Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-09-07, n. 202207780
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Pubblicato il 07/09/2022
N. 07780/2022REG.PROV.COLL.
N. 07131/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 7131 del 2021, proposto da
F P, rappresentato e difeso dagli avvocati A V e G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ente regionale per l'abitazione pubblica delle Marche (E.r.a.p.), in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato A L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Regione Marche, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per le Marche, sezione prima, 4 giugno 2021, n. 461, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ente regionale per l'abitazione pubblica delle Marche (E.r.a.p.);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 marzo 2022 il Cons. G M e uditi per le parti gli avvocati Saccomandi e Lucchetti;;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L'appellante F P ha partecipato al concorso indetto dall’Ente regionale per l'abitazione pubblica della regione Marche (ERAP) con bando pubblicato il 21 luglio 2016, per la copertura di 1 posto con contratto a tempo indeterminato part time 50%, profilo professionale di «esperto amministrativo» (categoria Dl). Con determinazione dirigenziale del 21 maggio 2020, l'ERAP ha proceduto alla indizione di una nuova procedura di reclutamento per l’assunzione di 5 unità di personale da inquadrare in categoria D, profilo professionale di «esperto area amministrativa» .
2. Con ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per le Marche, la dr.ssa P ha impugnato il bando di concorso del 2020 e gli atti presupposti di programmazione del fabbisogno di personale, contestando la scelta dell’ente regionale di bandire un nuovo concorso anziché scorrere la graduatoria finale del concorso del 2016, approvata con decreto n. 311 del 29 dicembre 2016 e ancora efficace, nella quale risultava utilmente collocata al quinto posto.
Contestava, inoltre, anche la scelta dell'ente di non procedere alla stabilizzazione di cui all'art. 20, comma 1, del d.lgs. 25 maggio 2017, n. 75, per la quale avrebbe maturato nel frattempo i requisiti.
3. Con la sentenza 4 giugno 2021, n. 461, il T.a.r. per le Marche ha ritenuto infondate le censure dedotte, rilevando la legittimità della scelta dell'Ente di procedere al nuovo concorso stante la diversità dei requisiti di partecipazione e delle prove previste nel concorso bandito nel 2020, rispetto al concorso del 2016 cui aveva partecipato al ricorrente. La stabilizzazione, altresì, costituirebbe una scelta discrezionale dell'amministrazione, che l’ente regionale avrebbe legittimamente esercitato nel programma per il fabbisogno del personale.
4. La Dott.ssa P ha proposto appello, deducendo plurime censure nei confronti della sentenza di cui chiede la riforma.
5. Resiste in giudizio l’Ente regionale per l'abitazione pubblica della regione Marche, chiedendo che l’appello sia respinto.
6. All’udienza pubblica del 24 marzo 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
7. Con il primo motivo, l’appellante censura la sentenza per aver affermato che la nuova procedura concorsuale indetta da ERAP è significativamente diversa rispetto a quella conclusasi con la graduatoria del 2016, nella quale è utilmente collocata la Dott.ssa P. In senso contrario, l’appellante sottolinea come, nel caso di specie, non sarebbe configurabile una significativa differenza tra la selezione del 2016 e quella oggetto di gravame, né per quanto concerne i requisiti di ammissione, né per il contenuto delle prove d’esame, non essendo tra l’altro sopravvenute rilevanti modifiche normative e legislative relative alle mansioni che dovranno essere ricoperte e anche perché in nessun avviso di selezione e/o provvedimento di programmazione del personale è stata mai indicata e specificata tale particolare esigenza. In presenza di una graduatoria valida ed efficace, l’ente avrebbe violato l’onere di motivazione, non avendo specificato le ragioni che lo hanno indotto a procedere con la nuova procedura di reclutamento, dovendo tener conto del generale principio di favore dell’ordinamento per l’utilizzazione delle graduatorie degli idonei in ragione della evidente finalità di contenimento della spesa pubblica (principi che sarebbero stati affermati dalla sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 28 luglio 2011, n. 14).
