Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-10-18, n. 202106970

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-10-18, n. 202106970
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202106970
Data del deposito : 18 ottobre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/10/2021

N. 06970/2021REG.PROV.COLL.

N. 02686/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2686 del 2019, proposto da
Enegan Power Trading S.R.L, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G M, R A e F P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio F P in Roma, via G. Cuboni, n. 12;

contro

Arera - Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

Terna-Rete Elettrica Nazionale s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Andrea Zoppini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza di Spagna, n. 15;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) n. 399/2019.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2021 il Cons. Giordano Lamberti;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 - La società appellante opera nel mercato dell’energia elettrica, svolge prevalentemente attività di compravendita all’ingrosso di energia e ha acquisito la qualifica di Utente del dispacciamento in prelievo, sottoscrivendo con Terna un contratto per il servizio di dispacciamento in prelievo.

2 – La stessa ha impugnato avanti il T.A.R. per la Lombardia i provvedimenti prescrittivi adottati nell’ambito del procedimento avviato con la Delibera del 24 giugno 2016, n. 342/2016/E/eel, con i quali l’Autorità ha ordinato alla Società la restituzione degli importi, asseritamente corrispondenti all’indebito beneficio conseguito tramite condotte non diligenti.

3 – Il T.A.R. per la Lombardia ha respinto il ricorso ed i motivi aggiunti.

Avverso tale sentenza ha proposto appello la società ricorrente in primo grado, riproponendo le censure dedotte in primo grado e contestando la decisione del T.A.R. laddove ha sostenuto che:

a) l’ARERA ha legittimamente esercitato i poteri prescrittivi nei confronti della Società appellante ai sensi dell’art. 2, comma 20, lett. d), della L. 481/95 che le consente di ordinare al “ soggetto esercente il servizio la cessazione di comportamenti lesivi dei diritti degli utenti, imponendo, ai sensi del comma 12, lettera g), l'obbligo di corrispondere un indennizzo ”;

b) la vicenda oggetto del procedimento prescrittivo non avrebbe valenza esclusivamente civilistica, poiché le regole del servizio di dispacciamento definirebbero il contenuto dei contratti in senso conforme alle esigenze del mercato, di cui il provvedimento del regolatore si fa interprete e garante anche attraverso gli interventi di riequilibrio in fase di esecuzione di tali contratti;

c) il riferimento della prescrizione ad un periodo temporale (gennaio – luglio 2016) antecedente alla stessa non trasforma tali provvedimenti in atti retroattivi, trattandosi di accertamento della violazione di una regola già esistente nel sistema;

d) l’attività di programmazione non diligente delle società interessate dalla delibera, tra cui la appellante, comporta un incremento del corrispettivo uplift a carico della collettività.

4 – Deve darsi atto che, in casi analoghi, la Sezione ha disposto un’apposita verificazione, avente ad oggetto le medesime questioni dedotte dalla società appellante nel presente giudizio (in particolare con le ordinanze della Sezione nn. 5361, 5362, 7123 e 7126 del 2019, è stata disposta una verificazione, in merito ai seguenti quesiti: “ a) quale sia in dettaglio il funzionamento del MGP dell’energia elettrica di cui in motivazione nel caso in cui venga applicato il disposto dell’art. 14 commi 2 e 4 della delibera 111/06 dell’Autorità di cui in motivazione e quale sia la ragione economica precisa di questo disposto;
b) quali siano i flussi finanziari che ne conseguono;
c) chi sopporti il relativo costo, ovvero se esso rimanga a carico di chi fa il pagamento o venga traslato, e in quale misura, sugli altri soggetti del mercato ovvero sui consumatori finali, ovvero sul corrispettivo uplift, previa esatta definizione economica di quest’ultimo;
e) alla luce di quanto spiegato, quali flussi finanziari e quale ripartizione di costi conseguente si siano determinati negli episodi di asserita programmazione non diligente che hanno portato ad emanare il provvedimento per cui è causa;
f) ove la risposta a qualcuno dei quesiti non sia possibile, ne spieghi le ragioni;
il tutto aggiungendo quanto ritenga utile a fini di giustizia
”).

