Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-01-23, n. 201500302

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-01-23, n. 201500302
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201500302
Data del deposito : 23 gennaio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01423/2014 REG.RIC.

N. 00302/2015REG.PROV.COLL.

N. 01423/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1423 del 2014, proposto da:
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro-tempore e U.T.G. - Prefettura di Varese, in persona del Prefetto pro-tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati per legge, in Roma, via dei Portoghesi, n.12;

contro

Servizio Investigazioni e Sicurezza Srl, in persona del legale rappresentante pro-tempore;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, SEZIONE III, n. 01620/2013, resa tra le parti, concernente condanna al risarcimento danni causati dall'illegittimo diniego di autorizzazione per la gestione di un istituto di vigilanza privata.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 ottobre 2014 il Cons. P A A P e udito l’avvocato dello Stato D'Ascia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Il Sig. M G, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della “Società Servizio Investigazioni e Sicurezza” S.r.l. agiva per il risarcimento del danno derivato dal reiterato diniego di rilascio di licenza per la gestione di un istituto di vigilanza privata ai sensi dell'art. 134 R.D. 773/1931, di cui al provvedimento 28.4.2003 prot. 548/03 Sett. II° - P.A., annullato dal Tar Lombardia, con sentenza n. 3134/04 del 19 luglio 2004, nonché al successivo provvedimento prefettizio prot. 18078/05 AreaI-PA del 22.9.2005, annullato dallo stesso Tar con sentenza della sez. I, 05.12.2006, confermata dal Consiglio di Stato, Sez. VI, 17.10.2008 n. 5052.

2.- Il ricorrente lamentava il danno ingiusto per aver potuto gestire l'attività imprenditoriale, oggetto dell'istanza presentata nel marzo 2002, solo a partire dal mese di ottobre 2007 (in effetti, dal luglio 2008), data di rilascio dell'autorizzazione (seppur condizionata).

3. - Con la sentenza in epigrafe, il TAR accoglieva in parte il ricorso, riconoscendo l’esistenza degli elementi costitutivi della responsabilità civile, ovvero il titolo per ottenere l’autorizzazione invano richiesta, e, di conseguenza, l’ingiusta lesione del bene della vita, la colpa della P.A., essendo stato il diniego reiterato ed annullato per due volte, il danno economico, che è stato liquidato nella misura di 1/5 della somma quantificata dal verificatore con la prima verificazione, ovvero nella somma di euro 104.746,8, oltre interessi e rivalutazione dalla liquidazione al saldo.

4. - Da ultimo, con decreto della Prefettura di Varese prot. n. 2104/14 Area 1/bis P.A. dell’11.2.2014, è stata revocata la licenza rilasciata in favore dell’istituto di vigilanza “Security Consulting Network Srl”, a seguito della dichiarazione resa dal M G di non essere in grado di proseguire l’attività.

5. - Propone appello il Ministero soccombente, deducendo l’erroneità della sentenza per inesistenza degli elementi costitutivi della fattispecie di responsabilità aquiliana sotto tre profili: a) difetterebbe l’elemento soggettivo della colpa in capo all’Amministrazione, che non può essere desunta dal reiterato annullamento del provvedimento di diniego ed emergerebbe manifestamente sia la non gravità della violazione, sia la scusabilità dell’errore, attesa la complessità dell’istruttoria sui requisiti richiesti dalla legge per autorizzare la gestione di un istituto di vigilanza e gli ampi margini di discrezionalità riservati dalla legge al Prefetto, nonché i contrasti giurisprudenziali circa l’interpretazione dell’art. 136 TULPS;
b) mancherebbe l’accertamento del diritto al “bene della vita”, essendo stati annullati in via giurisdizionale i dinieghi impugnati solo per vizi formali della motivazione o procedurali;
c) non sarebbe stato considerato il concorso del danneggiato nella causazione del danno, essendo stata proposta la domanda risarcitoria solo nel 2010.

6. - All’udienza del 16 ottobre 2014, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1.- L’appello è fondato sotto i profili evidenziati ai punti a) e b) dell’articolato motivo in diritto.

2.- La sentenza appellata si limita a ritenere la colpa dell’Amministrazione come conseguenza della reiterazione del diniego opposto alla richiesta del ricorrente di essere autorizzato a gestire un istituto di vigilanza privata nella provincia di Varese, dopo l’accertamento della sua illegittimità, diniego annullato per ben due volte.

