Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-05-19, n. 202305008
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Pubblicato il 19/05/2023
N. 05008/2023REG.PROV.COLL.
N. 05894/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 5894 del 2018, proposto dalla Provincia Religiosa di San Pietro dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio - Fatebenefratelli, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato S B, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia,
contro
- la Regione Lazio, in persona del Presidente
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato G A, domiciliata
ex lege
presso l’avvocatura regionale in Roma, via Marcantonio Colonna, 27;
- il Presidente della Regione Lazio, in qualità Commissario Delegato al Piano di Rientro per il Disavanzo del Settore Sanitario, il Ministero della Salute, l’ASL Roma 1 (ex ASL RM/E), non costituiti in giudizio;
nei confronti
della Fondazione Luigi Maria Monti, titolare dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata (IDI), non costituita in giudizio,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione terza quater, n. 1783 del 15 febbraio 2018, resa tra le parti, concernente la remunerazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale per l’anno 2008.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Lazio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 16 febbraio 2023, il consigliere Nicola D’Angelo e uditi per le parti gli avvocati come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La Provincia religiosa di San Pietro dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio - Fatebenefratelli, titolare dell’ospedale classificato “Villa San Pietro” di Roma, ha impugnato la deliberazione della Giunta Regionale del Lazio n. 174 del 21 marzo 2008, con cui la Regione Lazio ha disposto il finanziamento e la definizione del sistema di remunerazione delle prestazioni ospedaliere di assistenza specialistica ambulatoriale dei soggetti erogatori pubblici e privati per l’anno 2008 in attuazione del Piano di Rientro di cui all’accordo sottoscritto ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge n. 311/2004.
1.1. In particolare, nel ricorso ha prospettato:
- l’illegittimità della fissazione di tariffe e dei tetti di spesa sanitaria con effetto retroattivo nel corso dell’anno di riferimento;
- che la deliberazione impugnata non avrebbe tenuto conto delle caratteristiche degli ospedali classificati, quale è quello ricorrente, onerati da compiti che li equiparerebbero alle strutture pubbliche, differenziandoli dalle case di cura private (nel 2004 lo stesso ospedale aveva peraltro
sottoscritto uno specifico accordo con la Regione Lazio in base al quale per il 2004 e per il 2005, era garantita la medesima remunerazione fissata per il 2003, con conseguente affidamento nella retribuzione collegata allo specifico volume ed alla specifica natura delle prestazioni erogate);
- la mancata la contrattazione tra la Regione e le organizzazioni sindacali rappresentative delle categorie degli operatori interessati, di cui all’art. 8- quinquies, comma 2, del d.lgs. n. 502\1992, che invece avrebbe consentito di tenere conto, in sede di determinazione del budget , delle caratteristiche degli ospedali classificati equiparabili agli ospedali pubblici;
- la mancata predeterminazione della tariffa per ciascuna delle prestazioni;
- la mancanza dei presupposti per la riduzione fino al 20% delle tariffe fissate dal Ministero della salute, prevista dalla legge;
- la mancanza di remunerazioni per le prestazioni rese a soggetti non residenti nella Regione Lazio;
- l’illegittimità della delibera laddove non ha tenuto conto delle caratteristiche degli ospedali classificati, cui in precedenza era stato dato modo di provvedere alla copertura di tutti i costi sostenuti;
- l’illegittima differenza con gli ospedali pubblici, in quanto a quelli classificati non sarebbe stato garantito di raggiungere il pareggio di bilancio mediante il sistema delle tariffe;
- la violazione dell’art. 9 D.L. n. 203\2005 che prevedeva appositi obblighi di accantonamento degli oneri di finanziamento della spesa per il personale dipendente del SSN, con uno specifico obbligo delle Regioni di provvedere alla copertura di tali costi, estesa agli ospedali religiosi equiparati a quelli pubblici.
1.2. La ricorrente ha poi proposto motivi aggiunti contro il decreto n. 23 del 5 settembre 2008 del Presidente della Giunta regionale del Lazio, adottato in qualità di Commissario ad acta , recante “ Integrazioni e modifiche alla deliberazione della Giunta Regionale n. 174 del 21 marzo 2008 ”, con il quale è stato confermato il budget 2008 attribuito ai soggetti privati accreditati erogatori di prestazioni sanitarie, è stata confermata la non remunerabilità delle prestazioni fornite oltre il detto tetto di spesa, è stato eliminato lo schema di contratto da sottoporre alle strutture accreditate,
prevedendo una successiva convocazione delle associazioni rappresentative per la sottoscrizione di un nuovo schema di accordo, poi svoltasi con esito negativo.
