Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-01-09, n. 202300228

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-01-09, n. 202300228
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202300228
Data del deposito : 9 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/01/2023

N. 00228/2023REG.PROV.COLL.

N. 04325/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4325 del 2018, proposto dai signori E O F, E F e A F, quali eredi della signora C R Calto Giustiniani, nonché quali legali rappresentanti pro tempore dell’Azienda Agricola Collalto Giustiniani di E, A e E F - Società semplice agricola, rappresentati e difesi dagli avvocati M C e M P, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Giovanni Antonelli, n. 49;

contro

il Gestore dei servizi energetici -G.S.E.- s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato Marco Orlando, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Sistina, n. 48;
il Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore , non costituito in giudizio;

nei confronti

dell’Enel Distribuzione s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza ter , 28 dicembre 2017, n. 12758, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Gestore dei servizi energetici s.p.a.;

Vista l’ordinanza presidenziale n. 1658 del 2 settembre 2022;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 novembre 2022 il Cons. A M e uditi per le parti l’avvocato M P e l’avvocato Marco Orlando;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. I signori E O F, E F e A F, sia nella loro qualità di eredi della signora C R Calto Giustiniani, che quali legali rappresentanti dell’Azienda agricola Collalto Giustiniani di E, A e E F - Società semplice agricola (d’ora in avanti, solo l’Azienda agricola), appellano la sentenza segnata in epigrafe che ha rigettato il loro ricorso diretto ad ottenere l’annullamento del provvedimento del Gestore dei servizi energetici (per brevità, anche il Gestore o G.S.E.) del 4 maggio 2016, recante la decadenza dagli incentivi fruiti per un impianto di produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica a terra esteso su una superficie di circa 3 ettari, denominato “Monastir 1”, ubicato nel territorio del Comune di Monastier di Treviso, via Pralongo, n. 2.

1.1. Secondo quanto da essi dedotto:

- in riferimento a ridetto impianto, costituito da quasi 4.400 moduli da 225 Kw, per una potenza complessiva di 999,675 kwp da connettere alla rete elettrica MT, la loro dante causa, signora C R Calto Giustiniani, aveva presentato in data 8 luglio 2011 istanza di ammissione alle tariffe incentivanti del cd. secondo conto energia (d.m. 19 febbraio 2007);

- l’istanza era stata positivamente riscontrata dal G.S.E. con provvedimento prot. n. FTV_281680 del 30 ottobre 2011, di ammissione alla tariffa incentivante nella misura di 0,3460 euro/kWh;

- con il provvedimento impugnato in primo grado il Gestore, all’esito di un controllo effettuato in data 23 settembre 2014, dichiarava la decadenza dalle tariffe incentivanti, non ritenendo satisfattive le integrazioni e i chiarimenti forniti dalla parte all’esito della comunicazione di avvio del relativo procedimento (osservazioni datate 24 luglio 2015, a riscontro della nota del G.S.E. del 26 giugno 2015);

- la decadenza era motivata sulla rilevata mancanza dei documenti attestanti il trasporto presso il sito di installazione di tutti i moduli fotovoltaici impiegati (in particolare, la carenza riguardava 1187 moduli, essendo documentato il trasporto per 3196 moduli su 4383, costituenti il totale), nonché sulla tardività della comunicazione di fine lavori al Gestore di Rete (Enel distribuzione s.p.a.), avvenuta in data 29 aprile 2011;

- l’Azienda agricola veniva tuttavia ammessa agli incentivi di cui al d.m. 5 maggio 2011, sussistendone i presupposti, nella misura di 0,291 €/kWh, a partire dalla data di ritenuta effettiva entrata in esercizio (10 giugno 2011), assegnandole un termine di 30 giorni per perfezionare la modifica della convenzione;

- la variazione contrattuale veniva infine sottoscritta in data 1 giugno 2016, seppure con riserva da parte dell’Azienda di successiva tutela dei propri diritti.

2. Gli appellanti deducono l’erroneità della sentenza di primo grado, articolando plurimi motivi di impugnazione, esaminati in dettaglio nel prosieguo.

