Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2017-11-13, n. 201705214
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Testo completo
Pubblicato il 13/11/2017
N. 05214/2017REG.PROV.COLL.
N. 03297/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOE DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3297 del 2017, proposto da:
-O-, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati J B, P T, con domicilio eletto presso lo studio Salvatore Maria Pappalardo in Roma, via Flaminia, 388;
contro
Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo Milano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Gen.le dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. -O-- MILANO: -O-, resa tra le parti,
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Ufficio Territoriale del Governo di Milano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 settembre 2017 il Cons. U R e uditi per le parti gli avvocati Patrizia Tornambé, J B e l'Avvocato dello Stato Tito Varrone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente gravame l’impresa appellante chiede la riforma della sentenza con cui è stata respinta la sua richiesta di “aggiornamento” dell’interdittiva antimafia presentata, ai sensi dell'art. 91, co. 5, d.lgs. n. 159/2011, da -O-, per l'effetto confermando i precedenti provvedimenti già assunti nei confronti della medesima ricorrente.
L’appello è affidato alla deduzione di un’articolata rubrica di gravame con cui si lamenta l’erroneità, il travisamento e l’eccesso di potere sotto diversi profili; nonché la violazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990; dell’art. 85 del d.lgs. n. 159/2011.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno che, con memoria, ha analiticamente confutato le tesi di parte ricorrente.
Chiamata all’udienza pubblica di discussione, ed uditi i difensori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione dal Collegio.
DIRITTO
1.§.1. Per la corretta confutazione delle censure non può prescindersi dalla ricostruzione del quadro complessivo della vicenda.
I -O- sono i proprietari pro-quota per il 33,33 % dell’appellante Impresa -O- (con -O- quale Presidente del C.d.A. nonchè -O-come consiglieri) che è direttamente collegata a tre loro distinte imprese individuali rispettivamente: l’impresa individuale -O-, l’impresa individuale-O- e l’impresa individuale -O- .
Tutte le predette imprese condividono la sede sociale, i settori di attività ed i committenti.
Gli intimi legami soggettivi ed oggettivi tra le predette società hanno portato ad analoghi provvedimenti di interdittiva antimafia di tutte le imprese collegate dei -O-, le cui separate richieste di annullamento sono state respinte dal TAR con altrettante sentenze, i cui appelli sono stati introitati, e respinti, in data odierna per profili tra loro quasi integralmente coincidenti.
1.§.2. Il presente appello concerne la sentenza con cui il Tr ha confermato il rigetto dell’istanza “di aggiornamento” presentata in relazione alla ritenuta rilevanza di alcune modifiche apportate alla governance della società, ma respinta dall’Amministrazione sul rilievo per cui le novità sopravvenute apportate non fossero in grado di realizzare la necessaria discontinuità con la precedente gestione, in quanto:
-- le dimissioni con decorrenza immediata in data -O-, del consiglio di amministrazione della società, composto dai fratelli -O- (presidente), -O- ed-O- (componenti) sarebbero irrilevanti in quanto:
- i tre fratelli mantenevano la proprietà e quindi il controllo della società;
- il nuovo direttore tecnico della stessa -O- è il figlio del precedente Presidente -O- ed è in stretti rapporti anche con gli altri due proprietari della società;
- in luogo del precedente consiglio di amministrazione composto da tre membri era stata nominata quale organo amministrativo unipersonale la -O-moglie convivente di -O- (e cognata di -O- e di-O-);
- la durata della carica di amministratore unico è prevista “sino a dimissioni o revoca”.
Pertanto, la scelta di individuare il nuovo amministratore unico della società tra i più stretti congiunti della società non era in grado di assicurare un’adeguata indipendenza dal contesto familiare di riferimento. Anche gli approfondimenti istruttori svolti dalle Forze di Polizia, hanno confermato la continuità della gestione della società in capo alla stessa famiglia, né sono emersi elementi significativi che possano fare ritenere venuti meno i collegamenti e le interessenze con ambienti contigui alla criminalità organizzata.
La decisione appellata è, in sintesi, affidata al rilievo per cui:
-- il quadro societario, proprietario e gestionale, non era radicalmente mutato rispetto a quello delle precedenti informative perché l’assetto proprietario della società è rimasto concentrato nelle mani dei tre fratelli;
--la circostanza che ognuno dei fratelli detenga quote pari a un terzo del capitale sociale, lungi dal dimostrare l’assenza di influenza dei singoli soci sulla gestione della società, costituisce piuttosto un indizio dell’esistenza di una comune regia familiare, specie in un contesto sociale in cui il capofamiglia esercita un ruolo predominante;
-- la nomina, “sino a dimissioni o revoca”, della moglie di -O- come amministratore unico della società è sufficiente ad insinuare il forte sospetto di una sostanziale continuità con la precedente gestione della società;
-- i provvedimenti interdettivi adottati nei confronti della società si basano anche sui rapporti economici intrattenuti dalla società – e dunque anche dagli altri due soci -- con imprese contigue alla criminalità organizzata e sul sospetto di una comune regia nell’attività di gestione di tutte le imprese riconducibili ai -O-, per gli stretti legami familiari al loro interno, per l’identità della sede legale e delle attività lavorative svolte, talvolta nei medesimi cantieri.
-- sono inconferenti i raffronti con altre vicende;
-- l’amministrazione deve estendere gli accertamenti “pure ai soggetti che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell'impresa” (art. 91, comma 5, d.lgs. n. 159/2011).
2.§. L’appello è affidato a diversi profili di gravame i quali, ancorché diversamente enumerati, possono essere esaminati, per ragioni di economia espositiva, come segue.
2.§.1. In una prima articolazione logica (rubricata sub A) la società appellante lamenta che, nella presente vicenda, non sarebbe stato tenuto nel giusto conto le modifiche apportate alla compagine sociale; neppure sarebbe stato operato un corretto bilanciamento gli interessi e dei diritti di libertà di iniziativa economica in danno dell’appellante.
Inoltre nella specie sarebbe del tutto mancato il “tentativo di infiltrazione mafiosa”. L’amministrazione invece di “accertare i tentativi di infiltrazione avrebbe viceversa affermato che “non si può escludere il tentativo” ampliando arbitrariamente la discrezionalità e violando il principio dei “fatti obiettivi” a cui la Corte Costituzionale ha ancorato la costituzionalità delle misure di prevenzione (cfr.: Cfr. Corte costituzionale, 23 marzo 1964, n. 23; id., 30 giugno 1964, n. 68; id., 21 maggio 1975, n. 113).
L’assunto va complessivamente respinto.
In linea di principio, gli elementi indizianti che erano stati posti a fondamento di un'informativa interdittiva, permangono inalterati fino al sopraggiungere di fatti nuovi e ulteriori rispetto alla precedente valutazione circa la presenza di tentativi siffatti, che siano idonei ad evidenziare il venir meno della situazione di pericolo (Cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 agosto 2017, n. 4053).
L’amministrazione è perciò tenuta ad emettere un’informativa liberatoria nei confronti dell'impresa solo ove sopraggiungano reali circostanze nuove, che siano cioè capaci di smentire o, comunque, di superare gli elementi che hanno giustificato l'emissione del provvedimento