Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-04-06, n. 202002299
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Pubblicato il 06/04/2020
N. 02299/2020REG.PROV.COLL.
N. 05478/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5478 del 2018, proposto da
Rai - Radiotelevisione Italiana S.p.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dal professore avvocato E S D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Comitato di Applicazione del Codice di Autoregolamentazione Tv e Minori, Ministero dello Sviluppo Economico, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter) n. 03568/2018, resa tra le parti, concernente l’annullamento e/ riforma: - della delibera prot. n. 21/08/CSP, adottata dalla Commissione per i Servizi e i Prodotti dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni in data 31 gennaio, recante ad oggetto: “ Ordinanza - ingiunzione nei confronti della società RAI - Radiotelevisione Italiana s.p.a. (Emittente per la radiodiffusione televisiva in ambito nazionale “Rai Due”) per la violazione dell'art. 4, comma 1, lett. b) del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 ”;- di ogni atto presupposto espressamente richiamato nell'ordinanza-ingiunzione impugnata e, in particolare: della “ Contestazione nei confronti della società Rai-Radiotelevisione Italiana s.p.a. (Emittente per la radiodiffusione televisiva in ambito nazionale “Rai Due”) per la violazione dell'art. 4, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 ”, adottata con nota prot. n. CONT./97/07/DICAM/N° PROC. 1589/SM del 7 settembre 2007, a firma del Direttore della Direzione contenuti audiovisivi e multimediali dell'AGCOM;della “ proposta formulata dalla Direzione Contenuti Audiovisivi e Multimediali ”;della relazione dei Commissari incaricati;- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguenziale;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2020 il Cons. Francesco De Luca e uditi per le parti gli avvocati Giovanni Greco dell’Avvocatura Generale dello Stato e Ugo De Luca in sostituzione dell'avv. Sticchi Damiani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con delibera prot. 21/08/CSP del 31.1.2008 l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (d’ora in poi, per brevità, anche Autorità o AGCOM) ha irrogato alla Rai – Radiotelevisione italiana s.p.a. la sanzione pecuniaria di euro cinquanta mila in applicazione degli artt. 4, co. 1, lett. b), 34 e 35 d.lgs. n. 177/2005, in relazione alla trasmissione sull’emittente Rai 2, in data 18.2.2007, della replica di un episodio della serie di telefilm NCIS (già messo in onda il 3.9.2006), recante immagini di forte impatto emotivo (tra cui quelle, riproposte più volte, che ritraggono, anche in primo piano, un cadavere insanguinato con orbite svuotate e profondo taglio alla gola), ritenuto idoneo, anche in relazione all’orario di trasmissione (in fascia oraria di prima serata), per la quantità e il tipo di scene proposte, particolarmente raccapriccianti, a suscitare nei minori telespettatori reazioni di angoscia e turbamento e a nuocere al loro sviluppo fisico, psichico o morale.
2. La Rai ha proposto ricorso avverso il provvedimento sanzionatorio, denunciando:
- la violazione del combinato disposto dell’art. 22 dir. 89/552/CEE e degli artt. 4, comma 1, lett. b) e 34 D. Lgs. n. 177/2005 e del codice di autoregolamentazione TV e Minori stipulato in data 29.11.2002, tenuto conto che, per le trasmissioni suscettibili di nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minorenni, il divieto di trasmissione non dovrebbe ritenersi operante nelle ipotesi in cui la scelta dell'ora di trasmissione o qualsiasi altro accorgimento tecnico escludano che i minorenni che si trovino nell'area di diffusione normalmente seguano tali programmi;ragion per cui, avendo la Rai adottato accorgimenti tecnici volti ad evitare la visione del programma ad un pubblico minorile, nel rispetto del Codice di autoregolamentazione TV e minori, l’illecito non avrebbe potuto essere integrato;inoltre, l’atteggiamento dell’Autorità sarebbe stato contraddittorio rispetto all’archiviazione disposta in analoghe fattispecie;
- l’inidoneità delle scene ad offendere lo sviluppo psico-fisico dei minori;
- la mancata acquisizione del parere, preventivo e vincolante, delle commissioni di cui agli artt. 2 e 3 l. 21 aprile 1962, n. 161, avuto riguardo all’art. 3, commi 4 e 5, d.l. n. 97/1995 (conv. con l. 203/95);
- la mancata acquisizione di apporti da parte di soggetti esperti, titolari di competenze tecnico/scientifiche, idonei a orientare la discrezionalità tecnica esercitata con l’adozione del provvedimento impugnato;
- la mancata valutazione, da parte dell’amministrazione, dell’elemento soggettivo della ricorrente ai sensi dell’art. 3 l. n. 689/81;
- l’erronea quantificazione della sanzione.
