Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-10-07, n. 202005925
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Testo completo
Pubblicato il 07/10/2020
N. 05925/2020REG.PROV.COLL.
N. 07473/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7473 del 2019, proposto dall’A.N.D.I. Associazione Nazionale Dentisti Italiani, in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché da G P, rappresentati e difesi dall'avvocato V V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Salute, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie Autonome di Trento e Bolzano, non costituita in giudizio;
nei confronti
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Rosa Maria Privitera, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via M. Colonna 27;
Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Rosanna Panariello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;Fnomceo Federazione Nazionale Ordini Medici Chirurghi e Odontoiatri, Regione Toscana, Regione Lombardia, Regione Emilia Romagna, Regione Veneto, Regione Friuli Venezia Giulia, Regione Basilicata, Regione Calabria, Regione Sicilia, Regione Abruzzo, Regione Sardegna, Regione Trentino Alto Adige, Regione Umbria, Regione Puglia, Regione Valle D'Aosta, Regione Molise, Regione Piemonte, Regione Liguria, Provincia Autonoma di Trento, Provincia Autonoma di Bolzano, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 02086/2019.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero della Salute, della Regione Lazio e della Regione Campania;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2020 il Cons. Umberto Maiello e uditi per le parti gli avvocati V V, Rosa Maria Privitera e Rosanna Panariello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.La Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell’art. 8 comma 6 della L. n. 131/2003, il 9 giugno 2016, ha approvato l’Intesa recante il “ documento in materia di requisiti minimi di qualità e sicurezza richiesti per l’autorizzazione all’apertura e all’esercizio delle strutture sanitarie deputate all’erogazione di prestazioni odontostomatologiche ” (rep. Atti n. 104/CSR del 9 giugno 2016).
2. L’Associazione Nazionale Dentisti Italiani (di seguito anche ANDI) ed il dott. P hanno impugnato tale provvedimento innanzi al TAR per il Lazio, veicolando le proprie osservazioni censoree in quattro motivi con i quali, dopo aver evidenziato i presupposti della loro legittimazione processuale e dell’interesse a ricorrere, hanno dedotto:
a) l’illegittimità del provvedimento impugnato, essendo l’intesa in contrasto con il dettato dell’art. 117 Cost e con l’art. 8 comma 6 della L. 131/2003 perché adottata sul presupposto dell’art. 8 ter del D.lgs n. 502/92 senza tenere conto della modifica intervenuta con la L. 131/2003;
b) la violazione dell’art. 8 ter del D.lgs n. 502/1992, nonché dell’art. 2229 c.c. e dell’art. 41 della Costituzione per essere l’Intesa in contrasto con i principi affermati in materia di autorizzazioni sanitarie per l’esercizio di strutture odontoiatriche;
c) la mancata preventiva acquisizione del parere obbligatorio del Consiglio Superiore della Sanità;
d) la violazione dell’art. 8 bis comma tre e dell’art. 8 ter del D.lgs 502/1992, in relazione all’allegato A), laddove ha identificato ogni realtà che opera nel campo odontoiatrico come una struttura che eroga prestazioni odontoiatriche, indipendentemente dall’organizzazione e dalle prestazioni erogate.
3. Con la sentenza n. 2086/2019, qui appellata, il TAR per il Lazio, in accoglimento di una specifica eccezione sollevata nel corso del giudizio, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso proposto in prime cure dagli odierni appellanti all’uopo evidenziando che, sulla scorta della giurisprudenza amministrativa, ai fini dell’ammissibilità della domanda di annullamento, il ricorrente deve essere titolare di un interesse diretto, concreto ed attuale, leso dall’atto impugnato, evenienza questa che, nel caso di specie, risulta assente. Ha, inoltre, soggiunto che la circostanza che il nostro ordinamento preveda l’impugnazione, unitamente all’atto amministrativo concretamente lesivo della posizione giuridica della parte ricorrente, anche dell’atto presupposto non comporta che quest’ultimo possa essere impugnato in via autonoma, ossia prescindendo da una concreta lesione della sfera giuridica della parte ricorrente.