L’appellante ha prodotto copia della relazione depositata dal verificatore nei predetti giudizi, chiedendone l’utilizzo anche nel caso in esame, sulla scorta della giurisprudenza della Sezione (sull’utilizzabilità degli esiti della relazione di verificazione in giudizi analoghi e connessi, come la presente controversia, la Sezione, con la sentenza n. 6488/2020, ha rappresentato che “ i relativi approfondimenti costituiscono bagaglio istruttorio e conoscitivo della sezione, in ordine alle regole di funzionamento del sistema in questione e del complesso e delicato potere esercitato dall’Autorità di regolazione ” e, con la sentenza n. 6488/2020, ha ulteriormente precisato che “ una volta acquisito il bagaglio conoscitivo necessario per l’interpretazione del provvedimento impugnato tramite la citata serie di verificazioni…la sentenza può essere emessa anche senza passare attraverso l’acquisizione della prova atipica ma facendo riferimento unicamente alle statuizioni appena ricordate, che sono ormai patrimonio comune della Sezione e danno vita ad un orientamento a cui ben si può dare continuità ”).

Dal momento che la relazione del verificatore è stata depositata anche nel presente giudizio e, dunque, sottoposta al contraddittorio delle parti, il ricorso in esame può essere deciso, tenendo conto degli esiti della verificazione ed uniformandosi all’orientamento già espresso della Sezione in riferimento al contenzioso in esame.

5 – Quanto al merito dell’appello, come anticipato, le questioni oggetto di giudizio sono state già affrontate e definite dalla Sezione in numerosi precedenti, ( ex multis , Consiglio di Stato, sez. VI, n. 4385/2020, n. 4322/2020, n. 2045/2019 e n. 1586/2019), le cui argomentazioni e conclusioni - da intendersi richiamate anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a. – risultano idonee a fondare l’accoglimento dell’appello nei termini di seguito esposti.

Tanto precisato, in via preliminare, risulta utile richiamare, così come delineato dai precedenti della Sezione citati (ai quali si rimanda per una più completa disamina), la struttura e la funzione del servizio pubblico di dispacciamento, disciplinato dall’Autorità nell’esercizio delle funzioni attribuitele dall’art. 2, comma 12, lettera h), della legge 14 novembre 1995, n. 481, ed ora anche dall’art. 42, comma 1, lettera b), del d.lgs. 1 giugno 2011, n. 93 - con la deliberazione 9 luglio 2006 n. 111/06, attuativa delle previsioni degli artt. 3 e 5 del d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79.

La ragione d’essere di tale servizio risiede nel dato fisico per cui l’energia elettrica non può essere, in linea di principio, immagazzinata al pari di altri beni di valore economico, ma deve essere necessariamente prodotta e consumata nel momento in cui l’utente finale la richiede. L’attività di dispacciamento ha quindi la funzione di assicurare, in ogni momento, l’equilibrio fra produzione e consumo di energia elettrica, garantendo la sicurezza e continuità di fornitura di elettricità, ovvero evitando gli sprechi, che conseguirebbero ad una superproduzione rispetto al consumo, e i distacchi, ovvero i blackout che conseguirebbero ad un sovra-consumo rispetto alla produzione.

In tale contesto si inserisce il mercato del servizio di dispacciamento (MSD), a cui sono ammessi solo gli operatori a ciò specificamente abilitati, titolari di impianti denominati “ unità di produzione o di consumo ”, i quali si obbligano a immettere e/o a prelevare energia elettrica secondo le disposizioni impartite dal gestore della rete. In tal mercato, diversamente dal mercato dell’energia elettrica all’ingrosso, la domanda è espressa dal solo gestore della rete (e non dagli utenti del dispacciamento) ed è una domanda rigida (rispetto al prezzo) per ciascuna delle risorse necessarie a garantire la sicurezza del sistema ossia delle risorse necessarie ad assicurare il continuo equilibrio di prelievi ed immissioni sulla rete nel rispetto dei vincoli fisici del sistema.

