Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-07-20, n. 202004634

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-07-20, n. 202004634
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202004634
Data del deposito : 20 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/07/2020

N. 04634/2020REG.PROV.COLL.

N. 04120/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4120 del 2019, proposto da
E M, Farmacia Nuova Cina della Dott.ssa E M S.a.s., rappresentate e difese dagli avvocati G M E, V C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G M E in Roma, Lungotevere Arnaldo da Brescia, n. 11;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato F L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via del Tempio di Giove n. 21;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Elisa Caprio, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Marcantonio Colonna, n. 27;

per la riforma

della sentenza n. 5557 del 2 maggio 2019 del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. II, resa tra le parti, concernente l’annullamento d’ufficio dell’autorizzazione all’apertura della farmacia.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visto l’atto di intervento ad opponendum della Regione Lazio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica, tenutasi da remoto, del giorno 4 giugno 2020 il Cons. Stefania Santoleri e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 5, d.l. n. 18/2020, convertito con modificazioni in legge n. 27/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - Con determinazione dirigenziale B07698, pubblicata il 18/10/2012, la Regione Lazio ha indetto il concorso pubblico per l’assegnazione di 274 sedi farmaceutiche ai sensi dell’art. 11 del D.L. n. 1/2012;
a tale procedura hanno preso parte in forma associata la dott.ssa Riccarda A (in qualità di referente) e dott. E M (in qualità di associata), avvalendosi della previsione di cui all’articolo 3 del bando, che consentiva la partecipazione al concorso in forma associata, ai sensi del comma 7 dell’art. 11 del d.l. n. 1 del 2012.

Tale norma dispone, infatti, che “Ai concorsi per il conferimento di sedi farmaceutiche gli interessati in possesso dei requisiti di legge possono concorrere per la gestione associata, sommando i titoli posseduti. In tale caso, ai soli fini della preferenza a parità di punteggio, si considera la media dell'età dei candidati che concorrono per la gestione associata. Ove i candidati che concorrono per la gestione associata risultino vincitori, la titolarità della farmacia assegnata è condizionata al mantenimento della gestione associata da parte degli stessi vincitori, su base paritaria, per un periodo di tre anni dalla data di autorizzazione all'esercizio della farmacia, fatta salva la premorienza o sopravvenuta incapacità”. In origine il termine era decennale, ma è stato poi ridotto a tre anni dalla data di autorizzazione all’esercizio della farmacia, per effetto della novella apportata dall’articolo 1, comma 163, della legge 4 agosto 2017, n. 124.

2. - All’esito della procedura selettiva le suddette concorrenti in forma associata si sono classificate in posizione utile per ottenere l’assegnazione della sede farmaceutica, conseguendo il 18° posto della graduatoria.

3. - Con provvedimento del 31 giugno 2016 G09654, la Regione Lazio ha disposto l’assegnazione, con riserva, della sede farmaceutica in favore della dott.ssa M e della dott.ssa A vincitrici del concorso in associazione.

Nelle premesse del provvedimento di assegnazione della sede si evidenziava – tra l’altro - che “relativamente allo specifico profilo dell’assegnazione ai partecipanti in forma associata, con nota prot. n. 9007 del 23.11.2012, l’indicato Ufficio Legislativo del Ministero ha spiegato che, avendo vinto il concorso, i titolari in forma associata potranno costituire (...) una società ai sensi dell’art. 7 della L. 362/1991 e che tale società rileverà unicamente ai fini della gestione, poiché la titolarità, per effetto della richiamata disposizione di legge, resta, congiuntamente, in capo ai soci, in deroga alla fattispecie già prevista dall’art. 7 della citata L. 363/1991” .

Vi si rimarcava, ancora, che “(...) in caso di partecipazione in forma associata, a fronte dell’assegnazione disposta dalla Regione, l’autorizzazione all’apertura della sede farmaceutica che sarà rilasciata dal Comune dovrà intendersi unica pro indiviso e ad essa verrà applicata la regola che la stessa è strettamente personale e non potrà essere ceduta o trasferita ad altri”. Infine, nelle premesse del provvedimento di assegnazione si evidenziava che “ai fini della gestione associata, i co-assegnatari dovranno costituire una società di persone, optando per una delle tipologie elencate nell’art. 7, comma 1, della L. 362/91, individuando uno tra i co-titolari che assumerà il ruolo di direttore tecnico dell’esercizio farmaceutico delle relative responsabilità”.

