Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-07-15, n. 202406329
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Pubblicato il 15/07/2024
N. 06329/2024REG.PROV.COLL.
N. 08044/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8044 del 2020, proposto da
M T, rappresentata e difesa dall'avvocato S D G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo (ora Ministero della Cultura), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Unione dei Comuni “Terra di Leuca”, non costituito in giudizio;
nei confronti
Comune di Alessano (Le), non costituito in giudizio;
per la riforma
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo (ora Ministero della Cultura);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 23 maggio 2024, il Cons. R C e udito, per la parte appellante, l’avvocato Ugo De Luca, in dichiarata delega dell'avvocato S D G;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’Unione dei Comuni “Terre di Leuca”, con atto del 18 ottobre 2017, ha comunicato al Comune di Alessano ed alla signora M T il diniego dell’autorizzazione paesaggistica ex post, richiesta ai sensi dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985 per beni tutelati ai sensi degli artt. 136 e 142 d.lgs. n. 42 del 2004, per l’intervento di “Sanatoria, ai sensi della L. 47/85, di un fabbricato per civile abitazione”, alla Marina di Novaglie, su terreno individuato al Catasto terreni con foglio 31 particelle 202 e 455, nel Comune di Alessano, realizzata dalla signora M T.
Il diniego è stato adottato vista la nota del 23 agosto 2016, acquisita al protocollo dell’Unione di Comuni in data 24 agosto 2016, con cui il MIBACT, Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per le province di Lecce Brindisi e Taranto – Lecce, in merito alle opere in oggetto, ha espresso parere contrario.
L’interessata ha proposto ricorso al Tar per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, chiedendo l’annullamento di tali atti nonché chiedendo l’accertamento dell’obbligo del Comune di Alessano di concludere il procedimento di sanatoria sulla scorta del parere paesaggistico favorevole già acquisito dalla pratica edilizia istruita su istanza della ricorrente.
Il Tar per la Puglia, Seconda Sezione di Lecce, con la sentenza n. 292 del 2 marzo 2020, ha respinto il ricorso, sicché la signora T ha interposto il presente appello, articolando i seguenti motivi:
Errore di giudizio per difetto di istruttoria e vizio di motivazione;violazione e falsa applicazione di legge (artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985, artt. 136 e 142 del d.lgs. n. 42 del 2004, artt. 21-quinquies, 21-octies e 21-nonies della legge n. 241 del 1990);motivazione illogica.
Per quanto concerne il rapporto tra il primo parere, espresso dalla Soprintendenza nel 2003, e il parere del 2016 impugnato con il ricorso di primo grado, vi sarebbe un primo errore istruttorio di fondo nella motivazione della sentenza impugnata, consistente nella errata presunzione che il primo parere paesaggistico favorevole fosse stato rilasciato in mancanza di adeguata conoscenza sull’epoca di edificazione o su una non adeguata istruttoria circa il medesimo dato temporale.
Non corrisponderebbe al vero l’ipotesi per cui la Soprintendenza abbia avuto conoscenza dell’epoca di realizzazione del manufatto oggetto di sanatoria solo nell’anno 2016, quando cioè il Comune di Alessano ha erroneamente rinnovato la richiesta di parere sulla pratica già da anni completamente istruita.
Il fabbricato per cui è causa sarebbe già stato ultimato nei primi mesi del 1983.
Pertanto, verrebbero meno le motivazioni secondo cui la Soprintendenza avrebbe dovuto esprimere nuovamente il proprio parere sulla base di nuove conoscenze acquisite, in quanto il precedente parere sarebbe fondato su erronei presupposti.
Sarebbe altresì errata la sentenza laddove sostiene l’esistenza di un vero e proprio obbligo per la Soprintendenza a esprimere un nuovo parere endoprocedimentale a contenuto vincolato e, quindi, non comportante esercizio di un potere di autotutela di rimozione del precedente parere favorevole.
L’espressione del nuovo parere paesaggistico, oggetto di impugnazione, oltre a violare le norme disciplinanti il procedimento di sanatoria di opere ammesse al condono di cui alla legge n. 47 del 1985, costituirebbe esercizio di un potere ormai esaurito in forza dell’avvenuta manifestazione del parere favorevole nell’anno 2003, per cui sconterebbe il vizio di illegittimità per violazione delle norme disciplinanti l’esercizio del potere di autotutela di cui alla legge n. 241 del 1990, non ricorrendo alcuno dei requisiti sostanziali legittimanti l’esercizio del potere di annullamento.