Nell’ambito del MSD, si distinguono una fase ex ante , in cui il gestore acquista l’energia necessaria all’equilibrio del sistema basandosi su una previsione a breve termine, e una fase di bilanciamento (MB), in cui il gestore agisce in tempo reale. La valorizzazione dell’energia elettrica che si forma nel mercato dei servizi di dispacciamento è spesso sensibilmente più elevata dei prezzi ordinari. La differenza fra i prezzi dell’energia nel MSD e i prezzi dell’energia nelle contrattazioni precedenti effettuate nel MGP può quindi incentivare i comportamenti opportunistici dei titolari di unità di consumo, utenti del dispacciamento non abilitati al MSD, che, sovradimensionando sistematicamente la propria previsione di prelievo, intendano appropriarsi in tal modo del sopraprezzo. Quest’ultimo costituisce peraltro un costo addizionale che confluisce nei costi delle attività di approvvigionamento d’energia – denominato “ uplift ” – sostenuti in prima battuta dal gestore e poi addossati sugli utenti come una componente della bolletta elettrica.

Per fronteggiare il diffuso inadempimento dell’obbligo di programmazione diligente, l’Autorità ha adottato una riforma generale della disciplina degli sbilanciamenti (in esito ai documenti di consultazione 368/2013/R/eel, 163/2015/R/eel e 316/2016/R/eel), e poi ha adottato una serie di provvedimenti prescrittivi nei confronti dei soggetti responsabili delle condotte abusive.

Con la deliberazione del 29 ottobre 2014, n. 525/2014/R/eel, recante “ Modifiche e integrazioni alla disciplina degli sbilanciamenti effettivi di energia elettrica ”, è stato imposto agli utenti del dispacciamento di definire i loro programmi di immissione e prelievo, evitando qualsiasi sbilanciamento volontario e attenendosi alle “ migliori stime ” dei quantitativi di energia elettrica effettivamente a disposizione e necessari. In particolare, tale delibera ha disposto che, a partire dal 1° novembre 2014, l’art. 14.6 dell’Allegato A della deliberazione n. 111/06, sulle condizioni per l’erogazione del servizio di dispacciamento dell’energia elettrica sul territorio nazionale, sia così sostituito: “ Gli utenti del dispacciamento delle unità fisiche di produzione e consumo sono tenuti a definire programmi di immissione e prelievo utilizzando le migliori stime dei quantitativi di energia elettrica effettivamente prodotti dalle medesime unità, in conformità ai principi di diligenza, prudenza, perizia e previdenza ”. Ai sensi dell’art. 14, comma 7, della delibera 111/06, il gestore di rete segnala alla Autorità “ significativi e reiterati scostamenti dall’applicazione dei principi enunciati al comma precedente ”, ovvero dai principi della programmazione vincolante prudentemente calcolata, “ per l’adozione dei relativi provvedimenti di competenza ”.

I provvedimenti impugnati sono gli atti con i quali l’Autorità, ritenuto che la società appellante abbia posto in essere un comportamento scorretto, ha disposto il recupero a favore del gestore di rete dei corrispettivi da questo indebitamente versati.

6 - Con il primo motivo di appello si deduce che il potere prescrittivo esercitato dall’Autorità nel caso in esame non era applicabile.

La società insite nel sostenere che il combinato normativo desumibile dalla legge n. 481/95 non consentirebbe l’intervento posto in essere dall’Autorità.

A tal fine, prospetta che la ratio della norma invocata quale base giuridica dei provvedimenti impugnati è quella di consentire l’immediato ripristino delle condizioni necessarie all’erogazione di servizi pubblici, qualora vi sia una condotta lesiva del diritto degli utenti alla fruizione degli stessi a fronte di un soggetto responsabile (in base ad autorizzazione/concessione) di tale servizio;
di contro, non sarebbe applicabile all’operatore privato (“utente del servizio di dispacciamento”) che non è esercente di tale o altro servizio di pubblica utilità.

