Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-04-12, n. 202303676
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Testo completo
Pubblicato il 12/04/2023
N. 03676/2023REG.PROV.COLL.
N. 07736/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7736 del 2018, proposto da
M V, rappresentata e difesa dagli avvocati P L e F F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Pompei, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato F Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Terza) n. 02038/2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pompei;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 marzo 2023 il Consigliere Lorenzo Cordi' e lette le conclusioni rassegnate dalle parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La sig.ra M V ha proposto ricorso in appello avverso la sentenza n. 2038/2018 con la quale il T.A.R. per la Campania – sede di Napoli (Sezione Terza) ha respinto il ricorso avverso: i ) il provvedimento n. 0246 del 9.1.2013 del Dirigente del V Settore del Comune di Pompei, con cui era stata rigettata la richiesta di permesso di costruire in sanatoria n. 306 (prot. gen. n. 4017 del 24.2.1995), ai sensi della legge n. 724 del 1994; ii ) la comunicazione dei motivi ostativi prot. n. 1189 del 4.2.2010; iii ) ogni altro atto e/o provvedimento preordinato, collegato, connesso e conseguente.
2. In punto di fatto si osserva come la sig.ra M V avesse richiesto il condono ex L. n. 724/1994 per alcune opere realizzate nella sua proprietà, sita in Pompei (NA) alla via Minutella n. 1 (foglio 12, particelle 592-1501), consistenti nella realizzazione di due manufatti destinati a locale di sgombero e a box auto, ricadenti in ambito P.T.P. in zona R.U.A. sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta ai sensi della L. n. 431/1985.
2.1. Con determinazione dirigenziale prot. n. 246 del 9.1.2013, notificata il 22.1.2013, il Comune di Pompei aveva respinto l’istanza di condono richiamando le motivazioni esplicitate nel preavviso di diniego basate sul duplice rilievo per cui le opere erano state ultimate successivamente al termine del 31 dicembre 1993 previsto dalla normativa di riferimento ed erano state realizzate in zona R.U.A. del P.T.P., sottoposta anteriormente all’edificazione a vincolo di inedificabilità assoluta ex L. n. 431/1985.
3. La sig.ra M V ha impugnato i provvedimenti indicati al punto 1 della presente sentenza deducendo: i) la violazione del principio del giusto procedimento e dell’art. 6 della L. n. 241/1990 in quanto la determinazione di diniego era stata sottoscritta dal Dirigente del Settore e non aveva effettuato alcun riferimento al parere del responsabile del procedimento; ii) la violazione della previsione di cui all’art. 35 della L. n. 47/1985 stante l’intervenuta formazione del silenzio-assenso per il decorso del termine biennale dalla presentazione dell’istanza e dell’art. 9 della L.r. n. 10/2004 che aveva fissato il termine del 31 dicembre 2006 per la definizione delle domande di condono; iii) la violazione dei principi in materia di condono di cui alla L. n. 724/1994 sul rilievo dell’ultimazione delle opere (da riferire alla sola struttura e non all’intero edificio) nel termine indicato dalla legge e dell’anteriorità delle stesse rispetto all’apposizione del vincolo di inedificabilità nella zona, potendosi, peraltro, conseguire il condono in base a quanto disposto dall’art. 39, comma 20, della medesima legge; iv) la lesione del legittimo affidamento in ragione del lungo lasso di tempo intercorso tra la presentazione della domanda di condono e la sua definizione.
