Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-03-05, n. 201301323

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-03-05, n. 201301323
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201301323
Data del deposito : 5 marzo 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06443/2012 REG.RIC.

N. 01323/2013REG.PROV.COLL.

N. 06443/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6443 del 2012, proposto dai signori T M e A D, rappresentati e difesi dagli avvocati S T e L M, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Confalonieri, 5;

contro

Provincia Autonoma di Bolzano, rappresentata e difesa dagli avvocati R V G, M C, S B, M P e J S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M C in Roma, via Bassano del Grappa, n. 24;
Istituto per l'Edilizia Sociale (Ipes);
Comune di Bolzano

per la riforma della sentenza del T.R.G.A. - Sezione autonoma della provincia di Bolzano n. 214/2012


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia Autonoma di Bolzano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2012 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati Manzi e Costa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I signori M e D riferiscono di essere proprietari di un’area ad uso agricolo nell’ambito del territorio comunale di Bolzano e di aver partecipato al bando (indetto dall’amministrazione provinciale di Bolzano nell’ottobre del 2011) al fine di consentire all’amministrazione di individuare ed acquistare aree edificate o non edificate a Bolzano, idonee alla realizzazione di centoventi alloggi da destinare al ceto medio.

La procedura si inscriveva nell’ambito delle generale previsioni di cui all’articolo 22- ter della legge provinciale 17 dicembre 1998, n. 13 (recante ‘ Ordinamento dell’edilizia abitativa agevolata ’) il quale disciplina in concreto le misure di accelerazione dei programmi di costruzione e, in particolare, le procedure di individuazione, acquisto e distribuzione di siti destinati alla realizzazione di immobili da destinare al ceto medio.

Ai sensi del comma 1, lettera c) della disposizione da ultimo richiamata, “ qualora la realizzazione delle abitazioni programmate sia prevista su un’area sulla quale, in base alle indicazioni del vigente piano urbanistico comunale, non è ammessa la realizzazione di abitazioni o comunque non è ammessa nella misura prevista, l’offerente partecipante alla gara di cui al comma 1, lettera a), all’atto della presentazione dell’offerta deve allegare il parere vincolante sull’idoneità urbanistica dell’area. La commissione urbanistica provinciale rilascia detto parere entro 60 giorni su richiesta dell’offerente di concerto con il comune territorialmente competente. Qualora il parere non dovesse essere reso entro il predetto termine, esso si intende positivo. In caso di parere positivo del comune, la Giunta provinciale delibera la variante al piano urbanistico ”.

In data 15 dicembre 2011 la Commissione urbanistica provinciale esprimeva il parere di competenza in ordine all’idoneità urbanistica dell’area proposta dagli odierni appellati.

Il parere dell’Organo provinciale era di segno negativo in quanto:

- la superficie proposta, nell’ambito del vigente piano urbanistico, è individuata quale “ paesaggio degno di speciale tutela con imposizione di particolari vincoli per l’eventuale utilizzo ”;

- pur ammettendosi che il progetto preliminare di piano urbanistico comunale (c.d. ‘Masterplan’) ha previsto de futuro la possibilità di ammettere l’edificazione per l’area in questione, tuttavia “ sussistono altre alternative all’interno del perimetro, che dovrebbero essere poste a confronto e valutate nell’ambito di una pianificazione ordinaria e di una valutazione ambientale strategica al fine di trovare la soluzione migliore ”;

- le richiamate alternative “ potrebbero anche evitare al momento attuale il consumo di aree agricole in tale misura ”.

Con ricorso proposti dinanzi al TRGA – Sezione autonoma per la Provincia di Bolzano e recante il n. 16/2012 i signori M e D impugnavano il parere di cui sopra unitamente a tutti gli altri atti della serie procedimentale (fra cui il bando di gara dell’ottobre 2011).

Con la sentenza in epigrafe il T.R.G.A. ha respinto – ritenendoli infondati – sia il ricorso introduttivo, sia il ricorso per motivi aggiunti.

La sentenza in questione è stata gravata in sede di appello dai signori Mai e D i quali ne hanno chiesto la riforma articolando plurimi motivi.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione provinciale di Bolzano la quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.