2.1. Si è costituito in giudizio il Gestore dei servizi energetici - G.S.E.- s.p.a., per resistere all’appello. Esso ha svolto argomentazioni controdeduttive con memoria depositata in data 1 aprile 2022 e memorie di replica in data 8 settembre 2022 e 23 settembre 2022, nonché versato in atti copiosa documentazione riferita alla vicenda di cui è causa.

2.2. In data 18 marzo 2022 l’Azienda agricola ha chiesto un primo rinvio della causa, significando di aver avanzato istanza al Gestore il 14 marzo 2022 di revoca e/o annullamento del provvedimento impugnato, ai sensi del sopravvenuto art. 56, comma 8, del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 settembre 2020, n. 120.

2.3. In data 29 agosto 2022 e 5 settembre 2022 ha reiterato l’istanza di rinvio, significando di aver impugnato innanzi al medesimo T.a.r. per il Lazio (ricorso n.r.g. 7266/2022) il silenzio serbato dalla P.a. avverso la propria richiesta di rivalutare la disposta decadenza.

3. Con l’ordinanza presidenziale n. 1658 del 2022, segnata in epigrafe, è stato accordato il rinvio, nel contempo chiedendo al G.S.E. di depositare una sintetica relazione circa lo stato del procedimento, ben potendo la domanda di parte, che già aveva portato al differimento della trattazione della causa al 3 maggio 2022 con annotazione a verbale, «[…] essere interpretata, anche in relazione al principio della ragionevole durata del processo, quale sollecito al giudice di attività istruttoria ufficiosa per acquisire dal GSE S.p.A. notizie e informazioni circa l’esito della predetta istanza di riesame o l’attuale stato del relativo procedimento ».

3.1. In riscontro di tale ordinanza l’Azienda agricola ha prodotto documentazione;
il Gestore a sua volta ha versato in atti, in data 10 ottobre 2022, il proprio provvedimento del 7 ottobre 2022, di rigetto dell’istanza di riesame e conferma del provvedimento del 4 maggio 2016.

3.2. L’avvenuto deposito dell’atto da ultimo citato a ridosso dell’udienza di trattazione (fissata per l’11 ottobre 2022) ha comportato un ulteriore rinvio per garantire il diritto di difesa di controparte.

4. All’udienza pubblica del 15 novembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

5. Preliminarmente devono richiamarsi i principi già affermati da questo Consiglio di Stato con riferimento ai provvedimenti di rigetto delle istanze avanzate dalle parti ai sensi dell’art. 56 del d.l. n. 76 del 2020, in quanto frutto di autonome valutazioni di secondo livello, fatte evidentemente salve le specificità di ogni singola fattispecie (Cons. Stato, sez. VI, 12 ottobre 2022, n. 8719). Ai sensi della richiamata novella, infatti, il G.S.E. non è chiamato a scrutinare la legittimità del provvedimento di decadenza originario – possibile peraltro, alla stregua del principio del tempus regit actum , soltanto tenendo conto dello stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione – bensì investito di una diversa questione, relativa alla sussistenza dei (peculiari) presupposti delineati dallo ius superveniens ai fini di una diversa regolazione del rapporto sostanziale: « Ne deriva che in tali ipotesi - in cui non si fa questione del riesame di un precedente provvedimento al fine di valutarne l’originaria legittimità, ma di una verifica di nuovi e diversi presupposti idonei a giustificare una differente regolazione del rapporto amministrativo – a prescindere dal nomen iuris in concreto impiegato (non vincolante l’interprete nella qualificazione degli atti giuridici), si assiste: […] - in caso di rigetto dell’istanza di parte, alla (sola) negazione dei nuovi e diversi presupposti delineati dallo ius superveniens».

5.1. Alla luce di tali rilievi deve escludersi che l’atto del G.S.E. del 7 ottobre 2022 integri un autentico provvedimento di conferma, sostitutivo della determinazione impugnata in prime cure.

Invero con esso il Gestore, pur limitandosi a richiamare solo il più rilevante dei fattori fondanti la decadenza - id est , la tardività della comunicazione di fine lavori- ponendosi quale obiettivo la valorizzazione della prevalenza dell’interesse pubblico al corretto e razionale utilizzo delle risorse della collettività sull’interesse privato alla percezione di incentivi indebiti, ha preso atto che non si rinvenivano elementi idonei a consentire un’applicazione retroattiva del nuovo inciso introdotto all’art. 42, comma 3, primo periodo del d.lgs. n. 28/2011, riguardante il rispetto dei presupposti di cui all’articolo 21- nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241.