In sintesi, il parere paesaggistico sarebbe stato già favorevolmente rilasciato dalle Amministrazione competenti e non avrebbe necessitato di alcuna rinnovazione ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria;il parere sfavorevole successivamente rilasciato, invece, sarebbe illegittimo per difetto assoluto di attribuzione poiché il potere di controllo era già stato esercitato e non poteva essere rinnovato;in ogni caso, il parere negativo impugnato, ove sostitutivo di quello già favorevolmente acquisito, sarebbe illegittimo per violazione di tutte le norme disciplinanti l’esercizio del potere di autotutela o di ritiro dei provvedimenti amministrativi autorizzatori.
Violazione e falsa applicazione di legge. Violazione degli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985;dell’art. 39, comma 20, della legge n. 724 del 1994;degli artt. 136 e 142 del d.lgs. n. 42 del 2004. Violazione dell’art. 51 della L.R. Puglia n. 56 del 1980 e dell’art. 1 della L.R. Puglia n. 30 del 1990. Vizio istruttorio e di motivazione.
Il motivo di diniego, stante il richiamo all’art. 33 della legge n. 47 del 1985, risiederebbe nella presunzione secondo cui l’immobile abusivo ricade in zona sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta per effetto di quanto stabilito dall’art. 51, lettera f), della L.R. Puglia n. 56 del 1980.
Con deliberazione di GR n. 1514 del 27 luglio 2015, è stato approvato un documento di indirizzo con “prime linee interpretative per l’attuazione del PPTR” con cui, in relazione alle autorizzazioni paesaggistiche ex post e su opere soggette a procedimento di condono ex L. n. 47 del 1985, si affermerebbe che, quand’anche le opere ricadano sotto le previsioni di tutela del PPTR ma sono state realizzate prima dell’approvazione dello stesso strumento, la nuova vincolistica non potrebbe essere applicata in senso “draconianamente ostativo” trattandosi di costruzioni già realizzate e soggette alla domanda di sanatoria.
In definitiva, la valutazione paesaggistica non avrebbe dovuto essere rinnovata e, ove mai rinnovata, ad essa non avrebbe potuto essere applicato il regime vincolistico del sopravvenuto PPTR.
Sarebbe stato possibile derogare al vincolo di natura paesaggistico-ambientale, in quanto sopravvenuto alla costruzione del manufatto, con il meccanismo previsto dall’art. 32 della legge n. 47 del 1985 (parere favorevole dell’Autorità preposta al vincolo);per altro verso, laddove il vincolo di cui all’art. 51, lett. f), L.R. n. 56 del 1980 debba intendersi come di inedificabilità sotto il profilo urbanistico, lo stesso, per la sua transitorietà, non dovrebbe ritenersi assoluto, così da comportare l’applicazione dell’art. 33 della legge n. 47 del 1985.
La riconduzione del vincolo previsto dall’art. 51, lett. f), della L.R. n. 56 del 1980 alla previsione dell’art. 33 della legge n. 47 del 1985 sarebbe superato alla luce della disposizione dell’art. 39, comma 20, della legge n. 724 del 1994 (applicabile anche alle domande di condono ex legge n. 47 del 1985) che, al contrario, avrebbe esplicitamente riportato i vincoli di inedificabilità temporanea in questione alla diversa previsione dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985.
Il Ministero per i beni e le Attività Culturali (ora Ministero della Cultura) si è costituito in giudizio per resistere all’appello.
All’udienza pubblica del 23 maggio 2024, la causa è stata trattenuta per la decisione.
2. L’appello è infondato e va di conseguenza respinto.
3. In ordine alla circostanza che il parere negativo della Soprintendenza sia sopravvenuto nel 2016, e cioè molti anni dopo un primo parere di segno positivo, formulato nel 2003, è dirimente osservare che la normativa in materia di autotutela afferisce ai provvedimenti amministrativi, non agli atti endoprocedimentali, i quali, invece, devono doverosamente essere riemessi, se non è ancora intervenuto il provvedimento conclusivo del procedimento, quando sopravvengano nuove circostanze o quando, come nel caso di specie, sussistono oggettive ragioni per modificare il precedente parere.
