Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-05-10, n. 202304739

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-05-10, n. 202304739
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202304739
Data del deposito : 10 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/05/2023

N. 04739/2023REG.PROV.COLL.

N. 01577/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1577 del 2016, proposto dalla Regione Emilia Romagna, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G P e S R, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A M in Roma, via Federico Confalonieri 5;

contro

la società Emiliambiente S.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A B, S G e C B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A C in Roma, via Toscana 30;

nei confronti

della Provincia di Parma e del Comune di Fidenza, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento ovvero la riforma

della sentenza del T.a.r. Emilia Romagna, sezione staccata di Parma, sez. I, 17 novembre 2015 n. 303, che ha accolto il ricorso n. 79/2015 R.G. proposto per l’annullamento:

della determinazione 12 dicembre 2014 n.2538, conosciuta in data imprecisata, del Dirigente dell’Area ambiente, agricoltura e progettazione ambientale della Provincia di Parma, concernente l’accordo di programma quadro – APQ Economie 2001-02/2004 per l’adeguamento dell’impianto di depurazione in Comune di Fidenza, I lotto, con il quale si è preso atto dell’ultimazione dei lavori, approvato il collaudo e lo stato finale di essi e si è richiesta alla Regione Emilia Romagna la quota di contributo spettante;

e di ogni atto connesso, presupposto ovvero consequenziale;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Emiliambiente S.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 marzo 2023 il Cons. Francesco Gambato Spisani e viste le conclusioni delle parti presenti, o considerate tali ai sensi di legge, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Si controverte della quota da porre effettivamente a carico della Regione Emilia Romagna, intimata appellante, per il finanziamento di un’opera pubblica, ovvero il primo lotto dei lavori di adeguamento del depuratore acque del Comune di Fidenza, nell’ambito dell’accordo di programma quadro – APQ di cui si dirà.

2. Vanno ricostruite per chiarezza le norme relative al finanziamento in questione.

2.1 Ancora in epoca non recente, l’art. 11 comma 3 della l. 5 gennaio 1994 n.36, istitutiva del servizio idrico integrato, aveva preso atto della necessità di adeguare le “ opere di adduzione, di distribuzione, di fognatura e di depurazione esistenti ” e aveva prescritto a Comuni e Province di predisporre “ sulla base dei criteri e degli indirizzi fissati dalle regioni, un programma degli interventi necessari accompagnato da un piano finanziario e dal connesso modello gestionale ed organizzativo ”.

2.2 Per ragioni che non rilevano ai fini di causa, questa previsione non ha avuto concreto seguito, e si è quindi arrivati all’art. 141 comma 4 della l. 23 dicembre 2000 n.388, secondo il quale: “ Per l'adempimento degli obblighi comunitari in materia di fognatura, collettamento e depurazione … le autorità istituite per gli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 8 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, ovvero, nel caso in cui queste non siano ancora operative, le province, predispongono, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ed attuano un programma di interventi urgenti, a stralcio e con gli stessi effetti di quello previsto dall'articolo 11, comma 3, della medesima legge 5 gennaio 1994, n. 36 ”. Si è quindi previsto, in buona sostanza, un nuovo programma degli interventi necessari.

2.3 A fronte di questa previsione astratta, si sono poi individuate le risorse, con la deliberazione

CIPE

8 marzo 2001 n. 23 (doc. 10 in I grado ricorrente appellata p. 86 del file relativo), la quale, come risulta dalle premesse, in primo luogo ne fa una sorta di inventario;
detta poi gli indirizzi per il loro concreto impiego. In particolare, questa delibera al punto 3 del dispositivo prevede che “ Nel caso di programmi stralcio la cui attuazione sia subordinata al reperimento di risorse ulteriori, rispetto a quelle già disponibili, i piani finanziari dovranno indicare le possibili fonti di copertura pubbliche o private ” e al punto 4 che “ I programmi stralcio saranno comunicati alle regioni, in modo che queste, in caso di ricorso a finanziamenti pubblici (nazionali, regionali e comunitari), provvedano a fame oggetto di appositi Accordi di programma quadro, nell'ambito delle Intese istituzionali di programma ”, attribuendo quindi alle Regioni stesse un ruolo di coordinamento.