3. L’Autorità si è costituita in giudizio, al fine di resistere al ricorso.
4. Il T ha rigettato il ricorso, tenuto conto che:
- l’art. 3, par. 1, dir. 89/552/CEE consente l’adozione di una disciplina nazionale ispirata a maggior rigore, che preclude in ogni caso le trasmissioni idonee a nuocere allo sviluppo fisico, psichico o morale dei minori, a prescindere dagli accorgimenti tecnici in concreto adottati;né avrebbe rilievo l’osservanza da parte della ricorrente del codice di autoregolamentazione, tenuto conto che l’art. 34, co. 3, d.lgs. n. 177/05 (“Disposizioni a tutela dei minori”, nel testo applicabile ratione temporis ), nel prescrivere (per le emittenti televisive) il rispetto delle “disposizioni a tutela dei minori previste dal Codice di autoregolamentazione TV e minori approvato il 29 novembre 2002, e successive modificazioni”, reca un’espressa clausola di salvezza per “quanto previsto dall’articolo 4, comma 1, lettera b)”;
- la contraddittorietà del comportamento dell’Autorità rispetto ad altre fattispecie analoghe non sarebbe idonea a determinare l’illegittimità del provvedimento impugnato, tenuto conto che l’illegittima archiviazione di altri casi non potrebbe comunque costituire un vincolo per l’amministrazione, fino a concludere che quest’ultima non possa reiterare l’illegittimo comportamento solo per non cadere in contraddizione;
- le caratteristiche (o il format) di una serie televisiva non escludono la possibilità della messa in onda di scene eventualmente incorrenti nel divieto in esame, senza che ciò contraddica la complessiva cifra artistica del programma;
-le scene in contestazione sono state ritenute lesive dall’Autorità all’esito di una valutazione discrezionale, sindacabile soltanto entro i limiti della manifesta irragionevolezza e del travisamento dei fatti, non ricorrenti nella specie;
- il raffronto dell’art. 3, commi 4 e 5, d.l. n. 97/1995 con gli artt. 34 e 35 d.lgs. n. 177/05 induce a condividere la tesi dell’Autorità sull’abrogazione tacita (per nuova regolazione della materia) dell’adempimento procedurale consistente nell’adozione del parere delle commissioni di cui alla l. n. 161/62, avendo il d.lgs. n. 177/05 delineato un compiuto procedimento sanzionatorio privo di riferimenti a questo incombente;
- in difetto di allegazioni circa l’errore eventualmente commesso (in astratto riconducibile a un’istruttoria carente), la censura incentrata sulla mancata acquisizione di pareri di altre professionalità esterne dotate dei necessari saperi specialistici si risolve in un’inammissibile petizione di principio;
- la ricorrente non aveva offerto concreti elementi atti a dimostrare la propria assenza di colpa;
- nella determinazione della sanzione irrogata il provvedimento impugnato aveva dato adeguatamente e puntualmente conto degli elementi presi in considerazione (“conseguenze” e gravità della violazione, ritenuta “considerevole” tenuto conto del bene giuridico leso;“personalità” e “condizioni” dell’agente).
5. La Rai ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado, deducendo quattro motivi di appello.
Con il primo motivo di appello è censurata la sentenza di primo grado nella parte in cui ritiene che l’art. 4, comma 1, lett. b), d. Lgs. n. 177/05 abbia legittimamente, nell’esercizio di una facoltà riconosciuta dall’art. 3 direttiva n. 89/552/CEE, assoggettato al medesimo regime giuridico (di divieto assoluto di trasmissione) sia le scene suscettibili di nuocere gravemente -ivi comprese scene pornografiche o di violenza gratuita-, sia le scene suscettibili di nuocere (in maniera non grave) allo sviluppo psichico o morale dei minori. Invero, a giudizio dell’appellante, il generale potere degli Stati membri di dettare norme più particolareggiate nei confronti di prestatori di servizi televisivi incontra i limiti posti dalla direttiva stessa, tra i quali vi sarebbe quello di distinguere tra divieto assoluto e divieto relativo di trasmissione, in presenza di specifici accorgimenti tecnici.