3.1. Si è costituito nel giudizio di primo grado il Comune di Pompei chiedendo di respingere il ricorso.
3.2. Con sentenza n. 2038/2018 il T.A.R. per la Campania (Sezione Terza) ha respinto il ricorso osservando che: i) il provvedimento finale era stato sottoscritto anche dal responsabile del procedimento, rendendo così manifesta l’univoca volontà dell’Amministrazione; ii) il silenzio-assenso non poteva ritenersi formato in quanto non era stata fornita la prova della sussistenza di tutti i presupposti per la sanabilità dell’opera, mediante la produzione della documentazione completa allegata alla richiesta, incluso il pagamento dell’oblazione, la tempestiva ultimazione dell’opera abusiva, nonché l’assenso dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico;inoltre, doveva considerarsi come la previsione di cui all’art. 33, comma 17, della L. n. 47/1985 escludesse la formazione del silenzio-assenso in presenza di uno dei vincoli di inedificabilità assoluta ivi previsto e, ad ogni modo, nelle zone vincolate il termine previsto dall’art. 35 poteva iniziare a decorrere soltanto dopo l’acquisizione del parere dell’Autorità preposta alla tutela; iii) l’onere della prova dell’ultimazione delle opere nel termine previsto dalla legge non poteva ritenersi assolto nel caso di specie essendosi la parte limitata a dedurre che lo stato del fabbricato, completo nella struttura, risultava dalle fotografie allegate al verbale redatto dai Vigili Urbani del 10 febbraio 1994 (ma non prodotte in giudizio), in ogni caso posteriore alla data del 31 dicembre 1993 prevista dalla legge; iv) il decorso del tempo non poteva legittimare una situazione antigiuridica o consolidare un affidamento tutelabile alla conservazione di un’opera abusiva insuscettibile di sanatoria.
4. La signora M V ha proposto appello articolando quattro motivi di ricorso.
4.1. Con il primo motivo parte appellante ha censurato il capo della sentenza di primo grado nella parte in cui ha considerato univoca la volontà dell’Amministrazione in sede di adozione del provvedimento finale, essendo stato quest’ultimo sottoscritto anche dal responsabile del procedimento. Secondo la prospettazione dell’appellante la sola sottoscrizione non avrebbe potuto ritenersi sufficiente a motivare le ragioni che avevano condotto il Comune a discostarsi dalle risultanze istruttorie nell’adottare il provvedimento finale.
4.2 Con il secondo motivo l’appellante ha censurato la sentenza nella parte in cui ha rigettato la doglianza relativa alla violazione della normativa in materia di condono (artt. 35 della L. n. 47/1985 e 9 della L.r. della Campania n. 10/2004), deducendo che la prova del pagamento dell’oblazione era già stata allegata alla documentazione dell’istruttoria dell’Ente e ben avrebbe potuto il giudice di primo grado ordinarne l’esibizione ex art. 63 c.p.a. ove ritenuta rilevante ai fini della decisione, sottolineando, altresì, la valenza probatoria dell’autocertificazione resa dall’interessata nel relativo procedimento amministrativo ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. n. 445/2000. Inoltre, la sig.ra V ha evidenziato come il lungo periodo temporale trascorso senza che l’amministrazione si fosse attivata per richiedere il prescritto parere all’Autorità preposta alla tutela paesaggistica del territorio oggetto del vincolo, o l’eventuale inerzia di quest’ultima ove interpellata, non potessero risolversi in danno del privato che aveva presentato regolare istanza di condono e aveva ricevuto risposta soltanto a distanza di quindici anni.
4.3. Con il terzo motivo di censura parte appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui non ha riconosciuto come l’immobile alla data del 31 dicembre 1993 risultasse completo, quanto meno nelle sue parti essenziali e, in ogni caso - versandosi in un caso limite in cui la verifica dell’ultimazione delle opere da parte del Comune di Pompei era avvenuta poco dopo la decorrenza del termine di legge - sarebbe stato necessario disporre una consulenza tecnica d’ufficio al fine di verificarne con esattezza il termine del completamento.
4.4. Con il quarto motivo di impugnazione l’appellante ha censurato la sentenza di primo grado nella parte relativa al mancato riconoscimento di un affidamento del privato meritevole di tutela.
5. Il Comune di Pompei si è costituito in giudizio deducendo l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza del ricorso in appello.
