Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-02-12, n. 201300805

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-02-12, n. 201300805
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201300805
Data del deposito : 12 febbraio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08987/2011 REG.RIC.

N. 00805/2013REG.PROV.COLL.

N. 08987/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8987 del 2011, proposto da:
V A, rappresentata e difesa dall'avv. N C, con domicilio eletto presso N C in Roma, via Germanico n. 172;

contro

Comune di Melito di Porto Salvo, in persona del Sindaco p.t., non costituito;
Francesco Spano', S G, Filomena Pratico', A T, Carmela Sgro', M G P, A B, non costituiti;
Massimo Serrano', rappresentato e difeso dall'avv. P F, con domicilio eletto presso P F in Roma, via Francesco Inghirami, n. 24;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA - SEZ. STACCATA DI REGGIO CALABRIA n. 00475/2011, resa tra le parti, concernente concorso pubblico per assunzione di un funzionario avvocato


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Massimo Serrano';

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2012 il Cons. C S e uditi per le parti gli avvocati Carbone e Federico;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

In esecuzione della determinazione n. 5 del 29.1.2010 il Comune di Melito Porto Salvo bandiva un concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di n. 1 posto, a tempo pieno ed indeterminato, di “Funzionario Avvocato” categoria D – posizione economica D 3.

Il bando prevedeva lo svolgimento di due prove scritte, all’esito delle quali i candidati che avessero conseguito in ciascuna delle prove il punteggio minimo di 21/30 sarebbero stati ammessi alla prova orale e alla valutazione dei titoli.

Con determinazione del 14.10.2010 il responsabile del settore legale, contratti e personale del Comune, nominava la Commissione esaminatrice e fissava il calendario d’esame.

Alla procedura selettiva partecipava l’avv. V A che, all’esito delle prove previste dal bando, risultava vincitrice del concorso.

Partecipavano, tra gli altri, gli avv.ti Francesco S e Massimo S che non conseguivano però una collocazione utile nella graduatoria finale.

Questi ultimi impugnavano con separati ricorsi gli atti della procedura concorsuale, ivi compresa la graduatoria finale pubblicata nell’Albo Pretorio del Comune di Melito Porto Salvo in data 13.12.2010.

L’avv. S lamentava la violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dell’art. 3 L. n. 241/1990, dell’art. 12 D.P.R. n. 487/1994, degli artt. 23, 24, 25 e 26 del regolamento del Comune di Melito Porto Salvo, nonché la violazione dei criteri di valutazione da parte della commissione esaminatrice avendo erroneamente giudicato sufficiente l’elaborato consegnato dall’avv. A.

L’avv. S lamentava, invece: la violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del bando e dell’art. 12 del D.P.R. n. 487/1994 nonché eccesso di potere perché la commissione non avrebbe preventivamente determinato i criteri di valutazione delle prove;
la violazione dell’art. 18 del regolamento comunale dei concorsi atteso che il presidente della commissione d’esame nominato non aveva la qualifica né il ruolo di dirigente, essendo un libero professionista con incarico di capo di gabinetto della Presidenza della Provincia di Reggio Calabria;
la violazione dell’art. 10 del bando di concorso in quanto la valutazione dei titoli non era avvenuta a conclusione della prova orale ma bensì subito dopo la prova scritta.

Il T.A.R. per la Calabria, con sentenza n. 475 del 4 maggio 2011, ha accolto il ricorso proposto dall’avv. S e per l’effetto ha annullato tutti gli atti della procedura concorsuale.

I giudici di prima istanza hanno ritenuto che la Commissione di concorso sarebbe stata illegittimamente composta atteso che il soggetto nominato a presiederla non possedeva i requisiti richiesti dall’art. 18 del Regolamento comunale dei concorsi. Gli stessi giudici hanno dichiarato, inoltre, improcedibile il ricorso proposto dall’avv. S per sopravvenuta carenza di interesse.