In definitiva, secondo l’appellante, nel caso del procedimento di cui alla Del. 342/16 l’Autorità ha illegittimamente: i) utilizzato poteri prescrittivi nei confronti di operatori che non sono prestatori di un servizio pubblico ai sensi dell’art. 2, comma 20, lett. d), della legge n. 481/1995;
ii) sfalsato temporalmente i procedimenti prescrittivi e sanzionatori impedendo di fruire del beneficio procedimentale della presentazione di impegni;
iii) adottato il provvedimento prescrittivo nonostante le condotte fossero risalenti, cessate e, nel merito, non lesive di obblighi di servizio pubblico.

6.1 - Da un altro punto di vista, l’appellante lamenta come il TAR non abbia rilevato l’erronea qualificazione e sproporzione della misura adottata rispetto alla fattispecie concreta.

Al riguardo, evidenzia che la Del. 106/17 è stata adottata in un momento in cui gli sbilanciamenti volontari non erano più nemmeno astrattamente configurabili, ordinando comunque alla società il pagamento di importi corrispondenti al “guadagno”, asseritamente illegittimo, conseguito nel periodo compreso tra il gennaio 2016 e il luglio 2016. Per tale ragione, secondo l’appellante, si sarebbe al cospetto di un provvedimento formalmente e sostanzialmente ablativo, idoneo a incidere su diritti soggettivi della appellante, che non può in alcun modo essere qualificato come “provvedimento prescrittivo”.

6.2 – Con il secondo motivo, l’appellante contesta sotto un diverso profilo il potere esercitato dall’Autorità, che sarebbe illegittimamente intervenuta su un contratto di diritto privato al di fuori di ogni ipotesi contemplata dall’attuale sistema giuridico.

Nello specifico, la società sottolinea che il contratto di dispacciamento è un contratto di diritto privato, sottoscritto da ciascun operatore con Terna, assoggetto alle regole di settore e alle norme civilistiche, nonché alla giurisdizione del giudice ordinario. Tanto precisato, richiama l’attenzione sul fatto che l’inadempimento al contratto di dispacciamento non è ad oggi oggetto di discussione tra Terna e l’appellante, né sul piano negoziale, né su quello processuale (per il quale è in ogni caso competente il giudice civile).

7 – Le censure, nelle loro plurime articolazioni, sono infondate.

La giurisprudenza della Sezione ( cfr. Cons. St. n. 4422 del 2019 e n. 6965/2020;
per la completa disamina del fenomeno con cui atti di fonte secondaria adottati nell’esercizio della funzione regolatoria condizionano in vario modo lo svolgimento dell’autonomia privata vedasi anche Cons. St. 6891/2020) ha già avuto modo di argomentare nel senso che l’assetto negoziale dei singoli rapporti di utenza del servizio pubblico di dispacciamento è definito dall’Autorità in forza di una puntuale base legale: l’art. 3, comma 3, d.lgs. n. 79/1999 (secondo cui: “ L’Autorità per l’energia elettrica e il gas fissa le condizioni atte a garantire a tutti gli utenti della rete la libertà di accesso a parità di condizioni, l’imparzialità e la neutralità del servizio di trasmissione e dispacciamento” ) e l’art. 2, comma 12, della legge istitutiva n. 481/1995.

Il rimedio prescrittivo esercitato dall’Autorità trova, poi, espressa copertura legislativa nella disposizione di cui all’art. 2, comma 20, lettera d), l. n. 481/1995, il quale consente a quest’ultima di ordinare al “ soggetto esercente il servizio la cessazione di comportamenti lesivi dei diritti degli utenti, imponendo, ai sensi del comma 12, lettera g), l’obbligo di corrispondere un indennizzo ”.