6. In vista dell’udienza pubblica del 30.3.2023, parte appellante ha depositato memoria difensiva finale.
7. Prima di procedere ad esaminare le censure contenute nel ricorso in appello il Collegio evidenzia di poter prescindere dalla disamina dell’eccezione di inammissibilità articolata dal Comune
(relativa all’omessa riproposizione delle censure relative all’incompatibilità paesaggistica delle opere), stante l’infondatezza nel merito del gravame.
8. Prendendo l’abbrivio dal primo motivo di ricorso in appello il Collegio ne decreta l’infondatezza atteso che il provvedimento finale di diniego del permesso di costruire in sanatoria risulta sottoscritto sia dal responsabile del procedimento che dal Dirigente del competente settore Tecnico che hanno, quindi, espresso con chiarezza l’univoca volontà dell’Amministrazione. Inoltre, nel caso di specie, vi è coerenza tra i profili istruttori e gli esiti decisionali, e, pertanto, nessuna illegittimità può ravvisarsi nella contestuale sottoscrizione del provvedimento finale da parte del responsabile del procedimento, non essendo state neppure allegate differenti posizioni o valutazioni tra responsabile del procedimento e Dirigente responsabile del servizio, con conseguente non necessità di alcun approfondimento motivazionale ulteriore.
9. Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso in appello.
9.1. Secondo la condivisibile giurisprudenza di questo Consiglio “ l'art. 35, commi 1 e 3, della Legge n. 47 del 1985, nel disciplinare il procedimento per la sanatoria, prevede che la domanda di concessione sia corredata dalla prova dell'eseguito versamento dell'oblazione e che alla stessa si debbano essere allegati una serie di documenti che vengono specificamente indicati. Da tale norma emerge come il silenzio assenso si possa formare soltanto in presenza di tutti i presupposti da essa indicati e, in particolare, in presenza di una documentazione completa degli elementi richiesti dall'articolo riportato ” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 gennaio 2017, n. 187). Ne consegue che il termine biennale, previsto ai fini della formazione del silenzio-assenso, non decorre nel caso in cui la domanda sia carente dei documenti necessari ad identificare compiutamente le opere oggetto della richiesta sanatoria, nonché quando non sia stata interamente pagata l’oblazione e, altresì, quando l’opera sia in contrasto con i vincoli di inedificabilità (Consiglio di Stato, Sez. VI, 26 settembre 2022, n. 8303;Id., 12 luglio 2022, n. 5853;Id., 15 marzo 2022, n. 1813;Id., 24 novembre 2020, n. 7382). Detto termine decorre soltanto dal momento in cui tali carenze siano eliminate ad opera della parte interessata, ponendo l’Amministrazione in condizione di esaminare compiutamente la relativa domanda (Consiglio di Stato, Sez. VI, 26 gennaio 2022, n. 535;Id., Sez. II, 18 febbraio 2021, n. 1474).
9.2. Costituisce, inoltre, principio consolidato quello secondo cui l’accoglimento della domanda di condono edilizio per silentium può aver luogo solo ove la domanda a tal fine presentata dal privato possieda i presupposti sostanziali per essere accolta, tra i quali rientra anche la dimostrazione del requisito relativo al tempo di ultimazione dei lavori (Consiglio di Stato sez. II, 19 novembre 2020, n. 7198;Id., Sez. VI, 11 gennaio 2023 n. 380).
9.3. Nel caso di specie l’appellante non offre alcuna evidenza che consenta di ritenere completa la documentazione e, pertanto, formato – per tale ragione – il silenzio-assenso. L’appellante si limita a richiamate l’autocertificazione ex art. 46 del D.P.R. 445/2000 allegata alla domanda di condono che, tuttavia, non prova che la domanda sia stata, in effetti, completa. Né era doveroso ricorrere ad istruttoria d’ufficio, trattandosi di evidenze che la parte avrebbe dovuto fornire in giudizio. In ragione di quanto esposto il motivo deve essere disatteso risultando la mancanza di documentazione presupposto sufficiente per decretare l’impossibilità di ritenere formato il silenzio-assenso.