4. - Le dott.sse A e M, in data 7 giugno 2016, hanno costituito la società “Farmacia Nuova Cina S.a.s.” acquisendo, rispettivamente, la dott. E M la qualità di socia accomandataria, e la dott.ssa Riccarda A la qualità di socia accomandante;
la direzione tecnica della farmacia è stata assunta dalla dott.ssa E M.

Entrambe le co-titolari hanno quindi presentato a Roma Capitale, in data 27 giugno 2016, apposite dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà, nelle quali ciascuna di esse ha dichiarato – tra l’altro – “di non trovarsi nelle condizioni d’incompatibilità previste dall’art. 13, della Legge 2 aprile 1968, n. 475 e successive modificazioni secondo cui: “Il titolare di una farmacia ed il direttore responsabile, non possono ricoprire posti di ruolo nell’amministrazione dello Stato, compresi quelli di assistente e titolare di cattedra universitaria, e di enti locali o comunque pubblici, né esercitare la professione di propagandista di prodotti medicinali.

Il dipendente dello Stato o di un ente pubblico, qualora a seguito di pubblico concorso accetti la farmacia assegnatagli, dovrà dimettersi dal precedente impiego e l’autorizzazione alla farmacia sarà rilasciata dopo che sia intervenuto il provvedimento di accettazione delle dimissioni”.

5. - Con successivo provvedimento del 26 settembre 2017 n. 158 – tenuto conto delle autodichiarazioni - la Sindaca di Roma Capitale ha rilasciato ad entrambe le vincitrici l’autorizzazione all’apertura e all’esercizio della nuova sede farmaceutica n. 793 denominata “Cina” gestita dalla società “Farmacia Nuova Cina della dott.ssa E M S.a.s”. Nelle premesse della suddetta autorizzazione si evidenziava, tra l’altro, che “in coerenza con l’assegnazione della sede farmaceutica di cui alla determinazione n. G09654/2016, la presente autorizzazione dovrà intendersi unica, pro indiviso, strettamente personale”.

5.1 - Con nota del 13 marzo 2018 la Regione Lazio ha comunicato a Roma Capitale che la dott.ssa A, prestava servizio in qualità di professore associato a tempo pieno presso il Dipartimento di Chimica e Tecnologie del Farmaco della Facoltà di Farmacia e Medicina presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. La Regione ha, quindi, chiesto all’Amministrazione capitolina “(...) di verificare la dichiarazione di incompatibilità e di adottare i provvedimenti di competenza, vista l’incompatibilità tra la figura di farmacista titolare e il rapporto di pubblico impiego (...)”.

5.2- Roma Capitale dopo aver dato l’avviso dell’inizio del procedimento alle due titolari dell’autorizzazione, e dopo aver ritenuto non satisfattive le giustificazioni fornite dalla dott.ssa A, ha adottato il provvedimento n. 113 del 27 giugno 2018, con il quale è stato disposto l’annullamento dell’autorizzazione n. 158/2017, disponendo contestualmente la chiusura dell’esercizio farmaceutico a decorrere dalla notifica del provvedimento.

5.2 - Nelle more della notifica del suddetto provvedimento – avvenuta il 18 luglio 2018 – la dott.ssa M, per il tramite dei propri legali, ha presentato all’Amministrazione, il 5 luglio 2018, un’istanza di sospensione del procedimento.

La richiesta è stata riscontrata dal Dipartimento politiche sociali di Roma Capitale con nota del 18 luglio 2018, nella quale si illustravano le ragioni per le quali si riteneva di non poter accogliere le argomentazioni svolte dall’interessata.

6. - Con ricorso proposto dinanzi al TAR per il Lazio, Sezione Seconda, la Farmacia Nuova Cina della dott.ssa E M s.a.s. e la predetta dott.ssa E M, in proprio, hanno impugnato – insieme agli atti antecedenti e connessi specificati in epigrafe – il provvedimento della Sindaca di Roma del 27 giugno 2018, avente ad oggetto l’annullamento d’ufficio dell’autorizzazione n. 158 del 26 settembre 2017 “all’apertura e all’esercizio della sede farmaceutica della P.O. di Roma Capitale n. 793 denominata “Cina” sita in Via Fiume Giallo (...) gestita dalla Società “Farmacia Nuova Cina della dottoressa E M S.A.S.” denunciandone l’illegittimità per plurimi motivi.

