Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-07-17, n. 202306981

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-07-17, n. 202306981
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202306981
Data del deposito : 17 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/07/2023

N. 06981/2023REG.PROV.COLL.

N. 06155/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6155 del 2021, proposto dal Ministero della difesa – Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

il signor -OMISSIS- rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea Reggio d’Aci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via degli Scipioni, n. 268/A;

per la riforma e/o l’annullamento, previa sospensione

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. Prima bis, n. -OMISSIS- pubblicata il 18 febbraio 2021, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del signor-OMISSIS-

Visti tutti gli atti della causa;

Viste le conclusioni scritte depositate dall’avvocato Andrea Reggio d’Aci e dall’avvocato dello Stato Emma Damiani;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 luglio 2023 il consigliere G C P e dato per presente l’avvocato dello Stato Emma Damiani, che ne ha fatto espressa richiesta in sede di istanza di passaggio in decisione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il signor -OMISSIS- ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, a seguito del parere favorevole reso dal Comitato di verifica delle cause di servizio in data 11 settembre 2017, otteneva con decreto n. 4249/17 del 18 settembre 2017 del Comando Generale dell’Amministrazione di appartenenza il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di un’infermità contratta in data 26 luglio 2011 a seguito di un infortunio in itinere occorso nel tragitto per recarsi in ufficio, con relativa concessione dell’equo indennizzo.

Con successivo atto dispositivo n. 23129 del 23 novembre 2017 il citato Comando Generale attribuiva, altresì, all’ufficiale, ai sensi degli artt. 1801 e 2159 del codice dell’ordinamento militare, di cui al d.lgs. n. 66/2010, uno scatto aggiuntivo dell’1,25% dello stipendio “ non rivalutabile e non riassorbibile ”.

Con nota del 2 maggio 2018 l’interessato chiedeva al competente Ufficio notizie circa la liquidazione degli arretrati asseritamente spettanti in relazione a detto beneficio e successivamente, in data 26 febbraio 2019, formalizzava all’Amministrazione di appartenenza la richiesta della liquidazione dei relativi arretrati a decorrere dal momento della data dell’infortunio o, in subordine, dalla data di presentazione della relativa domanda.

Con nota n. 41/1-30-1-2009 del 26 marzo 2019 l’Amministrazione comunicava al predetto di aver provveduto ad attribuire con le competenze del mese di dicembre 2017 i benefici in parola, unitamente ai relativi emolumenti arretrati per il periodo dal 18 settembre 2017 al 30 novembre 2017.

2. Avverso detto provvedimento l’interessato proponeva ricorso giurisdizionale, che il T.a.r. per il Lazio accoglieva con la sentenza in epigrafe, avverso la quale l’Amministrazione ha ora proposto appello affidandosi ai motivi di seguito sinteticamente riepilogati:

I. erroneamente il Tribunale avrebbe respinto preliminarmente l’eccezione di prescrizione quinquennale ai sensi dell’art. 2948, n. 4, c.c. e dell’art. 2 del r.d.l. n. 295/1939, sollevata in primo grado e qui riproposta, nel ritenuto presupposto che la prima istanza, risalente come ricordato al 2 maggio 2018, era stata proposta allorquando era già spirato il termine prescrizionale;