4. Avverso il suindicato decisum , l’ANDI e il dott. P hanno interposto il gravame in epigrafe deducendo con il primo motivo di ricorso l’erroneità della sentenza gravata nella parte in cui ha ritenuto assente l’interesse a ricorrere degli odierni appellanti. Di poi, ai sensi dell’art. 101 cpa, gli appellanti, quanto al merito, hanno riproposto i motivi di censura già affidati al ricorso introduttivo del giudizio e su cui il giudice di prime cure non si è pronunciato, ovvero: I) viene dedotta l’illegittimità del provvedimento impugnato in prime cure argomentando che l’Intesa sarebbe stata raggiunta in violazione dell’art. 117 Costituzione e 8 comma 6 della L. 131/2003 poiché la stessa, priva di natura normativa, in base al dettato dell’art. 120 Cost., comprimerebbe l’autonomia regionale;II) violazione dell’art. 8 ter del D.lgs 502/1992, nonché dell’art. 2229 c.c. e dell’art. 41 Cost. dal momento che l’Intesa è stata conclusa senza tenere in considerazione le risultanze dell’evoluzione giurisprudenziale sviluppatasi in materia, anche con riguardo alle pronunce della Corte di Giustizia;III) Violazione dell’art. 4 comma 1 del D.LGS n. 266 del 1993, dell’art. 8 del D.lgs n. 502 del 1992 per essere stata raggiunta l’intesa in assenza del parere del Consiglio Superiore di Sanità;IV) violazione dell’art. 8 bis comma tre e 8 ter del D.lgs 502/1992, in relazione all’allegato A) laddove ha riferito le prescrizioni sui requisiti minimi ad ogni struttura che eroga prestazioni odontoiatriche indipendentemente dall’organizzazione e dalla complessità delle prestazioni erogate.
5. Si sono costituiti in giudizio, producendo una memoria difensiva, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Salute, la Regione Lazio e la Regione Campania.
5.1. All’udienza del 7.4.2020 il processo è stato rinviato in considerazione del fatto che le parti costituite non avevano congiuntamente presentato un’istanza di passaggio in decisione ex art. 84, comma 2 , d.l. n. 18 del 2020. All’udienza del 24.9.2020 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
6. L’appello è infondato e, pertanto, va respinto.
6.1. Gli appellanti fondano la spiegata impugnazione, anzitutto, sulla dedotta erroneità della sentenza di prime cure nella parte in cui rileva, in apice, l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse. La statuizione qui avversata, come anticipato in premessa, muove dalla rilevata inconfigurabilità di una lesione degli interessi azionati in giudizio che, nel dictum del primo giudice, si concretizzerà, eventualmente, soltanto quando e se le Amministrazioni che hanno preso parte alla conferenza Stato –Regione daranno effettiva attuazione agli impegni assunti e adotteranno atti con essi coerenti sempreché capaci di incidere nella sfera giuridica dei ricorrenti.
6.2 Due sono gli snodi argomentativi attraverso cui si sviluppano le difese svolte dagli appellanti per accreditare l’ammissibilità della domanda introduttiva del presente giudizio: da una parte, ed in via preliminare, gli appellanti esplorano la capacità dell’associazione di ergersi ad ente esponenziale degli interessi della categoria agganciando a tali preliminari rilievi la legittimazione ad agire dell’ANDI, dall’altra si soffermano più in dettaglio sulle implicazioni rinvenienti dall’avversata intesa e dal conseguente interesse che, nel costrutto giuridico attoreo, regge la pretesa azionata in giudizio volta all’annullamento del suddetto atto.
6.3. Rispetto al primo profilo, l’ANDI, essendo l’associazione maggiormente rappresentativa della categoria degli odontoiatri, si accredita come legittimata ad agire a tutela degli interessi della categoria, come pure il dott. P, a sua volta, si afferma legittimato in quanto libero professionista titolare di studio mono-professionale che esercita in via esclusiva l’attività di odontoiatra. Quanto al secondo punto controverso, gli appellanti lamentano l’illogicità del decisum del giudice territoriale laddove afferma che i ricorrenti sono portatori di un interesse ad impugnare gli atti regionali applicativi e conseguenti a quello impugnato, ma non quest’ultimo che sarebbe invece, di per sé, non impugnabile. Segnatamente, gli appellanti, in contrasto con quanto statuito dal TAR, rilevano che, in presenza di un rapporto di presupposizione tra atti, l’impugnazione dell’atto presupposto può essere proposta anche autonomamente purché lo stesso abbia una propria autonoma efficacia giuridica con rilevanza esterna. Sulla scorta delle divisate premesse rivendicano, pertanto, un pieno sindacato in sede giurisdizionale sull’intesa qui avversata siccome promosso dal titolare di un interesse sostanziale sul “ quale incide anche solo potenzialmente l’atto presupposto” : nel caso di specie, l’intesa impugnata inciderebbe direttamente sulla gestione del singolo studio professionale stravolgendo in peius i requisiti per ottenere l’autorizzazione all’esercizio della professione.