Alla pubblica udienza del 21 dicembre 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso iproposto dai proprietari di un’area a destinazione agricola ubicata nel territorio comunale di Bolzano avverso la sentenza del T.R.G.A. - Sezione Autonoma per la Provincia di Bolzano - con cui è stato respinto il ricorso avverso gli atti con cui l’amministrazione provinciale ha respinto la richiesta di partecipazione a una procedura selettiva per la vendita di aree non edificate da destinare a un programma straordinario di edilizia abitativa (articolo 22- ter della legge provinciale 17 dicembre 1998, n. 13).

2. L’appello è infondato.

2.1. Con il primo motivo gli appellanti chiedono la riforma della sentenza per la parte in cui ha respinto il motivo di ricorso con il quale si era lamentata la sostanziale violazione della litera e della ratio della legge provinciale 13 del 1998 in tema di programmi di edilizia residenziale pubblica.

In particolare il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di rilevare che l’operato della Commissione urbanistica provinciale (il quale si era tradotto nell’espressione di un parere negativo sull’idoneità urbanistica delle aree offerte dagli appellanti) non solo risultava incongruo e irragionevole, ma per di più si traduceva in una sostanziale critica della stessa ratio sottesa alla previsione di cui all’articolo 22- ter della richiamata legge provinciale.

Sotto tale aspetto, il Tribunale avrebbe omesso di considerare:

- che la l.p. 13 del 1998 non consente alla Commissione di operare un giudizio di ponderazione fra alternative, dovendosi essa limitare ad esprimersi in ordine alla idoneità urbanistica dell’area;

- che la ratio della legge in questione risulterebbe vanificata se si ammettesse la possibilità di esprimere sempre e comunque parere negativo in caso di richieste concernenti aree ad uso agricolo;

- che, all’esito di precedenti analoghe procedure selettive, gli Organi provinciali avevano espresso parere favorevole in ordine all’idoneità urbanistica di aree aventi caratteristiche in tutto similari a quella offerta dagli odierni appellanti (del resto, anche nell’ambito della procedura all’origine dei fatti di causa era stato espresso parere favorevole su proposte non dissimili rispetto a quella formulata dai signori M e D).

2.1.1. Il motivo è infondato.

2.1.2. Si osserva al riguardo che la sentenza in epigrafe è meritevole di conferma laddove ha ritenuto congruamente motivata la determinazione con cui la Commissione urbanistica provinciale ha reso parere negativo in ordine all’idoneità urbanistica dell’area.

Al contrario di quanto ritenuto dall’appellante, la Commissione ha congruamente motivato sul punto, richiamando:

- il particolare pregio paesaggistico che caratterizza l’area nel suo complesso;

- l’esistenza all’interno del perimetro del progetto preliminare di piano urbanistico comunale (c.d. ‘Masterplan’) di aree comparativamente più idonee rispetto a quella proposta dagli appellanti al fine di realizzare l’intervento;

- il limitato livello di inclusione nel sistema di urbanizzazione della città delle aree proposte dagli odierni appellanti.

Sotto tale aspetto, non può ritenersi che, rendendo un siffatto parere, la Commissione provinciale abbia addirittura criticato o revocato in dubbio l’impostazione di fondo della previsione di cui all’articolo 22- ter della legge regionale n. 13 del 2008.

Al contrario, si ritiene che il parere espresso dalla Commissione (riguardato alla luce del relativo corredo motivazionale) risulti certamente compatibile con la litera e la ratio del richiamato articolo 22- ter .

In particolare, non si ritiene che la disposizione da ultimo richiamata, per la parte in cui si limita ad incentrare la valutazione sul profilo della ‘idoneità urbanistica dell’area’, precluda un esame di tipo comparativo circa le possibili scelte alternative rispetto a quelle proposte dal singolo offerente.

Al riguardo si osserva:

- che la procedura delineata dal richiamato articolo 22- ter non è finalizzata sic et simpliciter alla dichiarazione di idoneità urbanistica dell’area in quanto tale (ossia, a un esame relativo alle caratteristiche dell’area svolto in senso – per così dire – ‘monadologico’), ma risulta pur sempre inserita nell’ambito di una procedura di carattere comparativo, da svolgersi nel rispetto dei princìpi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità (art. 22- ter , comma 1, lettera a), l. p. 13 del 1998, cit.);

- che è insita nel proprium di una procedura di carattere intrinsecamente comparativo la possibilità di valutare l’idoneità urbanistica di un’area in relazione alle caratteristiche proprie delle altre aree potenzialmente selezionabili. Ciò viene confermato dal fatto che si trattava di una procedura finalizzata alla realizzazione di un numero chiuso di alloggi (centoventi) e non al rilascio di un atto lato sensu idoneativo rispetto alla realizzazione in futuro di tali alloggi;

