Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-09-15, n. 202005451

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-09-15, n. 202005451
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202005451
Data del deposito : 15 settembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/09/2020

N. 05451/2020REG.PROV.COLL.

N. 04385/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4385 del 2011, proposto dalla signora M A S, rappresentata e difesa dagli avvocati M F e M G M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A D A in Roma, via Portuense, n. 104,

contro

- la Regione Autonoma della Sardegna, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A C e S T, con domicilio eletto presso la Rappresentanza della Regione Autonoma della Sardegna, in Roma, via Lucullo n. 24;
- l’Assessorato regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione spettacolo e sport, in persona dell’Assessore pro tempore , non costituito in giudizio;
- l’Ufficio Tutela del Paesaggio di Nuoro, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda) n. 2404/2010, resa tra le parti, concernente parere contrario di compatibilità paesaggistico-ambientale di immobile abusivo.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Autonoma della Sardegna;

Visti tutti gli atti della causa;

Viste le brevi note depositate dalle parti costituite in giudizio, ai sensi dell’art. 84, comma 5, secondo periodo, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 7 luglio 2020, il Cons. C C, dati per presenti i difensori delle parti costituite in giudizio, ai sensi dell’articolo 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il presente appello, l’interessata avversa la sentenza in epigrafe che ne ha respinto il ricorso con il quale aveva impugnato l’atto, prot. 7513, in data 26 novembre 1998, dell’Ufficio Tutela del Paesaggio di Nuoro. Con tale atto il suddetto Ufficio aveva espresso, ai sensi delle leggi n. 1497/1939 e n. 431/1985, parere contrario sotto i profili paesaggistici e ambientali alla sanatoria di immobile abusivo.

L’appellante deduce l’erroneità della pronuncia del Tar in merito all’insussistenza dei dedotti vizi dell’atto impugnato di “ eccesso di potere per erroneità nei presupposti e/o travisamento dei fatti, manifesta illogicità e contraddittorietà, irragionevolezza, carenza di motivazione e travisamento dei fatti ”. Tali vizi sarebbero invece evidenziati: dal fatto che il manufatto per il quale era stata chiesta la sanatoria si troverebbe in un contesto completamente urbanizzato;
esso sarebbe posto a 160 m. e non a 120 m. di distanza dalla battigia, come erroneamente ritenuto dall’Amministrazione, per difetto di istruttoria;
il parere contrario sarebbe privo di congrua motivazione, in quanto fondato sulla particolare “ massiccità ” di altro immobile presente sulla stessa area, già condonato, e con l’esigenza di limitare l’impatto dei volumi a salvaguardia della naturalità dei luoghi: eppure, la capacità edificatoria dell’area non era ancora esaurita, dato che il fabbricato preesistente impegnava solo due terzi della cubatura assentibile e la ripartizione della capacità edificatoria tra due edifici avrebbe soddisfatto l’esigenza di limitare l’impatto dei volumi edilizi;
contraddittoriamente, rilevata la massiccità del fabbricato preesistente, l’Amministrazione avrebbe attribuito al nuovo volume un effetto di appesantimento della residua parte libera del lotto e il depauperamento dello spazio verde, tanto da richiederne la demolizione, invece dell’irrogazione di sanzione pecuniaria;
l’atto impugnato sostanzierebbe una disparità di trattamento dato che, per tre costruzioni di maggior volumetria, situate nel vicinato, era stato rilasciato il nulla osta paesaggistico.

2. La Regione Autonoma della Sardegna, costituita in giudizio con atto depositato in data 28 gennaio 2012, ha chiesto il rigetto dell’appello, dopo aver evidenziato che: il manufatto in questione non era stato ancora realizzato alla data del 12 maggio 2005 e, quindi, non poteva essere sanato;
il medesimo manufatto si trova a 120 m da uno stagno e a 156 m dalla battigia;
l’area sulla quale il fabbricato era stato costruito, oltre ad essere sottoposta a vincolo paesaggistico, rientra tra quelle sottoposte alla massima tutela (grado 1) dal Piano Territoriale Paesistico n. 6.