2.4 Di conseguenza, la Regione Emilia Romagna, con deliberazione della Giunta 4 febbraio 2002 n.136 ha approvato il programma degli interventi e il successivo 20 dicembre 2002 ha concluso per finanziarli il relativo accordo di programma quadro con le amministrazioni statali, ovvero con i Ministeri dell'economia e delle finanze, dell'ambiente e della tutela del territorio, delle infrastrutture e dei trasporti e delle politiche agricole e forestali. Dall’amministrazione statale infatti sono pervenuti i fondi necessari (appello, p. 3, fatti non contestati).

2.5 Sempre la Regione, con deliberazione della Giunta 23 febbraio 2004 n.316 (doc. 3 in I grado ricorrente appellata, pp. 27 e 32 del file), ha ripartito fra le province, fra le quali la Provincia di Parma, le risorse ricevute.

2.6 Infine, la Regione, con deliberazione sempre della Giunta 1 aprile 2005 n.658, ha stabilito le modalità per l’impiego di questi fondi;
rilevano in particolare ai fini di causa le disposizioni di cui all’allegato 1 punti a2 in fine e a3 in fine, secondo le quali, rispettivamente: “ Si richiama l’attenzione sul fatto che il ribasso d’asta dovrà essere interamente detratto dal finanziamento concesso dal Ministero dell’ambiente, come pure le economie di fine lavori, che rimarranno a disposizione della Regione per le successive riprogrammazioni ”;
nonché “ Si richiama l’attenzione sul fatto che le eventuali economie di fine lavori dovranno essere interamente detratte dal finanziamento concesso dal Ministero dell’ambiente, che [testuale] rimarranno a disposizione della Regione per le successive riprogrammazioni ” (doc. 4 in I grado ricorrente appellata, pp. 39 e ss. del file, in particolare p. 50, da cui le citazioni).

2.7 Per comprendere questo meccanismo, si può citare l’esempio correttamente fatto dalla Regione intimata appellante nelle proprie difese: vi sia un intervento per il quale, in progetto, sia stato previsto un contributo statale di 100 a fronte di un costo complessivo di 300, di cui 100 coperti dal contributo e i restanti 200 posti a carico del soggetto attuatore. Se all’esito della gara d'appalto si aggiudica con un ribasso del 10%, pari a 30, il contributo statale viene ridotto a 70, pari alla differenza fra i 100 e i 30 risparmiati per effetto del ribasso di asta. Se, poi, a intervento realizzato si determina una " economia di fine lavori " pari a 20, ovvero si sono spesi 250 invece che i 270 per cui il lavoro era stato autorizzato, il contributo statale viene ulteriormente ridotto a 50, pari alla differenza fra i 100 originari, i 30 del ribasso di asta e i 20 ulteriori delle economie realizzate.

2.8 Risulta quindi per implicito, ma in modo inequivocabile, che il contributo statale inizialmente concesso non può che diminuire, dato che non sono previste sue integrazioni in aumento, e che questa diminuzione è pari all’intero importo dei ribassi e delle economie realizzati. In altre parole, è previsto che di questi ribassi e di queste economie non vi sia una ripartizione proporzionale fra il soggetto attuatore e il soggetto finanziatore, ma se ne avvantaggi per intero quest’ultimo. Ancora in altre parole, non vi è negli atti della procedura un principio per cui il finanziamento esterno debba coprire sempre la stessa quota percentuale dell’importo dei lavori dell’opera finanziata, anzi se l’importo dei lavori concretamente da pagare diminuisce, la quota coperta dal finanziamento esterno diminuisce in modo più che proporzionale.

3. Tanto premesso, i fatti storici di causa, non controversi come tali, risultano dal provvedimento impugnato, ovvero dalla determinazione 12 dicembre 2014 n.2538, del Dirigente della Provincia di Parma, che ha preso atto dell’ultimazione dei lavori, approvato il collaudo e lo stato finale relativi e, in parole semplici, ha fatto il conto di quanto pagato, calcolato la corrispondente quota ritenuta dovuta a titolo di finanziamento statale e richiesto alla Regione di versarla, in conformità alle norme sopra esposte (doc. 2 in I grado ricorrente appellata, p. 21 del file).