Tale conclusione non è condivisibile.

Le ragioni dell’annullamento dei dinieghi, invero, non evidenziano un comportamento superficiale o negligente dell’Amministrazione, quanto piuttosto sembrano risentire del contrasto giurisprudenziale all’epoca vigente sulla interpretazione dell’art. 136 TLPS, sull’ampiezza delle valutazioni discrezionali dell’amministrazione e sull’oggetto di tale discrezionalità, a proposito della diversa rilevanza degli interessi coinvolti, come evidenzia l’appellante.

Tant’è che anche il panorama legislativo si è evoluto negli anni immediatamente successivi (cfr. art. 4 del d.l. 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n 101), a seguito dell’intervento nel 2007 della Corte di Giustizia della Comunità europea.

Invero, con sentenza del TAR Lombardia-Milano n. 3134 del 19 luglio 2004, il primo diniego veniva annullato per difetto di motivazione, essendo, secondo il giudice, “fondato su giudizio astratto e apodittico, non calato nella realtà concreta e mancante di: (a) l’indicazione di dati-base quali l’entità della popolazione residente, la quantità e l’importanza delle imprese commerciali e industriali insediate nella zona, l’andamento della criminalità sul territorio con particolare riguardo ai reati contro il patrimonio, il numero e l’importanza degli istituti preesistenti anche in relazione alla tipologia dei servizi da espletare, ogni altra eventuale ragione connessa alla situazione locale dell’ordine e della sicurezza pubblica (cfr. circolare 3.8.1989 del Ministero dell’interno, pagg. 21-22);
(b) la valutazione di tali dati secondo una chiave di lettura esplicita che dia debito conto della esigenza di salvaguardare un equilibrio di settore suscettibile di essere compromesso – in ipotesi – da eccessi di concorrenza.”.

Il secondo provvedimento prefettizio di diniego (22 settembre 2005 prot. 18078/05) è stato annullato dal TAR Lombardia con sentenza n. 2858 del 19.10.2006 per sviamento di potere, perché il Prefetto avrebbe esercitato il potere autorizzatorio non a tutela dell’interesse pubblico specifico alla sicurezza e all’ordine pubblico, bensì a tutela della qualità del servizio privato di vigilanza e cioè “senza allegare circostanze pregiudizievoli per la sicurezza e l’ordine pubblico in conseguenza del rilascio di una nuova autorizzazione”.

In esecuzione della sentenza n. 2858/2006, a seguito delle istanze del sig. M, nelle more del giudizio di appello, con provvedimento prefettizio del 10 ottobre 2007, è stata rilasciata la richiesta licenza.

La sentenza del C.d.S. Sez. VI, 17.10.2008 n. 5052, infine, ha confermato l’annullamento per difetto di motivazione, in quanto il provvedimento “risultava basato su considerazioni avulse rispetto a quelle prese in considerazione dal legislatore e dalla giurisprudenza prevalente”, mancando l’indicazione di elementi i quali attesterebbero che il rilascio di un’ulteriore licenza determinerebbe nocumento a specifici interessi di matrice pubblicistica, mentre un rilievo effettivamente autonomo e determinante è stato attribuito a circostanze non rilevanti, quali “la salvaguardia degli interessi concorrenziali dei soggetti già operanti sul mercato, ovvero il rischio (per altro, declinato senza dati concreti a supporto) di possibili e future violazioni della normativa lavoristica e previdenziale”.

Il giudice d’appello ha, inoltre, corroborato l’illegittimità del diniego alla luce della norma sopravvenuta, in specie dell’art. 4 del d.l. 8 aprile 2008, n. 59 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n 101) il quale ha, appunto, abrogato la previsione di cui al secondo comma dell’art. 136 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (ossia la disposizione secondo cui la licenza di P.S. “può, altresì, essere negata in considerazione del numero o della importanza degli istituti già esistenti”). Tanto, in ossequio alla pronuncia della Corte di Giustizia delle Comunità europee in data 13 dicembre 2007, in causa C-465/05 (Commissione vs. Italia), la quale ha sancito – fra l’altro - l’illegittimità de jure communitario della previsione di cui al secondo comma dell’art. 136, cit., per violazione dei principi ritraibili dagli articoli 43 e 49 del Trattato di Roma in tema – rispettivamente – di diritto di stabilimento e libera circolazione dei servizi.

