Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-10-15, n. 202006241

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-10-15, n. 202006241
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202006241
Data del deposito : 15 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/10/2020

N. 06241/2020REG.PROV.COLL.

N. 07105/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7105 del 2019, proposto dalla società C.L.F. Energy s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato B F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Gestore dei Servizi Energetici - G.S.E. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati S F, L M e A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 6340 del 2019, resa tra le parti.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Gestore dei Servizi Energetici - G.S.E. S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista l’istanza congiunta di passaggio in decisione del 10 settembre 2020 presentata dai difensori delle parti;

Relatore all’ udienza pubblica del giorno 24 settembre 2020 il consigliere S M;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto innanzi al TAR per il Lazio, la società odierna appellante impugnava, unitamente agli atti presupposti, il provvedimento n. GSE/P20170081448 con cui il GSE, in data 31 ottobre 2017, aveva disposto la decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti di cui al D.M. 5 maggio 2011 relativamente all’impianto fotovoltaico n. 777062, di potenza pari a 115,20 kW, sito in via Don Sasselli d’Era, sn, nel Comune di Albaredo d'Adige (VR).

1.1. La società esponeva di essere proprietaria di un terreno censito al catasto del Comune Albaredo d’Adige, Sez. Un., foglio 1, mappale 452, 453, sui quali era stato edificato un capannone commerciale con copertura realizzata mediante l’apposizione di pannelli fotovoltaici finalizzati alla produzione di energia elettrica.

1.2. Essa, dopo aver realizzato l’opera edilizia, aveva presentato al GSE, tramite la società Solarfotonica s.r.l., la richiesta di concessione delle tariffe incentivanti per impianti fotovoltaici di cui ai Titoli II e III del suddetto D.M., prevista per impianti integrati con caratteristiche innovative dall’art. 3, comma 1, lett. s).

Tuttavia il GSE, in data 29.1.2013, dopo avere accertato che il manufatto era privo delle tamponature laterali, aveva inviato alla società un preavviso di rigetto preannunciando il diniego della richiesta tariffa incentivante pari ad 0,3730 €/kWh prevista dal Titolo III del D.M. 5 maggio 2011.

1.3. In particolare, il Gestore evidenziava che “ ai fini del riconoscimento delle tariffe per applicazioni innovative finalizzate all’integrazione architettonica previste nel Titolo III del DM 05/05/2011 l’impianto fotovoltaico deve essere installato su edificio;
- il DPR 26 agosto 1993 n. 412 definisce “edificio” un sistema costituito dalle strutture edilizie esterne che delimitano uno spazio di volume definito dalle strutture interne che ripartiscono detto volume e da tutti gli impianti
, dispositivi tecnologici ed arredi che si trovano al suo interno;
- l’Allegato 4 al DM 5/5/2011
Caratteristiche e modalità di installazione per l’accesso al premio per applicazioni innovative finalizzate all’integrazione architettonica” richiede, al fine di accedere alla tariffa di cui al titolo III, che i moduli (o i componenti) garantiscano il mantenimento dei livelli di fabbisogno energetico dell’edificio e siano caratterizzati da una trasmittanza termica comparabile con quella del componente architettonico sostituito. Deve esistere, perciò un fabbisogno energetico certificabile ai sensi della normativa vigente in materia;
tale fabbisogno può essere garantito soltanto in virtù di un volume chiuso che permetta di regolare gli scambi termici tra interno ed esterno [...]
”.

Il Gestore preannunciava, peraltro, l’ammissione alle tariffe incentivanti previste per la tipologia “impianti su edificio”.

1.4. Nonostante le osservazioni della società, in data 3 aprile 2013, il GSE con provvedimento n. GSE/P20130073865, confermava l’ammissione alla suddetta tariffa al posto di quella, maggiore, richiesta.

1.5. Il ricorso al TAR del Lazio avverso siffatto provvedimento veniva respinto con sentenza n. 2461 del 2014, rimasta inoppugnata e quindi passata in giudicato.