3.1 L’intervento da finanziare, come si è detto, è il primo lotto dei lavori di adeguamento del depuratore del capoluogo del Comune di Fidenza. Gli importi relativi, approvati con deliberazioni della Giunta provinciale 6 novembre 2008 n.1019 e 29 dicembre 2008 n.2418, sono pari a un costo complessivo di € 1.945.903 (comprensivo di € 1.475.000 come lavori base, € 25.000 per oneri di sicurezza, € 150.000 per IVA al 10% ed € 295.903 per “somme a disposizione”, che coprono tutto quanto ulteriormente necessario a realizzare l’appalto, dalle spese generali alle spese per espropri e simili). Di questo importo di € 1.945.903 vengono posti a carico del soggetto attuatore, di cui subito, € 1.332.254,92, mentre per i residui € 613.648,08 viene riconosciuto il finanziamento statale. Questa ripartizione dell’onere non risulta contestata.

3.2 Con deliberazione di Giunta 30 ottobre 2008 n.179 il Comune di Fidenza approva il progetto e ne assicura la copertura, ponendo l’importo di € 1.332.254,92 di sua pertinenza a carico della società ricorrente appellata, che è la società pubblica gestore di ambito del servizio idrico integrato, con ristoro a favore di essa attraverso un previsto adeguamento delle tariffe.

3.3 Emiliambiente procede quindi all’affidamento dell’appalto, ponendo a base di gara un costo complessivo sempre di € 1.945.903, distinto però in modo diverso, ovvero prevedendo € 1.437.000 per lavori base, € 40.000 per oneri di sicurezza, € 147.700 per IVA 10% ed € 321.203 per somme a disposizione.

3.4 All’esito della gara di appalto, Emiliambiente ottiene un ribasso del 15.55%, e quindi il costo scende a complessivi € 1.700.104,15, distinti in € 1.213.546,50 per lavori base, appunto ribassati, € 40.000 per oneri di sicurezza, come noto non soggetti a ribasso, € 125.354,65 per IVA, diminuita proporzionalmente, e sempre € 321.203 per somme a disposizione.

3.5 Si è a questo punto realizzata un’economia di € 245.798,85, pari alla differenza fra l’importo a base di gara di € 1.945.903 e l’importo di aggiudicazione di € 1.700.104,15 come sopra, economia che, conformemente alle regole esposte, viene imputata per intero a diminuzione del finanziamento statale. Esso quindi scende a € 367.849,23, pari alla differenza fra gli originari € 613.648,08 e l’economia di € 245.798,85. Rimane pari ad € 1.332.254,92 la quota di pertinenza del Comune, e per esso di Emiliambiente. Quest’operazione non è stata in alcun modo contestata.

3.6 In corso d’opera, si rende necessaria per lavori aggiuntivi una perizia di variante in aumento, che comporta maggiori costi per € 153.948,25, portando il costo finale previsto dell’opera a € 1.854.052,40. Questo maggior costo viene posto a carico per intero del soggetto attuatore, e quindi la quota dei costi di sua pertinenza sale a € 1.486.203,17, pari alla somma degli originari € 1.332.254,92 e dei maggiori costi suddetti di € 153.948,25, mentre rimane invariato l’importo del finanziamento statale, di € 367.849,23. Nemmeno quest’operazione è stata in alcun modo contestata.

3.7 A consuntivo, risultano però spesi soltanto € 1.728.008,02 in luogo degli € 1.854.052,40 preventivati come sopra, e quindi risulta un’economia di € 126.044,38.

3.8 Di conseguenza, nella determinazione impugnata, la Provincia chiede alla Regione di versare un contributo di € 241.804,85, pari all’importo del contributo originario di € 613.648,08 diminuito degli € 245.798,85 corrispondenti all’economia realizzata con il ribasso di asta di cui si è detto, e ulteriormente diminuito degli € 126.044,38 corrispondenti all’economia realizzata a fine lavori.