In altri termini, la funzione consultiva della competente Soprintendenza non si è affatto esaurita con la formulazione del parere del 2003, rientrando nella potestà discrezionale dell’Amministrazione procedente la richiesta di un nuovo parere durante la fase istruttoria e, quindi, prima dell’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento, che, nel caso di specie, è uno ed uno solo, vale a dire il provvedimento dell’Unione dei Comuni “Terre di Leuca” del 18 ottobre 2017 che ha recepito il parere della Soprintendenza del 23 agosto 2016.
Inoltre, occorre rilevare che un difetto di motivazione è ravvisabile nel primo parere, favorevole, non in quello contrario che è ampiamente motivato con riferimento al vincolo di inedificabilità di cui all’art. 51, lett. f), della L.R. Puglia n. 56 del 1980 e all’art. 33 L. 47/1985 che inibisce il condono.
Infatti, nel parere reso dalla Soprintendenza per i beni Architettonici e per il Paesaggio della Puglia del 2003 con riferimento al provvedimento sindacale del 14 marzo 2003 in relazione alla costruzione di due civili abitazioni in località Novaglie di Alessano, è dato leggere esclusivamente “questa Soprintendenza, visto lo stato dei luoghi ed in particolare le caratteristiche ambientali e paesaggistiche, tenuto conto della circolare Ministeriale n. 4054/89, tenuto conto altresì che l’intervento edilizio realizzato senza la regolare autorizzazione risulta compatibile con le previsioni del P.U.T.T., comunica di non aver rilevato elementi tali da essere indotta ad annullare il provvedimento Sindacale sopra citato”.
Viceversa, il parere contrario del 23 agosto 2016, risulta ampiamente motivato, atteso che la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Brindisi Lecce e Taranto – Lecce ha così motivato la propria contrarietà:
- considerato che le opere realizzate in assenza di titolo edilizio consistono nella realizzazione di un fabbricato per civile abitazione che si sviluppa su due piani fuori terra, ricadono per la totalità della consistenza in zona tipizzata E e alterano il contesto paesaggistico, costituito da terreno digradante verso il mare, terrazzamenti naturali, vegetazione autoctona e si pongono in contrasto con la Legge Regionale n. 56/80 art. 51 lett. f), vigente all’epoca dell’abuso, che testualmente recita “f) è vietata qualsiasi opera di edificazione entro la fascia di 300 metri dal confine del demanio marittimo o dal ciglio più elevato sul mare”;
- considerato che, ai sensi del medesimo art. 51 della citata Legge Regionale “Per gli strumenti urbanistici vigenti o adottati alla data di entrata in vigore della presente legge, è consentita la edificazione solo nelle zone omogenee A, B e C dei centri abitati e negli insediamenti turistici;è altresì consentita la realizzazione di opere pubbliche ed il completamento degli insediamenti industriali ed artigianali in atto alla data di entrata in vigore della presente legge, secondo le previsioni degli strumenti urbanistici stessi” e, alla successiva lett. g) è prescritto che “nelle zone omogenee di tipo E sono consentiti gli interventi finalizzati allo sviluppo ed al recupero del patrimonio produttivo, tutelando l’efficienza delle unità produttive e salvaguardando i suoli agricoli irrigui o ad alta e qualificata produttività”;
- considerato che ai sensi dell’art. 33 della L. 47/85 il manufatto oggetto dell’istanza non risulta suscettibile di sanatoria;
- considerato che la disposizione di cui alla L.R. 56/80 è stata ulteriormente ribadita dall’art. 45 – Prescrizioni per i “Territori Costieri” e i “Territori contermini ai laghi” – delle NTA del PPTR adottato dalla Regione Puglia con delibera di Giunta del febbraio 2015, n. 176, pubblicata sul BURP n. 40 del 23 marzo 2015.