- che, del pari, è intrinsecamente coerente con l’impostazione disciplinare di cui all’articolo 22- ter , cit. la scelta (basata sul principio c.d. del ‘minimo mezzo’) di preferire - ceteris paribus – aree già dotate da una destinazione edificatoria piuttosto che aree a destinazione agricola;

- che non può in alcun modo essere condivisa la tesi dell’appellante, la quale sembra concretarsi nell’affermazione per cui la previsione di cui all’articolo 22- ter , cit. sarebbe inevitabilmente e univocamente volta a riconoscere l’idoneità urbanistica di aree prive di tale caratteristica (mentre la tesi opposta – qui condivisa – risulterebbe violativa della lettera e della ratio della disposizione in parola). Al contrario, nell’ambito del sistema delineato dalla l.r. 13 del 1998 la regola è pur sempre costituita dalla prioritaria scelta di utilizzare per programmi abitativi aree a vocazione edificatoria, mentre la possibilità di destinare a tali programmi aree a destinazione agricola resta pur sempre un’opzione residuale e da motivare caso per caso.

2.2. Con il secondo motivo gli appellanti chiedono la riforma della sentenza in epigrafe per avere i primi Giudici omesso di rilevare oggettivi profili di eccesso di potere per motivazione carente e contraddittoria in relazione alle ragioni che avevano indotto la Commissione a negare l’idoneità urbanistica dell’area.

Al riguardo gli appellanti osservano in primo luogo:

- che l’argomento fondato sull’eccezionale rilevanza paesaggistica dell’area non risulterebbe di per sé dirimente in quanto l’intera città di Bolzano e i suoi dintorni risultano caratterizzati da un generale pregio paesistico;

- che il T.R.G.A. avrebbe dovuto valorizzare la doglianza con cui si era lamentata la carenza di alcuna motivazione in relazione alle ragioni che avevano indotto a discostarsi dal parere (favorevole) espresso dall’Ufficio ecologia del paesaggio della Provincia. Oltretutto, non sarebbe stato adeguatamente valorizzato il fatto che tale parere ha riguardato espressamente le aree di proprietà degli appellanti.

In secondo luogo, gli appellanti osservano che il T.R.G.A. avrebbe erroneamente confermato la scelta provinciale di escludere l’idoneità urbanistica dell’area in considerazione del suo insufficiente inserimento organico rispetto alle infrastrutture cittadine e il mancato collegamento con la via Resia. Sotto tale aspetto, non sarebbe stato adeguatamente considerato il fatto che si tratta, invece, di una zona posta in prossimità di tutti i principali servizi essenziali e che lo stesso progetto preliminare di piano urbanistico comunale (c.d. ‘Masterplan’) definisce come caratterizzata da ‘idoneità medio-alta’ per future edificazioni.

2.2.1. Il motivo non può essere condiviso.

2.2.1.1. Ribadendo qui quanto già osservato sub 2.1.2., si osserva che la scelta relativa al se riconoscere l’idoneità urbanistica di una determinata area nell’ambito della particolare procedura di cui all’articolo 22- ter , l. 13, cit. è caratterizzata da margini di apprezzamento discrezionale il cui esercizio concreto non può essere censurato in sede giurisdizionale, se non nelle ipotesi (che qui non susssistono) di palese incongruità o irragionevolezza.

Al contrario, la scelta dell’amministrazione appellata risulta motivata in modo plausibile laddove richiama il particolare pregio paesistico dell’area (caratteristica che neppure l’appellante nega) e laddove auspica la valutazione di altre alternative all’interno del perimetro, “ che dovrebbero essere poste a confronto e valutate nell’ambito di una pianificazione ordinaria e di una valutazione ambientale strategica al fine di trovare la soluzione migliore ”.

Ora, se da un lato deve tenersi in considerazione il fatto che la maggior parte delle aree che circondano la città di Bolzano è caratterizzata da notevole pregio paesaggistico, per altro verso tale circostanza non può costituire ex se ragione sufficiente per ammettere in modo indifferenziato l’urbanizzazione di ciascuna di esse.

