Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-10-08, n. 201906797

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-10-08, n. 201906797
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201906797
Data del deposito : 8 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/10/2019

N. 06797/2019REG.PROV.COLL.

N. 09903/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sull’appello n. 9903 del 2014, proposto dal signor A L, rappresentato e difeso dall'avvocato S C, domiciliato presso la Segreteria della Quarta Sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;

contro

Il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima) n. 1526/2014, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2019 il pres. Luigi Maruotti e udito l’avvocato dello Stato Vittorio Cesaroni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso di primo grado n. 1354 del 2013 (proposto al TAR per la Calabria, Sede di Catanzaro), l’appellante ha chiesto la condanna del Ministero della giustizia a dare esecuzione al decreto emesso dalla Corte d’appello di Catanzaro n. 1541 del 2011, in applicazione della legge n. 89 del 2001.

2. Il TAR, con la sentenza n. 1526 del 2014, ha rilevato che nel corso del giudizio vi è stato il pagamento di quanto dovuto, ha dichiarato cessata la materia del contendere ed ha compensato tra le parti le spese del giudizio.

3. Con l’appello in esame, l’interessato ha impugnato la sentenza del TAR ed ha chiesto che, in sua parziale riforma, l’Amministrazione sia condannata al pagamento delle spese del giudizio di primo grado.

4. Il Ministero della giustizia si è costituito in giudizio ed ha chiesto che l’appello sia respinto.

5. Con l’unico articolato motivo d’appello, è lamentata la violazione dell’art. 26, comma 1, del c.p.a. e degli articoli 91 e 92 del c.p.c., poiché il TAR avrebbe dovuto considerare la soccombenza virtuale dell’Amministrazione e constatare che il pagamento è stato effettuato a distanza di notevole tempo dalla formazione del giudicato.

L’appellante ha lamentato che il TAR non avrebbe motivato la statuizione sulla compensazione delle spese e non avrebbe tenuto conto della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, per la quale vanno rapidamente eseguite dallo Stato soccombente le decisione di giustizia.

6. Ritiene il Collegio che la censura vada respinta.

Per la pacifica giurisprudenza, il TAR ha ampi poteri discrezionali in ordine alla statuizione sulle spese e, se del caso, al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla (Cons. Stato, Ad. Plen., 24 maggio 2007, n. 8), con il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi (per tutte, Consiglio Stato, Sez. V, 28 ottobre 2015, n. 4936;
Sez. III, 9 novembre 2016, 4655;
Sez. IV, 3 novembre 2015, n. 5012;
Sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 891;
Sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4471;
Sez. IV, 27 settembre 1993, n. 798).

Il giudice ben può tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto, tra cui possono avere rilievo la natura del credito insoddisfatto (ad esempio, la sua natura alimentare), la durata dell’inadempimento, la ricerca di soluzioni extragiudiziarie per evitare la pendenza del contenzioso, la mancata esecuzione di precedenti sentenze già rese in sede di esecuzione, le questioni di carattere organizzativo quando si tratti di giudizi sostanzialmente di carattere seriale, l’esistenza di un diffuso contenzioso in materia, l’assenza delle risorse nell’attuale congiuntura economica e la difficoltà di disporre tempestivamente delle risorse necessarie per disporre i pagamenti.

Il TAR può dunque anche tener conto del fatto che sia stata chiesta l’ottemperanza ad un giudicato basato sulla violazione di una normativa che abbia comportato l’insorgenza di un notevole contenzioso basato su ricorsi che per la loro semplicità possano essere presentati sulla base di schemi precostituiti, anche in assenza di particolari considerazioni di carattere giuridico.

Il TAR – nel caso di accoglimento di un tale ricorso d’ottemperanza o anche di declaratoria della cessazione della materia del contendere - può dunque compensare le spese del giudizio, con una valutazione insindacabile in sede d’appello, che di per sé non incide sul diritto alla effettività della tutela giurisdizionale (poiché le regole sulla statuizione sulle spese coesiste con le altre regole, miranti alla effettività della tutela) e neppure incide sulla dignità e sul decoro della professione forense: la decisione sulle spese non comporta di per sé una valutazione sull’operato del difensore o sulla qualità dei suoi scritti e attiene esclusivamente agli aspetti processuali sopra indicati.

7. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del secondo grado del giudizio.

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