I requisiti di tale fattispecie normativa ricorrono tutti nel caso in esame: la violazione delle regole di condotta diligente in materia di programmazione dei prelievi ha infatti come conseguenza diretta la “ lesione del diritto degli utenti ” alla formazione del prezzo dell’energia elettrica corrispondente al suo valore reale;
il “ soggetto esercente il servizio ” è locuzione che, nello specifico contesto dell’attività di dispacciamento, va riferita non solo al concessionario, ma anche agli utenti del servizio stesso, la cui cooperazione (con il gestore) è imprescindibile per il suo funzionamento;
l’” obbligo di corrispondere l’indennizzo ” ha portata esemplificativa e non tipizzante le misure prescrittive adottabili, riferendosi ai casi (diversi da quelli qui in esame, perché relativi alla regolazione sulla qualità) in cui si registrino violazione dei livelli generali o specifici del servizio.

A fondamento del potere, va richiamata anche la clausola di cui all’art. 19 del modello di contratto approvato dall’Autorità, dove viene precisato che il rapporto tra Terna e gli utenti del dispacciamento è disciplinato “ dalle disposizioni della delibera n. 111/06 ”. Il contratto di dispacciamento stipulato da Terna con la società appellante, conferisce al gestore, “ nei casi di inosservanza da parte dell’Utente del dispacciamento dei propri obblighi ”, il potere di “ segnalare i relativi comportamenti all’Autorità ”, affinché quest’ultima li valuti in generale “ ai sensi della legge n. 481/95 ”, e quindi anche ai fini dell’adozione dei provvedimenti prescrittivi disciplinati dal citato art. 2, comma 20, lettera d).

Occorre, poi, rilevare che l’ordine dato alla società appellante di pagare a Terna S.p.A. gli importi indebitamente trattenuti per effetto degli sbilanciamenti volontari - affinché siano (con le modalità che spetta allo stesso regolatore definire) riassegnati all’utenza finale - non costituisce una sanzione in senso stretto, né un provvedimento ablatorio, avendo tale misura la finalità preminente di “restituire” al sistema delle contrattazioni le condizioni di funzionamento che il mercato avrebbe espresso ove non fosse stato perturbato dal comportamento opportunistico dell’utente.

Tale impostazione risponde del resto anche alla chiara tassonomia legislativa che distingue, all’art. 2, comma 20, l. n. 481/1995, il potere sanzionatorio, di cui alla lettera c), cui è estranea qualunque finalità ripristinatoria o risarcitoria, da quello prescrittivo, di cui alla lettera d).

Dalle considerazioni appena svolte discende l’inapplicabilità alla presente fattispecie dei principi regolatori del diritto sanzionatorio, dovendosi per l’effetto respingere anche il quinto motivo di appello nella parte in cui lamenta il mancato rispetto dei termini e delle garanzie proprie dei procedimenti sanzionatori.

8 – Con il terzo motivo di appello si contesta la sentenza impugnata, lamentando l’omessa valutazione del comportamento che l’appellante e gli altri operatori del settore hanno mantenuto per diversi anni senza alcuna obiezione da parte dell’Autorità.

In particolare, la società sostiene che le soglie di sbilanciamento applicate alla valutazione della condotta della Società operano retroattivamente, in quanto sono state introdotte soltanto in occasione dell’iter procedimentale di cui è causa;
ciò varrebbe già di per sé a far venir meno il presupposto della significatività della condotta, in assenza di parametri preordinati e certi atti a valutare la rilevanza dei comportamenti.

8.1 – La doglianza non può trovare accoglimento.

Le problematiche sottese alla censura sono state già valutate dalla Sezione nei precedenti citati, è pertanto sufficiente richiamarne i passaggi fondamentali.

Come si è già evidenziato, il regolatore, sin dal 2012, ha intrapreso svariate iniziative per porre rimedio all’attività speculativa derivante dagli sbilanciamenti, mostrando così di non avallare condotte simili. Gli affidamenti invocati dalle società erano dunque mal riposti, dal momento che le norme vigenti obbligavano gli operatori ad attenersi ai programmi di immissione e prelievo comunicati a Terna.

