Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-02-15, n. 202401519
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Testo completo
Pubblicato il 15/02/2024
N. 01519/2024REG.PROV.COLL.
N. 08618/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8618 del 2023, proposto da SA s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato Claudio Marrapese, con domicilio digitale come da pec nei registri di giustizia;
contro
YO Kirin International Newco Italy s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati Francesco Cataldo e Diego VA, con domicilio digitale come da pec nei registri di giustizia ed eletto presso lo studio del secondo, sito in Roma, Lungotevere Marzio n. 3;
nei confronti
Agenzia italiana del farmaco (AIFA), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia, in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
GL Pharma IT s.r.l., non costituita in giudizio;
e con l'intervento di
di EG s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato Claudio Marrapese, con domicilio digitale come da pec nei registri di giustizia;
di Farmindustria-Associazione delle imprese del farmaco, non costituita in appello.
per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza, n. 12142 del 2023, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio della YO Kirin International Newco Italy S.r.l. e di EG s.p.a.;
visto l’atto di costituzione in giudizio e l’appello incidentale, «anche a valere come appello autonomo», proposto dall’Agenzia italiana del farmaco;
visti tutti gli atti della causa;
relatore, nell’udienza pubblica del 1° febbraio 2024, il Consigliere Pier Luigi Tomaiuoli e uditi per le parti gli Avvocati Claudio Marrapese per la società appellante e per EG s.p.a., Diego VA per la società appellata e l’Avvocato dello Stato Beatrice Gaia Fiduccia per l’Agenzia italiana del farmaco.
FATTO e DIRITTO
1.- La SA s.p.a. ha impugnato la sentenza del TAR Lazio in epigrafe indicata, con cui, in accoglimento del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti proposti dalla YO Kirin International Newco Italy s.r.l. (d’ora in avati, YO), sono stati annullati i provvedimenti dell’Agenzia italiana del farmaco (d’ora in avanti, AIFA) recanti l’aggiornamento della lista di trasparenza, pubblicati il 20 settembre e il 15 dicembre 2022, nella parte in cui sono stati inseriti i raggruppamenti a base del principio attivo EN («30 unità 400 mcg - uso orale, 30 unità 800 mcg - uso orale forma farmaceutica sublinguale»), relativamente al medicinale OR Abstral, commercializzato dalla odierna società appellata, e ai corrispondenti farmaci generici ET e Sublifen, commercializzati, rispettivamente, dalla società appellante e dalla GL Pharma IT.
1.1.- Il primo giudice, premesso che si tratta di farmaci indicati per il trattamento del dolore episodico intenso negli adulti affetti da patologia oncologica, già in terapia di mantenimento con un oppioide per il dolore cronico da cancro, ha annullato la contestata inclusione nella lista di trasparenza perché l’istruttoria dell’AIFA sarebbe stata carente nella verifica del presupposto «cardine sul quale si regge l’intero sistema», ossia la «garanzia che i farmaci inseriti all’interno della lista di trasparenza siano effettivamente equivalenti e assolutamente sovrapponibili al prodotto scelto dal medico».
Secondo il TAR Lazio, tale accertamento non potrebbe basarsi solo sulla «bioequivalenza», occorrendo «un’analisi da effettuare in concreto e in modo specifico rispetto ai farmaci di volta in volta in rilievo», atta a dare «una prova positiva del raggiungimento della equivalenza terapeutica».
Ciò varrebbe, a maggior ragione, per i farmaci a base di sostanze oppiacee impiegati per il trattamento della terapia del dolore, dal momento che «“nella terapia del dolore cronico, l’appropriatezza terapeutica è cruciale per assicurarsi un adeguato sollievo dal dolore e un profilo di sicurezza accettabile, visto che gli oppiacei possono causare importanti effetti avversi, anche se assunti secondo le modalità indicate. I criteri di bioequivalenza, basati su parametri farmacocinetici quali Cmax e AUC, consentono una possibile variabilità della biodisponibilità dei farmaci generici, che può oscillare da +80% a +125% rispetto all’ORe (Howland, 2010; Gozzo et al. 2022). Nel caso degli oppiacei, nel passaggio da ORe a bioequivalente o da bioequivalente già in uso ad altro bioequivalente, tale variabilità potrebbe verosimilmente causare un insufficiente sollievo dal dolore, da un lato, con la possibile insorgenza di crisi d’astinenza, o un aumento del rischio di effetti collaterali anche gravi dall’altro” (documento dell’AISD Associazione ITna per lo Studio del Dolore)».