4. Con il ricorso di I grado, il soggetto attuatore Emiliambiente ha impugnato quest’atto contestando il riconoscimento in diminuzione del finanziamento statale dell’economia di spesa realizzata a fine lavori, ossia degli € 126.044,38 di cui si è detto;
in proposito, ha sostenuto in sintesi estrema che questa corrisponderebbe ad un risparmio di spesa realizzato sui maggiori costi della perizia di variante, che erano stati posti per intero a suo carico.

5. Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il T.a.r. ha accolto questo ricorso;
in motivazione, ha condiviso la tesi della ricorrente, e osservato che “ la pretesa economia di lavori che l’Amministrazione vorrebbe detrarre dal proprio contributo ” rappresenterebbe non “ un risparmio di spesa determinato con riferimento all’importo sul quale veniva originariamente parametrato il contributo regionale ” ma deriverebbe “ da una sovrastima dei costi di variante posti in un secondo tempo a carico della ricorrente il cui scomputo deve ritenersi illegittimo. Diversamente opinando la previsione di varianti in corso d’opera introdurrebbe, ricorrendo a sovrastime dei relativi incrementi di spesa, un meccanismo potenzialmente arbitrario di riduzione postuma del contributo già approvato ”.

6. Contro questa sentenza, la Regione ha proposto impugnazione, con appello che contiene un unico motivo, che denuncia propriamente un travisamento del fatto. La Regione sostiene infatti in ordine logico che in base alla sopra ricordata deliberazione 605/2008, che non consta impugnata, da un lato non era prevista, contrariamente a quanto avrebbe ipotizzato il Giudice di I grado, una rimodulazione al rialzo del contributo, dall’altro era previsto che tutte le economie realizzate, senza distinzione in base alla loro causa, andassero computate per intero a detrazione dal contributo in origine concesso, in dipendenza dal carattere comunque unitario dell’opera finanziata. Nel caso concreto quindi, non solo non sarebbe stato possibile un aumento del contributo in dipendenza dalla perizia di variante, ma anche non era in alcun modo previsto che eventuali economie derivanti da un risparmio di spesa sull’importo della variante dovessero rimanere a vantaggio del solo soggetto attuatore.

7. Il soggetto attuatore ha resistito, con memoria 24 aprile 2017, in cui ha chiesto che il ricorso sia dichiarato irricevibile ovvero inammissibile, e comunque sia respinto nel merito. In particolare, ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per presunta mancanza di specificità dei motivi dedotti e per altrettanto presunta loro mancata redazione in una parte distinta dell’atto;
ha poi eccepito l’irricevibilità dell’appello in quanto asseritamente notificato il 23 febbraio 2015 a fronte di una scadenza del termine individuata nel 22 febbraio precedente.

8. Con atto 13 settembre 2022 e con dichiarazione alla camera di consiglio 15 settembre 2022, fissata allo scopo, la Regione ha confermato il proprio interesse alla decisione.

9. Con memorie 11 novembre e repliche 23 novembre 2022 per entrambe, le parti hanno ribadito le proprie difese, in vista dell’udienza del giorno 14 dicembre 2022, rinviata per incompatibilità di uno dei membri del Collegio;
le stesse difese hanno ripetuto con memoria 13 febbraio 2023 per la parte appellante e replica 23 febbraio 2023 per la parte appellata.

10. In particolare, nella memoria 11 novembre 2022 la parte appellante ha evidenziato che i motivi di appello sono effettivamente contenuti in una sezione distinta dell’atto e che l’atto è stato consegnato all’Ufficio per la notifica il 22 febbraio 2015, come risulta dalla relata in calce, e quindi in termini. Con la replica 23 novembre 2022, la parte appellata ha quindi rinunciato a queste eccezioni.

