Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-04-21, n. 202304051

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-04-21, n. 202304051
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202304051
Data del deposito : 21 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/04/2023

N. 04051/2023REG.PROV.COLL.

N. 03720/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3720 del 2022, proposto da
Castello di Rocca Cilento S.r.l., in persona del Legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati F G S e I T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo Studio F G S, in Roma, via Giovanni Paisiello n. 55;

contro

Ministero della Cultura (già Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo), in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è ex lege domiciliato, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Sezione staccata di Salerno (Sezione Prima) n. 00468/2022, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Cultura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 marzo 2023 il Cons. Marco Poppi e uditi per le parti gli Avvocati presenti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

L’odierna appellante, titolare del bene di interesse storico artistico Castello di Rocca Cilento , in virtù di una pluralità di atti di assenso veniva autorizzata dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno e Avellino (di seguito Soprintendenza), ai sensi degli artt. 21 e ss. del D. Lgs. n. 42/2004 (di seguito Codice), allo svolgimento di lavori di restauro e adeguamento dell’immobile per la realizzazione di un complesso turistico ricettivo.

In particolare:

- con provvedimento n. 10577 del 5 maggio 2016 la Soprintendenza autorizzava i lavori di messa in sicurezza e consolidamento;

- con autorizzazioni n. 13638 del 23 dicembre 2016, n. 11907 del 18 maggio 2018 e n. 21385 del 9 settembre 2018, seguite dai permessi di costruire n. 66/2018 e 67/2018, venivano assentiti lavori di restauro e sistemazione esterna del Castello;

- con autorizzazioni n. 20040 del 3 agosto 2017 e n. 11907 del 18 maggio 2018, seguite dal rilascio del permesso di costruire n. 40/2018, venivano autorizzati lavori di adeguamento igienico funzionale.

In data 11 aprile 2018 veniva presentata alla Soprintendenza la richiesta di ammissione ai contributi statali in conto capitale e in conto interessi, previsti dagli artt. 35 e 37 del Codice per la realizzazione dell’intervento autorizzato.

Si anticipa che le illustrate vicende si collocavano temporalmente nel periodo di sospensione di cui all’art. 1, comma 26 ter del D.L. n. 95/2012.

Ai sensi di tale norma « a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al pagamento dei contributi già concessi alla medesima data e non ancora erogati ai beneficiari è sospesa la concessione dei contributi di cui agli articoli 35 e 37 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni ».

In data 23 gennaio 2019 (al termine del periodo di sospensione) l’appellante presentava istanza di riattivazione/reiterazione dell’istanza già presentata il’11 aprile 2018.

Con atto del 25 febbraio 2019 la Soprintendenza riteneva l’intervento « ammissibile alla procedura per l’ottenimento di contributi statali previsti dagli artt. 35 e 36 del d.lgs. n. 42/2004 ».

Con nota del 13 marzo 2019 l’appellante comunicava l’inizio lavori.

Nel corso della successiva corrispondenza intercorsa con la Soprintendenza, veniva avanzava richiesta affinché la misura del contributo fosse commisurata al 50% della spesa complessiva.

La Soprintendenza, in esito a detta ultima richiesta, con nota del 17 ottobre 2019, proponeva al Segretariato Regionale competente alle definitive determinazioni circa l’ammissione a finanziamento, di « concorrere alla spesa sostenuta dal proprietario del bene culturale per l’esecuzione degli interventi per un ammontare pari al (40%) quaranta per cento della stessa ».

Il Ministero, con determinazione del 18 dicembre 2019, ammetteva (a parere dell’appellante, definitivamente) l’intervento iscrivendo una posta di compartecipazione pari al 30% della spesa totale « accreditandone poi la parte relativa al I SAL sul conto corrente di tesoreria del Segretariato Regionale affinché provvedesse ad erogarla » a seguito del collaudo.