6. Nel merito, l’appello è infondato.

7. Possono essere esaminati congiuntamente i primi tre motivi di gravame, in quanto comunque finalizzati, seppure da angolazioni diverse, a censurare la sentenza di prime cure nella parte in cui non ha ritenuto rilevanti le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 23 e 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, per violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità preposti all’irrogazione di qualsivoglia sanzione, mutuandoli dalle affermazioni del Giudice delle leggi riferite al medesimo art. 23 e all’art. 43 del decreto (Corte cost., 21 gennaio 2017, n. 51). Essi si porrebbero in contrasto altresì con l’art. 76 della Costituzione per eccesso di delega e i dubbi avanzati troverebbero conferma nella successiva evoluzione normativa, volta a mitigare il potere sanzionatorio del G.S.E., commutandolo nella decurtazione di percentuale di tariffa (v. le novelle introdotte dalla l. n. 205 del 2017, legge di bilancio per il 2018).

8. Si osserva che la ricostruzione dell’Azienda appellante sconti la errata riconduzione della decadenza dagli incentivi al novero dei provvedimenti sanzionatori. Al contrario, l’orientamento ormai univoco della giurisprudenza, in linea con i principi da ultimo espressi anche dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato (Cons. Stato, A.P., 11 settembre 2020, n. 18), ha escluso che i provvedimenti di decadenza del G.S.E. siano riconducibili al paradigma sanzionatorio, ovvero a quello dell’autotutela, in quanto espressione di un potere di verifica, accertamento e controllo, di natura doverosa ed esito vincolato (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. IV, 24 gennaio 2022, n. 462 e 20 gennaio 2021, n. 594;
sez. VI, 3 gennaio 2022, n. 9 e 28 settembre 2022, n.6516;
Corte cost., 13 novembre 2020, n. 237). Il discrimen fra la decadenza dal beneficio incentivante e la sanzione per la violazione delle norme che disciplinano il rapporto con la pubblica amministrazione « è segnato dallo stesso art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011, che specificatamente demanda al GSE il compito di trasmettere gli atti, a base del provvedimento di decadenza, all’Autorità indipendente di settore (ARERA) per l’eventuale irrogazione delle sanzioni » (v. ancora Cons. Stato, A.P. n. 18/2020, cit. supra ;
nonché sez. IV, 12 gennaio 2017, n. 50). Ne discende che « la decadenza non ha natura sanzionatoria, ma ripristinatoria di un assetto procedimentale alterato dalla erronea asseverazione della presenza di requisiti viceversa mancanti. Invero, le sanzioni vere e proprie vengono applicate unicamente dalla Autorità di settore, con la conseguenza che risulta inconferente la questione della applicazione dei c.d. Engel criteria e del principio di non retroattività delle sanzioni, proprio in applicazione degli argomenti e principi sviluppati dalle richiamate sentenze della Corte costituzionale n. 237 del 2020 e n. 51 del 2017 » (Cons Stato, sez. IV, 20 gennaio 2020, n. 594). Mutatis mutandis , neppure può ipotizzarsi l’invocata violazione degli altri principi costituzionali invocati dall’Azienda appellante, sull’assunto, erroneamente argomentato anche sul piano letterale, della portata sanzionatoria della irrogata decadenza.

9. Né il quadro muta alla luce della normativa sopravvenuta, siccome sostenuto dall’Azienda con il secondo motivo di ricorso.