6.1 - Si è costituita in giudizio Roma Capitale che con memoria ha replicato alle doglianze proposte chiedendone la reiezione.

6.2 - Con ordinanza n. 5488/2018 il TAR ha respinto l’istanza cautelare;
tale ordinanza è stata riformata da questa Sezione disponendo il sollecito esame di merito della controversia accordando, nelle more, la sospensione del provvedimento impugnato tenuto conto degli effetti pregiudizievoli derivanti dalla chiusura della farmacia.

7. - Con la sentenza impugnata il TAR ha respinto il ricorso.

8. - Avverso tale decisione l’appellante ha proposto appello chiedendone la riforma.

8.1 - Si è costituita in giudizio Roma Capitale che ha replicato alle doglianze proposte chiedendone il rigetto.

8.2 - Ho spiegato intervento ad opponendum la Regione Lazio rappresentando di essere titolare di una posizione giuridica collegata o dipendente da quella del resistente in via principale: ha precisato, infatti, di aver interesse a che la procedura applicata sia uniforme in tutto il territorio regionale, tenuto conto delle possibili ricadute della decisione sulle assegnazioni effettuate.

Ha quindi eccepito l’improcedibilità dell’appello tenuto conto dell’avvenuto recesso dalla prof.ssa A dal vincolo associativo prima del termine minimo di tre anni, comportante la decadenza dall’assegnazione.

8.3 - In prossimità dell’udienza di discussione le parti hanno depositato scritti difensivi, anche in replica.

8.4 - L’appellante ha depositato, tra l’altro, la sentenza della Corte Costituzionale n. 11/2020.

9. - All’udienza pubblica, tenutasi da remoto, del 4 giugno 2020 la causa è stata trattenuta in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 5, d.l. n. 18/2020, convertito con modificazioni con legge 27/2020.

10. - L’appello è infondato e va, dunque, respinto.

11. - Il rigetto dell’appello consente al Collegio di poter assorbire l’eccezione di improcedibilità sollevata dalla Regione Lazio in relazione all’intervenuto recesso della prof.ssa A dal vincolo associativo, recepito nel registro delle imprese in data 25 aprile 2018, prima del termine minimo tre anni previsto dalla legge.

12. - Con il primo motivo lamenta l’appellante l’erroneità del capo di sentenza che ha rigettato la doglianza di violazione dell’art. 21 sexies della L. 241/90 e della conseguente omessa partecipazione dell’appellante al procedimento di annullamento del provvedimento autorizzatorio.

Con tale doglianza si lamentava, in particolare, che la comunicazione di avvio del procedimento non sarebbe stata eseguita nei confronti della dott.ssa M e della società “Nuova Cina” della quale ella era socia accomandataria e direttore tecnico.

12.1 - La doglianza è infondata.

Innanzitutto è opportuno rilevare che dall’ordinanza impugnata n. 113 del 27 giugno 2018 si dà atto dell’avvenuta trasmissione della comunicazione di avvio del procedimento anche nei confronti della dott.ssa M (nota prot. n. QE/22805 del 21 marzo 2018);
essendo la dott.ssa M socia accomandataria della società (oltre che direttore tecnico) non era necessario operare una duplicazione dell’avviso, tenuto conto dell’identità del destinatario (persona fisica) (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 1° dicembre 2015 n. 5426).

L’appellante sostiene di non aver ricevuto alcuna comunicazione prima del 20 giugno 2018, con la conseguenza che non avrebbe potuto, a suo dire, partecipare al procedimento, tenuto conto che l’atto impugnato è stato adottato il 27 giugno 2018.

Tale obiezione è stata correttamente disattesa il TAR rilevando che il termine di sette giorni doveva ritenersi comunque congruo e proporzionato al fine di consentire eventuali interlocuzioni con l’Amministrazione. Peraltro, condivisibilmente il primo giudice ha rilevato che la condotta dilatoria tenuta dalla dott. M per la partecipazione al procedimento (motivata dalla ragione di voler chiedere la sospensione del procedimento in attesa dell’esito del giudizio promosso dalla prof. A dinanzi al Tribunale di Roma, per accertare il diritto a rivestire la mera titolarità di quote della società Farmacia Nuova Cina), dimostra che la dott.ssa M fosse “ben edotta della questione centrale oggetto dell’istruttoria procedimentale” e che comunque, “le specifiche ragioni alla base dell’annullamento disposto, dovuto all’originaria carenza delle condizioni per il rilascio dell’autorizzazione, per l’esistenza di una causa di incompatibilità non dichiarata dalla dott.ssa A, escludevano che l’Amministrazione potesse farsi carico di specifiche posizioni di affidamento o altrimenti ponderare gli interessi delle altre parti private, tenuto conto dell’unicità e inscindibilità del titolo autorizzatorio”.