Il 28 agosto 2020 veniva trasmessa alla Soprintendenza la perizia giurata riferita al primo stato di avanzamento lavori sollecitando, il 7 dicembre successivo, la visita di collaudo.

Con atto del 10 novembre 2021, il Segretariato regionale, previa acquisizione di un parere dell’Ufficio Legislativo del Ministero e della conseguente segnalazione dell’Ufficio Bilancio, chiariva che il contributo richiesto non poteva essere erogato, in quanto non rispondente ai requisiti previsti dall’art. 31 del Codice.

La richiamata posizione veniva dalla Soprintendenza portata a conoscenza dell’interessata con nota del 13 gennaio 2021 (provvedimento impugnato in primo grado).

Si anticipa, in estrema sintesi, che la non ammissibilità della concessione si fondava sul duplice rilievo che mancava il requisito della contestualità fra le istanze di autorizzazione allo svolgimento dei lavori e di concessione del contributo, nonché, sull’intervenuta autorizzazione ai lavori e successiva esecuzione degli stessi, nel periodo di sospensione delle procedure di erogazione di cui al citato art. 1, comma 26 ter del D.L. n. 95/2012.

La Società, con ricorso iscritto al n. 380/2021 R.R., impugnava l’illustrato esito innanzi al T Campania - Sezione staccata di Salerno, contestando la necessità della pretesa contestualità fra le due menzionate richieste e deducendo la violazione delle garanzie procedimentali per omessa comunicazione del preavviso di diniego e, sul presupposto che il contributo fosse stato definitivamente concesso con la citata nota del 18 dicembre 2019, la violazione della disciplina in tema di autotutela e, segnatamente, dell’art. 21 nonies della L. n. 241/1990.

Il T respingeva il ricorso con sentenza n. 468 del 15 febbraio 2022 che la Società impugnava con appello depositato il 4 maggio 2022 deducendo, con un unico articolato capo di impugnazione « Erroneità e/o perplessità e/o insufficienza della motivazione in ordine alla dedotta “Violazione degli artt. 31, 35, 36 e 37 del d.lgs. 42/2004. Violazione dell’art. 1, comma 314, della legge n. 205/2017. Difetto di istruttoria, carenza dei presupposti e travisamento dei fatti. Illogicità, irragionevolezza ed ingiustizia manifeste. Violazione degli artt. 21 octies e 21 nonies della Legge n. 241/1990. Violazione dei principi generali di tutela del legittimo affidamento e di proporzionalità. Violazione degli artt. 3 e 97 Cost.”. Mancata pronuncia su alcuni profili ed extra petizione su altri ».

Il Ministero si costituiva formalmente in giudizio il 9 maggio 2022.

All’esito della camera di consiglio del 26 maggio 2022, su richiesta dell’appellante la causa veniva rinviata al merito.

Il Ministero sviluppava le proprie difese con memoria del 13 febbraio 2023 con la quale confutava le avverse censure chiedendo la reiezione dell’appello.

L’appellante, con memoria di pari data, ribadiva le proprie censure e, con memoria del successivo 23 febbraio, replicava alle difese ministeriali.

All’esito della pubblica udienza del 16 marzo 2022, la causa veniva decisa.

Preliminarmente, ai fini di un corretto inquadramento della presente fattispecie, deve procedersi ad un sintetico richiamo del contesto normativo di riferimento.

L’art. 31, comma 2, del Codice « Interventi conservativi volontari » dispone che « in sede di autorizzazione, il soprintendente si pronuncia, a richiesta dell'interessato, sull'ammissibilità dell'intervento ai contributi statali previsti dagli articoli 35 e 37 e certifica eventualmente il carattere necessario dell'intervento stesso ai fini della concessione delle agevolazioni tributarie previste dalla legge ».