8. Con il secondo motivo, l’appellante deduce l’ingiustizia della sentenza anche nella parte in cui ha giustificato la legittimità dell’azione di ERAP nella misura in cui corrisponde ai programmi di fabbisogno occupazionale e ai piani assunzionali approvati. Secondo l’appellante, vista l’illegittimità delle ragioni concernenti l’impossibilità di utilizzare graduatorie esistenti e vigenti sono prive di motivazione e non in grado di giustificare la scelta, viene meno anche l’asserita conformità ai programmi.
9. Anche con riferimento alla mancata attivazione della procedura di stabilizzazione, il primo giudice si sarebbe rifugiato nell’asserita «coerenza con il piano triennale dei fabbisogni occupazionale» adottato dall’ERAP, senza tener conto – ad avviso dell’appellante – che tutti gli atti relativi al fabbisogno di personale sono stati espressamente impugnati per i motivi sopra riassunti, peraltro nemmeno esaminati dal giudice. Si lamenta pertanto anche l’omessa pronuncia.
Ribadisce, sul punto, il difetto di motivazione circa l’omesso avvio della procedura di stabilizzazione di cui all’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 75 del 2017, motivazione necessaria pur se si tratta di scelta discrezionale dell’amministrazione.
10. L’appello in trattazione si incentra essenzialmente sulla deduzione di un doppio difetto di motivazione: il primo si anniderebbe nella scelta di procedere all’indizione di un nuovo concorso invece che allo scorrimento della graduatoria vigente e ancora efficace, il secondo nella scelta di non avviare la procedura di stabilizzazione riservata a coloro che abbiano acquisito all’interno dell’ente le professionalità richieste.
10.1. In ordine al primo vizio, la censura è fondata.
La questione va esaminata alla luce dei principi dettati con la sentenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 28 luglio 2011, n. 14, riguardo alla scelta tra la indizione di un nuovo concorso e la chiamata per scorrimento degli idonei in graduatorie ancora efficaci. In tale occasione, la Plenaria ha affermato, in primo luogo, che non sussiste, in capo agli idonei non assunti, «un diritto soggettivo pieno all'assunzione, mediante lo scorrimento, che sorgerebbe per il solo fatto della vacanza e disponibilità di posti in organico. Infatti, in tali circostanze l'amministrazione non è incondizionatamente tenuta alla loro copertura, ma deve comunque assumere una decisione organizzativa, correlata agli eventuali limiti normativi alle assunzioni, alla disponibilità di bilancio, alle scelte programmatiche compiute dagli organi di indirizzo e a tutti gli altri elementi di fatto e di diritto rilevanti nella concreta situazione, con la quale stabilire se procedere, o meno, al reclutamento del personale» (va rammentato anche l'orientamento delle Sezioni Unite civili della Cassazione, secondo cui «la cognizione della domanda, avanzata dal candidato utilmente collocato nella graduatoria finale, riguardante la pretesa al riconoscimento del diritto allo "scorrimento" della graduatoria del concorso espletato, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, facendosi valere, al di fuori dell'ambito della procedura concorsuale, il "diritto all'assunzione". Ove, invece, la pretesa al riconoscimento del suddetto diritto sia consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione di diverse procedure (nella specie di conferimento di incarichi esterni e di mobilità esterna) per la copertura dei posti resisi vacanti, la contestazione investe l'esercizio del potere dell'Amministrazione, cui corrisponde una situazione di interesse legittimo e la cui tutela spetta al giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 63, comma quarto, del d.P.R. n. 165 del 2001» : cfr. Cass., SS.UU. civ., ord. 6 maggio 2015, n. 10404).