In sostanza, correttamente, il primo giudice ha fatto applicazione del costante orientamento della giurisprudenza in tema di dequotazione dei vizi meramente formali (cfr, tra le più recenti, Cons. Stato Sez. II, 18/03/2020, n. 1925;
Cons. Stato Sez. II, 12/02/2020, n. 1081;
Cons. Stato Sez. VI, 10/02/2020, n. 1001;
Cons. Stato Sez. III, 19/02/2019, n. 1156).

La doglianza va, quindi, respinta.

13. - Con il secondo motivo lamenta l’appellante la violazione del termine di 18 mesi previsto dall’art. 21 nonies della L. n. 241/90, sostenendo che erroneamente il TAR avrebbe ritenuto rilevante la data di rilascio dell’autorizzazione comunale (26 settembre 2017) in luogo di quella di assegnazione della sede farmaceutica (31 agosto 2016), non considerando che il provvedimento di assegnazione della sede costituirebbe il presupposto per l’emanazione dell’autorizzazione alla sua apertura e al suo esercizio.

Ha quindi dedotto l’illogicità della determinazione dell’Amministrazione che avrebbe rimosso l’atto attuativo - l’autorizzazione – ma non l’assegnazione, pur essendo a conoscenza dell’impossibilità per il destinatario del provvedimento di svolgere l’attività.

La ragione di tale scelta sarebbe derivata, secondo l’appellante, dal superamento del termine di 18 mesi previsto dall’art. 21 nonies della L. 241/90 per l’annullamento in autotutela.

13.1 - La doglianza è infondata.

Correttamente il TAR ha rilevato che “il provvedimento di assegnazione della sede farmaceutica alle due co-titolari costituisce l’esito della procedura concorsuale, alla quale la dott.ssa A e la dott.ssa M hanno legittimamente partecipato. La circostanza che, al momento dello svolgimento e della conclusione del concorso, la dott.ssa A intrattenesse un rapporto di lavoro subordinato con l’Università degli Studi “La Sapienza” non le precludeva, infatti, di prendere parte alla selezione e di ottenere la conseguente assegnazione della sede farmaceutica”.

Spettava, invece, a Roma Capitale verificare, in vista del rilascio dell’autorizzazione di propria competenza, che non sussistessero o che fossero state rimosse eventuali cause di incompatibilità all’apertura e all’esercizio della farmacia. Ed è proprio in questo snodo dell’attività amministrativa che è stato correttamente individuato il vizio che ha portato all’esercizio dell’autotutela, atteso che l’autorizzazione è stata rilasciata in forza della dichiarazione resa dalla dott.ssa A, la quale ha affermato di non versare in alcuna delle situazioni enunciate all’articolo 13 della legge n. 475 del 1968, nonostante non avesse presentato le proprie dimissioni dall’impiego di professore associato a tempo pieno.

Discende da quanto ora esposto che l’autorizzazione all’apertura e all’esercizio della farmacia risulta effettivamente illegittima, per la presenza di un vizio genetico, mentre spetta alla Regione – non evocata nel presente giudizio – la valutazione delle conseguenze dell’impossibilità di esercitare la farmacia, a seguito dell’annullamento dell’autorizzazione, in relazione alla disposta assegnazione della sede”.

Ne consegue che, come correttamente ritenuto dal TAR, “il termine di diciotto mesi per l’esercizio del potere di autotutela risulta essere stato rispettato, atteso che l’autorizzazione del 26 settembre 2017 è stata rimossa dall’Amministrazione con l’ordinanza del 27 giugno 2018, ossia a distanza di circa nove mesi dalla sua emanazione”.

I rilievi svolti in appello, che riprendono la prospettazione dedotta dinanzi al TAR, non consentono di superare le condivisibili statuizioni del primo giudice.

La doglianza va quindi respinta.

