Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-07-02, n. 201804013
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Pubblicato il 02/07/2018
N. 04013/2018REG.PROV.COLL.
N. 02900/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2900 del 2013, proposto dal signor:
G M, rappresentato e difeso dall'avv. A M C, con domicilio eletto presso lo studio del dott. M G, in Roma, via Laura Mantegazza, 24;
contro
il Comune di Ugento, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avv. R D G, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G M in Roma, via Postumia, 3;
il Comune di Ugento - Settore Urbanistica e Assetto del Territorio, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del TAR Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione I 19 settembre 2012 n.1559, resa fra le parti, la quale ha respinto il ricorso n.1594/2011 R.G. proposto per l’annullamento dei seguenti atti del Comune di Ugento:
a) del provvedimento 12 luglio 2011 prot. n.14843, con il quale il Responsabile del Settore urbanistica ed assetto del territorio, Ufficio demanio ha respinto l’istanza di concessione presentata il giorno 13 marzo 2001 da G M, quale titolare dell’Hotel Villa Eden, situato in località Fontanelle di Ugento sulla strada provinciale litoranea per Santa Maria di Leuca, relativamente ad un tratto di spiaggia antistante di mq 2001,92 da destinare a servizio dell’albergo;
b) della nota 20 aprile 2011 prot. n.8285, di preavviso del rigetto;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ugento;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 giugno 2018 il Cons. F G S e uditi per le parti gli avvocati A M C e R D G in fase di istanze preliminari e alla discussione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente appellante, all’epoca titolare di un albergo sulla costa pugliese, con domanda presentata il 13 marzo 2001 chiese alla locale Capitaneria di porto il rilascio di una concessione demaniale marittima per un tratto di spiaggia di mq, 2001,92, sul quale realizzare una spiaggia attrezzata a servizio dell’albergo stesso.
Con il provvedimento 12 luglio 2011 meglio indicato in epigrafe, ricevette un diniego, motivato in base a due ordini di ragioni.
In primo luogo, il Comune intimato appellato, autore del provvedimento in quanto divenuto nel frattempo l’autorità competente in materia, evidenziava che “l’area oggetto di intervento è classificata dalla Regione, nell’adozione del Piano regionale delle coste, come area in erosione, così come si evince [dall’] elaborato grafico serie 3- evoluzione costa sabbiosa, facente parte della documentazione costitutiva del suddetto piano regionale, adottato dalla Giunta regionale con deliberazione del 28 luglio 2009 n.1392”.
In secondo luogo, il Comune evidenziava che “l’area demaniale marittima richiesta non ha un rapporto di strumentalità con la retrostante proprietà privata, in quanto confinante con il campeggio Riva di Ugento, ed è priva di disponibilità di limitrofi spazi destinati a parcheggio” (doc.1 in I grado ricorrente appellante, provvedimento di diniego impugnato;i dati della domanda si desumono dal doc. 2 in I grado ricorrente appellante, preavviso di diniego, e dalla sentenza impugnata).
Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il TAR ha respinto il ricorso proposto dall’interessato contro tale diniego.
In dettaglio, il TAR in via preliminare ha respinto un’eccezione di difetto di legittimazione, proposta dal Comune in quanto il ricorrente era nel frattempo cessato dalla carica di legale rappresentante della società gerente dell’albergo;ha infatti ritenuto che egli, in quanto destinatario del provvedimento e locatore dell’azienda relativa all’albergo stesso, avesse comunque interesse a contestarlo.
Nel merito, lo stesso TAR ha poi respinto il ricorso, ritenendo che il rilascio di nuove concessioni del tipo richiesto fosse precluso anzitutto dall’art. 17 della l.r. Puglia 23 giugno 2006 n.17, a titolo di misura di salvaguardia del Piano delle coste adottato, e poi dalla classificazione dell’area come costa C2S2, ovvero “ a media criticità e media sensibilità ambientale ”, disciplinato dall’art. 6.2.5 delle norme di Piano, per cui “ Nelle zone classificate C2S2, il rilascio di nuove concessioni è subordinato all’accertamento che i fenomeni erosivi siano stabilizzati attraverso una attività continua di monitoraggio, la quale deve proseguire durante il periodo concessorio. L’eventuale riattivazione del fenomeno erosivo comporta la revoca delle concessioni. Al fine di stabilizzare i fenomeni erosivi, possono essere messi in atto interventi di recupero e risanamento costiero. Accertata la cessazione dei fenomeni erosivi, possono essere previste, salvo disponibilità di zone appartenenti – per la stessa classe di criticità- a livelli più bassi di sensibilità ambientale, in via prioritaria spiagge libere con servizi – SLS e in via subordinata stabilimenti balneari – SB. In entrambi i casi, le attrezzature previste devono essere comunque definite attraverso metodologie di verifiche di tipo ambientale ”.