Il richiamato art. 35, « Intervento finanziario del Ministero », prescrive al comma 1 che « il Ministero ha facoltà di concorrere alla spesa sostenuta dal proprietario, possessore o detentore del bene culturale per l'esecuzione degli interventi previsti dall'articolo 31, comma 1, per un ammontare non superiore alla metà della stessa. Se gli interventi sono di particolare rilevanza o riguardano beni in uso o godimento pubblico, il Ministero può concorrere alla spesa fino al suo intero ammontare ».

Il successivo art. 37 « Contributo in conto interessi », dispone che « il Ministero può concedere contributi in conto interessi sui mutui o altre forme di finanziamento accordati da istituti di credito ai proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di beni culturali per la realizzazione degli interventi conservativi autorizzati … »

Il procedimento, disciplinato dal D.I. n. 471/2018 (contenente la disciplina attuativa), prende avvio con la ricezione delle domande di contributo da parte dei Segretariati regionali e la determinazione da parte di questi del fabbisogno annuale cui segue, a cura della Direzione Generale Bilancio del Ministero, l’elaborazione del programma annuale che individua il budget disponibile per ciascuna regione, e si conclude con il riconoscimento da parte di ciascun Segretariato regionale dei contributi in capo ai richiedenti nei limiti delle risorse stanziate con l’atto di programmazione.

L’appellante si duole della mancata erogazione del contributo in conto capitale relativo ad un intervento restauro e adeguamento di un immobile di interesse storico, asseritamene già ammesso a finanziamento.

Il diniego di erogazione, come anticipato, si fonda sulla duplice circostanza che non si registrava la contestualità fra l’autorizzazione ai lavori e l’ammissione a finanziamento, che il Ministero ritiene necessaria ai sensi dell’art. 31, comma 2, del Codice, e che i lavori venivano « autorizzati/realizzati » nel periodo di sospensione di cui all’art. 1, comma 26 ter , del D.L. n. 95/2012.

Posizione avversata dall’appellante che sostiene che la contestualità imposta dalla norma riguarderebbe l’esame delle due istanze da parte dell’amministrazione e non la presentazione delle stesse da parte del privato.

Afferma ulteriormente che la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge per il conseguimento del finanziamento, (artt. 31, 35 e 37) sarebbe riconosciuta dalla stessa amministrazione come comproverebbero i contenuti delle note della Soprintendenza del 25 febbraio 2019 (che, si afferma avrebbe determinato l’ammissione al contributo) e del 17 ottobre 2019 (che avrebbe confermato l’ammissione nella misura massima del 40% a fronte della richiesta di ammissione al 50%) e della nota del Segretariato Regionale del 18 dicembre 2019 (che avrebbe confermato il contributo nella misura del 30%).

Una volta stabilito che il contributo doveva ritenersi già concesso, non assumerebbe alcun rilievo, nei sensi invocati, dal Ministero, la sospensione ex art. 1, comma 26 ter del D.L. n. 95/2012 atteso che l’istanza del 2019 era successiva al periodo di sospensione e doveva intendersi « definitivamente accolta dal Ministero ».

Da tale impostazione deriverebbe che i successivi provvedimiti oggetto di impugnazione in primo grado dovrebbero essere qualificati come « un’autotutela, più o meno mascherata, in assenza dei relativi presupposti » (pag. 15 dell’appello).

Probante in ordine alla già avvenuta ammissione a contributo sarebbe la nota n. 1417/2019 della Direzione Centrale Bilancio (indicata come « organo dotato del potere » di concedere il contributo – pag. 20 dell’appello) laddove afferma che « sono stati inseriti nella proposta di codesto segretariato, ammessi a contributo e introdotti nella programmazione relativa all’annualità 2019 ».

A comprova della definitività dell’ammissione richiama, altresì, i contenuti della circolare n. 38/2019 del 21 maggio 2019 ove si afferma che « sentite le direzioni generali per il parere di rispettiva competenza relativo alla proposta degli interventi , [l’amministrazione, ndr] provvederà ad approvare la programmazione della concessione dei contributi per l’anno 2019 ».