1.6. Successivamente, in data 17.12.2015, il GSE, avviava un procedimento di verifica relativo al medesimo impianto.

In esito al sopralluogo presso il capannone della società, con il provvedimento n. GSE/P20170081448 del 31 ottobre 2017, veniva comunicata la decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti, sull’assunto che l’impianto medesimo non fosse assimilabile “ nella sua configurazione definitiva ” a un edificio come definito dall’art. 1, comma 1, lett. a del d.P.R. n. 412/1993 – per la presenza di aperture perimetrali permanenti - bensì fosse qualificabile come “ altro impianto fotovoltaico ” (segnatamente quale “ grande impianto ” per il quale occorreva l’obbligo di iscrizione al Registro di cui all’art. 8, comma 1, D.M. 05.05.2011).

Secondo il GSE gli incentivi sarebbero stati infatti riconosciuti sul presupposto che il manufatto, una volta ultimato, rispettasse le condizioni di chiusura che avrebbero consentito la sua classificazione quale edificio.

1.7. Il ricorso di primo grado veniva affidato ai seguenti motivi:

A) Nullità del provvedimento impugnato per violazione e/o elusione del giudicato – Artt. 1, 34 e 112 c.p.a.Art. 2909 c.c..

Secondo l’odierna appellante, la determinazione di decadenza era stata adottata in violazione del giudicato formatosi sulla sentenza del TAR del Lazio, n. 2461/2014.

Con tale pronuncia, sarebbe stato infatti accertato anche il diritto della ricorrente ai benefici tariffari per come determinati dal provvedimento impugnato.

In ogni caso, non erano sopravvenuti né fatti ulteriori né norme nuove tali da consentire la riedizione del potere amministrativo già esercitato, essendosi peraltro ormai consumata tale possibilità per effetto del disposto di cui all’art. 21 – nonies della l.n. 241 del 1990;

B) Eccesso di potere di difetto di istruttoria, contradditorietà in atti della medesima P.A. - Violazione dell’art. 97 Cost. e dell’art. 1 della L. n. 241/1990 - Sviamento di potere .

i) il GSE aveva sempre avuto l’esatta contezza della modalità costruttive oltre che della struttura dell’edificio, essendo stati inviati, durante il procedimento avente ad oggetto la richiesta della tariffa incentivante del 10 agosto 2012, sia il permesso di costruire rilasciato dal Comune di Albaredo d’Adige, che il relativo progetto approvato, unitamente al certificato di agibilità e alle fotografie dell’edificio realizzato;

ii) nel provvedimento n. GSE/P20130073865 del 3 aprile 2013, e nella memoria di costituzione al TAR del Lazio nel giudizio n. 5656/2013, il GSE aveva dato atto delle fotografie inviate che mostravano un edificio privo di mura perimetrali, e aveva conseguentemente ammesso l’impianto alla tariffa di cui al Titolo II del D.M. 5 settembre 2011, in quanto installato su edificio che svolge la sola funzione di produzione di energia elettrica;

iii) anche nella convenzione n. T06I264857507sottoscritta tra le parti era stato specificato che all’impianto era stata riconosciuta la tariffa incentivante “ per impianti fotovoltaici realizzati su edifici ” in misura pari a 0,2220 euro/kwh dal 10 agosto 2012 al 9 agosto 2032.

iv) quando viene rilasciato un permesso di costruire esso autorizza un ben determinato progetto che una volta approvato non è più modificabile in sede realizzativa senza incorrere in un abuso edilizio. Il GSE non avrebbe potuto quindi legittimamente affermare che la predetta tariffa era stata riconosciuta sulla base della convinzione che esso sarebbe stato chiuso con muri perimetrali;
tanto più che, nel caso in esame, era stato rilasciato anche il certificato di agibilità, che attestava l’avvenuto collaudo;

v) il manufatto su cui era stato posizionato l’impianto doveva pertanto essere qualificato come un “edificio” ai fini della normativa di cui al d.P.R. n. 412 del 1993.

vi) andava altresì considerato che ai sensi del disposto dell’art. 3, comma 1, lett. v) del D.M del 5 maggio 2011, i grandi impianti sono quelli che hanno una potenza superiore a 1000 kW, mentre quello in discorso ha una potenza pari a 115,2 kW;

C) Violazione di legge per errata e falsa applicazione del D.M. 5 maggio 2011 e dell’Allegato 2 al D.M. 5 maggio 2011 e dell’art. 1 del D.P.R. n. 412/1993 .