Al contrario, è proprio il diffuso pregio paesaggistico di tali aree a dover indurre l’amministrazione a fare un utilizzo quanto mai accorto ed oculato del territorio e a valutare (come nel caso di specie ha fatto l’amministrazione appellata) in via prioritaria l’utilizzo di aree già caratterizzate da vocazione edificatoria al fine di evitare il non necessario “ consumo di aree agricole ” (secondo la pregnante formulazione contenuta nel provvedimento impugnato in primo grado).

2.2.1.2. Per le medesime ragioni, non può rilevare ai fini della decisione la circostanza per cui il progetto preliminare di piano urbanistico comunale (c.d. ‘Masterplan’) avesse previsto de futuro la possibilità di ammettere l’edificazione per l’area in questione.

A tacere d’altro, il progetto in questione reca previsioni di carattere programmatico e non può ritenersi che alla sua approvazione consegua in modo diretto l’edificabilità dell’area. Allo stesso modo è evidente che, stante il carattere preliminare – e quindi non definitivo - del progetto in questione (Masterplan), esso non risulti in alcun modo idoneo ad esprimere in modo definitivo la volontà dell’Ente in ordine alle scelte urbanistiche e che non possa in alcun modo essere assunto quale parametro attendibile di valutazione o quale tertium comparationis per valutare la coerenza e congruità dell’operato della Provincia.

2.2.1.3. Né a conclusioni diverse può giungersi in considerazione del parere espresso dall’Ufficio provinciale ecologia del paesaggio (il quale si era espresso in senso favorevole al riconoscimento dell’idoneità urbanistica dell’area), atteso che: i) l’Ufficio in questione non risulta avere una competenza primaria in subiecta materia (e, segnatamente, non è deputato ad esprimersi circa l’idoneità urbanistica delle aree);
ii) il parere in questione ha a propria volta riconosciuto l’eccezionale rilevanza paesaggistica delle aree in cui ricadono i terreni offerti dagli odierni appellanti (ossia, ha riconosciuto una delle circostanze determinanti su cui si è basato il pronunciamento provinciale).

2.2.2. Concludendo sul punto, si ritiene che nel caso di specie non sussistano ragioni per discostarsi dal consolidato orientamento secondo cui le scelte urbanistiche costituiscono valutazioni di merito sottratte al sindacato giurisdizionale di legittimità, salvo che (ma non è il caso che qui ricorre) esse risultino inficiate da errori di fatto o abnormi illogicità, ovvero che - per quanto riguarda la destinazione di specifiche aree – esse risultino confliggenti con particolari situazioni le quali abbiano ingenerato affidamenti e aspettative qualificate, derivanti da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato con le amministrazioni comunali, giudicati di annullamento di permessi edilizi o silenzi rifiuto su domande di permessi edilizi, modificazioni della destinazione di area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (sul punto – ex plurimis -: Cons. Stato, IV, 27 gennaio 2012, n. 425; id ., IV, 12 gennaio 2011, n. 133; id ., IV, 13 ottobre 2010, n. 7492).

2.2.3. Per le medesime ragioni non può trovare accoglimento il motivo di appello con il quale si è lamentato il mancato accoglimento del motivo di ricorso con cui si era censurato il provvedimento provinciale il quale aveva rilevato l’insufficiente inserimento organico dell’area rispetto alle infrastrutture cittadine e, in particolare, il mancato collegamento con via Resia.

Al riguardo si osserva in primo luogo che, secondo un consolidato – e qui condiviso – orientamento, in caso di impugnazione giurisdizionale di determinazioni amministrative di segno negativo fondate su una pluralità di ragioni (ciascuna delle quali di per sé idonea a supportare la parte dispositiva del provvedimento), è sufficiente che una sola di esse resista al vaglio giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti indenne dalle censure articolate ed il ricorso venga dichiarato infondato, o meglio inammissibile in parte qua, per carenza di interesse alla coltivazione dell'impugnativa avverso l'ulteriore ragione ostativa, il cui esito resta assorbito dalla pronuncia negativa in ordine alla prima ragione ostativa (in tal senso – ex plurimis -: Cons. Stato, VI, 28 settembre 2012, n. 5152; id ., VI, 11 giugno 2012, n. 3401; id ., VI, 27 febbraio 2012, n. 1081).

Pertanto, alla luce delle osservazioni svolte in precedenza (le quali sarebbero di per sé idonee a giustificare il provvedimento negativo impugnato in primo grado), l’eventuale accoglimento del richiamato motivo non potrebbe comunque condurre all’annullamento degli atti impugnati in primo grado.