L’utilizzo dei verbi provvedere e approvare comproverebbe che « non si parla più di proposte » ma di determinazioni definitive (pag. 20 dell’appello).

Ulteriore elemento a sostegno delle tesi esposte si rinverrebbe in altro passaggio della medesima Circolare ove si afferma che « saranno oggetto di possibile finanziamento gli interventi per i quali siano state rilasciate dichiarazioni di ammissibilità ai contributi a decorrere dal 1° gennaio 2019 e che la pronuncia sull’ammissibilità dell’intervento al contributo statale costituisce mera indicazione propedeutica all’eventuale erogazione del contributo stesso senza, pertanto, costituire alcun vincolo per l’accoglimento della richiesta che resta demandata alle determinazioni conclusive del programma ministeriale e delle risorse finanziarie disponibili … », specificando, altresì, che «… l’accoglimento della richiesta (...) resta demandata alle determinazioni conclusive del programma ministeriale e delle risorse finanziarie disponibili ».

La sentenza sarebbe, quindi, erronea nella parte in cui riteneva che al momento dell’adozione del diniego impugnato non fossero intervenuti provvedimenti di ammissione suscettibili di eliminazione unicamente ricorrendo ai poteri di autotutela con conseguente illegittimità dell’operato dell’amministrazione per non aver proceduto non solo in assenza dei presupposti di cui all’art. 21 nonies della L. n. 241/1990 ma anche tardivamente poiché i provvedimenti impugnati venivano adottati oltre lo spirare del temine di 18 mesi prescritto dalla stessa norma, ovvero, « quasi due anni dopo successivamente alla trasmissione del decorrente dalla trasmissione del I SAL dei lavori (28 agosto 2020) e della richiesta di collaudo (7 ottobre 2020) ».

L’amministrazione sostiene, invece, la legittimità del proprio operato invocando la sospensione delle procedure di finanziamento ex D.L. n. 95/2012 che avrebbe di fatto posto nel nulla la richiesta di autorizzazione presentata in detto periodo.

Sostiene ulteriormente che alcuna amissione al finanziamento sarebbe intervenuta atteso che gli atti invocati dall’appellante a sostegno delle proprie tesi non promanerebbero dagli uffici competenti a pronunciarsi in via definitiva sull’istanza di ammissione al contributo.

Allega, altresì, che, a seguito della sospensione, con circolare n. 360 dell’11 ottobre 2012, la Direzione generale per l'organizzazione, gli affari generali, l'innovazione, il bilancio e il personale, disponeva che « a partire dal 15 agosto 2012, data di entrata in vigore della legge di conversione n. 35/2012, di conversione del D.L. n. 95/20121 le dichiarazioni di ammissibilità ai contributi di cui sopra non possono più essere rilasciate da parte degli Uffici competenti ed eventuali provvedimenti già adottati a partire dalla suddetta data devono ritenersi nulli, dandone opportuna comunicazione ai diretti interessati ».

L’appello è fondato nei seguenti termini.

Preliminarmente allo scrutino di merito, si rendono necessarie alcune puntualizzazione in punto di fatto.

In primis si rileva che con la citata nota del 25 febbraio 2019, contrariamente a quanto affermato dall’appellante, non veniva determinata l’ammissione al finanziamento ma solo l’ammissibilità dello stesso.

La nota, inoltre, precisava che « la presente vale quale proposta alla istanza prodotta e che la determinazione della misura del contributo è riservata alla Commissione Regionale Patrimonio Culturale ».

Elementi a sostegno delle tesi dell’appellante non si rinvengono nemmeno nella citata nota della Soprintendenza dl 17 ottobre 2019, con la quale l’amministrazione si limitava a proporre « di concorrere alla spesa sostenuta dal proprietario del bene culturale per l’esecuzione degli interventi per un ammontare pari al (40%) quaranta per cento della stessa ».