Nella memoria presentata nel ricorso definito con la sentenza n. n. 2461/2014 il GSE aveva precisato che con il provvedimento con cui C.L.F. era stata esclusa dalla tariffa di cui al titolo III non era stata messa in discussione la nozione di edificio ai sensi dell’art. 1 del d.P.R. n. 412/1993 dell’immobile su cui l’impianto era stato installato, ma il fatto che il suddetto edificio non potesse svolgere la funzione di “ protezione e regolazione termica dell’edificio ” richiesta per l’applicazione della tariffa di cui al titolo III. Sarebbe stato allora evidente che il provvedimento impugnato si poneva in contrasto con l’art. 1 del d.P.R. n. 412/1993, così come interpretato dallo stesso TAR del Lazio, secondo il quale la norma citata non si riferisce mai ad un volume “chiuso” bensì ad un volume “definito”.

Del resto, la caratteristica di “volume chiuso” era stata adottata da GSE quale discrimine per l’applicazione della tariffa del titolo III rispetto a quella del titolo II, dovendo quinti ritenersi rilevante solo con riferimento allo svolgimento della funzione di “protezione e regolazione termica dell’edificio”;

D) Violazione di legge: Art. 42 del d.lgs n. 28 del 2011 e D.M. 31.01.2014 .

In data 17.12.2015 era stato eseguito un sopralluogo da parte dei funzionari incaricati dal GSE, senza che, per i successivi due anni, la società avesse ricevuto comunicazioni in merito a possibili irregolarità riscontrate.

Sarebbe stata allora evidente l’illegittimità dell’impugnato provvedimento per violazione sia dell’art. 10 del D. M. 31.01.2014 che dell’art. 2 della legge n. 241/1990, essendo decorso ampiamente il termine di 180 giorni stabilito per legge.

L’illegittimità del provvedimento avrebbe peraltro dovuto essere ravvisata anche nella violazione del principio di buona fede oltre che nella lesione del legittimo affidamento ingeneratosi nella società istante che, a distanza di due anni dal sopralluogo svolti dai funzionari incaricati da GSE, non aveva ricevuto più alcuna comunicazione, confidando, quindi nel buon esito dello stesso.

1.8 La società articolava infine una domanda di risarcimento del danno, in particolare di quello derivante dalla lesione del legittimo affidamento.

2. Nella resistenza del GSE, il TAR respingeva il ricorso con condanna alle spese.

3. La società, rimasta integralmente soccombente, si è gravata avverso siffatta pronuncia, articolando i seguenti motivi di doglianza.

I. Errata applicazione degli artt. artt. 1, 34 e 112 c.p.a.Art. 2909 c.c.. - Nullità del provvedimento impugnato per violazione e/o elusione del giudicato.

La società ha riproposto il primo motivo del ricorso di primo grado, nella parte in cui aveva dedotto che il provvedimento impugnato sarebbe nullo per violazione del giudicato di cui alla sentenza n. 2461 del 2014 del TAR del Lazio.

Al riguardo, ha richiamato la giurisprudenza di questo Consiglio in materia di giudicato di rigetto e relativo contenuto di accertamento.

II. Errata e falsa applicazione dell’art. 42 del d.lgs. n. 28/2011. – Violazione dell’art. 97 Cost. e 1 l. n. 241/1990. Omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia in violazione dell’art. 112 c.p.c. con riferimento alla comunicazione di restituzione degli incentivi percepiti n. GSE-P20180006968, pervenuta il 31.01.2018 - violazione di legge art. 42, commi 3 bis e 3 ter D. Lgs. n. 28/2011.

I poteri di verifica del GSE attengono ai dati forniti dai soggetti responsabili ed hanno per oggetto “ la documentazione relativa all’impianto, la sua configurazione impiantistica e le modalità di connessione alla rete elettrica ”.