14. - Con il primo profilo del terzo motivo lamenta l’appellante l’erroneità della sentenza di primo grado che ha respinto la censura relativa alla mancata ponderazione degli interessi;
con il secondo profilo lamenta, invece, l’omessa pronuncia sulla rilevanza del parere della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli Affari Giuridici e Legislativi del 21 dicembre 2012, secondo cui a seguito della nuova disciplina dettata dall’art. 10 della L. n. 183/2011 “devono ritenersi superati i limiti imposti dall’art. 8, co. 1 lett. c) della legge n. 362 del 1991, sia per quanto riguarda i tipi sociali considerabili, che per quanto riguarda l’incompatibilità a svolgere qualsiasi rapporto di lavoro pubblico o privato”.

Quest’ultimo profilo si appalesa connesso con il quarto motivo di appello e va conseguentemente esaminato unitamente ad esso.

14.1 - Per quanto concerne il primo profilo, l’appellante ha dedotto che sarebbe mancata l’evidenziazione di un interesse pubblico concreto e attuale all’annullamento, enucleato alla luce della ponderazione di tutti gli interessi coinvolti, comprendenti quello della collettività servita dalla farmacia, nonché le specifiche posizioni d’interesse delle parti private coinvolte, tra le quali figurano la Farmacia Nuova Cina s.a.s. e la dott.ssa E M.

14.2 - Tale doglianza non può essere condivisa.

Correttamente il giudice di prime cure ha sottolineato che “l’autorizzazione è stata rilasciata sulla base di una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, resa dalla dott.ssa A, recante l’attestazione di circostanze obiettivamente non veritiere, ossia l’assenza delle situazioni indicate quali cause di incompatibilità dall’articolo 13 della legge n. 476 del 1968.

In una tale situazione, l’Amministrazione non avrebbe potuto esimersi dal provvedere in autotutela, stante il chiaro disposto del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (“Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa”), il quale prevede, all’articolo 75 – peraltro espressamente richiamato nelle premesse del provvedimento impugnato – che qualora “emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera”.

Come ha correttamente rilevato il primo giudice, la suddetta previsione normativa costituisce, del resto, il punto di emersione del principio di autoresponsabilità, che è il cardine fondamentale dell’intera disciplina in materia di dichiarazioni sostitutive. In forza di tale principio, al privato è precluso di trarre qualsivoglia vantaggio da dichiarazioni obiettivamente non rispondenti al vero, per cui l’Amministrazione è vincolata ad assumere le conseguenti determinazioni, senza alcun margine di discrezionalità, e a prescindere dal profilo soggettivo del dolo o della colpa del dichiarante (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 15 marzo 2017, n. 1172;
Id., 3 febbraio 2016, n. 404).

Per questa ragione, Roma Capitale non avrebbe neanche potuto prendere in considerazione la specifica posizione di interesse della dott.ssa M e della Farmacia Nuova Cina s.a.s. Da un lato, infatti, l’esercizio dell’autotutela era doveroso, come sopra detto;
dall’altro lato, l’autorizzazione rilasciata alla dott.ssa A e alla dott.ssa M era unica e inscindibile, per cui le vicende relative alle dichiarazioni rese da una delle titolari non potevano che coinvolgere necessariamente anche l’altra, mentre l’annullamento nei confronti di una soltanto delle predette farmaciste non era neppure ipotizzabile.

Per le stesse ragioni, l’Amministrazione non avrebbe potuto farsi carico neanche della posizione della società gestita dalle due farmaciste e delle ricadute sul relativo personale dipendente.

14.3 - Quanto, poi, alle conseguenze del provvedimento nei confronti della collettività servita dalla farmacia, è sufficiente rilevare che – come evidenziato da Roma Capitale nella nota del 18 giugno 2018 – la sede farmaceutica, prevista nella pianta organica, sarà rimessa a bando per una nuova assegnazione” , con la conseguenza che dal provvedimento non deriva alcun pregiudizio per la collettività non avendo alcuno specifico interesse a che la farmacia sia gestita da un particolare soggetto.

Tali principi pienamente – che richiamano principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato – non possono essere superati dalla deduzioni di parte appellante.

14.4 - Neppure può ritenersi (per le ragioni in seguito espresse in sede di disamina del quarto motivo di appello, a cui si fa rinvio) che la problematica relativa all’autodichiarazione resa dalla prof. A possa superarsi in base al parere reso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri del 12 dicembre 2012 in precedenza richiamato.