Del pari infondata è la censura di violazione del principio di irretroattività sotto il profilo che la deliberazione impugnata individuerebbe le condotte non diligenti degli operatori mediante l’applicazione di soglie di tolleranza standard individuate ex post (con la delibera n. 444/2016, adottata in data successiva, sia a quella in cui sono state rilevate le condotte contestate agli operatori, sia a quella in cui è stato avviato il procedimento in esame) e senza valutare le caratteristiche specifiche del portafoglio gestito dalla ricorrente.

Schematicamente, in aderenza al precedente di questa Sezione n. 4422/2019 e salvo quanto precisato a proposito dell’esame del successivo motivo di appello, si osserva che:

- l’Autorità ha correttamente preso in considerazione non tutti gli sbilanciamenti, ma soltanto quelli caratterizzati da livelli quantitativi e reiterazione nel tempo che risultassero incompatibili con la diligenza richiesta all’operatore professionale, nell’utilizzo di un pubblico servizio;

- i criteri di valutazione della diligenza nella programmazione di prelevi e delle immissioni sono esemplificati sin dalla relazione alla delibera 197/2013/E/eel, ove si dimostra come, alla luce dei dati raccolti, gli operatori che rappresentano una quota di mercato dell’85% hanno uno sbilanciamento complessivo molto al di sotto del 15% (calcolato con riferimento al prelievo complessivo), mentre solo la restante quota di mercato del 15% ha uno sbilanciamento complessivo che arriva anche a valori superiori al 100% (con ciò intendendosi programmi vincolanti con valori oltre il doppio del prelievo effettivo);

- peraltro, il mero superamento della soglia non è stato nella specie ritenuto sufficiente per l’integrazione della contestata violazione dell’art. 14.6 allegato A delibera 111/06, avendo avuto la sola funzione di delimitare l’ambito di accertamento dell’Autorità, ferma rimanendo la necessità di individuare elementi propri del caso concreto, idonei a qualificare come diligente anche una programmazione eccedente la soglia presa in esame;

- l’Autorità ha valutato, nell’ambito dei sbilanciamenti superiori a tale soglia, soltanto sbilanciamenti non episodici, essendo probabile che uno sbilanciamento isolato, anche se di rilevante dimensioni, non sia da imputare ad una strategia di programmazione negligente, ha qualificato i parametri della deliberazione n. 444/2016 quali elementi idonei a quantificare una sovra-remunerazione dell’utente non dovuta da parte di Terna “ in linea di massima ” e, pertanto, quale indice presuntivo suscettibile di deroga nel caso concreto, ed ha comunque permesso all’odierno appellante di fornire elementi peculiari, riferiti alla propria posizione, per modificare i criteri di calcolo di cui all’Allegato B, richiamanti, altresì, la “ soglia standard del 30%, coincidente con l’errore medio mensile per le segnalazioni da parte di Terna all’Autorità previste dal punto 2 della deliberazione 444/2016/R7eel ”;

- il riferimento alla predetta soglia di tolleranza non si traduce in un’applicazione retroattiva di delibere sopravvenute, regolanti, peraltro, una materia diversa, rappresentata dalla valorizzazione dei corrispettivi di sbilanciamento;

- mentre con la delibera n. 444/16 cit. è stato introdotto un nuovo meccanismo di calcolo del corrispettivo di sbilanciamento, incentrato su una banda di tolleranza del 30%, nell’ambito del procedimento prescrittivo, invece, il superamento della soglia deve intendersi un mero indice presuntivo di uno sbilanciamento violativo dell’art. 14.6 cit., ferma rimanendo la necessità di limitare l’esame ai soli sbilanciamenti non episodici ed esaminare i concreti elementi fattuali forniti dal singolo operatore;

- si è in presenza di un parametro di diligenza già desumibile dall’osservanza dei comportamenti di mercato che, coerentemente, l’Autorità ha preso in esame sia ai fini della modifica della disciplina sui corrispettivi da sbilanciamento, sia per valutare le condotte negligenti degli operatori del settore.