Il terzo comma dell’art. 42 in rubrica stabilisce poi che la sanzione della decadenza dagli incentivi va applicata solo qualora si siano riscontrate violazioni nell’ambito dei controlli di cui ai commi 1 e 2. Nel caso di specie, come già chiarito in primo grado, il GSE ha sempre avuto l’esatta contezza della modalità costruttive oltre che della struttura dell’edificio, essendo stati inviati, durante il procedimento avente ad oggetto la richiesta della tariffa incentivante, il permesso di costruire rilasciato dal Comune di Albaredo d’Adige, il certificato di agibilità dell’edificio, il progetto approvato e le fotografie dell’edificio realizzato.

Non vi è peraltro alcuna difformità tra i dati e la documentazione a suo tempo fornita da CLF Energy a GSE per la richiesta della tariffa incentivante e l’impianto realizzato.

Il provvedimento di decadenza impugnato sarebbe quindi illegittimo non soltanto perché l’impianto di cui trattasi è da considerarsi realizzato “su edificio” ma anche perché, in realtà, si tratterebbe di un provvedimento di annullamento d’ufficio ai sensi dell’art. 21- nonies della l. n. 241/90, emesso dopo più di 18 mesi dal riconoscimento della tariffa incentivante di cui al titolo II del D.M. 5 maggio 2011. In ogni caso, non avrebbe potuto essere richiesta la restituzione delle somme sino ad ora percepite in ossequio a quanto disposto dalle citata norme sopravvenute;

III. Errata e falsa applicazione dell’art. 1 del d.p.r. 412/1993 e del D.M. 05.5.2011 .

La lettura che sia GSE che il TAR del Lazio fanno del D.M. 5 maggio 2011 e dell’art. 1 del d.P.R. n. 412/1993 sarebbe errata e fuorviante.

In particolare, al fine di stabilire se in un determinato caso vada applicata la tariffa incentivante di cui al Titolo II piuttosto che quella di cui al Titolo III deve farsi riferimento non tanto alla struttura del manufatto su cui poggiano i pannelli, ma alla funzione dell’impianto, per cui se esso svolge una funzione architettonica e di conservazione dei livelli energetici e termici all’interno degli edifici avrà diritto alla tariffa di cui al Titolo III, ma se, come nel caso in esame, l’impianto ha la sola funzione di produrre energia elettrica pulita avrà diritto alla tariffa di cui al Titolo II in quanto impianto fotovoltaico “comune”;

IV. Erroneità della sentenza impugnata per violazione di legge art. 42 del D. Lgs. n. 28/2011 e D.M. 31.01.2014 .

Sono state reiterate, altresì, le doglianze relative al legittimo affidamento ingeneratosi nella società istante che, a distanza di due anni dal sopralluogo svolto dai funzionari incaricati da GSE, non aveva ricevuto più alcuna comunicazione, confidando, quindi nel buon esito dello stesso.

3.1 L’appellante ha poi riproposto la domanda di risarcimento del danno per lesione del legittimo affidamento evidenziando in particolare che se il GSE, al tempo in cui ha attribuito a CLF Energy la tariffa di cui al Titolo II, avesse comunicato all’appellante che l’impianto non poteva essere considerato impianto su edificio, ma “altro impianto” e, nello specifico “grande impianto”, la società avrebbe potuto fare richiesta di accesso al Registro del quinto conto energia che si apriva in data 19 marzo 2013 e chiudeva in data 17 maggio 2013, come si evince dalla relazione della società BIT (prodotta in allegato D).

4. In data 14 agosto 2019 si è costituito, per resistere, il GSE, articolando le proprie difese con dovizia di argomentazioni.

In particolare, il Gestore ha sostenuto che il provvedimento di decadenza oggetto del presente contenzioso sarebbe scaturito non già da una riconsiderazione delle medesime circostanze di fatto sulla base delle quali vennero originariamente riconosciuti gli incentivi ma dall’intervenuta modifica di tale situazione, rilevata a seguito dell’attività di controllo svolta.

