Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2020-09-21, n. 202005493
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Testo completo
Pubblicato il 21/09/2020
N. 05493/2020REG.PROV.COLL.
N. 07570/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7570 del 2019, proposto da
IV SU UP S.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Federico Tedeschini e Giuseppe Gitto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Federico Tedeschini in Roma, largo Messico 7;
contro
Comune di Latina, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Paolo Cavalcanti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, 5 giugno 2019, n. 3804, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Latina;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2020 il Cons. Giorgio Manca e uditi per le parti gli avvocati Gitto e Cavalcanti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – La società IV SU UP S.A. , in costituenda associazione temporanea di imprese con la società IECO a r.l., il 19 aprile 2004 presentava al Comune di Latina una proposta di project financing (all’epoca disciplinato dall’art. 37- bis della legge n. 109 del 1994), avente ad oggetto «Riconversione dell’ex “Albergo Italia” e la realizzazione dello “Stadio del Nuoto”» ; opere che l’amministrazione comunale aveva inserito nel programma triennale delle opere pubbliche (approvato con la deliberazione del Consiglio Comunale n. 71 del 4 aprile 2003), prevedendone la realizzazione col sistema del project financing . Dopo oltre un anno, il Comune di Latina – con nota del 15 settembre 2005 – comunicava alle imprese proponenti che in sede di istruttoria era emerso che «l’area oggetto dell’intervento per la realizzazione dello Stadio del Nuoto risulta [va] assentita da concessione edilizia n. 97 del 4.7.2003» e che pertanto «la proposta [era] da ritenersi non valutabile e non ammissibile sotto il profilo urbanistico» . Con successiva deliberazione della Giunta Comunale, n. 868 del 29 dicembre 2005, il Comune dichiarava che l’opera oggetto della proposta non era di pubblico interesse, dal momento che l’area interessata era oggetto di concessione edilizia rilasciata in precedenza.
2. - A seguito della decisione negativa del Comune di Latina, la società proponeva (prima davanti al Tribunale civile e poi, a seguito di regolamento di giurisdizione, deciso con ordinanza della Corte di
Cassazione, Sezioni Unite Civili, 9 febbraio 2010, n. 2792, che dichiarava la giurisdizione del giudice amministrativo, davanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede staccata di Latina), azione autonoma per il risarcimento del danno a titolo di responsabilità precontrattuale, assumendo che il comportamento tenuto dall’amministrazione comunale integrasse la violazione delle regole di buona fede e correttezza, per rottura ingiustificata delle trattative, nell’ambito della procedura di affidamento dei lavori mediante project financing .
3. - Con sentenza T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 13 giugno 2013, n. 589, la domanda risarcitoria veniva rigettata.
4. - La sentenza veniva impugnata dalla IV SU UP S.A. , la quale ne chiedeva la riforma mediante la riproposizione, in chiave critica rispetto alle conclusioni cui era pervenuto il primo giudice, dei motivi del ricorso introduttivo dedotti a sostegno della domanda risarcitoria.
5. - Con la sentenza segnata in epigrafe, questa Sezione ha respinto l’appello esponendo, in fatto, che «Si tratta di un’azione di responsabilità precontrattuale» ; e in diritto che «L’appello è infondato» .
6. - La società IV SU UP S.A. ha impugnato per revocazione la sentenza, deducendo – con l’unico articolato motivo attinente alla fase rescindente – l’errore revocatorio in cui sarebbe incorsa la decisione impugnata, per il fatto di essere del tutto priva di motivazione, ovvero di un requisito essenziale dell’atto-sentenza, così come del tutto assente è la stessa illustrazione delle censure mosse dall'appellante alla decisione di primo grado. Non potrebbe ritenersi, pertanto, che la statuizione di cui alla pronuncia impugnata sia stata raggiunta attraverso l'esame e la valutazione dell'infondatezza dei motivi di gravame.
7. - Si è costituito in giudizio il Comune di Latina, resistendo all’impugnazione e chiedendone la dichiarazione di inammissibilità ovvero il rigetto.
8. - All’udienza pubblica dell’11 giugno 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.
9. - L'impugnazione per revocazione è ammissibile e fondata.
9.1. - Come noto, l’omesso esame e l’omessa pronuncia sui motivi del ricorso è questione che tradizionalmente si colloca al confine tra l’errore di diritto, irrilevante ai fini della revocazione della sentenza nella misura in cui si traduce in un errore di giudizio o di valutazione, e l’errore di fatto rilevante per la revocazione ai sensi dell’art. 395, n. 4, del Codice di procedura civile. La giurisprudenza amministrativa (quantomeno a partire dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 22 gennaio 2007, n. 3) ha assunto l’indirizzo secondo cui l’omessa pronuncia sulle domande ed eccezioni delle parti può assumere rilevanza ai fini della revocazione, e non limitarsi, quindi, a integrare la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, quando la causa dell’omissione debba essere fatta risalire a un errore di fatto, risultante dalla motivazione; ossia, a una divergenza tra la decisione (revocanda) e la realtà costituita dagli atti della causa. L’errore di fatto revocatorio ha la sua origine, la sua causa, in un errore di percezione o in una svista, o in quello che solitamente si definisce come abbaglio dei sensi, il cui oggetto è rappresentato dagli atti e documenti di causa.
9.2. - Alle conclusioni cui è pervenuta l’Adunanza Plenaria ha dato continuità la giurisprudenza successiva, le cui linee essenziali possono essere così riassunte:
- anzitutto, l’errore di fatto revocatorio non va confuso con quello che coinvolge l’attività valutativa del giudice e non ricorre nell’ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita; ipotesi, queste ultime, che danno luogo a un errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione (cfr., per tutte, Consiglio di Stato, VI, 17 luglio 2018, n. 4372, ed ivi ulteriori precedenti conformi);
- nondimeno, la nozione di errore di fatto revocatorio non può essere estesa fino a