Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-05-31, n. 202104150

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-05-31, n. 202104150
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202104150
Data del deposito : 31 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/05/2021

N. 04150/2021REG.PROV.COLL.

N. 04943/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 4943 del 2020, proposto da
P.R.S. Planning Ricerche e Studi S.r.l. e Hspi S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentate e difese dall'avvocato Massimiliano Brugnoletti, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Bertoloni, n. 26/B;



contro

Camera dei Deputati, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;



per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Prima, 24 aprile 2020, n. 4183, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Camera dei Deputati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Cons. Giorgio Manca, nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2020, tenuta da remoto secondo quanto stabilito dall’art. 25, comma 1, del decreto-legge 18 ottobre 2020, n. 137;

Visto il dispositivo di sentenza n. 8494 del 29 dicembre 2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. - La società P.R.S. - Planning Ricerche e Studi S.r.l. (in seguito anche solo P.R.S.) ha partecipato, quale mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con la società HSPI S.p.A., alla procedura negoziata, indetta dalla Camera dei Deputati, per l’affidamento quadriennale del monitoraggio dei contratti I.C.T. ( Information and Communications Technology ), risultando prima nella graduatoria finale. All’esito della verifica di anomalia l’offerta è stata tuttavia esclusa in quanto la composizione del “gruppo di lavoro” proposto (costituito da 10 addetti, di cui 5 impiegati con contratto libero professionale, tra cui il direttore tecnico, e 5 con contratto di lavoro subordinato) non sarebbe stato compatibile con l’allegato tecnico del capitolato d’oneri. In particolare sarebbe incompatibile con la legge di gara l’impiego di un lavoratore autonomo per il ruolo di direttore tecnico. Inoltre, veniva rilevato anche il contrasto con la disciplina di cui all’art. 105, comma 3, lett. a) , del Codice dei contratti pubblici (approvato con il d.lgs. n. 50 del 2016), il quale esclude che i lavoratori autonomi possano essere impiegati nell’esecuzione dell’oggetto dell’appalto, salvo lo svolgimento di attività accessorie o strumentali.

2. - Il provvedimento di esclusione è stato impugnato dalla P.R.S. con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, lamentando la violazione della lex specialis di gara, la quale nulla avrebbe prescritto circa il tipo di “rapporto contrattuale” che doveva intercorrere tra appaltatore e direttore tecnico del gruppo di lavoro, essendo rimessa alla libera determinazione del concorrente l’organizzazione di maestranze e collaboratori necessari per l’esecuzione.

3. - Il ricorso è stato respinto con la sentenza 24 aprile 2020, n. 4183, che respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata dalla Camera dei deputati in base al Regolamento generale della Camera, adottato in attuazione dell’art. 64 della Costituzione, e al Regolamento per la tutela giurisdizionale (il quale attribuisce al Consiglio di giurisdizione della Camera il compito di decidere in primo grado sui «ricorsi e qualsiasi impugnativa, anche presentata da soggetti estranei alla Camera, avverso gli atti di amministrazione della Camera medesima […] » , ha ritenuto – nel merito - che la stazione appaltante abbia fatto corretta applicazione del disposto della norma dell’articolo 105, comma 3, del Codice dei contratti pubblici, nel testo vigente all’epoca dell’indizione della procedura (il bando risulta pubblicato il 24 ottobre 2017), dovendosi inquadrare i rapporti di lavoro autonomo o collaborazione nell’ambito dell’istituto del subappalto, anche ai fini dell’applicazione del limite del 30% dei lavori previsto dal comma 2 dell’art. 105 cit. (che nella fattispecie sarebbe stato superato). In particolare, il primo giudice ha osservato che il ricorso al lavoro autonomo, pur se consentito, è subordinato dal codice dei contratti pubblici all’individuazione specifica del contenuto delle attività da svolgere [art. 105, comma 3, lett. a) ], al fine di evitare un uso elusivo delle norme in materia di subappalto. Nel caso di specie, i lavoratori autonomi non erano incaricati di specifiche attività, come richiesto dal codice, ma della diretta esecuzione, in via generale, di attività costituenti l’oggetto principale dell’appalto, per l’intero periodo di durata del contratto.

4. - La soccombente in primo grado ha proposto appello, chiedendo la riforma della sentenza sulla scorta di plurimi motivi che saranno esaminati in prosieguo.

5. - Resiste in giudizio la Camera dei deputati, chiedendo il rigetto dell’appello e proponendo, altresì, appello incidentale, con il quale eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, nei termini già sollevati in primo grado. A suo avviso, infatti, i provvedimenti impugnati rientrano tra gli “atti di amministrazione” che costituiscono oggetto della riserva di autodichia sancita dall’art. 12, commi 3, lettera f), e 6 del Regolamento generale della Camera, e dall’art. 1 del Regolamento per la tutela giurisdizionale relativa agli atti di amministrazione della Camera dei deputati non concernenti i dipendenti, la cui relativa cognizione spetterebbe in via esclusiva al Consiglio di Giurisdizione (organo di autodichia della medesima Camera). In alternativa, l’amministrazione appellata sollecita la rimessione alla Corte Costituzionale per conflitto di attribuzione, non potendosi altrimenti pervenire alla disapplicazione dei regolamenti della Camera.

Nel merito poi chiede la conferma della sentenza, sottolineando come l’esclusione della P.R.S. sia stata disposta per l’impossibilità di assicurare in concreto l’esercizio – da parte del direttore tecnico del gruppo di lavoro - della propria funzione di coordinamento nei confronti di altri lavoratori autonomi per la mancanza di un vincolo di subordinazione e del tipico potere direttivo del datore di lavoro (funzione prevista nel §5.1.1 dell’allegato tecnico al capitolato d’oneri).

6. - All’udienza del 17 dicembre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

7. – Occorre esaminare la questione di giurisdizione reiterata dall’appellata Camera dei deputati mediante appello incidentale.

7.1. - L’eccezione è infondata .

7.2. - Come ha chiarito la Corte Costituzionale in numerose pronunce (cfr. in particolare sentenza n. 262 del 2017) il principio dell’autodichia invocato dalla Camera dei deputati, che si traduce nella possibilità degli organi costituzionali di decidere attraverso propri organi interni le controversie che concernono l’applicazione della disciplina normativa che gli stessi organi costituzionali si sono dati in una determinata materia, trova il suo fondamento nell’autonomia normativa che la Costituzione riconosce agli organi costituzionali (alla Camera dei deputati, nel caso di specie). In particolare, la Corte - rammentato come solo nell’art. 64 ( «Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti» ),

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