Per quanto riguarda l’interpretazione del quadro normativo di riferimento, il Gestore ha sottolineato che la mancata tamponatura della vasta tettoia aperta fa residuare al manufatto l’unica funzione di sostegno dell’impianto fotovoltaico la quale, ai sensi del D.P.R. 412/1993, non sarebbe sufficiente per qualificare la struttura alla stregua di edificio secondo la definizione ivi contenuta.

In tal senso – sebbene sia vero quanto affermato da controparte in ordine al fatto che la tariffa per gli impianti comuni di cui al titolo II è la medesima tanto per gli impianti realizzati su edificio quanto per tutte le altre tipologie di impianto e che il riconoscimento della maggior tariffa prevista per gli impianti del titolo III presuppone che le strutture edilizie sulle quali sono realizzati abbiano particolari caratteristiche strutturali non richieste per l’attribuzione della tariffa incentivante di cui al precedente titolo II - rimane pur sempre il fatto che l’impianto su edificio gode, in virtù della ratio del D.M. 5 maggio 2011, dell’accesso privilegiato al sistema incentivante del Quarto Conto Energia, non essendo prevista, a differenza degli altri impianti comuni di potenza superiore ai 200 KW (non operanti con scambio sul posto) ed alla stregua dei piccoli impianti di cui all’art. 3 lett. u), l’iscrizione al Registro dei grandi impianti.

Sarebbe quindi evidente che la definizione è la stessa sia per gli edifici che rilevano per la concessione degli incentivi di cui al titolo III del D.M., sia per quelli del titolo II.

Il Gestore ha eccepito, infine, il carattere di novità della domanda di annullamento della nota GSE P20180006973, trasmessa in data 31.01.2018, recante la richiesta di restituzione degli incentivi già percepiti dal Soggetto Responsabile nella misura di € 115.904,50, in quanto non articolata in primo grado.

5. Con ordinanza n. 4538 del 13 settembre 2019, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare.

6. Le parti hanno depositato ulteriori memorie in vista della pubblica udienza originariamente fissata per il 26 marzo 2020 e quindi rinviata d’ufficio a causa dell’emergenza sanitaria in atto.

7. Con istanza congiunta del 10 settembre 2020 le parti hanno chiesto il passaggio in decisione.

8. L’appello è stato infinte trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 24 settembre 2020.

9. In via preliminare, va respinta l’eccezione di inammissibilità sollevata dal GSE.

La richiesta di restituzione dei benefici già erogati non è infatti espressione di una distinta ed automa volontà provvedimentale rispetto a quella oggetto dei provvedimenti impugnati in primo grado, bensì rappresenta un atto esecutivo, conseguente alla qualifica di indebito oggettivo assunta dalla somme erogate per effetti della determinazione di decadenza.

Ad ogni buono conto, come noto, l’intervenuta impugnazione dell’atto presupposto esonera il ricorrente dall’onere di contestare anche l’atto (meramente) conseguenziale, attesa l’automatica sua caducazione per effetto dell’eventuale annullamento del primo (cfr., ex plurimis , Consiglio di Stato sez. IV, 21 settembre 2015, n.4404).

10. Nel merito, relativamente alla riproposta domanda impugnatoria, il Collegio, analogamente a quanto già messo in luce nella fase cautelare del processo, ritiene fondate le argomentazioni ricorsuali secondo cui l’atto impugnato debba essere riqualificato come una forma di annullamento in autotutela e non già come un provvedimento di decadenza.

11. Al riguardo, giova premettere che, secondo quanto recentemente sottolineato all’Adunanza plenaria di questo Consiglio (decisione n. 18 dell’11 settembre 2020) “ la decadenza, intesa quale vicenda pubblicistica estintiva, ex tunc (o in alcuni casi ex nunc ), di una posizione giuridica di vantaggio (c.d. beneficio), è istituto che, pur presentando tratti comuni col più ampio genus dell’autotutela, ne deve essere opportunamente differenziato, caratterizzandosi specificatamente :

a ) per l’espressa e specifica previsione, da parte della legge, non sussistendo, in materia di decadenza, una norma generale quale quelle prevista dall’art. 21 nonies della legge 241/90 che ne disciplini presupposti, condizioni ed effetti;

b) per la tipologia del vizio, more solito individuato nella falsità o non veridicità degli stati e delle condizioni dichiarate dall’istante, o nella violazione di prescrizioni amministrative ritenute essenziali per il perdurante godimento dei benefici, ovvero, ancora, nel venir meno dei requisiti di idoneità per la costituzione e la continuazione del rapporto;

c) per il carattere vincolato del potere, una volta accertato il ricorrere dei presupposti [...]”.