L’esame della giurisprudenza di merito, all’epoca degli impugnati dinieghi, peraltro, mette in luce come, analogamente al Prefetto di Varese, si attribuiva rilevanza alla situazione concorrenziale di mercato ai fini della valutazione di incidenza sull’interesse pubblico, ritenendosi in via generale che l’accentuarsi del già notevole regime di libera concorrenza (“in quanto l'offerta sarebbe di gran lunga superiore alle necessità ed alla effettiva esigenza riscontrabile nel territorio e quindi alla domanda”) avrebbe comportato scadenza del livello delle prestazioni ( tra le tante, T.A.R. Firenze (Toscana) sez. I, 22/03/2007, n. 461 e 05/10/2006, n. 4204;
T.A.R. Trieste , Friuli-Venezia Giulia, 28/06/2003, n. 467).

E’ ben evidente, dunque, alla luce del panorama legislativo e giurisprudenziale, che le vicende giudiziarie di cui trattasi e la reiterazione dei dinieghi non siano di per sé sintomatiche di un comportamento negligente e colpevole dell’Amministrazione.

3. - L’impugnazione appare fondata anche sotto l’ulteriore profilo denunciato sub b) della parte in diritto dell’atto di appello.

In presenza di un annullamento per difetto di motivazione non può ritenersi accertato il diritto del ricorrente al conseguimento del bene della vita cui aspira e, conseguentemente, il diritto al risarcimento dei danni allegati.

Come ripetutamente affermato in giurisprudenza, l'annullamento giurisdizionale del provvedimento amministrativo per vizi formali, tra i quali si può annoverare non solo il difetto di motivazione, ma anche e soprattutto i vizi del procedimento, non reca di per sè alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto dal provvedimento caducato ope iudicis e non può, pertanto, costituire il presupposto per l'accoglimento della domanda di risarcimento del danno (tra le altre, Consiglio di Stato, sez. V, 14/10/2014, n. 5115).

In altri termini, l’annullamento che non reca alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto dal provvedimento caducato ope iudicis, non può costituire il presupposto per l'accoglimento della domanda di risarcimento del danno, posto che soltanto qualora sia stata accertata la spettanza del c.d. "bene della vita", che costituisce il presupposto indispensabile in materia di risarcimento degli interessi legittimi di tipo pretensivo, si può configurare una condanna dell’Amministrazione al risarcimento del relativo danno (cfr. sul punto, ex plurimis, Cass. Civ., Sez. I, 28 febbraio 2014 n. 4804 e Sez. III, 14 febbraio 2014 n. 3431;
Cons. Stato, Sez. V, 22 gennaio 2014 n. 318 e 4 settembre 2013 n. 4452 e 8 maggio 2013 n. 2899, nonché Sez. V, 22 gennaio 2014 n. 318, Sez. IV, 4 settembre 2013 n. 4439 e Cons. Stato, A.P. 3 dicembre 2008 n. 13).

3.2- Va aggiunto che l’autorizzazione rilasciata al Sig. M con decreto prefettizio del 10 ottobre 2007 è stata chiaramente adottata in esecuzione della sentenza del TAR Lombardia n. 2858/2006 del 19.10.2006.

Dal provvedimento risulta, inoltre, che il Sig. M è titolare di altro istituto di vigilanza autorizzato.

In sede di riesercizio del potere, a seguito dell’annullamento dell’ultimo provvedimento di diniego, l’Amministrazione, inoltre, non potrà non tenere conto del decreto della Prefettura di Varese da ultimo adottato, prot. n. 2104/14 Area 1/bis P.A. dell’11.2.2014, con cui è stata revocata la licenza rilasciata in favore dell’istituto di vigilanza “Security Consulting Network Srl”, a seguito della dichiarazione resa dallo stesso Sig. M G di non essere in grado di proseguire l’attività.

Tutti tali elementi potrebbero, ancora, non condurre all’accoglimento dell’istanza oggetto della vicenda in esame, rafforzando il convincimento che gli annullamenti dei dinieghi di cui trattasi non siano dimostrativi della ricorrenza di tutti i requisiti per il conseguimento dell’autorizzazione.

Si conclude, pertanto, nel senso della mancanza allo stato dei richiamati elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria.

4. - Le spese si compensano tra le parti, in considerazione dello svolgimento della vicenda.

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