2. Il Tar per il Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe (n. 1783/2018), ha respinto il ricorso e i connessi motivi aggiunti, condannando la Provincia Religiosa alle spese di giudizio, rilevando, nella sostanza, come lo stesso ente ospedaliero fosse soggetto alla predeterminazione autoritativa del tetto massimo di spesa annuale sostenibile con i fondi sanitari regionali.
2.1. Più nel dettaglio, la sentenza ha evidenziato:
- la legittimità di una determinazione retroattiva (la fissazione dei tetti di spesa anche in una fase avanzata dell’anno era già stata considerata legittima dalla giurisprudenza ed in particolare dalle pronunce dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 8 del 2 maggio 2006 e nn. 3 e 4 del 12 aprile 2012);
- l’assenza di una equiparazione tra ospedali religiosi e ospedali pubblici (gli ospedali religiosi, enti di diritto privato con autonomia gestionale, secondo il Tar, esercitano le attività assistenziali con oneri a carico del servizio sanitario nazionale esclusivamente nei limiti di quanto stabilito dagli specifici accordi di cui all'art. 8- quinquies del d.lgs. n. 502/1992 e dunque, essendo equiparati, ma non totalmente assimilabili, alle strutture ospedaliere pubbliche, sono soggetti al rispetto del tetto di spesa predeterminato fissato dalla Regione e non si pongono in rapporto di diretta concorrenzialità con gli ospedali pubblici);
- la facoltà per le Regioni di determinare criteri per la remunerazione delle prestazioni erogate al di sopra del tetto di spesa previsto dall'art. 8- quinquies , comma 1, lett. d ), del d. lgs. n. 502 del 1992, non avrebbe potuto implicare che alle stesse Regioni fosse precluso, in circostanze particolarmente stringenti come quelle determinate dal piano di rientro, di stabilire il criterio secondo cui nessuna remunerazione oltre il tetto definito fosse prevista.
3. Contro la suddetta sentenza ha proposto appello la Provincia Religiosa di San Pietro sulla base di due articolati profili di censura, il primo fondato sulla particolare natura degli ospedali classificati, il
secondo incentrato sulle modalità di funzionamento del sistema remunerativo previsto dalla delibera impugnata.
3.1. In sintesi, secondo parte appellante:
i) per il 2008, anno di riferimento, non vi era tetto di remunerazione per gli ospedali classificati perché le modifiche legislative sui tetti di cui all’art. 79 del DL n. 112/2008 (convertito nella legge n. 133/2008) che ha esteso i tetti anche a tale tipologia di enti ospedalieri, hanno riguardato un periodo successivo (per l’anno di riferimento invece la necessità di un accordo per la fissazione del tetto, diversamente da quanto previsto per i soggetti accreditati, con la conseguente possibilità per gli ospedali classificati di vedersi remunerate prestazioni erogate anche in superamento dei volumi predeterminati). In sostanza, gli ospedali classificati, pur avendo autonomia gestionale, prima delle modifiche di cui al citato art. 79 non erano soggetti al rispetto di un tetto di spesa, essendo tenuti ad erogare comunque tutte le prestazioni richieste dell’utenza;
ii) la stessa Regione Lazio con DRG n. 982 del 2009 aveva riconosciuto la remunerazione agli ospedali classificati di tutte le prestazioni erogate per esercizi 2005-2008;
iii) la retroattività delle decurtazioni sull’anno in corso avrebbe potuto essere ammessa solo se contenuta e ciò al fine di garantire l’affidamento;
iv) sarebbe stata rilevante la mancanza di contrattazione collettiva con le organizzazioni di categoria prima della determinazione della fissazione del tetto di remunerazione.
3.2. L’ente religioso ricorrente ha infine chiesto, ove necessario, la rimessione all’Adunanza plenaria relativamente all’applicazione della disciplina dei tetti di spesa anche per il 2008.
4. La Regione Lazio si è costituita in giudizio il 10 agosto 2018, chiedendo il rigetto dell’appello.
5. Parte appellante ha poi rinunciato alla domanda cautelare presentata contestualmente al ricorso (con ordinanza n. 4993 del 2018 questa Sezione ha preso atto della rinuncia). La ricorrente ha anche depositato una memoria il 16 gennaio 2023 e una replica il 26 gennaio 2023.
6. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza pubblica del 16 febbraio 2023.
7. L’appello è infondato.
8. L’ospedale Villa San Pietro della Provincia Religiosa di San Pietro è una struttura classificata, ai sensi della legge n. 136/1968, accreditata con il servizio sanitario nazionale nell’ambito dell’ASL RM 1.