3. Tanto esposto, venendo all’esame dell’appello, il Collegio ritiene condivisibile il ragionamento del Tar per cui “ il fabbricato principale di proprietà della ricorrente era già stato oggetto di condono, sicché ben appare ragionevole che, nella valutazione della compatibilità dal punto di vista paesistico-ambientale delle opere abusive successivamente realizzate, l’Autorità preposta alla salvaguardia di tali valori, rilevando la particolare ‘massiccità’ del fabbricato già ‘sanato’, abbia considerato superato, con riguardo all’intervento proposto, il limite massimo di edificazione compatibile con le particolari esigenze di tutela dell’area ”. Infatti, l’esigenza di evitare un’ulteriore compromissione del valore paesaggistico dell’area, nella parte residua rispetto a quella di costruzione dell’edificio già condonato, pare sostanziare una congrua motivazione dell’atto impugnato, alla luce della giurisprudenza di questo Consiglio, secondo la quale: gli atti adottati dall’autorità preposta alla tutela delle bellezze naturali costituiscono espressione di discrezionalità tecnica, in quanto tali “ sindacabili in sede di giurisdizione di legittimità, unicamente per manifesta illogicità o travisamento dei fatti o per inadeguatezza dell’istruttoria o della motivazione ” (Cons. Stato, Sez. VI, 2 gennaio 2018 n. 14), circostanze che, ad avviso del Collegio, non ricorrono nella fattispecie;
la motivazione deve ritenersi “ sufficiente quando evidenzi l’impatto dell’opera sulla bellezza naturale e l’esigenza di tutelarla ” (Cons. Stato, sez. V, 16 marzo 2005, n. 1066), dato che, l’obiettivo dell’Amministrazione, nell’esercizio della funzione di tutela del paesaggio, è quello “ di difendere, mercé un giudizio di comparazione, il contesto vincolato nel quale si collochi l’opera, tenendo sì presenti le effettive e reali condizioni dell’area d’intervento (arg. ex Cons. St., VI, 29 dicembre 2010 n. 9578;
id., 14 giugno 2011 n. 4418), ma pure se l’eventuale sovraccarico di plurimi interventi in situ non abbia raggiunto un livello di saturazione incompatibile col vincolo
” (Cons. Stato, Sez. VI, 18 settembre 2017, n. 4369);
inoltre, il parere negativo formulato dall’Autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, “ha valore vincolante e preclusivo del procedimento di condono edilizio. Tale parere può essere sinteticamente motivato nel riferimento alla descrizione delle opere e alle concrete circostanze nelle quali le stesse sono collocate, essendo la difesa del paesaggio valore costituzionale primario ” (Cons. Stato, sez. IV, 7 novembre 2018, n. 6276).

Correttamente, quindi, il Tar ha ritenuto non irragionevole “ la decisione dell’Amministrazione di procedere ad una valutazione complessiva dell’intervento posto in essere ” dalla ricorrente, valutando la compatibilità paesaggistica del manufatto di cui è questione anche in relazione all’altro edificio già condonato, allo scopo di evitare un ulteriore degrado dell’area. A tal fine non poteva avere alcun peso la circostanza che la capacità edificatoria dell’area non fosse esaurita, posto che, per la valutazione paesaggistica, non vengono in rilievo gli indici di edificabilità, bensì la compatibilità paesaggistica della costruzione.

Quanto alla pretesa disparità di trattamento, il Collegio rileva che la ricorrente non ha fornito in giudizio quella rigorosa prova, richiesta dalla giurisprudenza di questo Consiglio, della pretesa identità della fattispecie controversa con le altre in cui sarebbe stato invece concesso il nulla osta o espresso parere favorevole, fermo restando che “ la legittimità dell'operato della p.a. non può comunque essere inficiata dall’eventuale illegittimità compiuta in altra situazione ” (Cons. Stato, sez. VI, 5 marzo 2013, n. 1323;
cfr. anche Cons. Stato, sez. VI, 11 giugno 2012, n. 3401, e 20 maggio 2011, n. 3013). Inoltre, poiché, come sopra evidenziato, il parere sulla compatibilità paesaggistica è espressione non di discrezionalità amministrativa, bensì di discrezionalità tecnica, esso “ non implica alcuna forma di comparazione e di valutazione di interessi eterogenei ” (Cons. Stato, sez. VI, n. 4369/2017, cit.).

4. Per quanto sopra esposto, l’appello deve essere respinto e la sentenza impugnata deve essere confermata.

Il regolamento delle spese del grado di giudizio, liquidate nel dispositivo, segue la soccombenza.

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