11. Alla pubblica udienza del giorno 16 marzo 2023, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.

12. Preliminarmente, va respinta l’eccezione preliminare proposta dal soggetto attuatore - e non rinunciata, a differenza delle altre- secondo la quale l’appello sarebbe inammissibile per mancanza di specificità dei motivi. È infatti evidente a semplice lettura che l’unico motivo dedotto è senz’altro specifico, perché propone una lettura del bando opposta a quella sostenuta dal Giudice di I grado, e arriva di conseguenza ad una conclusione concreta altrettanto opposta, quella per cui dell’economia di scala realizzata con la variante si sarebbe dovuto tener conto a scomputo.

13. Ciò posto, l’appello, appunto nell’unico motivo di cui esso consta, è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito spiegate.

13.1 A semplice lettura, risulta un dato di fatto: la delibera regionale 1 aprile 2005 n.658, ovvero la delibera che, come si è detto, contiene le modalità per l’impiego dei finanziamenti ricevuti, non regolamenta in modo espresso la fattispecie per cui è causa, dal momento che di varianti non parla esplicitamente. È necessario pertanto ricavare la disciplina relativa attraverso l’interpretazione dell’atto, in base alle norme che la disciplinano.

13.2 Ciò posto, va ricordato che l’interpretazione dell’atto amministrativo è soggetta, in linea di principio, alle stesse regole previste per i contratti dagli artt. 1362 e ss. del codice civile, che sono applicabili per analogia: così per tutte C.d.S. sez. IV 9 novembre 2020 n.6859, ove ulteriori citazioni. Va però precisato che nella materia specifica è necessario dare preminenza al criterio di interpretazione letterale, senza che dall’atto che si interpreta si possano ricavare significati inespressi o impliciti: ciò per l’esigenza di rispettare, in ultima analisi, lo stesso principio di legalità, per il quale ai destinatari dell’atto vanno offerte regole di comportamento certe e sicure, soprattutto nel momento in cui da esse possano derivare conseguenze sfavorevoli: così sempre la citata C.d.S. 6859/2020, nonché sul punto specifico C.d.S. sez. III 10 giugno 2016 n.2997, che si cita per tutte.

13.3 Applicando le regole appena esposte al caso concreto, si deve quindi affermare che le modalità di impiego dei finanziamenti in esame esprimono effettivamente il principio illustrato sopra al § 2.8, per cui il contributo statale inizialmente concesso non può che diminuire, ma lo riferiscono alla lettera soltanto all’opera finanziata così come inizialmente prevista e programmata, non disciplinando appunto il caso delle varianti.

13.4 Nel momento in cui poi venga adottata una variante in corso d’opera, come correttamente rilevato dal Giudice di I grado, i relativi costi sono tutti a carico del soggetto attuatore. È quindi corretto affermare che, in buona sostanza, la variante dal punto di vista finanziario è trattata come un’opera a sé stante. In mancanza quindi di una norma esplicita che destini le economie realizzate nell’ambito della variante a ridurre il finanziamento statale, e quindi ad avvantaggiare l’amministrazione che lo eroga, appare corretto escludere, così come ritenuto dal Giudice di I grado, che questo risultato si possa ricavare in via interpretativa.

13.5 Questa conclusione, si osserva ulteriormente, appare inoltre conforme anche alla regola finale interpretativa dell’art. 1371 c.c. per cui in caso di dubbio persistente l’atto a titolo oneroso va inteso nel senso di realizzare un “ equo contemperamento degli interessi delle parti ”. Che si tratti di atto a titolo oneroso risulta anzitutto evidente solo considerando che il soggetto attuatore riceve il finanziamento a fronte di propri precisi impegni di spesa, che appunto costituiscono un onere a suo carico. Che la conclusione raggiunta rappresenti un “ equo contemperamento ” risulta poi osservando che se si mantengono costi e risparmi della variante rispettivamente a carico e a vantaggio del solo soggetto attuatore, la ripartizione iniziale dei costi dell’opera fra il soggetto attuatore stesso ed il finanziatore statale non viene alterata, dato che quest’ultimo, in parole semplici, continua a spendere quanto inizialmente aveva previsto, senza ulteriori “sconti”, ma anche senza aggravi per la novità costituita dalla variante in questione.

14. L’appello va quindi respinto;
la natura della causa, di contenzioso fra amministrazioni, è giusto motivo per compensare le spese.

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