all’ammissibilità del cumulo di domande, già presente prima dell’entrata in vigore del Codice e, sotto tale profilo, la norma assume una natura interpretativa circa l’ammissibilità del cumulo, che va quindi riconosciuta anche con riferimento ai giudizi già pendenti al momento dell’entrata in vigore del Codice (Cons. Stato, IV, 27 novembre 2010 n. 8251).

La domanda di risarcimento proposta unitamente al ricorso avverso il silenzio deve, quindi, essere ritenuta ammissibile e ha errato il giudice di primo grado nel non esaminarla;
tale errore non determina il rinvio del giudizio in primo grado, non rientrando tale ipotesi tra i casi di rimessione al primo giudice di cui all’art. 105 cod. proc. amm. e restando, quindi, devoluto al giudice di appello l’esame nel merito della domanda di risarcimento.

4. Accertata l’ammissibilità della domanda, va quindi verificata la sussistenza dei presupposti per disporre il risarcimento del danno da ritardo.

Non vi è dubbio sulla sussistenza di un ritardo nel provvedere addebitabile alla regione Veneto: l’istanza di autorizzazione è stata presentata in data 30 aprile 2008 e il termine per provvedere era di 150 giorni ai sensi degli artt. 18 e 19 della L.R. n. 10/1999, la cui applicabilità non è contestata dalla stessa Regione.

Tale termine scadeva, quindi, il 27 settembre 2008, mentre il provvedimento regionale è intervenuto solo in data 27 ottobre 2009 con oltre un anno di ritardo.

La Regione invoca a proprio favore la richiesta della società ricorrente di ottenere il rilascio dell’AIA (autorizzazione integrata ambientale) unitamente alla VIA, ma al riguardo è sufficiente rilevare che tale richiesta è stata presentata – secondo la stessa Regione - in data 20 ottobre 2008, quando quindi il termine per provvedere era già scaduto e che l’integrazione della domanda non giustifica certo il decorso di un ulteriore anno prima di provvedere.

In realtà, la Regione ha definito il procedimento solo dopo la proposizione del ricorso avverso il silenzio da parte della società Scanferla, senza che vi fosse alcun elemento idoneo a giustificare il ritardo.

Non sono idonee a giustificare il ritardo nè le asserite difficoltà derivanti dalla normativa in materia, richiamate in modo del tutto generico dalla Regione, nè un presunto comportamento negligente dell’impresa, non essendo stata fornita adeguata dimostrazione di carenze istruttorie imputabili alla ricorrente e preclusive per la definizione del procedimento (la regione richiama non precise sue richieste istruttorie idonee a interrompere i termini del procedimento, ma alcuni passaggi dei verbali della Commissione, che hanno comunque condotto a superare ogni problema).

Deve, quindi, ritenersi che il ritardo nel rilascio dell’autorizzazione è imputabile soggettivamente alla regione Veneto e che non sussiste alcun valido elemento idoneo a escludere la colpa dell’amministrazione per il ritardo.

5. L’accertamento della sussistenza di un ritardo di oltre un anno nel rilascio dell’autorizzazione e l’imputabilità del ritardo al Comune non risolvono tutte le problematiche della presente controversia, che attiene al risarcimento del danno subito dalla ricorrente a causa di tale ritardo.

Nel caso di specie, ricorre l’ipotesi in cui il privato invoca la tutela risarcitoria per i danni conseguenti al ritardo con cui l'amministrazione ha adottato un provvedimento a lui favorevole, ma emanato appunto con ritardo rispetto al termine previsto per quel determinato procedimento.

Il ritardo procedimentale ha, quindi, determinato un ritardo nell’attribuzione del c.d. “bene della vita”, costituito nel caso di specie dalla disponibilità dell’autorizzazione per l’esecuzioni di lavori di realizzazione di un impianto di gestione dei rifiuti.

In questi casi la giurisprudenza è pacifica nell’ammettere il risarcimento del danno da ritardo (a condizione ovviamente che tale danno sussista e venga provato) e l’intervenuto art. 2- bis , comma 1, della legge n. 241/90, introdotto dalla legge n. 69/2009, conferma e rafforza la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei ritardi delle p.a., stabilendo che le pubbliche amministrazioni e i soggetti equiparati sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento.

La norma presuppone che anche il tempo è un bene della vita per il cittadino e la giurisprudenza ha riconosciuto che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento, è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica (Cons. Giust. Amm. reg. Sic., 4 novembre 2010 n. 1368, che, traendo argomenti dal citato art.

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