II. nel merito, il primo giudice avrebbe adottato un’interpretazione non condivisibile della disciplina di settore trascurando il dato normativo di riferimento;
in particolare, i benefici economici per cui è causa sono previsti dall’art. 1801 c.o.m. e consistono nell’abbreviazione di due ovvero di un anno dell’anzianità di servizio per la maturazione degli aumenti periodici dello stipendio e nella concessione una sola volta di un beneficio stipendiale non riassorbibile e non rivalutabile nella misura del 2,5% per le infermità dalla I alla VI categoria o, come nel caso di specie, dell’1,25% per le infermità dalla VII all’VIII categoria;
già sotto la vigenza degli articoli 117 e 120 del r.d.l. n. 3458/1928, poi trasfusi nella citata disposizione del codice dell’ordinamento militare, la circolare n. DPGM/IV/11^/CD/139758 del 9 novembre 2001 aveva chiarito che il titolo all’attribuzione del beneficio in questione decorresse dalla data del processo verbale di accertamento delle relative infermità, ora devoluto al Comitato di verifica per la cause di servizio per effetto del d.P.R. n. 461/2001;
in linea con la nuova disciplina la successiva circolare n. M_D GMIL_05 11^ CD 1013213 del 28 novembre 2005, emanata dalla Direzione generale per il personale militare conformemente al parere espresso dal Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato in risposta ad un apposito quesito formulato dal Ministero dell’interno, ha chiarito che il beneficio va riconosciuto con effetto dalla data di emanazione del decreto con il quale l’Amministrazione recepisce il parere del Comitato di verifica, che assumerebbe natura costitutiva;
e ciò in linea con quanto riconosciuto dalla stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato (citati a supporto i pareri n. 573/2017 e n. 1670/2017 della Sezione Seconda);

III. erroneamente il giudice di prime cure avrebbe poi ritenuto l’emolumento in questione non assoggettabile al “ blocco stipendiale ” all’epoca previsto dall’art. 9, comma 1, del d.l. n. 78/2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 122/2010, nell’assunto della sua natura non retributiva, mentre la stessa collocazione sistematica dell’art. 1801 c.o.m. nel titolo VI del d.lgs. n. 66/2010, rubricato “ Trattamento economico stipendiale aggiuntivo ”, unitamente al meccanismo stesso di maturazione anticipata degli aumenti stipendiali, testimonierebbero il contrario, come peraltro riconosciuto dall’ulteriore parere n. 309/2020 della Sezione Seconda del Consiglio di Stato;
ad ulteriore conferma della natura retributiva dell’emolumento l’appellante richiama, altresì, l’art. 70 del d.lgs. n. 112/2008, che ha escluso con decorrenza 1° gennaio 2009 l’attribuzione a favore dei dipendenti, ad eccezione per personale del comparto Sicurezza e Difesa, l’attribuzione di “ qualsiasi trattamento economico aggiuntivo previsto da norme di legge o pattizie ” per le infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio ed ascritte ad una delle categorie della tabella A annessa dl d.P.R. n. 834/1981, fermo restando il diritto all’equo indennizzo;
analogamente, sulla scorta di quanto previsto dalla circolare n. 12 del 15 aprile 2011 del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, volta a fornire chiarimenti in ordine alla corretta applicazione dell’art. 9 del d.l. n. 78/2010, dovrebbe concludersi che il legislatore abbia inteso escludere dal c.d. blocco stipendiale “ solo quegli eventi che, per la loro natura, producono variazioni nel trattamento economico destinate ad avere comunque una durata limitata nel tempo ”;
ne consegue, secondo detta tesi, che in ogni caso l’attribuzione del beneficio in parola all’interessato non potrebbe che essere attribuito, in ipotesi, solo a decorrere dal 1° gennaio 2015, allorquando sono venuti meno gli effetti del richiamato blocco stipendiale, come peraltro rilevato in un caso analogo dalla Seconda Sezione di questo Consiglio con parere n. 573/2017.

3. Con ordinanza n. -OMISSIS- la Sezione ha respinto l’istanza cautelare per carenza del periculum in mora , in considerazione della natura della controversia e dello status dell’appellato di dipendente dell’Amministrazione della difesa e della conseguente possibilità, in ipotesi, di recuperare le somme in questione in caso tramite trattenute sulla retribuzione.

4. Con memoria del 20 luglio 2021 l’appellato ha confutato analiticamente le censure di parte appellante e, con successiva memoria dell’8 giugno 2023, ha riferito che l’Amministrazione, in esecuzione della citata ordinanza cautelare, ha liquidato il quantum dovuto, nella misura di euro 1.448,78, contestualmente allo stipendio relativo al mese di ottobre 2021.

