Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-06-27, n. 201403250

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-06-27, n. 201403250
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201403250
Data del deposito : 27 giugno 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04721/2011 REG.RIC.

N. 03250/2014REG.PROV.COLL.

N. 04721/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4721 del 2011, proposto da
Arti grafiche Reggiani s.r.l., rappresentata e difesa dall'Avvocato G A F con domicilio eletto presso lo Studio Placidi s.n.c., in Roma, Via Cosseria, 2;

contro

Ministero dello sviluppo economico, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza n. 128/2011 del TAR Emilia Romagna dell'11 febbraio 2011, resa tra le parti, concernente risarcimento danni - revoca contributo concesso e restituzione somme;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dello sviluppo economico (già Ministero delle attività produttive);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 25 marzo 2014, il Cons. Carlo Mosca e uditi per le parti l’avvocato Ferrerio e l’avvocato dello Stato Fedeli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Dagli atti risulta che il Tribunale amministrativo dell’Emilia-Romagna, con sentenza 25 maggio 2005, n. 755, aveva respinto il ricorso di Arti Grafiche Reggiani s.r.l. per l'annullamento del decreto ministeriale 12 marzo 2002, con cui le era stato revocato un contributo, erogatole per l'acquisto di macchinari di stampa. Ciò in quanto l'Amministrazione aveva accertato, successivamente all'erogazione, l'esistenza di un'ipotesi di esclusione delle agevolazioni previste dall'articolo 3, comma 6 del decreto ministeriale 3 marzo 1992, n. 247, con riguardo a investimenti fatturati anteriormente al 25 ottobre 1991.

Con la revoca veniva chiesto il pagamento degli interessi dalla data di erogazione del contributo, in misura pari al tasso ufficiale di sconto vigente a quella data.

La sentenza non riteneva indice di illegittimità del decreto il fatto che l'Amministrazione avesse provveduto con ritardo, trattandosi comunque di provvedimento vincolato.

In appello, il Consiglio di Stato, confermando questo assunto con sentenza Sez. VI, 29 agosto 2006, n. 5023,rilevava che l'omessa tempestiva verifica dei requisiti e il ritardo della revoca avrebbero potuto consentire semmai una richiesta di risarcimento dei danni per comportamento omissivo dell'Amministrazione, su cui non si pronunciava non essendo stata formulata dall'appellante un’apposita domanda.

La Arti Grafiche Reggiani s.r.l. presentava quindi ricorso (n. 1/2007) allo stesso Tribunale amministrativo ai fini dell'accertamento e della dichiarazione del detto ritardo per violazione del principio di correttezza e di buona fede che incombe sull'Amministrazione, sostenendo che non erano, per tale motivo, dovuti gli interessi ai sensi dell'articolo 13, quarto comma della legge 5 ottobre 1991, n. 317,.

Con ordinanza n. 82/2007 il Tribunale amministrativo accogliendo l'istanza, disponeva la sospensione della riscossione degli interessi. Tuttavia, nelle more del giudizio di merito, Equitalia Polis s.p.a., emetteva una cartella di pagamento, a seguito della quale Arti Grafiche Reggiani proponeva un nuovo ricorso con istanza di sospensione. Il Tribunale amministrativo dell’Emilia-Romagna (Bologna) dapprima accoglieva, con ordinanza n. 37/2008, la richiesta di misura cautelare limitatamente a una somma pari ai 2/3 degli interessi dovuti;
poi, con sentenza del 23 novembre 2009, n. 2402, respingeva tale ultimo ricorso. Questa decisione è stata confermata in appello da questo Consiglio di Stato con sentenza della Sezione IV, 5 marzo 2010, n. 1300.

2. La sentenza del Tribunale amministrativo dell’Emilia-Romagna 11 febbraio 2011, n. 128 - qui impugnata dalla società - dichiarava inammissibile il ricorso n. 1/2007, perché l'atto di cui si assumeva il ritardo è un atto negativo di cui era stata, in via definitiva, riconosciuta la legittimità dalle specifiche pronunce dello stesso Tribunale;
e perché gli interessi liquidati sulla somma capitale non erano connessi al ritardo dell'Amministrazione, ma solo rappresentano il corrispettivo per gli importi indebitamente percepiti e poi trattenuti dalla società ricorrente.