10.2. In secondo luogo, l'amministrazione «una volta stabilito di procedere alla provvista del posto, deve sempre motivare in ordine alle modalità prescelte per il reclutamento, dando conto, in ogni caso, della esistenza di eventuali graduatorie degli idonei ancora valide ed efficaci al momento dell'indizione del nuovo concorso» . In ogni caso, è stato sottolineato dalla Plenaria come «l’ordinamento attuale afferma un generale favore per l’utilizzazione delle graduatorie degli idonei, che recede solo in presenza di speciali discipline di settore o di particolari circostanze di fatto o di ragioni di interesse pubblico prevalenti, che devono, comunque, essere puntualmente enucleate nel provvedimento di indizione del nuovo concorso» . Lo scorrimento delle graduatorie ancora valide ed efficaci costituisce «la regola generale, mentre l'indizione del nuovo concorso costituisce l'eccezione e richiede un'apposita e approfondita motivazione» .
10.3. La stessa Adunanza Plenaria si preoccupa di precisare che «la riconosciuta prevalenza delle procedure di scorrimento non è comunque assoluta e incondizionata. Sono tuttora individuabili casi in cui la determinazione di procedere al reclutamento del personale, mediante nuove procedure concorsuali, anziché attraverso lo scorrimento delle preesistenti graduatorie, risulta pienamente giustificabile, con il conseguente ridimensionamento dell’obbligo di motivazione» ;tra questi «può acquistare rilievo l’intervenuta modifica sostanziale della disciplina applicabile alla procedura concorsuale, rispetto a quella riferita alla graduatoria ancora efficace, con particolare riguardo al contenuto delle prove di esame e ai requisiti di partecipazione» ;o anche la valutazione del «contenuto dello specifico profilo professionale per la cui copertura è indetto il nuovo concorso e [delle] eventuali distinzioni rispetto a quanto descritto nel bando relativo alla preesistente graduatoria» .
10.5. Il passaggio è stato valorizzato dal primo giudice che, in particolare, ha ritenuto sussistenti significative differenze tra i requisiti di ammissione, le prove d’esame e i profili professionali previsti per il concorso indetto nel 2020 e quelli previsti per il concorso del 2016 (da cui è scaturita la graduatoria finale fatta valere dall’appellante);differenze che giustificherebbero la scelta dell’amministrazione di procedere all’indizione del nuovo concorso.
10.6. Come anticipato, la soluzione non può essere condivisa.
In primo luogo, dalla documentazione in atti emerge con tutta evidenza la violazione del dovere di motivare, nella determinazione con la quale è stato indetto il nuovo concorso ovvero nell’atto di programmazione del fabbisogno del personale, la scelta di procedere alle assunzioni mediante un nuovo concorso, passaggio essenziale secondo i richiamati principi posti dalla pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 14 del 2011.
In secondo luogo, una motivazione adeguata non è ricavabile nemmeno in via implicita o inespressa mettendo a confronto il contenuto dei due bandi di concorso nelle parti relative ai requisiti di ammissione e alle prove d’esame concorsuali.
10.7. Quanto ai primi, il titolo di studio previsto per l’ammissione al concorso del 2020 è rappresentato dalla laurea in giurisprudenza (titolo posseduto dall’appellante);mentre il bando del 2016 estendeva la partecipazione anche ai possessori della laurea in economia e in scienze politiche. La differenza non assume significativo rilievo, anche in considerazione dell’ulteriore constatazione che il profilo professionale per il quale sono state indette le due procedere è il medesimo (nel bando di concorso del 2016: categoria giuridica D.1 – area amministrativa (esperto amministrativo);in quello del 2020: categoria D, qualifica professionale di «esperto area amministrativa» ).