9.1. Vero è che alla data di adozione del provvedimento impugnato (4 maggio 2016) l’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011 si limitava a prevedere che: « Nel caso in cui le violazioni riscontrate nell’ambito dei controlli di cui ai commi 1 e 2 siano rilevanti ai fini dell’erogazione degli incentivi, il GSE dispone il rigetto dell’istanza ovvero la decadenza dagli incentivi, nonché il recupero delle somme già erogate, e trasmette all’Autorità l’esito degli accertamenti effettuati per l’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 2, comma 20, lettera c), della legge 14 novembre 1995, n. 481 ». Solo con l’art. 1, comma 960, lett. a), della l. 27 dicembre 2017, n. 205 (richiamato dall’Azienda appellante) e le sue successive modifiche, è stata introdotta la possibilità, in deroga alla regola sopra esposta, e « al fine di salvaguardare la produzione di energia da fonti rinnovabili degli impianti che al momento dell’accertamento della violazione percepiscono incentivi », di disporre la decurtazione dell’incentivo in misura ricompresa fra il 10 e il 50 per cento in ragione dell’entità della violazione, con ulteriore riduzione della metà nel caso in cui le violazioni siano spontaneamente denunciate dal soggetto responsabile al di fuori di un procedimento di verifica e controllo. Non solo: sono stati aggiunti il comma 3 quater e il comma 4 bis (per impianti rispettivamente inferiori e superiori ai 3 Kw), i quali, con specifico riferimento alla problematica della non conformità della certificazione dei moduli fotovoltaici alla normativa vigente (fattispecie diversa da quella legata alla dichiarazione non veritiera, ma comunque riconducibile a fatti che, nella loro generica descrizione normativa, sembrerebbero ricomprendere quelli oggetto della dichiarazione) e al dichiarato fine di salvaguardare le iniziative di realizzazione di impianti fotovoltaici e la produzione di energia elettrica, si sono limitati a disporre una decurtazione del 10 per cento della tariffa incentivante sin dalla data di decorrenza della convenzione.

9.2. La legge di conversione 2 novembre 2019, n. 128 del d.l. 3 settembre 2019, n. 101, ha poi esteso la possibilità di applicazione delle disposizioni sulla decadenza parziale nella misura del 10% sopra citate, agli impianti realizzati e in esercizio oggetto di procedimenti amministrativi in corso e, « su richiesta dell’interessato, a quelli definiti con provvedimenti del Gestore dei servizi energetici (GSE) di decadenza dagli incentivi, oggetto di procedimenti giurisdizionali pendenti nonché di quelli non definiti con sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, compresi i ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica per i quali non è intervenuto il parere di cui all’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199 ». Salvo precisare che « La richiesta dell’interessato equivale ad acquiescenza alla violazione contestata dal GSE nonché a rinuncia all’azione », a conferma della finalità transattiva, con finalità deflattiva del contenzioso, del regime transitorio introdotto, peculiare tanto quanto il generale potere di verifica cui accede, mitigandone a presupposti dati le conseguenze.

10. Alla luce dei principi giurisprudenziali dianzi menzionati, e quindi una volta assodata la natura non sanzionatoria del provvedimento decadenziale:

a) le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla parte appellante devono essere dichiarate manifestamente irrilevanti non essendo ravvisabile l’essenziale presupposto della natura sanzionatoria del provvedimento impugnato e della norma che fonda il potere di decadenza;

b) deve essere dichiarata manifestamente infondata l’ipotizzata violazione dell’art. 76 della Costituzione, sotto il profilo del paventato eccesso di delega, in quanto genericamente dedotta e comunque riveniente la sua sostanziale prospettazione sempre in relazione all’indole sanzionatoria della norma che ha previsto la decadenza.

11. Con il quarto motivo di gravame l’Azienda lamenta la violazione dell’art. 10 della l. n. 241 del 1990 e 8 del d.m. 31 gennaio 2014 per non avere il G.S.E. controdedotto sulle osservazioni del Soggetto Responsabile. Di tali osservazioni, trasmesse in data 31 luglio 2015, il G.S.E., diversamente da quanto opinato dall’appellante, ha tenuto debitamente conto, tanto da riportarne nel provvedimento interi stralci mutuati letteralmente dalle stesse, in particolare in relazione alla proposta distinzione tra opere di connessione effettuate a monte del punto di consegna, cui si riferisce la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà del 29 aprile 2011, e a valle dello stesso, completate regolarmente il 28 dicembre 2010. Salvo poi concludere (“Considerato che…”) affermando la persistenza di carenze documentali in riferimento al trasporto presso il sito d’installazione di tutti i moduli fotovoltaici, tale da rendere impossibile « verificare in modo inequivocabile l’avvenuta conclusione dei lavori dell’impianto alla data del 31 dicembre 2010 », nonché la tardività della comunicazione di fine lavori al Gestore di Rete (Enel Distribuzione s.p.a.) che reca la data del 29 aprile 2011. Per orientamento costante, peraltro, la motivazione del provvedimento è adeguata quando, come nel caso di specie, siano evidenti e chiare le ragioni di fatto e diritto alla base della decisione senza che si possa esigere la puntuale ed analitica confutazione delle osservazioni inviate dall’interessato, disattese alla luce della motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell’atto stesso.