8.2 - Nello specifico, tenuto conto delle precisazioni che precedono, l’entità e la sistematicità degli scostamenti dei prelievi effettivi realizzati dalle società è spiegabile solo con il perseguimento di una strategia commerciale speculativa, e cioè in spregio al canone di diligenza che doveva ispirarne l’operato (salvo quanto di seguito precisato sull’effettiva incidenza di tale condotta sul cliente finale).

La giurisprudenza della Sezione ha ulteriormente precisato che “ Peraltro, gli stessi operatori di minori dimensioni sono in condizione di adottare efficienti strategie di programmazione idonee a contenere i relativi scostamenti, avendo una conoscenza diretta dei profili di immissione e prelievo dei propri punti di dispacciamento, connotati da ridotti volumi di immissione e prelievo;
né sono emersi, comunque, in giudizio elementi di prova tesi dimostrare l’inattendibilità del parametro impiegato dall’Autorità, avuto riguardo alla dimostrata performance media di mercato degli operatori caratterizzati anche da un ridotto portafoglio di clienti
” (Consiglio di Stato n. 1391/2021).

9 – Come anticipato, può invece trovare accoglimento il quarto motivo di appello con cui la società contesta la sentenza del T.A.R. dove riconosce la legittimità dell’operato dell’Autorità rispetto all’ulteriore e non provato assunto secondo il quale la condotta della Società ha determinato un onere a carico del sistema mediante l’incremento del corrispettivo uplift.

Invero, l’eventuale integrazione di una condotta illecita, tenuta in violazione dell’art. 14 della Del. n. 111/2016, non può ritenersi sufficiente per giustificare l’adozione di misure prescrittive, rientranti – secondo quanto sopra precisato – nella competenza provvedimentale dell’Autorità appellata;
infatti, l’art. 2, comma 20, lettera d), della legge n. 481 del 1995, richiede altresì la concretizzazione di una lesione dei diritti degli utenti finali ( ex multis Cons. St. nn. 6064/2020;
5888/2020;
5889/2020;
5842/2020;
5838/2020).

La Sezione ha riconosciuto che in presenza di un potere prescrittivo e non sanzionatorio, il cui fine è rappresentato dalla restituzione al mercato delle condizioni di funzionamento che il mercato avrebbe espresso, ove non fosse stato perturbato dal comportamento opportunistico dell’utente del dispacciamento, per ritenere legittimamente assunto il relativo provvedimento amministrativo (di carattere individuale e avente, peraltro, rilevante impatto economico sulla sfera giuridica degli operatori del settore), occorre che siano dimostrati l’effettivo incremento del corrispettivo uplift in conseguenza degli sbilanciamenti non diligenti rilevati dall’Autorità e la sua traslazione a carico dell’utenza finale ( cfr . Cons. Stato, Sez. VI, 5 ottobre 2020 n. 5842).

Come anticipato, a questo riguardo, l’appellante ha depositato gli esiti della verificazione già assunta nei giudizi nn. RG 2256/2019;
2264/2019;
5760/2019 e 5758/2019, che ha prospettato la sussistenza di possibili criticità nei calcoli effettuati dall’Autorità, avuto anche riguardo al fatto che lo sbilanciamento effettivo potrebbe determinare anche un effetto indiretto sulla determinazione del corrispettivo uplift, condizionando la distinta componente di cui al citato art. 44, comma 1, lett. b), relativa ai servizi del dispacciamento (per una compiuta disamina si rimanda al contenuto della verificazione ed ai precedenti della Sezione n. 6891/2020 e n. 6064/2020). Sicché, al fine di quantificare gli oneri a carico del sistema derivanti da uno sbilanciamento effettivo – suscettibili di tradursi nella liquidazione del corrispettivo uplift – occorre analizzare non solo l’effetto diretto, ma anche quello indiretto prodotto dalla violazione dei programmi (vincolanti) di prelievo e immissione presentati dagli utenti del dispacciamento.