10.8. Anche le prove di esame, in particolare le prove scritte, vertono sostanzialmente sulle stesse materie: nel bando del 2016 la prova consisteva nello «svolgimento di un elaborato articolato in quesiti a risposte sintetiche in materia di diritto amministrativo e/o diritto costituzionale e/o diritto civile con particolare riferimento a diversi ambiti normativi specifici (appalti, procedimento amministrativo, pubblico impiego e altre materie);nel bando del 2020, le prove scritte erano ugualmente incentrate sulla conoscenza del diritto amministrativo e del diritto civile (oltre a “nozioni di diritto penale” sui reati contro la p.a.).
10.9. In definitiva, non si rivengono ragioni sufficienti e adeguate per rendere intelligibile la scelta dell’amministrazione di procedere al nuovo concorso. Né può essere di ostacolo la natura di atti di contenuto generale delle deliberazioni programmatiche e delle determinazioni di approvazione dei bandi di concorso. Come chiarito dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 14 del 2011, la qualificazione in tal senso non è incompatibile con l’obbligo di motivazione, ai sensi del secondo comma dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, dovendosi valorizzare il principio desumibile dal primo comma (che estende il dovere di motivazione anche ai provvedimenti amministrativi «concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento di pubblici concorsi ed il personale» ) e tenere presente che l’obbligo di motivazione non riguarda il contenuto delle disposizioni generali previste nell’atto bensì «la determinazione con cui l’amministrazione stabilisce la procedura per il reclutamento del personale» (così la sentenza cit.).
11. Anche rispetto alla scelta tra nuovo concorso e avvio della procedura di stabilizzazione ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 si deve constatare l’omessa motivazione.
Sul punto, questa Sezione ha recentemente ribadito (con la sentenza 14 febbraio 2022, n. 1052, pronunciata in fattispecie analoga) che, nonostante il «riferimento al carattere eventuale della procedura di stabilizzazione (desumibile dall’uso dell’espressione “possono”, nell’art. 20, comma 1 […] ) comport [i] che la procedura di stabilizzazione non sia oggetto di un obbligo dell’amministrazione, […] nemmeno si può ritenere che essa attribuisca all’amministrazione una facoltà incondizionata, come ritenuto dall’appellato. Piuttosto, il combinato disposto dello stesso art. 20, comma 1, e del richiamato art. 6 del d.lgs. n. 165 del 2001, in tema di piano del fabbisogno del personale, rende palese l’intento del legislatore di contenere l’ambito della discrezionalità dell’amministrazione nella scelta fra le diverse modalità di reclutamento del personale» . Il che impone una specifica motivazione in ordine alla scelta di ricorrere alla procedura concorsuale, anche per dare conto della tendenziale preferenza normativa per il consolidamento di posizioni lavorative interne e per la valorizzazione di professionalità già acquisite.
11.1. L’amministrazione resistente eccepisce sul punto che, alla data di indizione del bando del 2020, la Dott.ssa P non aveva i requisiti per la stabilizzazione ai sensi dell’art. 20 cit.;ma l’eccezione non coglie nel segno ove si tenga conto della regola secondo la quale i requisiti vanno accertati alla scadenza del termine di presentazione delle domande di concorso (tra l’altro, la stessa amministrazione riferisce che l’appellante avrebbe maturato il requisito di ammissione alla eventuale procedura di stabilizzazione entro il 25 maggio 2020, e il bando di concorso del 2020 scadeva sicuramente dopo tale data).
11.2. Infine, non è superfluo precisare che con ciò non si intende affermare la sussistenza, in capo all’appellante, dei requisiti richiesti dalla legge per l’assunzione a tempo indeterminato a seguito di stabilizzazione. La relativa verifica, infatti, è riservata all’amministrazione nell’ambito dell’apposita procedura di reclutamento speciale del personale precario, se ed in quanto l’ente deliberi di accedervi.
12. L’appello, pertanto, va accolto e, in riforma della sentenza impugnata e in accoglimento del ricorso di primo grado, vanno annullati i provvedimenti con esso impugnati.
13. La disciplina delle spese giudiziali per il doppio grado segue la regola della soccombenza, nei termini di cui al dispositivo.