Ad ogni modo si osserva che la tesi degli appellanti (i quali sottolineano l’esistenza in loco di collegamenti, infrastrutture e servizi diversi e alternativi rispetto a quelli indicati dai competenti Organi provinciali) si traduca, a ben vedere, nell’inammissibile tentativo di sostituire le valutazioni urbanistiche di merito operate dall’Ente competente con soluzioni – lo si ripete: diverse e alternative – il cui accoglimento comporterebbe in modo necessario una sovrapposizione in scelte di merito già insindacabilmente realizzate e non viziate da profili di illegittimità.

2.2.4. Ancora, non può trovare accoglimento il motivo (articolato alla pagina 27 e seguenti dell’atto di appello) secondo cui la Provincia di Bolzano, nel negare in modo diretto l’edificabilità dell’area, avrebbe violato le prerogative comunali in tema di formazione e approvazione dello strumento urbanistico generale.

2.2.4.1. Al riguardo si osserva che dall’articolazione del motivo in parola non risulta neppure evidente se la censura si rivolga avverso il parere di idoneità urbanistica dell’area reso dagli Organi provinciali (come dovrebbe ritenersi dal fatto che tale parere risulta impugnato in via principale) ovvero se tale censura sia rivolta avverso il contenuto stesso della speciale procedura in deroga di cui all’articolo 22- ter della l.p. 20 del 1997 (nel qual caso tale motivo si tradurrebbe in un possibile profilo di incostituzionalità della disposizione in questione).

Ebbene:

- quanto al primo aspetto, ci si limita ad osservare che il motivo in questione risulta infondato dal momento che la Provincia di Bolzano si è in effetti attenuta alle previsioni di cui al più volte richiamato articolo 22- ter ;

- quanto al secondo aspetto, si osserva che l’ipotizzato profilo di incostituzionalità (derivante dal ritenuto mancato coinvolgimento del Comune nell’ambito della procedura in deroga alle pertinenti previsioni del piano urbanistico comunale) risulta a sua volta infondato. E infatti, si ritiene che la procedura delineata dal comma 1, lettera c) dell’articolo 22- ter preveda un adeguato coinvolgimento dell’Ente-comune, dal momento che: i ) il parere in ordine all’idoneità urbanistica dell’area viene reso ‘di concerto’ con il comune territorialmente competente; ii ) la Giunta provinciale è legittimata a deliberare la variante al piano urbanistico solo nel caso in cui il Comune abbia a sua volta previamente espresso un parere positivo.

2.2.5. Le ragioni dinanzi esaminate retro , da 2.1 a 2.2.3 palesano il carattere non illegittimo delle determinazioni con cui la Provincia di Bolzano ha reso un parere negativo in ordine all’idoneità urbanistica delle aree offerte degli odierni appellanti.

Per le medesime ragioni non può trovare accoglimento il motivo di appello con cui si lamenta che il T.R.G.A. non abbia tenuto in adeguata considerazione la sostanziale disparità di trattamento posta in essere dalla Provincia di Bolzano, la quale avrebbe riconosciuto in tempi recenti l’idoneità urbanistica di aree aventi caratteristiche in tutto simili (e in alcuni casi, peggiori) rispetto a quelle offerte dagli odierni appellanti.

2.2.5.1. Il motivo in questione non può trovare accoglimento, stante il consolidato – e qui condiviso – orientamento secondo cui la censura di eccesso di potere per disparità di trattamento a fronte di scelte discrezionali dell'Amministrazione è riscontrabile soltanto in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato, situazioni la cui prova rigorosa deve essere fornita dall'interessato, con la precisazione che la legittimità dell'operato della p.a. non può comunque essere inficiata dall'eventuale illegittimità compiuta in altra situazione (in tal senso: Cons. Stato, VI, 11 giugno 2012, n. 3401; id ., VI, 8 luglio 2011, n. 4100; id ., VI, 30 giugno 2011, n. 3894).

2.3. Con il terzo motivo gli appellanti chiedono la riforma della sentenza per la parte in cui ha dichiarato infondato il motivo di ricorso con il quale si era chiesto di accertare il superamento del termine di legge per la formazione del silenzio-assenso sull’istanza finalizzata alla pronuncia del parere vincolante di cui all’articolo 22- ter della l.r. 13 del 1998 (il quale, al comma 1, lettera c), secondo e terzo periodo, stabilisce che “ la Commissione urbanistica provinciale rilascia [il parere di idoneità urbanistica dell’area] entro 60 giorni dalla richiesta dell’offerente (…). Qualora il parere non dovesse essere reso entro i predetto termine, esso si intende positivo ”).