La necessità di una tale analisi si pone, in particolare, per gli sbilanciamenti “contro fase”.

In siffatte ipotesi, non può in astratto escludersi che - a fronte di un effetto diretto positivo sulla componente di cui all’art. 44, comma 1, lett. a), cit. derivante dal maggiore onere sostenuto da Terna per il pagamento del premio di sbilanciamento - si registri un effetto indiretto negativo sulla componente di cui all’art. 44, comma 1, lett. b), cit. derivante dal minore onere che Terna deve sostenere per l’attivazione delle unità abilitate sul MSD.

La Sezione ha dunque rilevato che: “ in tali circostante, in particolare, tenuto conto dello stato effettivo del sistema, lo sbilanciamento effettivo potrebbe anche determinare un risparmio di spesa, corrispondente al mancato incremento degli oneri per il servizio del dispacciamento ex art. 44, comma 1, lett. b), che altrimenti Terna avrebbe dovuto sostenere sul MSD, per acquistare/vendere le quantità di energia (corrispondenti a quelli sbilanciate dal singolo utente) occorrenti per ripristinare lo stato di equilibrio del sistema”, concludendo che: “per ritenere che lo sbilanciamento effettivo associato al singolo punto di dispacciamento sia stato concretamente causa di un definito incremento del corrispettivo uplift, occorre verificare (in applicazione della teoria condizionalistica, secondo cui un evento è da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo – cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 26 febbraio 2019, n. 1363) se, in assenza dello sbilanciamento, il valore complessivo del corrispettivo uplift sarebbe stato effettivamente inferiore (per la misura corrispondente a quella imputata all’operatore) a quella concretamente registrata, tenendo, tuttavia, conto di tutte le sue componenti, condizionate, direttamente o indirettamente, dagli sbilanciamenti” (Cons. St. 6064/2020).

9.1 - Le considerazioni che precedono conducono all’accoglimento della censura incentrata sul difetto di istruttoria e di motivazione inficiante il provvedimento prescrittivo impugnato in prime cure in relazione alle concrete modalità di esercizio del potere sulla determinazione del corrispettivo imposto alla odierna appellante.

Difatti, l’Autorità, benché abbia congruamente motivato in ordine alla sussistenza di sbilanciamenti illeciti, violativi dell’art. 14 della Del n. 111/06 (come sopra osservato, nel rigettare i motivi di impugnazione riferiti alla liceità degli sbilanciamenti operati dall’appellante), si è limitata a valutare il nesso eziologico tra lo sbilanciamento e il corrispettivo uplift, tenendo conto esclusivamente del profitto conseguito dall’appellante in conseguenza della percezione del premio di sbilanciamento, rivolgendo l’attenzione, per l’effetto, soltanto all’incremento della componente del corrispettivo uplift di cui all’art. 44, comma 1, lett. a), cit., senza analizzare gli eventuali effetti benefici prodotti sulla componente di cui all’art. 44, comma 1, lett. b), cit.

A seguito dell’accoglimento della censura, la riedizione dell’attività amministrativa andrà svolta con la esigenza della completezza dei sopra indicati accertamenti.

10 – In definitiva, l’appello deve essere accolto ai sensi di quanto sopra precisato e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto nei suddetti limiti il ricorso di primo grado. Vanno altresì annullati, per quanto di ragione, i provvedimenti impugnati in primo grado.

Possono quindi assorbirsi le ulteriori censure sollevate dalla società appellante, dal cui accoglimento quest’ultima non potrebbe ritrarre alcuna utilità sostanziale aggiuntiva rispetto a quelle conseguite per effetto dell’illegittimità accertata.

L’esito del giudizio, che comporta la riedizione del potere da parte dell’Autorità, allo stato, assorbe anche la domanda di risarcimento del danno svolta da parte appellante.

10.1 - Sussistono giusti motivi, a fronte della complessità, peculiarità e novità della questione, per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

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