Pertanto, legittimamente o, meglio, doverosamente, l’Unione dei Comuni “Terre di Leuca”, con il provvedimento del 18 ottobre 2017, ha comunicato il diniego di autorizzazione paesaggistica ex post, richiesta ai sensi dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985 per beni tutelati ai sensi degli artt. 136 e 142 d.lgs. n. 42 del 2004, per l’intervento di “Sanatoria, ai sensi della L. 47/85, di un fabbricato per civile abitazione”, alla Marina di Novaglie, su terreno individuato al Catasto terreni con foglio 31 particelle 202 e 455, nel Comune di Alessano, realizzata dalla signora M T, per le seguenti motivazioni:
- le opere realizzate alterano il contesto paesaggistico, costituito da terreno digradante verso il mare, terrazzamenti naturali, vegetazione autoctona e si pongono in contrasto con la Legge Regionale n. 56/80 art. 51 lett. f), vigente all’epoca dell’abuso, che testualmente recita “f) è vietata qualsiasi opera di edificazione entro la fascia di 300 metri dal confine del demanio marittimo, o dal ciglio più elevato sul mare”;
- ai sensi dell’art. 33 della L. 47/85 il manufatto oggetto dell’istanza non risulta suscettibile di sanatoria;
- le opere realizzate si pongono in contrasto con le disposizioni dell’art. 45 – Prescrizioni per i “Territori Costieri” e i “Territori contermini ai laghi” – delle NTA del PPTR adottato dalla Regione Puglia con delibera di Giunta del febbraio 2015, n. 176, pubblicata sul BURP n. 40 del 23 marzo 2015.
4. Il Tar ha correttamente applicato le norme in materia, atteso che si tratta di una abitazione unifamiliare completamente abusiva posta entro la fascia di 300 metri dal mare.
In primo luogo, occorre sottolineare come l’appellante non abbia efficacemente contestato le statuizioni del giudice di primo grado, secondo cui, essendo le opere oggetto della richiesta di condono datate in un’epoca (1983) in cui era in vigore la L.R. n. 56 del 1980, il vincolo risulta ratione temporis applicabile alla fattispecie in esame.
Infatti, l’interessata si è limitata ad indicare, senza peraltro fornire adeguato supporto probatorio, che, dalla documentazione amministrativa versata, emerge che il fabbricato è stato certamente ultimato nei primi mesi del 1983, come dichiarato dai tecnici incaricati, ma la sua realizzazione ha preso le mosse prima dell’entrata in vigore della L.R. n. 56 del 1980.
Con riferimento alle opere abusive realizzate nella vigenza della L.R. n. 56 del 1980 di cui è chiesto il condono, la giurisprudenza della Sezione è giunta a conclusioni dalle quali il Collegio non ha ragioni per discostarsi.
In particolare, con la sentenza n. 2812 del 4 maggio 2020, la Sezione ha statuito quanto segue:
“ Nel valutare natura ed effetti del vincolo, che fu vera e propria norma di salvaguardia a termine, di cui all’art. 51, I co., lett. f) della l.r. 56/1980, questo Consiglio, già da tempo (cfr. Cons. St., V, 2 ottobre 2006 n. 5725, fattispecie relativa al PRG di Bari), sancì il principio per cui «Ai fini della sanabilità di un abuso edilizio è irrilevante il richiamo alla temporaneità del vincolo disatteso in quanto le opere eseguite, nel mancato rispetto della concessione edilizia, possono essere sanate solo se non siano in contrasto con le norme urbanistiche al momento della loro realizzazione, in presenza a quel tempo di detto vincolo».
Tanto perché il citato art. 51, I co., lett. f) della l.r. 56/1980 pose in effetti un vincolo di assoluta inedificabilità, ancorché a termine, entro la fascia di m 300 dal confine del demanio marittimo (cfr.
Cons. St., VI, 12 febbraio 2014 n. 683). Sicché il divieto di condono, previsto dall'art. 33 della l. 47/1985, si applica anche per gli abusi commessi su aree disciplinate dall'art. 51, I co., lett. f) della l.r. 56/1980, al riguardo rilevando la natura ‘eccezionale' della norma sui condoni edilizi, tale da determinarvi l’applicazione dell'art. 14 delle Preleggi, per il quale le leggi «che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati » (cfr. così Cons. St., VI, 1° agosto 2017 n. 3862;id., II, 21 gennaio 2020 n. 476). Anzi, la Sezione ha avuto modo di chiarire di recente (cfr. Cons. St., VI, 26 settembre 2018 n. 5530, sia pur con riguardo al condono ex art. 39, co. 20 della l. 27 dicembre 1994 n. 724, ma con valenza generale in relazione al regime della c.d. Legge Galasso), che v’è la possibilità dell’accoglimento delle istanze di condono edilizio in presenza dei relativi presupposti, ma solo quando sull'area sia stato violato il vincolo ex art.