7. Tanto premesso, deve rilevarsi, anzitutto, come non sia qui in discussione la legittimazione ad agire dell’ANDI e del dott. P, in ragione della posizione differenziata e, dunque, qualificata in cui entrambi versano.
7.1 L’ANDI, in particolare, è un’associazione di categoria e, dunque, portatrice degli interessi riferibili al corpo professionale rappresentato dagli odontoiatri titolari di studi mono-professionali e associati. Di recente, questa stessa Sezione (cfr. Cons. St., sez. III, 7 agosto 2019, n. 5605), riconoscendo la legittimazione di un’associazione rappresentativa dei dentisti ad impugnare un atto regolatorio volto ad introdurre deroghe all’ordinario regime autorizzatorio, ha già ribadito, con argomentazioni qui replicabili, che è ius receptum in giurisprudenza il principio secondo cui nel processo amministrativo per la legittimazione attiva di associazioni rappresentative di interessi collettivi si rivela necessario che : a) la questione dibattuta attenga in via immediata al perimetro delle finalità statutarie dell'associazione e, cioè, che la produzione degli effetti del provvedimento controverso si risolva in una lesione diretta del suo scopo istituzionale, e non della mera sommatoria degli interessi imputabili ai singoli associati;b) l'interesse tutelato con l'intervento sia comune a tutti gli associati, che non vengano tutelate le posizioni soggettive solo di una parte degli stessi e che non siano, in definitiva, configurabili conflitti interni all'associazione (anche con gli interessi di uno solo dei consociati), che implicherebbe automaticamente il difetto del carattere generale e rappresentativo della posizione azionata in giudizio;resta infine preclusa ogni iniziativa giurisdizionale sorretta dal solo interesse al corretto esercizio dei poteri amministrativi, occorrendo un interesse concreto ed attuale (imputabile alla stessa associazione) alla rimozione degli effetti pregiudizievoli prodotti dal provvedimento controverso (cfr. Cons. St., A. P., 2 novembre 2015, n. 9). La perdurante predicabilità di forme di tutela di interessi diffusi ove suscettivi di un processo di cd. collettivizzazione a mezzo della entificazione della comunità di riferimento è stata di recente ulteriormente ribadita da questo Consiglio in composizione plenaria (cfr. Cons. St., A. P., 20 febbraio 2020, n. 6).
7.2. Sotto questo profilo non è chi non veda come l’ANDI, per effettiva rappresentatività e coerente finalità statutaria, sia pienamente legittimata ad agire al fine di vedere eliminato un atto che è volto giustappunto a conformare il regime autorizzato cui resta soggetto l’esercizio della professione in argomento. E ciò in considerazione della espressa previsione dell’articolo 2 dello statuto della detta associazione nella parte in cui prevede che “ ANDI assume e tutela gli interessi materiali e morali e sindacali della categoria in tutti i settori di attività dell’Associazione e degli associati. Assume la rappresentanza della categoria, a tutti gli effetti, presso le Autorità, Uffici, Organismi provinciali, regionali, nazionali ed internazionali, nei confronti dei quali la categoria può avere rapporti o interessi ”.
8. Di contro, non possono essere condivise le ulteriori argomentazioni difensive che involgono il distinto tema della effettiva sussistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale sia dell’ANDI che del dott. P ad agire in questa sede onde conseguire l’annullamento dell’Intesa de qua che si colloca nel complesso sistema delle Conferenze, quali strumenti di raccordo istituzionale attraverso cui si attua tra i diversi livelli di governo il principio di leale collaborazione e, segnatamente, nell'ambito di quella particolare tipologia di Conferenza definita all'art. 8 della l. 5 giugno 2003, n. 13, recante la disciplina attuativa del potere sostitutivo di cui all’articolo 120 della Costituzione.