Con il secondo motivo di appello viene censurata l’erroneità della sentenza: a) per aver ritenuto abrogata la disciplina sul previo parere delle speciali commissioni di cui alla L. n. 161/1962, previsto dall’art. 3 D.L. n. 97/1995;b) per avere ritenuto ammissibile lo svolgimento di un solo sindacato estrinseco sull’esercizio della discrezionalità tecnica dell’Autorità, quando, invece, avrebbe dovuto ritenersi sussistente nella specie una giurisdizione estesa al merito;sicché, l’appellante ha sollecitato un sindacato pieno di questo Consiglio sulle scene in contestazione, puntualmente descritte nell’atto di appello, evidenziando al contempo che i dialoghi che accompagnano le sequenze erano sempre idonei a stemperare il contenuto delle stesse, nonché che i contenuti della puntata e, in generale, della serie, erano volti ad esaltare la contrapposizione tra bene e male, così come altrettanto chiaro sarebbe stato il messaggio positivo veicolato;altri elementi idonei ad escludere la rilevanza illecita della condotta in contestazione sarebbero stati l’orario di trasmissione, la particolare brevità delle scene contestate e l’archiviazione di analoghi procedimenti disposta dall’Autorità nel passato.
Con il terzo motivo di appello è contestata la sentenza di primo grado per non aver ritenuto invalidante l’omesso coinvolgimento in sede procedimentale di soggetti titolari di saperi specialistici ai quali sottoporre il quesito se le scene contestate fossero idonee a nuocere allo sviluppo dei minori, sebbene si trattasse di elemento istruttorio indispensabile per formulare il giudizio di pericolosità sotteso al provvedimento sanzionatorio.
Con l’ultimo motivo di appello viene censurata la sentenza di prime cure nella parte in cui ha ritenuto, da un lato, sussistente una condotta colposa, dall’altro, comunque congruo il quantum della sanzione irrogata.
6. L’Autorità si è costituita in giudizio, resistendo all’appello.
Con memoria depositata in vista dell’udienza pubblica di discussione del ricorso, in particolare, l’Autorità ha rilevato che:
- non sussisterebbe alcun contrasto tra l’art. 22 della direttiva 89/552/CEE e l’art. 4, comma 1, lett. b) D.Lgs. 177/05;in ogni caso, l’art. 3 della stessa direttiva 89/552/CEE, come modificato dalla direttiva 2007/65/CE, conterrebbe una norma di riserva che consente agli Stati membri di adottare norme più severe in materia di minori;
- non sarebbe pertinente il richiamo al diritto all’informazione trattandosi di un telefilm;
- il Codice di autoregolamentazione non potrebbe modificare quanto prescritto dalla legge e comunque nel corso del procedimento la Rai non avrebbe contestato la mancata applicazione del Codice di autoregolamentazione;
- i sistemi di segnalazione adottati da Rai Due sarebbero stati insufficienti a escludere che i minori nell'area di diffusione assistessero al programma (non essendosi riscontrato né l’adozione del bollino rosso per tutta la durata del programma, né l’utilizzo di sovrascritte scorrevoli ripetute, difformemente da quanto suggerito dalla delibera del 20 dicembre 2005 recante “Principi di segnaletica e avvertimenti” del Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione tv e minori) e comunque anche l’adozione di sistemi di segnaletica rafforzati, pur incidendo nella riduzione della condotta lesiva, non avrebbe escluso, nel caso di accertata potenzialità nociva del programma allo sviluppo fisico, psichico o morale dei minori, la violazione dei divieti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera b) D.Lgs. 177/05;
- le immagini censurate nella delibera impugnata, trasmesse in piena fascia oraria di televisione per tutti, sarebbero state inidonee, per contenuti e modelli veicolati, alla visione da parte di minori, configurandosi come nocive per il loro sviluppo fisico, psichico o morale;
- i precedenti richiamati dall’appellante non sarebbero stati raffrontabili con quello per cui è causa, in quanto presentavano immagini cruente o scene di violenza di un livello tale da integrare la fattispecie di programma potenzialmente nocivo degli interessi morali, etici e di corretto sviluppo psichico dei minori-spettatori;
- la disciplina di cui all’art. 3, commi 4 e 5, DL 97/1995, conv. in L. 203/1995 non sarebbe stata attuata in sede regolamentare e comunque sarebbe stata abrogata implicitamente dal decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, non contenente nessuna disposizione del medesimo tenore;
- la valutazione dell’idoneità del programma ad arrecare pregiudizio fisico, psichico o morale ai minori telespettatori spetterebbe all’Autorità che, per i propri profili di competenza, sarebbe tenuta a verificare il rispetto delle norme in materia di tutela dei minori e, in caso di inosservanza, a irrogare le sanzioni previste;
- la responsabilità dell’emittente non potrebbe essere esclusa giacché graverebbe sulla stessa l’obbligo di vigilare sulla rispondenza delle trasmissioni alla normativa vigente in materia di diffusione di programmi radiotelevisivi;
- la circostanza che la precedente trasmissione non sia stata oggetto di esame da parte dell’Autorità non escluderebbe il successivo accertamento della responsabilità della Rai con riferimento ad una nuova messa in onda dello stesso episodio;
-l’obbligo di motivazione di cui all’art. 3 della L. 241/90 sarebbe stato pienamente assolto, atteso che nel provvedimento oggetto di impugnativa sarebbero state enunciate le ragioni di fatto e di diritto sottese all’atto, allo scopo di consentire alla RAI, destinataria del provvedimento sanzionatorio, la ricostruzione dell’iter logico-giuridico determinante la volontà dell’Autorità.