Ciò posto, il TAR riteneva, per analogia con quanto stabilito dal Piano per le aree ad alta criticità, con fenomeno erosivo in atto, che la stabilizzazione del fenomeno stesso di cui alla norma dovesse essere accertata mediante un monitoraggio di durata almeno triennale dalla approvazione del Piano stesso, durata nella specie non trascorsa.
Contro tale sentenza, l’originario ricorrente ha proposto impugnazione, con appello che contiene due motivi:
- con il primo di essi, critica la motivazione della sentenza ritenendo che lo stabilimento si possa realizzare nella zona interessata, e in particolare ritenendo impropria l’applicazione alla stessa di una norma, quella relativa al monitoraggio triennale, dettata per zone diverse, ovvero quelle ad alta criticità, affermando che a suo dire nella zona di cui si tratta il rilascio di concessioni non sarebbe vietato. Ritiene poi comunque errato ritenere che la zona stessa sia in erosione, sulla base di uno studio geomorfologico da lui prodotto (doc. 3 in I grado ricorrente appellante);
- con il secondo motivo, ripropone l’identico motivo dedotto in primo grado e contesta l’affermazione del provvedimento impugnato per cui l’area interessata non sarebbe in rapporto di strumentalità con l’albergo, affermando che la deliberazione della Giunta regionale 10 aprile 2001 n.39 ammetterebbe in modo espresso l’esistenza di lidi attrezzati posti a più di 500 metri dalla struttura ricettiva titolare, e che la propria struttura, destinata appunto ai clienti dell’albergo, non necessiterebbe comunque di parcheggi propri.
Il Comune ha resistito, con atto 28 giugno 2013, nel quale ha chiesto che l’appello sia respinto.
Con memoria 7 maggio 2018, il ricorrente appellante ribadiva tali argomentazioni, richiamando anche una perizia di parte redatta il 23 aprile 2018, secondo la quale la zona interessata non sarebbe in realtà soggetta ad erosione, ma in avanzamento (doc. 4 ricorrente appellante);richiamava poi a proprio favore la sentenza della Sezione 5 aprile 2017 n.1588, a suo avviso pronunciata su un caso identico, secondo la quale la disciplina delle aree C1 non sarebbe applicabile al di fuori di esse.
Il Comune per parte sua, con memoria sempre del 7 maggio 2018, ha riproposto l’eccezione di difetto di legittimazione del ricorrente appellante;si è opposto alla produzione della perizia in quanto documento nuovo;ha comunque contestato la pertinenza della perizia stessa, perché relativa ad un periodo successivo;ha poi rilevato che la classificazione della zona contestata dal ricorrente appellante deriva dal Piano regionale, e che il ricorrente appellante non risulta avere impugnato le relative delibere di adozione e di approvazione, quest’ultima intervenuta con deliberazione della Giunta regionale 13 ottobre 2011 n.2273, e quindi sotto tale profilo il ricorso sarebbe inammissibile;nel merito ha ribadito di aver pronunciato il diniego in base alla norma di salvaguardia dell’art. 17 di cui sopra, che la zona è realmente interessata da erosione, e che per assentire la concessione, in ogni caso, sarebbero stati necessari i parcheggi, nella specie non previsti.
Con replica 17 maggio 2018, il ricorrente appellante quanto alla propria legittimazione ha ricordato quanto deciso dal TAR;ha affermato poi che la perizia prodotta sarebbe soltanto integrativa di documenti precedenti.
Con replica sempre del 17 maggio 2018, il Comune intimato appellato ha fatto presente che, secondo la sentenza 1588/2017, l’area costiera del proprio territorio interessata dall’erosione è proprio quella di Fontanelle, per cui è causa, mentre la sentenza citata riguarda altra zona;ha poi citato altre sentenze della Sezione, 28 gennaio 2014 n.432 e 23 settembre 2014 n.4788, per cui il rilascio di nuove concessioni sarebbe stato comunque impedito dalla norma di salvaguardia dell’art. 17 della l.r. 17/2006.