La doglianza va, complessivamente, rigettata.

15. - Con il quarto motivo l’appellante ha censurato il capo di sentenza che aveva rigettato il quarto motivo di ricorso di primo grado, con il quale aveva rappresentato che la prof.ssa A, essendo socia accomandante della Farmacia Nuova Cina s.a.s., non coinvolta nella direzione tecnica della farmacia, non sarebbe stata soggetta al divieto disposto dall’art. 8, comma1, lett. c) della legge n. 362/1991, che prevede l’incompatibilità della gestione della farmacia “con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato”, in quanto tale incompatibilità non si applicherebbe ai meri soci di capitali.

Con tale doglianza la parte ricorrente aveva aggiunto che non sarebbe stato applicabile neppure l’art. 13 della L. n. 475 del 1968 secondo cui “Il titolare di una farmacia ed il direttore responsabile, non possono ricoprire posti di ruolo dell'amministrazione dello Stato, compresi quelli di assistente e titolare di cattedra universitaria, e di enti locali o comunque pubblici, né esercitare la professione di propagandista di prodotti medicinali.

Il dipendente dello Stato o di un ente pubblico, qualora a seguito di pubblico concorso accetti la farmacia assegnatagli, dovrà dimettersi dal precedente impiego e l'autorizzazione alla farmacia sarà rilasciata dopo che sia intervenuto il provvedimento di accettazione delle dimissioni” : tale disposizione normativa – fondata sul presupposto della coincidenza tra la titolarità e la gestione della farmacia – sarebbe stata abrogata implicitamente, per incompatibilità, dalla legge n. 362 del 1991, che ha superato la regola della suddetta coincidenza.

15.1 - La censura è stata respinta dal TAR richiamando la specificità della disciplina relativa al concorso straordinario, applicabile al caso di specie, come sottolineato nel parere della Commissione Speciale di questo Consiglio di Stato n. 69/2018.

Nella sentenza di primo grado il TAR ha rilevato che nel ricorso si sosteneva la totale estraneità della dott.ssa A “alla titolarità e alla gestione del servizio farmaceutico” , sottolineando, tuttavia, che “la predetta farmacista ha ottenuto l’assegnazione della sede farmaceutica avvalendosi della previsione dell’articolo 11, comma 7, del decreto legge n. 1 del 2012, ove si stabilisce una correlazione necessaria tra co-titolarità e co-gestione della farmacia, per un periodo di almeno tre anni, quale conseguenza della partecipazione congiunta alla procedura per l’assegnazione della sede.

L’allegata estraneità della dott.ssa A alla conduzione della farmacia non è, perciò, affatto consentita dal quadro normativo vigente e non può, conseguentemente, costituire un utile argomento per invocare la ritenuta inapplicabilità alla suddetta farmacista delle cause di incompatibilità operanti nei confronti dei titolari coinvolti nella gestione”.

15.2 - Il TAR ha poi aggiunto, per replicare alla specifica doglianza proposta, di non condividere la tesi secondo cui “nei confronti dei soci che non partecipano alla gestione non opererebbero le incompatibilità normativamente prescritte rispetto alla titolarità di rapporti di lavoro (articolo 8, comma 1, lett. c), della legge n. 362 del 1991) e alla posizione di professore universitario (articolo 13 della legge n. 475 del 1968)” indicandone le ragioni.

15.3 - Ne deriva, innanzitutto, che la decisione del TAR si fonda, essenzialmente sulla disciplina speciale relativa al concorso straordinario che prevede la necessaria co-titolarità e la co-gestione in caso di partecipazione in associazione alla procedura concorsuale, mentre la confutazione della tesi attorea relativa alla portata innovativa della L. n 124 del 2017 e alla sua ricaduta sulla fattispecie in esame, è stata esaminata da parte del TAR solo in via aggiuntiva.

16. - Nell’appello l’appellante si dilunga essenzialmente su quest’ultima questione sostenendo che il primo giudice non avrebbe tenuto conto delle modifiche apportate dall’art. 1, comma 160, della legge n. 124/2017 che ha modificato gli artt. 7 e 8 della L. n. 362/1991 per adeguare la normativa interna in materia di apertura e di gestione della farmacia alla normativa eurounitaria a tutela della concorrenza e del mercato, sottolineando che l’art.

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