7. L’appellante ha replicato alle deduzioni dell’appellata, insistendo nelle conclusioni rassegnate nell’atto di appello.
8. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 20 febbraio 2020.
DIRITTO
1. Con il primo motivo di appello l’appellante contesta la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto che l’art. 4, comma 1, lett. b), d. Lgs. n. 177/05 abbia legittimamente, nell’esercizio di una facoltà riconosciuta dall’art. 3 direttiva n. 89/552/CEE, assoggettato al medesimo regime giuridico (di divieto assoluto di trasmissione) sia le scene suscettibili di nuocere gravemente -ivi comprese scene pornografiche o di violenza gratuita-, sia le scene suscettibili di nuocere (in maniera non grave) allo sviluppo psichico o morale dei minori.
In particolare, a giudizio del T, è “ la stessa direttiva a consentire l’adozione di una disciplina ispirata a maggior rigore;né, d’altronde, la ricorrente ha addotto elementi dai quali poter evincere l’ipotetica non conformità “al diritto comunitario” del ridetto art. 4, co. 1, lett. b), d.lgs. n. 177/05.
Di qui, la correttezza dell’assunto di base della gravata delibera circa l’ininfluenza di qualsiasi tipo di accorgimento ai fini della messa in onda del programma.
Sotto altro profilo, non rileva la pretesa osservanza da parte della ricorrente del codice di autoregolamentazione.
Ciò in quanto l’art. 34, co. 3, d.lgs. n. 177/05 (“Disposizioni a tutela dei minori”, nel testo applicabile ratione temporis), nel prescrivere (per le emittenti televisive) il rispetto delle “disposizioni a tutela dei minori previste dal Codice di autoregolamentazione TV e minori approvato il 29 novembre 2002, e successive modificazioni”, reca un’espressa clausola di salvezza per “quanto previsto dall’articolo 4, comma 1, lettera b)”.
È perciò immune dalle prospettate critiche l’impostazione dell’Agcom circa la portata non esimente dell’osservanza del codice nel caso di violazione del divieto di cui alla norma appena menzionata ”.
Tale capo di sentenza, secondo la prospettazione recata nell’atto di appello, sarebbe erroneo e comunque condurrebbe a risultati esegetici incompatibili con la disciplina unionale.
Difatti, il generale potere degli Stati membri di dettare norme più particolareggiate nei confronti di prestatori di servizi televisivi incontrerebbe comunque i limiti posti dalla direttiva stessa, tra i quali vi sarebbe quello di distinguere tra divieto assoluto e divieto relativo di trasmissione (in presenza di specifici accorgimenti tecnici).
In particolare, una lettura dell’art. 4, comma 1, lett. b), d. lgs. n. 177/05 compatibile con l’art. 22 direttiva 89/552/CE imporrebbe di intendere la disciplina interna in senso differente rispetto all’interpretazione data dal T, distinguendo le fattispecie soggette a divieto assoluto di trasmissione dalle fattispecie soggette a divieto relativo (superabile sulla base di accorgimenti tecnici idonei ad escludere la visione del programma da parte del pubblico minorenne), nel bilanciamento delle esigenze di protezione dei minori con quelle di tutela della libertà di trasmissione, manifestazione del principio più generale di libertà di espressione.
Conseguentemente, posto che l’Autorità non avrebbe contestato una fattispecie soggetta a divieto assoluto di trasmissione, considerato che nella specie la Rai avrebbe adottato accorgimenti tecnici idonei ad impedire la visione del programma a soggetti minorenni, come previsti nel codice di autoregolamentazione TV e minori (par.