Ebbene, in punto di fatto era avvenuto che: a ) la richiesta degli appellanti risaliva al 20 ottobre 2011; b ) il parere negativo provinciale era stato reso il 15 dicembre 2011 (ossia, prima del decorso del termine di 60 giorni di cui all’articolo 23- ter , cit.), mentre c ) tale parere era stato comunicato agli interessati solo il successivo 23 dicembre (ossia, dopo il decorso del richiamato termine di 60 giorni).

Secondo l’appellante, quindi, il T.R.G.A. avrebbe omesso di considerare che, trattandosi di atto recettizio (in quanto idoneo ad incidere in modo sfavorevole nella sfera giuridica dei richiedenti), la comunicazione del parere negativo era intervenuta solo quando si era ormai formato il silenzio-assenso sull’istanza.

2.3.1. Il motivo è infondato.

In particolare, il Collegio ritiene che non possa essere condivisa la tesi degli appellanti secondo cui il parere di cui all’articolo 22- ter della l.r. 13 del 1998, cit. avrebbe carattere recettizio.

Si osserva al riguardo:

- che la stessa litera dell’articolo 22- ter della legge provinciale di che trattasi (la quale fa espresso riferimento al momento in cui il parere viene ‘ reso’ ) rende chiaro che il computo del termine ad quem è riferito al momento in cui l’atto consultivo si perfeziona attraverso la sua rituale adozione;

- che non può neppure riconoscersi al parere in questione una valenza lato sensu provvedimentale (annettendo allo stesso il valore di provvedimento di tipo recettizio). Il parere in questione, infatti, pur essendo atto idoneo a determinare un arresto procedimentale (e in quanto tale direttamente impugnabile, in base a generali princìpi giurisprudenziali), resta pur sempre un atto di carattere endoprocedimentale, con la conseguenza che allo stesso non siano estensibili le categorie tipiche dei provvedimenti in senso proprio, fra cui il carattere di recettizietà invocato dagli appellanti;

- contrariamente a quanto affermato dagli appellanti a pag. 30 del ricorso in appello, dall’articolo 4 della più volte richiamata legge provinciale non è possibile desumere in alcun modo una conferma della tesi esposta con il motivo di appello in questione (ed infatti, l’esplicitazione del generale principio secondo cui il procedimento amministrativo deve essere concluso con l’adozione di un provvedimento espresso non può farsi coincidere con l’affermazione secondo cui il termine ad quem per il computo dei termini di maturazione del silenzio-assenso coincide con quello di – mancata - comunicazione del parere vincolante di contenuto negativo).

2.4. Con il quarto motivo di ricorso, i signori M e D hanno chiesto di accertare, ai sensi dell’articolo 31 del c.p.a., che il termine per rendere il parere di cui all’articolo 22- ter della più volte richiamata l.p. 13 del 1998 da parte della Commissione urbanistica provinciale e del Comune di Bolzano era già scaduto al momento in cui l’esito della seduta del 15 dicembre 2011 era stato comunicato ai ricorrenti.

2.4.1. Il motivo è inammissibile, atteso che la disposizione processuale la cui applicazione è invocata dagli appellanti è volta a far fronte alle sole ipotesi in cui (vertendosi in materie in cui il silenzio non assume valore provvedimentale tipico) l’amministrazione abbia omesso di adottare alcun atto, legittimando l’interessato a richiedere l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere.

Al contrario, la richiamata disposizione processuale non consente di introdurre una generalizzata azione volta all’accertamento del fatto negativo (nel caso di specie: la mancata adozione da parte del Comune di un parere a propria volta di segno negativo).

Ma anche a voler ammettere (conformemente al principio – peraltro non pacifico – della c.d. ‘atipicità delle azioni nel processo amministrativo’) la possibilità di rendere un accertamento negativo in sede giurisdizionale in ordine al se il Comune avesse o meno reso il proprio parere nell’ambito della procedura di cui all’articolo 22- ter , si ritiene che il motivo in questione non potrebbe comunque trovare accoglimento.