Tale decisione, resa in una fattispecie analoga a quella in esame, si pone in linea di continuità con la giurisprudenza della Sezione secondo cui:

- il potere di verifica da parte del GSE della spettanza dei benefici concessi ha carattere, per così dire “immanente”, con la conseguenza che il provvedimento di decadenza “ non ha natura sanzionatoria ” ma, al contrario, “ è un atto vincolato di decadenza accertativa dell'assodata mancanza dei requisiti oggettivi condizionanti ab origine l'ammissione al finanziamento pubblico ” (Cons. Stato, sez. IV, 12 gennaio 2017, n. 50);

- l’atto emesso dal Gestore ai sensi dell'art. 42, d.lg. n. 28 del 2011 non è manifestazione di potere di autotutela ma è espressione di un potere di accertamento e controllo “ volto ad acclarare lo stato dell'impianto ed accertarne la corrispondenza rispetto a quanto dichiarato dall'interessato;
siffatto potere è, dunque, privo di spazi di discrezionalità
”, essendo deputato non già “ al riesame della legittimità di una precedente decisione amministrativa di spessore provvedimentale, bensì al controllo circa la veridicità delle dichiarazioni formulate da un privato nell'ambito di una procedura volta ad attribuire sovvenzioni pubbliche ” (Cons. Stato, sez. IV, 12 dicembre 2019, n. 8442).

12. Fatta questa premessa di carattere generale occorre tuttavia verificare, nei casi concreti, quale sia la natura del potere effettivamente esercitato dal Gestore.

Ciò in quanto - sebbene decadenza ed autotutela siano istituti concettualmente distinti - tuttavia un frequente, possibile punto di “contatto” è rappresentato dalle fattispecie in cui il GSE, nell’esercizio della funzione di controllo conferitale dal legislatore (cfr. Cons. Stato, Adunanza plenaria, n. 9 del 3 settembre 2019) non si limiti ad un’attività di accertamento bensì eserciti una forma di discrezionalità tecnica o, comunque, si trovi a dover contestualizzare le regole tecniche ed i parametri fissati dal legislatore.

Nel caso in esame, l’esistenza di un’attività valutativa da parte del GSE è ad esempio attestata dalla stessa difesa del Gestore che - ai fini della determinazione del concetto di “edificio” applicabile alla fattispecie - non si è limitata a richiamare il testo del d.P.R. 412/1993 ma ha invocato la “ ratio del contesto normativo in cui tale concetto si inserisce ”, in rapporto agli “ obiettivi primari delle politiche di incentivazione della produzione di energia elettrica ”.

12.1. Nell’ipotesi in cui venga in rilievo una margine, per così dire libero, di attività amministrativa, rappresentato dalla valutazione dei profili tecnico – giuridici della fattispecie di incentivazione, anche il GSE deve sottostare alle regole che presiedono all’esercizio del potere amministrativo discrezionale, ivi compresi i limiti che l’ordinamento pone alla rimozione d’ufficio degli atti ( in thesi ) illegittimi.

12.2 Nel caso di specie, l’originaria attività provvedimentale di attribuzione dell’incentivo disciplinato dal titolo II del D.M. 5 maggio 2011 – pur non costituendo espressione di discrezionalità amministrativa intesa quale composizione e/o ponderazione di interessi – è tuttavia il risultato di un apprezzamento tecnico da parte del Gestore dell’impianto realizzato dalla ricorrente e del relativo inquadramento nelle categorie fissate in sede normativa.