8.1. Come emerge dalla piana lettura dell’Intesa adottata in seno alla Conferenza Stato-Regioni, qui avversata, il suddetto atto, in conformità al corrispondente modello legale di riferimento, si dispiega nell’ottica di favorire, nell’ambito della necessaria cooperazione istituzionale da ritenersi ineludibile all’interno di un ordinamento multilivello, l’armonizzazione della normativa vigente su un tema – i presupposti di esercizio delle strutture odontoiatriche – che ricade nella competenza concorrente dello Stato e delle Regioni a norma del comma 3 dell’articolo 117 della Costituzione.
8.2. In siffatto ambito non possono essere adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui all'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e all'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 e, quale modulo organizzativo alternativo, il legislatore, all’articolo 8 comma 6 della legge 131 del 5.6.2003 ha giustappunto congegnato, quale opzione da perseguire in via ordinaria, un sistema di paritaria codeterminazione del contenuto essenziale della disciplina, prescrivendo che “ Il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni;in tale caso è esclusa l'applicazione dei commi 3 e 4 dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 ”.
8.3. Nel divisato modulo consensuale trovano, dunque, composizione gli interessi di cui sono portatori i diversi soggetti chiamati a definire, nei limiti delle rispettive attribuzioni, il quadro regolatorio di riferimento: tanto però nel rispetto delle competenze proprie di ciascun Ente, in aderenza all’ordine delle attribuzioni interne, oltre che in ossequio al procedimento tipizzato per l’adozione dell’atto normativo.
8.4. Orbene, deve qui ribadirsi che l’intesa raggiunta in seno alla Conferenza Stato – Regioni, pur obbligando, sul piano politico e (solo indirettamente) sul piano giuridico, le parti a tenere fede all’impegno assunto, non assume, nell’immediato, una valenza sostitutiva degli atti normativi che i singoli soggetti istituzionali restano, viceversa, chiamati ad adottare né, parimenti, s’impone, nei relativi contenuti, con diretta ed automatica cogenza a questi ultimi, dal momento che non è di certo consentito sovvertire l’ordine costituzionale delle competenze normative essendo la potestà legislativa regionale attribuita, senza deroghe di sorta, ai soli Consigli regionali e quella statale al Parlamento da norme formalmente costituzionali.
8.5. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 361 del 2010 ha, invero, già chiarito che «a livello regionale è solo il Consiglio regionale l'organo titolare del potere legislativo» e che nemmeno la disciplina contenuta nell'art. 120 Cost. può essere interpretata come legittimante il conferimento di poteri legislativi ad un soggetto che sia stato nominato Commissario dal Governo soggiungendo, con la successiva pronuncia n. 278 del 2014, che l'esercizio del potere di cui all'art. 120, secondo comma, Cost. non può modificare l'ordine delle attribuzioni, né creare nuovi tipi di atti legislativi di competenza di organi che non hanno funzioni legislative.
Resta, dunque, conclamato che il documento allegato all’intesa qui avversata è strutturalmente privo dell’attitudine a porsi quale autonoma fonte del diritto e, dunque, ad innovare l’ordinamento giuridico preesistente (cfr. Corte Costituzionale n. 270 del 2005).
8.6. Sotto distinto profilo occorre, poi, soggiungere che se è vero che il principio di leale collaborazione, anche in una accezione minimale, impone alle parti che sottoscrivono un accordo ufficiale in una sede istituzionale di tener fede ad un impegno assunto (cfr. Corte Costituzionale n. 58/2007 e 31/2006), è altrettanto vero che la declinazione specifica di tale impegno, nella sua portata cogente, rispetto all’esercizio della funzione normativa delle Regioni, vieppiù se a livello legislativo, non è affatto automatica né risulta esplorata, siccome non attuale, la possibilità e le relative forme di interventi sostitutivi ovvero correttivi in attuazione dell’articolo 120 della Costituzione.
9. Deve, dunque, rilevarsi, in via conclusiva, come il documento oggetto di intesa approvato dalla Conferenza Stato – Regioni si riveli, in considerazione sia della sua natura giuridica sia dei suoi specifici contenuti talvolta non definiti e, dunque, bisognevoli di ulteriore sviluppo, strutturalmente e funzionalmente inidoneo ad accreditarsi come fonte contraddistinta da immediata e cogente forza precettiva esaurendo i propri effetti sul piano dei soli rapporti intersoggettivi tra gli Enti che hanno approvato l’intesa senza che ad essi si accompagni l’inserimento di una nuova disciplina, già compiuta, nell’ambito dell’ordinamento giuridico generale.