Alla pubblica udienza del giorno 7 giugno 2018, infine, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è fondato e va accolto, per le ragioni che seguono.
2. In via preliminare, va respinta l’eccezione, riproposta dal Comune, di difetto di legittimazione del ricorrente appellante, persona fisica la quale non sarebbe più legale rappresentante dell’albergo per il quale la concessione era stata chiesta.
Come correttamente osservato dal Giudice di I grado, infatti, il ricorrente appellante stesso, a prescindere dal suo rapporto giuridico con la struttura alberghiera, è da un lato il soggetto il quale ha presentato la domanda di concessione in esame (doc. 1 in I grado Comune intimato appellato), dall’altro il destinatario del diniego impugnato, e ciò posto, come tale, è senz’altro legittimato ad impugnarlo: sul principio, si veda ad esempio C.d.S. sez. V 23 febbraio 2015 n.886.
3. Sempre in via preliminare, va respinta l’ulteriore eccezione di inammissibilità proposta dal Comune (memoria 7 maggio 2018 citata in premesse, p. 3 § 03) in dipendenza dalla mancata impugnazione delle delibere di Giunta regionale - 28 luglio 2009 n.1392 e 13 ottobre 2011 n.2273- con le quali il Piano regionale delle coste è stato rispettivamente adottato ed approvato. Come risulterà chiaro di seguito, infatti, è controversa non la legittimità delle disposizioni del Piano in quanto tali, ma la corretta interpretazione del loro significato.
4. In via istruttoria, la richiesta di acquisizione agli atti della perizia di parte 23 aprile 2018 formulata dal ricorrente appellante va infine respinta per irrilevanza, dato che l’oggetto di causa è la legittimità del provvedimento impugnato, da valutare secondo il noto principio tempus regit actum, ovvero in base alla situazione di fatto esistente e alla normativa vigente al momento in cui esso fu adottato: per tutte, C.d.S. sez. IV 4 dicembre 2017 n.5711 e sez. VI 3 maggio 2011 n.2598. E’ quindi comunque non rilevante ai fini del decidere un documento che ha riguardo alla situazione di fatto quale determinatasi nel periodo successivo.
5. Tutto ciò posto, nel merito l’appello è fondato.
6. Per quanto riguarda il primo motivo di ricorso, vanno svolti due ordini di considerazioni.
6.1 Anzitutto, va chiarito il senso del rifermento alla norma transitoria dell’art. 17 della l.r. 17/2006, la quale poneva una serie di limiti al rilascio di concessioni del tipo di quella in esame a titolo di misura di salvaguardia nel periodo fra l’adozione e l’approvazione del Piano regionale delle coste.
Contrariamente a quanto sostiene il Comune (memoria 7 maggio 2018 p. 4 in fine) e in base a quanto risulta dalla lettura del provvedimento impugnato (doc.1 in I grado ricorrente appellante, cit.), infatti, la norma citata non è stata posta dall’amministrazione a fondamento del diniego per cui è causa, che si basa invece sui diversi motivi riassunti in premesse.
Alla norma stessa si riferisce soltanto la sentenza di I grado, nella parte in cui afferma (p. 5 in fine) “posto che non rileva che, al momento dell’emanazione del provvedimento, il PRC non fosse stato ancora approvato (poiché l’art. 17 della l.r. 17/2006 ha in ogni caso vietato il rilascio di nuove concessioni) …”.
Il rifermento, peraltro, va interpretato come un obiter dictum , sia per la forma in cui è espresso, sia perché diversamente si dovrebbe qualificare come una non consentita integrazione da parte del Giudice della motivazione del provvedimento impugnato. Si deve allora concludere che la norma non rileva ai fini di causa, quale che ne debba essere l’interpretazione, in particolare nel caso di una domanda presentata molto prima dell’adozione del piano stesso.
6.2 Sotto il secondo profilo, la Sezione non ritiene poi di doversi discostare da quanto già affermato nella propria sentenza 5 aprile 2017 n.1588, relativa ad una fattispecie identica.
Pertanto, va ribadito che l’art.