Al riguardo si ritiene qui di ribadire che nell’ambito del particolare sistema delineato dalla più volte richiamata disposizione di legge provinciale, la possibilità di destinare ai programmi di edilizia abitativa aree attualmente tipizzate per usi diversi (ad es.: aree a destinazione agricola, come nel caso di specie) costituisce pur sempre un’eccezione, con la conseguenza che tale carattere eccettuale debba anche orientare le opzioni ermeneutiche in caso di incertezze interpretative.

Impostati in tal modo i termini sistematici della questione (e pur dando atto del carattere non chiarissimo sul punto della previsione di cui all’articolo 22- ter ), si deve ritenere che la disposizione in questione (la quale – si badi – non menziona in alcun modo un ‘parere’ del comune, ma solo un generico ‘concerto’) debba essere intesa nel senso che un assenso espresso del Comune sia richiesto solo nel caso in cui il parere sull’idoneità urbanistica dell’area sia eccezionalmente favorevole e non anche nelle ipotesi in cui – come nel caso di specie – tale parere sia di segno negativo.

Del resto, laddove si accedesse alla tesi degli appellanti (secondo i quali: i ) il parere sull’idoneità urbanistica dovrebbe comunque essere preceduto da un atto espresso da parte del comune – anche in caso di esito negativo -) e ii ) in caso di infruttuoso decorso del termine di 60 giorni il parere sarebbe da intendere come reso in senso favorevole) le conseguenze pratiche sarebbero obiettivamente inammissibili.

In tali ipotesi, infatti, laddove la provincia esprimesse una volontà chiaramente negativa in ordine all’idoneità urbanistica dell’area e laddove il comune mostrasse un orientamento di segno opposto, per il comune sarebbe sufficiente non pronunciarsi in alcun modo e fare infruttuosamente decorrere (nell’assenza di un incontro di volontà con la provincia) il termine di 60 giorni al fine di far prevalere la propria volontà favorevole alla realizzazione dell’iniziativa.

E’ evidente al riguardo che un sistema in tal modo congegnato non solo renderebbe fisiologica (e oltremodo agevole) la possibilità di realizzare tali interventi derogatori (rendendo, di fatto, ordinario ciò che la legge provinciale chiaramente individua come eccettuale e residuale), ma determinerebbe anche una indebita alterazione dell’ordinario principio di codecisione fra diversi livelli di governo il quale necessariamente deve caratterizzare le principali scelte in materia urbanistica, determinando – a ben vedere – una immanente quanto surrettizia prevalenza della volontà del comune su quella della provincia.

Nel medesimo senso depone, altresì, un espresso dato testuale. Ci si riferisce all’ultimo periodo della lettera c) del comma 1 del più volte richiamato articolo 22-ter, secondo cui “ in caso di parere positivo del comune, la Giunta provinciale delibera la variante al piano urbanistico ”.

La previsione in parola (che è l’unica nell’ambito del corpus dell’articolo 22- ter a richiamare l’espressione di un parere da parte del Comune) rende chiaro ancora una volta che l’espressione di un atto manifesto di volontà da parte degli Enti coinvolti è richiesta solo nel caso (per così dire: ‘eccettuale’) in cui si intenda ammettere l’edificazione su aree non destinate a tali finalità dal pertinente piano urbanistico, mentre una siffatta espressione di volontà da parte del Comune non è richiesta nell’ipotesi (per così dire: ‘fisiologica’) in cui la provincia intenda ammettere tale tipo di edificazione.

2.5. Il quinto motivo di appello (con il quale si è chiesta la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha respinto le doglianze rivolte avverso il bando di gara) è infondato.

Al riguardo, la sentenza in epigrafe ha correttamente affermato che non sussiste alcun interesse degli odierni appellanti ad invocare la presunta illegittimità delle clausole del bando (e, segnatamente, di quelle relative alla tempistica per la consegna delle offerte) dal momento che, stante il tenore del parere negativo espresso dalla provincia in ordine all’idoneità urbanistica dell’area (parere la cui legittimità è stata dinanzi confermata), gli appellanti non avrebbero neppure i requisiti per partecipare alla gara in questione.

2.6. Per le ragioni sin qui esaminate non può trovare accoglimento la domanda risarcitoria proposta dai signori M e D dal momento che difettano nel caso di specie gli elementi costitutivi della fattispecie oggettiva di un illecito foriero di danno.

3. Per le ragioni sin qui esposte il ricorso in epigrafe deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

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