5. All’udienza pubblica dell’11 luglio 2023 la causa è stata ritualmente chiamata e trattenuta in decisione.

DIRITTO

6. Il primo motivo, con il quale l’appellante solleva l’eccezione di prescrizione quinquennale dei ratei stipendiali in parola, è infondato, dovendosi convenire con le conclusioni cui è prevenuto il primo giudice dal momento che, come osservato nella sentenza gravata, l’art. 1801 c.o.m. àncora il beneficio in parola al riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio, cosicché prima di detto riconoscimento, formalizzato con provvedimento del 18 settembre 2017, l’interessato “ non avrebbe potuto far valere il diritto all’emolumento in questione ”.

Deve, quindi, ritenersi tempestiva l’istanza dell’ufficiale, inoltrata una prima volta il 2 maggio 2018 e successivamente reiterata in data 26 febbraio 2019, stante il principio sancito dall’art. 2935 c.c. secondo il quale la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.

7. Non appare, al contrario, condivisibile l’assunto del giudice di prime cure secondo cui il beneficio competerebbe “ sin ‘dal primo momento di avvenuto riconoscimento dell’infermità’ momento che necessariamente coincide con la data in cui si è compiuto l’accertamento da parte della Commissione Medica Ospedaliera ”, dal momento che il d.P.R. n. 461/2001 attribuisce al Comitato di verifica per le cause di servizio la competenza esclusiva ad accertare la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione ai fini del riconoscimento della loro dipendenza da causa di servizio;
ciò avviene attraverso l’espressione di un motivato parere, che costituisce il momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi formulati da ulteriori organi precedentemente intervenuti, quali per l’appunto la Commissione medica ospedaliera (cfr., ex pluribus , Cons. Stato, Sez, II, n. 8475/2022).

E ciò in quanto, ai sensi del combinato disposto degli articoli 6, 11 e 14 del citato decreto presidenziale, le Commissioni mediche si pronunciano in merito alla diagnosi dell'infermità o lesione, ove possibile comprensiva anche dell’esplicazione eziopatogenica, nonché in ordine al momento della conoscibilità delle patologie e delle conseguenze sull'integrità fisica, psichica e sensoriale e sull'idoneità al servizio, mentre, come detto, spetta in via esclusiva al Comitato di verifica accertare la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttrici di infermità e lesione in relazione ai fatti di servizio e al rapporto causale o concausale determinante tra i fatti medesimi e l’infermità o lesione oggetto di accertamento (cfr. Cons. Stato, Sez. I, n. 1311/2021 e l’ulteriore giurisprudenza ivi richiamata).

Per inciso, vale anche ricordare che il parere del Comitato di verifica è vincolante per l’Amministrazione, la quale è tenuta a conformarvisi salva la facoltà, ove lo ritenga, di richiedere motivatamente un ulteriore parere al Comitato medesimo, al quale poi è in ogni caso tenuta ad adeguarsi;
da ciò deriva l’ulteriore considerazione per la quale la data dell’effettivo riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio non può che essere quella del provvedimento finale dell’Amministrazione, dal momento che l’Amministrazione medesima potrebbe astrattamente richiedere un riesame da parte del Comitato medesimo, il quale potrebbe, in ipotesi, determinarsi in senso diverso dal primo parere;
e, comunque, ciò avverrebbe necessariamente in un momento successivo alla prima determinazione.

Il secondo motivo è, dunque, meritevole di accoglimento, di talché deve ritenersi assorbita, anche perché sulla base di tali considerazioni ininfluente, l’ulteriore censura relativa alla contestata natura retributiva del beneficio in parola ai fini della sua assoggettabilità o meno al ricordato blocco stipendiale, i cui effetti sono in ogni caso cessati in epoca antecedente al riconoscimento accordato all’appellato.

8. Alla luce di tali complessive considerazioni l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso proposto dall’odierno appellato in primo grado.

9. Sussistono valide ragioni per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

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