Non altrettanto univoca, ma in ogni caso non invocabile a sostegno della tesi della già intervenuta ammissione, è la nota della Direzione Centrale Bilancio del 18 dicembre 2019, ove si afferma che gli interventi sul Castello « sono stati … ammessi a contributo e introdotti nella programmazione relativa all’annualità 2019, approvata da questa Direzione generale mediante D.D.G. n. 2648 del 18 dicembre 2019» .

Con la determinazione in questione, infatti, veniva approvata « la programmazione degli interventi finanziari del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo a favore del proprietario, possessore o detentore del bene culturale per l’anno 2019, ai sensi degli artt. 31, 35 e 36 del Codice dei beni culturali e del paesaggio …di cui all’elenco allegato, che è parte integrante del presente decreto »: elenco che comprendeva «Castello di Rocca Cilento».

Il tenore della nota da ultimo citata non consente, tuttavia, di rinvenire nel contenuto della stessa una definitiva ammissione al contributo essendo chiaramente riferito all’inserimento dell’appellante nella pianificazione da sottoporre a successiva approvazione.

Ciò premesso, può procedersi all’esame delle già introdotte questioni della contestualità delle istanze di autorizzazione e concessione e della sorte dei provvedimenti intervenuti in pendenza del periodo di sospensione.

Come in parte anticipato, l'art. 1, comma 314, della L. n. 205/2017, abrogando il sopra citato comma 26 ter dell'art. 1 del D.L. n. 95/2012, ripristinava, a decorrere dal 1° gennaio 2019 i contributi ai privati per interventi conservativi volontari e, con il decreto interministeriale n. 471/2018, adottava le disposizioni attuative in materia dei contributi in esame.

Con circolare n. 43 dell'8 settembre 2020 del Segretariato Generale del Ministero, veniva stabilito che l’abrogazione della disposta sospensione non avrebbe determinato una « riammissione in termini », ovvero, una riammissione al contributo delle istanze « che avrebbero potuto astrattamente essere accolte durante il periodo di “sospensione obbligatoria” ex lege ma per le quali non è stata rilasciata la dichiarazione di ammissibilità » precisando che « ai fini dell’erogazione dei contributi potranno pertanto essere considerati (oltre agli interventi per i quali è stata rilasciata la dichiarazione di ammissibilità prima dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 95 del 2012) solo gli interventi le cui dichiarazioni di ammissibilità a contributi siano state rilasciate, a decorrere dal 1 gennaio 2019, contestualmente all’autorizzazione ai lavori ».

La previsione della contestualità prevista dalla circolare, tuttavia, non pare trovare un sicuro referente normativo.

Deve, infatti, rilevarsi che l’art. 31, comma 2, del Codice dispone che « in sede di autorizzazione, il soprintendente si pronuncia, a richiesta dell'interessato, sull'ammissibilità dell'intervento ai contributi statali previsti dagli articoli 35 e 37 e certifica eventualmente il carattere necessario dell'intervento stesso ai fini della concessione delle agevolazioni tributarie previste dalla legge ».

Il dato testuale della norma in commento impone, quindi, la contestualità fra la valutazione dell’opportunità dell’intervento e della definitiva ammissione al finanziamento pubblico senza prevedere alcuna contestualità della presentazione delle due istanze da parte del privato che ben possono essere esaminate congiuntamente indipendentemente dalla data di effettiva di presentazione delle stesse essendo, invece, necessario che la tempistica consenta una valutazione congiunta delle stesse.

Tali conclusioni sono, peraltro, coerenti con le stesse considerazioni espresse sul punto dal T, ancorché a sostegno della legittimità degli atti impugnati.