12. Prima di scrutinare gli ulteriori motivi di doglianza, occorre ora ricordare le conseguenze dell’essere l’atto in contestazione plurimotivato, sicché una volta accertata la legittimità di uno dei motivi di decadenza, potrebbe comunque prescindersi dalla disamina dell’altro. Costituisce principio consolidato in giurisprudenza infatti quello in forza del quale « allorché sia controversa la legittimità di un provvedimento fondato su una pluralità di ragioni di diritto tra loro indipendenti, l’accertamento dell’inattaccabilità anche di una sola di esse vale a sorreggere il provvedimento stesso, sì che diventano, in sede processuale, inammissibili per carenza di interesse le doglianze fatte valere avverso le restanti ragioni » (cfr. ex plurimis , Cons. Stato, Sez. V, 22 luglio 2017, n. 5473).

13. L’art. 1 septies del d.l. 8 luglio 2010, n. 105, inserito dalla legge di conversione 13 agosto 2010 n. 129, dispone, al comma 1, che: « Le tariffe incentivanti di cui all’articolo 6 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 19 febbraio 2007, recante criteri e modalità per incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione foto-voltaica della fonte solare, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 23 febbraio 2007, sono riconosciute a tutti i soggetti che, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 5 del medesimo decreto ministeriale, abbiano concluso, entro il 31 dicembre 2010, l’installazione dell’impianto fotovoltaico, abbiano comunicato all’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione, al gestore di rete e al Gestore dei servizi elettrici - G.S.E. S.p.a., entro la medesima data, la fine lavori ed entrino in esercizio entro il 30 giugno 2011 ».

13.1. La regola suindicata prescrive dunque ai fini dell’accesso alle tariffe incentivanti di cui al d.m. 19 febbraio 2007, due condizioni tassative, che devono necessariamente concorrere: a) la chiusura dei lavori dell’impianto entro la data del 31 dicembre 2010;
b) la messa in esercizio dello stesso entro la data del 30 giugno 2011.

14. Nel caso di specie, la mancata ultimazione dei lavori nel termine perentorio stabilito dalla legge viene dedotta dalle carenze documentali riferite al trasporto nella sede dell’impianto di un cospicuo numero di moduli fotovoltaici, nonché, più genericamente, dalla sua tardiva comunicazione al Gestore della Rete.

14.1. Sotto il primo profilo -motivo sub V, lett. a) - l’Azienda agricola lamenta eccesso di potere per istruttoria insufficiente e travisamento dei fatti, sull’assunto che le fatture e i documenti di trasporto richiesti dal G.S.E. -e da essa inoltrati in data 31 luglio 2015- facevano riferimento a due distinte forniture, la prima del 27 settembre 2010, per un totale di 1.252 pannelli e la seconda avvenuta in data 15 ottobre 2010, per un totale di 3.196 pannelli, sì da superare addirittura il numero dei pannelli installati, essendone stati forniti alcuni anche di ricambio.

14.1.2. Secondo l’appellante dunque gli ispettori avrebbero omesso di valutare la bolla di consegna del 27 settembre 2010, seppure riconducibile alla medesima tipologia “ packing list ” in uso alla società spagnola produttrice ( Solaria Energia y Media Ambiente di Madrid), per contro ritenuta valida con riferimento alla fornitura del 15 ottobre 2010. Ciò a prescindere dall’errata indicazione finanche del numero dei moduli, indice di superficialità istruttoria.