Sempre secondo il primo giudice, «a fronte del parere reso all’esito delle riunioni del 6 e 7 novembre 2007, nel quale la Commissione Tecnico Scientifica dell’AIFA aveva affermato che “il criterio generale per questi farmaci dovrà comunque essere il non inserimento nelle liste di trasparenza al fine di evitare switch che possano portare a criticità di tipo clinico”», il documento istruttorio depositato dall’AIFA si sarebbe limitato ad affermare: «considerato che i farmaci in oggetto sono esclusivamente forme orali e transdermiche, con uguale composizione in principi attivi, forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie», si «ritiene, tenuto conto di esperienze regionali già attuate, che i farmaci all’interno di ciascun raggruppamento abbiano pari efficacia e sicurezza e siano pertanto sostituibili tra loro».
Mancherebbe, quindi, qualsiasi valutazione circa le «difficoltà di effettuare uno switch tra un farmaco ed un altro. Tale approfondimento istruttorio appare ancor più rilevante se si tiene conto che la biodisponibilità del farmaco può variare da +80% a +125%, e che tale variabilità potrebbe comportare gravi effetti collaterali».
Le difficoltà di effettuare lo switch , poi, si desumerebbe anche dai riassunti delle caratteristiche del prodotto (RCP), documenti approvati dall’AIFA che costituiscono parte integrante dell’autorizzazione rilasciata per i medicinali: negli RCP depositati dalla ricorrente in primo grado si stabilirebbe la necessità della «titolazione della dose» e che la somministrazione sia eseguita sotto il continuo e diretto controllo da parte del medico, al fine di evitare che si producano gravi effetti collaterali e/o patologiche forme di dipendenza.
Né potrebbe ritenersi che l’apposizione della clausola di non sostituibilità ad opera del medico che prescrive il farmaco elimini tale criticità, perché tale apposizione, nel sistema normativo, sarebbe l’eccezione e non potrebbe trasformarsi in regola.
Aggiunge il TAR Lazio che in senso contrario non potrebbero essere invocate esigenze di risparmio della spesa pubblica, posto che si tratterebbe di livelli essenziali delle prestazioni, non finanziariamente comprimibili.
1.2.- L’appellante censura tutti i passaggi logici della sentenza impugnata, a cominciare dalla considerazione di fondo che la clausola di bioequivalenza non sarebbe sufficiente a determinare il passaggio nella lista di trasparenza, essendo per contro necessaria «la prova dell’effettiva equivalenza terapeutica».
Deduce la SA che l’art. 7, comma 1, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347 (Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 16 novembre 2001, n. 268), dispone che sono inseriti nelle liste di trasparenza dell’AIFA i medicinali che, avendo caratteristiche comuni quanto alla identica composizione quali-quantitativa di principio attivo, nonché la medesima forma farmaceutica, modalità di rilascio, via di somministrazione e dosi unitarie uguali, sono rimborsati al farmacista dal servizio sanitario nazionale (d’ora in avanti, SSN) fino alla concorrenza del prezzo più basso del corrispondente prodotto disponibile nel normale ciclo distributivo regionale.
Tali presupposti sarebbero stati verificati (e non sarebbero in discussione) ad opera della Commissione tecnico scientifico (d’ora in avanti, CTS), con un giudizio che è evidente espressione di discrezionalità tecnica.
Questo Consiglio di Stato avrebbe più volte sottolineato l’importanza della «valutazione dell’equivalenza dei prodotti confrontati, fondata sul criterio tecnico di provata esperienza della bioequivalenza», che sarebbe «cruciale per attestare, per i farmaci di sintesi chimica una volta scaduta la copertura brevettuale della molecola di riferimento, la piena sostituibilità terapeutica e, quindi, la comune efficacia tra un prodotto OR (cd. reference ) ed una sua copia (c.d. CO)» (si citano le sentenze di questa sezione 27 ottobre 2922, n. 9142, 25 ottobre 2022, n. 9077, 25 maggio 2018, n. 3129, e dicembre 2015, n. 5503).
Contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, il criterio della bioequivalenza sarebbe dunque la «via maestra» per giungere alla riprova dell’equivalenza terapeutica tra un prodotto di riferimento ( reference ) ed una sua copia (cd. CO). Un farmaco sarebbe «bioequivalente» quando «con la stessa dose presenta un grado di concentrazione