Il T, infatti, riteneva legittima la posizione dell’amministrazione sul rilievo che la pretesa contestualità soddisfi esigenze di « programmazione delle risorse economiche e di controllo sugli interventi oggetto di finanziamento » consentendo « di assicurare la omncomprensività della proposta di stanziamento e, considerato altresì il criterio di cui all’art. 3, comma 2, lett. a), del decreto n. 471/2018 ancora la distribuzione del budget anche all’ammontare delle richieste pervenute nel medesimo periodo » e creando « le condizioni per il successivo stanziamento contestuale delle risorse necessarie a finanziare gli interventi autorizzati nell’anno di riferimento e destinati pertanto a essere eseguiti a partire dal medesimo anno ».

Il difetto di detta contestualità, afferma il T, pregiudicherebbe « la programmazione delle risorse economiche e la finanziabilità dell’intervento » e determinerebbe « situazioni di concentrazione delle istanze di finanziamento e di squilibrio nella attribuzione delle risorse ».

Le illustrate esigenze, tuttavia, possono trovare piena soddisfazione nel contestuale esame delle due istanze senza che rilevi, nei sensi invocati, la non contestualità della loro presentazione.

La circostanza, valorizzata dal T, per la quale « la concentrazione nel medesimo » periodo di istanze relative ad interventi precedentemente autorizzati e istanze relative al periodo di riferimento, in presenza di una fisiologica insufficienza delle risorse e della necessità di rispettare l’ordine cronologico di presentazione delle domande, potrebbe determinare « l’erosione degli stanziamenti » a vantaggio delle iniziative autorizzate in periodi precedenti limitando le disponibilità in danno degli interventi riferiti al periodo corrente, sebbene astrattamente condivisibile, è a maggior ragione irrilevante nel caso di specie ove, come evidenziato, l’istanza di ammissione al beneficio veniva reiterata al termine del periodo di sospensione di cui al più volte citato D.L. n. 95/2012.

Deve ulteriormente rilevarsi che le illustrate determinazioni adottate dall’amministrazione non sono pienamente coerenti con le illustrate norme primarie.

L’art. 1, comma 26 ter della D.L. n. 92/2012, come evidenziato, si limitava a prevedere che venisse « sospesa la concessione dei contributi » e la successiva disposizione normativa che l’abrogava (art. 1, comma 314, della L. n. 205/2017) determinava quale immediato effetto il solo ripristino del regime normativo ex ante a decorrere dal 1° gennaio 2019.

Alcuna espressa disposizione è dettata dalla fonte primaria circa la sospensione delle attività istruttorie né, tanto meno, è espressamente prevista l’inefficacia delle determinazioni nelle more assunte con la conseguenza che non può addebitarsi all’appellante l’incolpevole affidamento circa la validità delle determinazioni assunte dall’amministrazione nel periodo di sospensione (nella specie, l’autorizzazione ai lavori) che, non determinando (come la stessa amministrazione sostiene) la concessione del contributo, non presentavano alcuna profilo di contrasto con la normativa di legge.

Ciò determina che l’amministrazione, a fronte della riproposizione dell’istanza « di riattivazione della domanda inviata l’11.04.2018 per l’ammissione ai contributi statali ai sensi degli artt. 35 e 37 e succ. mod. ed int. Del D.leg 42/2004 » presentata il 23 gennaio 2019 non avrebbe potuto negare il contributo (sulla cui ammissibilità, peraltro si era già espressa favorevolmente) sulla base dei soli suesposti inconferenti profili di natura formale ma avrebbe dovuto scrutinare l’istanza nel merito.

Si ravvisa pertanto il difetto di istruttoria dedotto da parte appellante, senza che la pacifica natura discrezionale della determinazione cui era tenuta l’amministrazione possa determinare l’applicabilità al caso di specie dell’art. 21 octies della L. n. 241/2021 , mentre la rilevata insussistenza di un definitivo provvedimento di ammissione al contributo, comporta l’infondatezza della dedotta violazione del successivo art. 21 nonies .

Per quanto precede, l’appello deve essere accolto nei suesposti limiti, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.

La complessità della questione e le illustrate causali sulle quali si fonda l’accoglimento dell’appello, determinano la compensazione delle spese di giudizio fra le parti.

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