15. Tuttavia, pur accedendo alla tesi dell’Azienda agricola, resta il dato inequivocabile dell’avvenuto superamento del termine per la comunicazione di fine lavori, con riferimento alla quale l’appellante da un lato cerca di introdurre un concetto di equipollenza rispetto all’adempimento di altri oneri informativi, dall’altro finisce per confermare, o quanto meno non provare, il fatto storico del loro completamento entro il 31 dicembre 2010, stante che circoscrive l’oggetto della comunicazione del 28 dicembre 2010 solo a quelli posti « a valle del punto di consegna ».

15.1. A tale riguardo essa afferma infatti (motivo sub V, lett. b) che quella acquisita dagli ispettori non faceva riferimento ai lavori di installazione dell’impianto fotovolatico, bensì ad altre e ben diverse opere, anche edili, necessarie, appunto, a monte del punto di connessione per consentire l’entrata in esercizio dell’impianto.

16. Come chiarito nella « Procedura operativa per la gestione delle comunicazioni al G. di fine lavori degli impianti fotovoltaici (L. n. 129 del 13 agosto 2010) » pubblicata sul sito del Gestore in data 12 novembre 2010 (paragrafo 2, rubricato « Definizione di fine lavori per l’impianto fotovoltaico ») per potersi parlare di “fine lavori” occorre che la stessa si sia verificata sia « da un punto di vista strutturale » che « dal punto di vista elettrico ». La riduzione, cioè, del concetto di “fine lavori” alla mera installazione dei moduli si porrebbe in contrasto con la stessa definizione di impianto fotovoltaico, ovvero una “struttura” risultante dall’assemblaggio degli stessi con altri elementi elettrici o edilizi, tutti egualmente necessari “ontologicamente” per assicurare la produzione di energia e la sua immissione in rete.

17. Non a caso l’art. 1 septies del d.l. n. 105/2010, più volte richiamato, individua quali destinatari della comunicazione di fine lavori « l’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione, il gestore di rete e il G.S.E. ». Essa dà dunque rilievo ai fini della concessione dei benefici in questione alla realizzazione degli impianti fotovoltaici sotto due profili, quello edilizio, connesso all’edificazione della struttura e quello elettrico, inerente alla connessione con la rete elettrica, demandando ai soggetti istituzionalmente preposti a tali specifici e distinti aspetti i compiti di vigilare e controllare gli adempimenti documentali e procedurali posti a carico del richiedente il regime di agevolazione in parola. In particolare il richiamo « all’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione », che non può non identificarsi con il Comune, quale soggetto pubblico deputato a dare il via libera agli impianti per ciò che riguarda la loro conformità alla normativa urbanistico-edilizia, si aggiunge, ma non si sostituisce a quello del Gestore del Servizio e della rete, autonomamente menzionati.

18. A tale proposito si deve ribadire la costante affermazione della giurisprudenza secondo cui l’esecuzione degli adempimenti comunicativi previsti dalla norma in argomento ai fini dell’accesso al beneficio, che è onere dell’istante provare di avere posto in essere, lungi dal rappresentare una irragionevole formalità, costituisce piuttosto « lineare verifica, da parte dell’Amministrazione, della sussistenza dei presupposti normativamente previsti ai fini dell’applicazione di un particolare e più favorevole regime di contributi solo temporaneamente rilevante, dovendosi in caso contrario applicare un regime diverso, che prevede contributi analoghi ma meno favorevoli riferiti alle medesime finalità » (Cons. di Stato, sez. II, 25 marzo 2022 n. 2195).

18.1. In sintesi la norma pone, quale condizione e requisito di accesso agli incentivi non soltanto l’effettiva conclusione dei lavori entro la data del 31 dicembre 2010, ma anche l’intervenuto adempimento dell’onere formale di comunicazione della fine dei lavori all’Amministrazione competente e al Gestore della Rete, sicché l’omissione dello stesso - id est , la mancata comunicazione anche ad uno solo dei destinatari - nel termine perentorio del 31 dicembre 2010, riferita all’approntamento dell’impianto nella sua completezza, costituisce violazione di un obbligo di legge, che condiziona l’accesso agli incentivi. La fattispecie che si discosti da tale paradigma normativo, cioè, non consente l’erogazione degli incentivi e ne implica la decadenza.