Tanto è reso evidente dal fatto che, nel riconoscere alla società la tariffa di 0,2220 euro/kWh in luogo di quella richiesta, il capannone realizzato è stato dallo stesso Gestore valutato come rientrante nella categoria “impianti su edifici” in ragione delle sue caratteristiche strutturali.

Il provvedimento di “decadenza” all’odierno esame si fonda poi esclusivamente sulla rivalutazione dei presupposti applicativi dell’incentivo da parte del Gestore e, nello specifico, su una diversa opzione esegetica del concetto di “impianto su edificio”.

Emerge infatti dagli atti di causa che il sopralluogo effettuato presso l’impianto non ha condotto alla rilevazione di una difformità tra quanto dichiarato dalla società e quanto effettivamente realizzato, come pure che il riconoscimento della tariffa disciplinata dal titolo II del D.M. 5 maggio 2011 non era stato sottoposto ad alcuna “condizione”, non essendovi nel provvedimento di attribuzione alcun riferimento alla necessità della “tamponatura” delle pareti perimetrali del capannone, richiesta invece per l’attribuzione della tariffa relativa agli impianti integrati.

E’ poi irrilevante l’affermazione del GSE secondo cui “ l’insediamento di attività artigianali o commerciali all’interno dei capannoni, costituente la destinazione d’uso autorizzata, restava condizionata alla realizzazione delle tamponature da eseguire in forza di apposita variante al progetto approvato ”.

Risulta infatti che l’impianto CLF sia stato autorizzato dal Comune di Albaredo D’Adige in quanto tale e che l’insediamento di attività specifiche, diverse dalla mera produzione di energia elettrica, era stato rappresentato dalla società, ai fini del rilascio del titolo edilizio, come una mera eventualità. Si legge infatti nella relazione tecnica allegata al progetto approvato (all. 3 alla memoria di costituzione in appello del GSE) che la costruzione è relativa ad “ un capannone artigianale (privo di tamponatura perimetrale) con impianto fotovoltaico integrato nella copertura [...] nel capannone non è prevista la tamponatura perimetrale in quanto la stessa verrà in seguito chiesta con apposita variante al momento di insediare eventuali attività specifiche [...]”.

Va peraltro soggiunto che - quand’anche la tariffa di cui al titolo II sia stata riconosciuta a fronte dell’erronea convinzione del GSE che il capannone avrebbe formato oggetto di ulteriori modifiche, mediante tamponatura delle pareti perimetrali - siffatto convincimento è rimasto nella sfera interna del Gestore, senza penetrare nel provvedimento di ammissione al beneficio, e quindi senza integrarne la motivazione.

Non è quindi possibile inquadrare il provvedimento qui in contestazione tra quelli di “decadenza” accertativa poiché il GSE si è limitato a rivalutare presupposti applicativi degli incentivi che aveva già accordato sull’esplicito assunto che l’impianto rientrasse nella categoria “impianti su edifici”;

12.3. L’esatta qualificazione del provvedimento impugnato evidenzia la fondatezza delle censure con le quali la società ha dedotto la violazione dei requisiti stabiliti dall’art. 21 – nonies della l. n. 241/90 (testo vigente) ai fini dell’esercizio del potere di annullamento d’ufficio.

Si tratta di un profilo assorbente, che esime il Collegio dall’esame delle ulteriore censure devolute in appello

13. L’accoglimento della domanda impugnatoria comporta altresì la reviviscenza del provvedimento di ammissione agli incentivi e, con esso, del diritto alla relativa erogazione.

Non vi è dunque luogo a provvedere sulle domanda di risarcimento del danno per lesione “dell’affidamento”, essendone venuto meno il presupposto, rappresentato dalla caducazione dell’atto ampliativo (cfr., ex plurimis , Cassazione civile sez. un., 8 marzo 2019, n.6885).

14. In definitiva, per quanto appena argomentato, l’appello deve essere accolto nei sensi dianzi precisati, con la conseguente riforma della sentenza impugnata e l’accoglimento della domanda di annullamento articolata in primo grado.

Sussistono peraltro giusti motivi, sia in ragione della peculiarità della fattispecie che della novità delle questioni, per compensare integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

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