9.1. Alcun nuovo obbligo, dunque, ne deriva, ad oggi, in capo alla categoria professionale alla quale appartiene il dott. P ovvero rappresentata dall’Associazione ricorrente trovando tuttora applicazione, nella materia qui in rilievo, i principi di cui all’articolo 8 ter del d. lgs 502/1992 in sinergia con le singole discipline regionali.
9.2. Trovano, dunque, fondamento, come correttamente già rilevato dal giudice di prime cure, le eccezioni formulate dalle Amministrazioni resistenti nella parte in cui oppongono che l’Intesa, di per sé, non è idonea a ledere direttamente la posizione degli appellanti, né come singoli né come collettività, non avendo il suddetto atto nessuna forza di spiegare, in via autonoma, effetti giuridici nei loro confronti né, dunque, di conformarne la sfera giuridica.
9.3. L’Intesa in argomento si inquadra, invero, con valenza meramente preparatoria in una sequenza complessa di atti non ancora perfezionata necessitando della mediazione costitutiva di ulteriori provvedimenti cui si riconnettono, sul piano genetico, gli effetti ritenuti pregiudizievoli e che oggi sono solo preannunciati, futuri e nemmeno così scontati non potendo i successivi ed ulteriori sviluppi tradursi in una mera ed automatica trasposizione del contenuto dell’Intesa nel conseguente provvedimento normativo regionale, immaginando così di poter completamente sterilizzare, in via preventiva, la discrezionalità propria del dibattito interno alle Assemblee regionali: il contenuto dell’intesa dovrà, invero, essere trasfuso in atti normativi delle Regioni ovvero delle Province autonome nel rispetto delle prerogative degli organi legislativi regionali, imputandosi solo alla specifica disciplina di riferimento, una volta adottata e resa efficace secondo i prescritti e tipizzati procedimenti, gli effetti innovativi dell’ordinamento giuridico.
La lesione della sfera giuridica degli odierni appellanti potrà quindi configurarsi solo a seguito dell’eventuale recepimento nelle legislazioni regionali, nei termini ritenuti qui penalizzanti, dei principi guida contenuti nell’Intesa de qua .
9.4. D’altro canto, ed ad ulteriore conforto di quanto fin qui evidenziato, è sufficiente notare che, nella stessa prospettazione di parte appellante, vi sarebbero già oggi atti di recepimento non del tutto allineati alle coordinate conformative tracciate nella suddetta Intesa, come ad esempio nel caso della Regione Campania rispetto alla quale gli appellanti evidenziano che “la Regione Campania, con il Decreto n. 10/2018 che ha recepito l’Intesa Stato Regioni del 9/6/2016, ha derogato alla stessa escludendo, ai sensi e per gli effetti dell’art. 19 della L. n. 241/1990 dall’obbligo di presentazione della SCIA gli studi e gli ambulatori odontoiatrici privati”.
E lo stesso sarebbe a dirsi sempre secondo gli appellanti – quanto ad una lettura meno stringente dei presupposti operativi dell’autorizzazione – per la Regione Basilicata che, nella LR n. 19 del 24/7/2017, avrebbe imposto l’obbligo di autorizzazione solamente ai centri odontoiatrici che sono costituiti come società, mentre per lo studio odontoiatrico ha previsto la possibilità di inviare una semplice comunicazione all'Asl, nonché, seguendo la stessa esemplificazione contenuta nel mezzo qui in rilievo, per altre iniziative regionali pur adottate in epoca successiva all’Intesa qui impugnata come nei casi della Regione Umbria e della Valle d’Aosta.
9.5. Resta in definitiva confermato il principio affermato in prime cure secondo cui la lesione lamentata dalle parti ricorrenti è priva dei predetti requisiti, in quanto essa si concretizzerà solo se e quando le Amministrazioni che hanno partecipato alla Conferenza Stato - Regione decidano di dare attuazione agli impegni assunti in quella sede e adottino atti incidenti (concretamente) sulla sfera giuridica degli odierni ricorrenti.
Ne discende il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.
Considerata la novità della questione scrutinata sussistono nondimeno giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.