18.2. Ne deriva che sul piano della « rilevanza » del ritardo, la tempestività della comunicazione, oltre che per esigenze di par condicio tra i richiedenti, è funzionale anche a mettere in condizione l’ente competente di effettuare altrettanto tempestivamente « i controlli a campione per la verifica delle comunicazioni », come previsto dalla medesima norma.

18.1.2. Come pure già affermato da questo Consiglio di Stato, le tariffe « sono riconosciute, a pena di decadenza, a tutti i soggetti che entro la data del 31.12.2010, oltre ad aver ultimato la costruzione dell’impianto, abbiano svolto anche le rituali comunicazioni, che si pongono quindi, alla stessa stregua della tempestiva conclusione delle opere, come condizione legale per l’ottenimento degli incentivi » (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 maggio 2016, n. 2077).

19. L’Azienda agricola invece, avendo inoltrato la comunicazione -evidentemente per la parte di competenza, e quindi senza alcuna valenza probatoria dell’avvenuto completamento dell’impianto nella sua interezza- al solo Comune di Monastier di Treviso, è venuta meno ad una delle condizioni di ammissione dell’incentivo. Né è ipotizzabile una sorta di osmosi informativa attingendo alle informazioni comunicate a Terna, soggetto distinto dai Gestori (della Rete e del Servizio), ai soli fini di cui all’art. 5 della deliberazione 23 dicembre 2008 –ARG/elt 205/08 dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, tramite il sistema CENSIMP.

20. Non può neppure essere condivisa la tesi dell’appellante (motivo sub VI) secondo cui la mancata espressa individuazione dell’omissione dei citati adempimenti informativi tra le “violazioni rilevanti” contemplate dall’all. 1 al d.m. 31 gennaio 2014, ne comporterebbe l’irrilevanza, essendo l’art. 1 septies una norma transitoria e speciale i cui presupposti di applicabilità devono intendersi, proprio per la sua natura, di stretta e rigorosa applicazione, così che in questa sede deve essere riaffermato che il rispetto dei termini ivi previsti costituisce un requisito indispensabile per l’accesso alla tariffa ivi richiamata.

21. Nel caso in esame, come emerge dall’istruttoria procedimentale, i cui esiti non sono neppure contestati, la comunicazione inerente la fine dei lavori è stata inviata al Gestore in data 28 aprile 2011, dunque oltre l’indicato termine perentorio del 31 dicembre 2010. Correttamente pertanto il G.S.E. ha disposto la decadenza dalla tariffa del 2007, di cui non sono stati dimostrati i presupposti e l’ammissione al “conto” del 2011, del quale sono risultate invece sussistenti le condizioni.

21.1. In ogni caso l’emanazione del provvedimento di decadenza trova fondamento non solo nella speciale normativa di cui all’art. 1 septies ma anche nella disposizione di cui alla lettera j) dell’Allegato 1 al d.m. 31 gennaio 2014, in ragione della insussistenza dei requisiti di accesso al meccanismo incentivante derivante dalla trasmissione oltre il termine perentorio del 31 dicembre 2010 delle più volte citate comunicazioni, nonché nella disposizione di cui alla lettera a) dell’Allegato 1 al d.m. citato, avendo la ricorrente dichiarato al G.S.E. in sede di richiesta di ammissione agli incentivi di avere comunicato entro il termine perentorio del 31 dicembre 2010 (ovvero il 28 dicembre 2010, allegando l’asseverazione di chiusura lavori e di esecuzione in conformità alla normativa) la fine lavori, dati risultati in sede di controllo non veritieri, nell’accezione ampiamente esplicitata sopra.

22. Quanto all’ultimo motivo di gravame ( sub VII) è notorio che sempre la giurisprudenza ha riconosciuto un potere ampiamente discrezionale del giudice amministrativo in ordine alla condanna alle spese. Nella fattispecie in esame il giudice di primo grado ha applicato il principio della soccombenza nei confronti dell’Azienda agricola, posto che il suo ricorso è stato respinto e non emergono circostanze di fatto meritevoli di considerazione nella direzione della irragionevolezza della scelta effettuata, al contrario coerente con la decisione assunta.

23. In definitiva l’appello va respinto.

La complessità della vicenda giustifica la compensazione delle spese del grado di giudizio.

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