8.1. Con delibera della Giunta regionale del Lazio n. 174 del 21 marzo 2008 è stato stabilito il finanziamento e la definizione del sistema di remunerazione delle prestazioni ospedaliere di assistenza specialistica ambulatoriale dei soggetti erogatori pubblici e privati per l’anno 2008, in attuazione del piano di rientro di cui all’accordo sottoscritto ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge n. 311/2004. La delibera ha dunque fissato le modalità di remunerazione e i tetti di spesa per l’anno 2008 dei soggetti pubblici e privati, compresi gli ospedali classificati, per l’erogazione di prestazioni di specialistica ambulatoriale.
8.2. Nel determinare gli importi per il 2008 destinati alle varie categorie (gli ospedali classificati sono stati oggetto di una subcategoria autonoma all’interno della categoria privati accreditati), la delibera ha fatto riferimento nell’allegato 1 ad una “ Nota tecnica sui criteri adottati per la determinazione del budget 2008 dei soggetti erogatori privati accreditati ” che ha previsto due fasi per la fissazione dei tetti massimi:
- la prima di individuazione della produzione storica di riferimento, ovvero le prestazioni ambulatoriali generali storicamente erogate dai vari soggetti negli anni precedenti e le tariffe da applicare;
- la seconda di individuazione delle somme di garanzia destinate a specifiche tipologie di prestazioni.
8.3. Il tetto assegnato sulla base dei suddetti criteri e del principio di non remunerabilità delle prestazioni fornite oltre il detto limite è stato fissato per l’ospedale Villa San Pietro in euro 5.702.545.
8.4. Con successivo decreto n. 23 del 5 settembre 2008 del Presidente della Giunta regionale del Lazio, in qualità di Commissario ad acta , sono state poi apportate alcune modificazioni alla predetta delibera. In particolare, lo stesso decreto, nel confermare i tetti di spesa per il 2008, ha eliminato la previsione di uno schema di contratto da sottoporre alle strutture accreditate, prevedendo una successiva convocazione delle associazioni rappresentative per la sottoscrizione di un nuovo schema di accordo, poi svoltasi con esito negativo .
9. Ciò premesso, con una prima serie di doglianze parte appellante sostiene che gli ospedali classificati (come Villa San Pietro) non dovessero essere oggetto di applicazione del medesimo regime previsto per le strutture accreditate, ma avrebbero dovuto essere equiparati agli ospedali pubblici, con conseguente possibilità di remunerazione in toto delle prestazioni erogate, anche se rese in superamento del tetto assegnato, quantomeno nel periodo anteriore all’entrata in vigore dell’articolo 79 del DL 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133.
9.1. Sul punto, va tuttavia evidenziato il più recente orientamento di questa Sezione che ha invece affermato anche per l’anno 2008 l’applicabilità della disciplina sui tetti di spesa (cfr. Cons. Stato, sez. III, 16 agosto 2022, n. 7139).
9.2. Per gli ospedali classificati, il sistema di remunerazione delle prestazioni, introdotto dall’articolo 8 del d.lgs. 502 del 1992, è stato esplicitamente modificato dal citato DL n. 112 del 25 giugno 2008 (decreto che ha aggiunto all’art. 79 il comma 8 quinquies ) con la previsione di una predeterminazione del tetto di spesa.
9.3. Ma anche prima della suddetta modifica non poteva ravvisarsi una totale equiparazione con le strutture pubbliche, tenuto conto che in sede nazionale e regionale era possibile una predeterminazione dei volumi di prestazioni remunerabili mediante accordi contrattuali.
9.4. Il selettivo richiamo contenuto nell’ultimo periodo del comma 2- quater del d.lgs. 502 del 1992 comportava che agli accordi in questione non si applicava il comma 1, lettera d ), cioè la disposizione che consentiva di rivedere l’importo del corrispettivo preventivato in funzione del volume delle attività erogate e dei risultati raggiunti, con la conseguenza che il corrispettivo preventivato in sede di programmazione regionale, recepito negli accordi contrattuali, diventava, di fatto, un tetto di spesa invalicabile.
9.5. D’altra parte, la mancanza di assoluta equiparazione anche prima del DL n. 112 del 2008 può ricavarsi dalla circostanza che l’invocata equiparazione ha assunto in realtà valore solo a livello tecnico operativo con riguardo alle prestazioni autorizzate, ma non di una assoluta equiparazione di disciplina tra strutture pubbliche e private, specie riguardo alla remunerazione delle spese extrabuget, ancorché recepite in sede contrattuale, non potendo superarsi il limite delle cd clausole di salvaguardia.