10. Il terzo motivo di ricorso è infondato per le ragioni di seguito esposte.
10.1. Secondo la consolidata e condivisibile giurisprudenza:
i ) “ in materia di condono edilizio, l'onere della prova circa l'effettiva ultimazione delle opere entro la data utile grava integralmente sulla parte privata, senza possibilità alcuna di inversione, dovendosi negare rilevanza a dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o a semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate ” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 aprile 2021, n. 3214);
ii ) la mera “ dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà non è applicabile nell'ambito del processo amministrativo, in quanto la stessa, sostanziandosi in un mezzo surrettizio per introdurre la prova testimoniale, non possiede alcun valore probatorio e può, al più, costituire soltanto un mero indizio che, in mancanza di altri elementi gravi, precisi e concordanti, non è idoneo a scalfire l'attività istruttoria dell'Amministrazione” ( cfr ., ex multis , Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 maggio 2021, n. 3853);
iii ) “ in presenza di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ove non si riscontrino elementi dai quali risulti univocamente l'ultimazione dell'edificio entro la data fissata dalla legge, non si può ritenere raggiunta la prova circa la data certa di ultimazione dei lavori, atteso che la detta dichiarazione di notorietà non può assurgere al rango di prova, seppur presuntiva, sull'epoca dell'abuso (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 3 giugno 2019, n. 3696). Pertanto, in assenza di ogni altro elemento dal quale risulti in modo univoco la data di ultimazione dei lavori entro il 31.12.1993 […] la dichiarazione presentata non ha alcun valore probatorio, neppure indiziario ” (Consiglio di Stato, Sez. II, 19 novembre 2020, n. 7198);
iv ) in definitiva, “ sul richiedente un condono edilizio grava l'onere della prova, “ pieno ”, di provare la data di ultimazione delle opere, in modo da non lasciare alcun dubbio al riguardo, trattandosi di elemento essenziale per l'ammissibilità dell'istanza di condono ” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 16 maggio 2022, n. 3841).
10.2. Nel caso di specie tale prova non è fornita sia per la non idoneità della dichiarazione sostitutiva, sia in considerazione del fatto che la sig.ra V si limita ad evidenziare che lo stato del fabbricato, completo al rustico di tutti gli elementi, risulta dalle fotografie allegate al verbale dei vigili urbani del 10.2.1994. Si tratta, tuttavia, di fotografie che non sono state esibite in giudizio e, in ogni caso, non idonee in quanto posteriori alla data del 31.12.1993. In ultimo, va considerato come la relazione del perito di parte non aggiunga alcun elemento rilevante, limitandosi a mere affermazioni non suffragate da dettagli tecnici.
10.3. Inoltre, è corretta la reiezione dell’istanza di consulenza tecnica d’ufficio non potendo tale strumento supplire alla mancanza di evidenze non allegate dalla parte a sostegno della domanda di annullamento proposta.
11. In relazione all’ultimo motivo di ricorso si osserva come la mera inerzia da parte dell'Amministrazione non è circostanza idonea a rendere ex se la situazione legittima. Inoltre, se è vero che il principio di tutela dell’affidamento è “ canone ordinatore anche dei comportamenti delle parti coinvolte nei rapporti di diritto amministrativo, ovvero quelli che si instaurano nell’esercizio del potere pubblico, sia nel corso del procedimento amministrativo sia dopo che sia stato emanato il provvedimento conclusivo ” (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 29 novembre 2021, n. 21, tale situazione è predicabile solo laddove l’Amministrazione faccia “ sorgere nel destinatario l’aspettativa al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico sorto a seguito di tale attività ” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 13 agosto 2021, n. 5011). Nel caso di specie non vi è alcun comportamento comunale dal quale possa desumersi l’insorgenza di simile aspettativa qualificata.
12. In definitiva, il ricorso in appello deve essere respinto.
13. Le spese di lite del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.