Avverso la sentenza del T.A.R. ha proposto appello l’avv. V A che, previa istanza cautelare di sospensione dell’esecutività della stessa, lamenta: la improcedibilità del ricorso proposto dall’avv. S per carenza di legittimazione a ricorrere, la improcedibilità e/o inammissibilità dello stesso ricorso per intempestiva impugnazione dell’atto di nomina della commissione d’esame, l’inammissibilità della censura relativa alla nomina a presidente della commissione esaminatrice. Nel merito l’appellante lamenta: “illegittimità del provvedimento giurisdizionale gravato. Illegittimità per grave illogicità e contraddittorietà della gravata pronuncia. Infondatezza nel merito delle censure relative alla illegittima composizione della Commissione: insussistenza di profili di illegittimità in relazione alla norma regolamentare asseritamente violata (art. 18 Regolamento concorsi Comune Melito P.S.”

Si è costituito in giudizio l’avv. Massimo S che ha chiesto di rigettare l’istanza cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza e, nel merito, rigettare l’appello perché infondato in fatto ed in diritto, con la conseguente conferma della sentenza di primo grado ed il disposto annullamento degli atti della procedura concorsuale.

L’appello è infondato e va rigettato.

Con il primo motivo di censura l’appellante sostiene che l’avvocato Massimo S sarebbe carente di legittimazione a ricorrere, perché in caso di caducazione del concorso il Comune di Melito Porto Salvo, a termini del primo inciso del comma 9 del D.L. 78/2010, non avrebbe più la possibilità di effettuare nuove assunzioni.

La censura è infondata perché, a prescindere dalla esegesi della norma e dalla sua naturale portata transitoria, l’interesse a ricorrere sussiste ogni qualvolta il giudicato “si riveli meramente strumentale o eventuale rispetto ad un ulteriore attività dell’Amministrazione dalla quale il ricorrente potrebbe conseguire un risultato positivo” (Cons. Stato, Sez. V, 15.11.2001, n. 5839;
Sez. VI, 2.3.2009, n. 1118).

Non va trascurato infine, che in tema di legittimazione processuale e interesse a ricorrere, rileva anche, oltre al vantaggio concreto ed eventuale, anche quello puramente morale che il ricorrente può perseguire con la propria impugnativa in esito all’annullamento del ricorso (Cons. Stato, Sez. VI, 28 marzo 2012, n. 1848).

Con il secondo motivo di censura, l’appellante sostiene la improcedibilità ed inammissibilità dell’originario ricorso, per intempestiva impugnazione.

La censura è infondata, atteso che per costante giurisprudenza le contestazioni dei concorrenti avverso lo svolgimento delle procedure concorsuali devono appuntarsi contro il provvedimento conclusivo di approvazione della graduatoria, da cui dipende la lesione attuale e definitiva della sfera giuridica dell’interessato (Cons. Stato, Sez. VI, 18 agosto 2010, n. 5876).

Con il terzo articolato motivo di censura l’appellante sostiene preliminarmente l’illegittimità della sentenza gravata per non essere stata adeguatamente provata la “incidenza negativa dell’asserita errata composizione del collegio esaminatore in ordine alla valutazione delle prove del ricorrente S o, comunque, sull’esito complessivamente ingiusto della procedura”.

Invero, nessuna prova deve essere fornita circa la competenza professionale o tecnica del professionista nominato a presiedere la commissione di concorso di cui è causa, ma piuttosto va esaminata la legittimità della nomina stessa e la sua corretta individuazione a termini della normativa vigente e del regolamento dell’ente.

Non è dubbio, peraltro, che la corretta individuazione della persona legittimata a svolgere una determinata funzione influisca sull’espletamento dei compiti e delle attribuzioni per cui è stata nominata e le norme di legge e gli atti regolamentari che l’amministrazione si è data sono finalizzati in via generale a disciplinare la materia in modo che la selezione del personale avvenga con la preposizione alla commissione di esame delle persone che risultino più idonee e qualificate allo scopo.

Occorre allora approfondire se, come asserito dall’appellante, il provvedimento giurisdizionale gravato sia illegittimo e illogico e se, quindi, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice la composizione della commissione di concorso fosse regolare e conforme alle previsioni di cui all’art. 18 del regolamento dei concorsi del Comune di Melito di Porto Salvo.

Le censure avanzate dall’appellante sul punto, risultano invero infondate e prive di pregio.

Correttamente il T.A.R. ha accolto quello che costituisce il fondamentale motivo di ricorso avanzato dal sig. Massimo S ed ha conseguentemente invalidato l’intera procedura concorsuale, ritenendo che il presidente della commissione - il capo di gabinetto - non sia un dirigente dell’ente, come sarebbe dovuto essere, a termini del relativo regolamento del Comune di Melito Porto Salvo.