9.6. Più in generale, deve osservarsi che gli ospedali religiosi, seppure classificati, non sono completamente assimilati alle strutture ospedaliere pubbliche, rilevando in contrario il fatto che, restano, tra l’altro, enti di diritto privato con autonomia gestionale e sono sottratti al sistema della finanza pubblica di cui alla legge n. 468 del 1978. Infatti, la definizione degli ospedali classificati (secondo la terminologia usata nella legge n. 132 del 1968) è stata confermata sia dalla legge n. 833/1978 (che ha istituito il servizio sanitario nazionale), sia dalla normativa successiva introdotta con il d.lgs. n. 502 del 1992 e successive modifiche, che ha espressamente escluso qualsiasi innovazione per la disciplina relativa agli ospedali classificati. Ed anche il più recente d.l. n. 112 del 2008 ha confermato la distinzione tra strutture sanitarie pubbliche ed ospedali classificati, ove si consideri che, all’art. 79, dispone che le attività assistenziali delle strutture equiparate con oneri a carico del servizio sanitario nazionale sono esercitate esclusivamente nei limiti di quanto stabilito dagli specifici accordi di cui all’art. 8- quinquies , del d.lgs. n. 502 del 1992.
9.7. In questo quadro, prima e dopo il d.l. n. 112 del 2008, la determinazione con la quale l’Amministrazione regionale ha individuato i tetti di spesa sanitaria ha dovuto assicurare un adeguato equilibrio tra le diverse articolazioni, pubbliche e private, del sistema di erogazione del servizio sanitario regionale e della spesa (cfr. Cons. Stato, sez. III, n14 gennaio 2013, n. 134), senza tuttavia determinare una incondizionata e assoluta equiparazione tra soggetti pubblici e privati, dovendo il principio di parificazione e di concorrenzialità fra strutture pubbliche e private conciliarsi con il principio di programmazione, che persegue lo scopo di razionalizzazione del sistema sanitario nell’interesse al contenimento della spesa pubblica soprattutto in relazione alla
necessità di fronteggiare con immediatezza situazioni di gravissima emergenza finanziaria che, se sottovalutate o comunque trascurate, avrebbero potuto compromettere la funzionalità dell’intero settore dell’assistenza sanitaria.
9.8. Per ultimo, nel caso di specie non va trascurata la circostanza che dopo l’adozione della delibera impugnata con il ricorso introduttivo del giudizio e dopo l’entrata in vigore del DL n. 112 del 2008, il tetto di spesa per il 2008 è stato comunque confermato con il decreto commissariale n. 23 del 5 settembre 2008.
10. Quanto poi alle censure mosse sulla retroattività della fissazione del tetto di spesa, la giurisprudenza consolidata, a partire dall’Adunanza plenaria 12 aprile 2012, n. 3, è nel senso di ritenere legittima la fissazione di tetti di spesa anche in via “retroattiva”, ossia in corso d’anno, a condizione di assicurare il bilanciamento tra le esigenze di contenimento della spesa e gli affidamenti e le esigenze di programmazione delle strutture sanitarie, circostanza che può ritenersi rispettata nel caso in esame, tenuto conto che, se è vero che l’introduzione del nuovo regime di cui all’articolo 79, d.l. n. 112 del 2008 comportava per la prima volta per l’appellante l’obbligo di rispettare un tetto di spesa autoritativamente determinato, è anche vero, come osservato dalla stessa sentenza di questa Sezione n. 7139 del 2022, che la novità è intervenuta in una fase dell’anno (entro il primo semestre) tale da consentire alle strutture interessate di programmare la propria successiva attività.
11. Relativamente invece alla questione della mancata contrattazione con le associazioni rappresentative di categoria, tale passaggio non è stato configurato come indefettibile dall’articolo 8- quinquies, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 502, e sul punto può convenirsi con le conclusioni del Tar di inutilità dello stesso, atteso che i provvedimenti impugnati in prime cure sono stati adottati in dichiarata attuazione del piano di rientro concordato tra Regione Lazio e Ministero della salute.
12. Infine, quanto alla prospettata possibile rimessione all’Adunanza plenaria, non sembrano sussistere i presupposti di cui all’art. 99 c.p.a. in quanto i punti di diritto prospettati, nell’evoluzionedella giurisprudenza del Consiglio di Stato, non sembrano dare luogo a contrasti ovvero sono già stati esaminati nella medesima sede.
13. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
14. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della Regione Lazio, costituita, nella misura indicata nel dispositivo.