Lo stesso contratto stipulato tra il Comune e l’avvocato Condipodero per esercitare le funzioni di capo di gabinetto (senza orario, obbligo di firma, con emolumenti pagati a fattura con partita I.V.A. ecc.) delineano la figura dello stesso quale collaboratore - consulente esterno all’Amministrazione provinciale.

La circostanza che per l’esercizio delle funzioni ricoperte egli abbia avuto la disponibilità di una struttura operativa e funzionale di area D e C, non ne cambia la collocazione all’interno dell’ente e soprattutto nei rapporti esterni, essendo privo di formali, ma anche sostanziali poteri di impegnare l’Amministrazione, sia pure in un ambito specifico.

L’appellante sostiene che il T.A.R. avrebbe riconosciuto lo spessore amministrativo dell’ufficio di gabinetto e quindi del suo responsabile, anche per le risorse umane, finanziare e strumentali della struttura.

Al riguardo può riconoscersi che la struttura in questione sia considerabile utile per disimpegnare le funzioni latu sensu politiche e serventi della Presidenza, ma non per l’esercizio di attribuzioni strettamente amministrative che non risultano oggetto di affidamento.

Il richiamo generico all’art. 4 comma 2 del T.U. Pubblico Impiego e all’art. 35 del regolamento, nonché all’art. 7 del contratto non apporta elementi utili a sostegno delle tesi dell’appellante.

Il T.A.R. ha evidenziato che a termini dell’art. 90 del T.U.E.L. approvato con D.lgs. n. 267/2000, la Provincia di Cosenza ha previsto all’art. 19 del proprio regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi che il Presidente della Provincia è legittimato ad istituire, tra le strutture speciali di collaborazione diretta, anche un proprio “Gabinetto”. La nomina del responsabile, di “stretta natura fiduciaria e personale” avviene con stipula di “contratto a tempo determinato” a termini dell’art. 110 comma 6 del T.U.E.L. a mezzo di “collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità”.

L’incarico all’avv. Condipodero è stato conferito proprio a termini dell’art. 110 comma 6 del T.U.E.L. e dei commi 3 e 6 dell’art. 18 del regolamento provinciale, quale “collaborazione esterna ad alto contenuto di professionalità” e non con contratto di assunzione a tempo determinato con qualifica dirigenziale, nei ruoli organici della Provincia. Si è concretizzato così, come sopra evidenziato, un ordinario rapporto di prestazione d’opera privo del carattere proprio del rapporto di lavoro subordinato.

L’art. 35 del medesimo regolamento attribuisce al capo gabinetto attività di diretto supporto operativo e gestionale della figura del Presidente, dallo stesso individuate. La natura della prestazione così formalizzata e la struttura amministrativa da lui diretta non consentono di qualificare il capo di gabinetto al pari dei dirigenti in organico all’ente.

Il Presidente è organo di governo della Provincia e il capo di gabinetto è collaboratore stretto di esso e ne condivide, a livello di esecuzione, i compiti di puro indirizzo propri, compiti del tutto diversi da quelli gestionali che competono ai dirigenti, in un regime di sostanziale separazione “di poteri” che la legislazione recente ha sempre più imposto a far tempo dalla legge n. 142/1990 e fino al T.U.E.L. n. 267/2000.

Ebbene, come attentamente evidenziato dal T.A.R., l’art. 18 del regolamento comunale – soprattutto a seguito delle modifiche apportate nel 2009 – sembra porre l’accento sulla natura subordinata del rapporto di lavoro del dirigente o del funzionario quale fattore qualificante al fine di assumere la presidenza della commissione di concorso, e ciò a differenza del “mero” componente della commissione, invece selezionabile anche tra i “liberi professionisti”.

Sono da ritenersi assorbite, infine, le altre censure avanzate in questa sede in via subordinata dall’avv. S e già proposte nell’originario ricorso, relative alla genericità dei criteri adottati dalla commissione di concorso e al valore da attribuire al solo voto numerico, alla ritenuta insufficiente valutazione riservata alle sue prove d’esame, ecc., atteso che l’appello è infondato, per i motivi ampiamente su evidenziati.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese dell’attuale giudizio tra le parti.

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