3. Con l'odierno appello, la società Arti Grafiche Reggiani censura questa sentenza per manifesta erroneità e per violazione degli articoli 1227, 1175 e 1375 Cod. civ., nonché dell'articolo 2.- bis della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Posto, infatti, che si verte della domanda risarcitoria per ingiustificato ritardo della revoca del contributo con l’effetto ingiustificato di aggravio di interessi, l’appellante contesta che un danno risarcibile possa configurarsi solo nel caso di lesione di un interesse pretensivo, con un procedimento concluso in senso favorevole per l'amministrato;
o nel caso di un interesse oppositivo poi riconosciuto. Infatti, gli interessi richiesti sono in misura di gran lunga superiore a quella degli interessi legali e pari al tasso ufficiale di sconto, sicché non rappresentano un corrispettivo di quanto ricevuto, trattenuto e utilizzato sino alla data della revoca, ma - in ragione del loro elevato ammontare - una vera e propria sanzione. Per l’appellante, il comportamento colposo della amministrazione le ha indebitamente causato un grave danno, che ha messo a rischio l'assetto economico dell'azienda per il notevole esborso di denaro.

Nemmeno la sentenza poteva prescindere dall'articolo 2- bis della legge n. 241 del 1990, introdotto dall'articolo 7, comma 1, lettera c) , l. 18 giugno 2009, n. 69, sul danno da ritardo, secondo cui le pubbliche amministrazioni sono tenute al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa e colposa del termine di conclusione del procedimento.

4. Si è costituito nel giudizio di appello il Ministero dello sviluppo economico, il quale, nel ribadire la legittimità della revoca e la richiesta di restituzione degli interessi, evidenzia che, a fronte del provvedimento già ritenuto legittimo e di un giudicato che sottolinea l'esistenza sia dell'obbligo restitutorio, sia di quello di corresponsione degli interessi maturati sulla somma concessa per contributo, afferma che va ribadita l'inammissibilità dell'azione e l'inesistenza dell'obbligazione risarcitoria.

L’appellata Amministrazione eccepisce la tardività del gravame, proposto diversi anni dopo la conoscenza della revoca, stante il termine di decadenza di 120 giorni trattandosi di lesione di interessi legittimi. Nemmeno, a suo avviso, è fondata l'eccezione di violazione di norme contrattuali perché si è in presenza di un rapporto non paritetico: il preteso danno invocato deriva dall'esercizio di poteri autoritativi e il danno da ritardo postula l'omissione dell’adozione di un provvedimento ampliativo della sfera giuridica del destinatario.

DIRITTO

1. È dato prescindere dalla questione della tardività del gravame, posto che l'appello è palesemente infondato. La sentenza impugnata del Tribunale amministrativo dell’Emilia-Romagna è infatti correttamente motivata.

Il Collegio, condividendo il precedente di cui a Cons Stato, VI, 29 agosto 2006 , n. 5023, che confermava la sentenza del Tribunale amministrativo dell’Emilia-Romagna 25 maggio 2005, n. 755, ritiene legittimi la revoca e la pretesa restitutoria, anche relativamente agli interessi, perché l'Amministrazione non avrebbe potuto:

a. determinarsi diversamente dinanzi all’accertamento della ricorrenza di un’ipotesi di esclusione delle agevolazioni previste dall'articolo 3 ( Investimenti ammissibili ), comma 6, lettera b) , del decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 3 marzo 1992, n. 247 ( Regolamento recante norme sulla concessione alle piccole imprese di agevolazioni per investimenti innovativi );

b. non applicare a tale revoca e alle sue conseguenze restitutorie le modalità e l'importo prescritti dall'articolo 13 ( Revoca delle agevolazioni ), comma 5, della legge 5 ottobre 1991, n. 317 ( Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese ), secondo cui, nel caso di restituzione delle agevolazioni per conseguenza della revoca, l'impresa deve versare il relativo importo maggiorato di un interesse pari al tasso ufficiale di sconto vigente alla data dell'ordinativo di pagamento o alla data di concessione del credito di imposta.

La legittimità dell'atto (cui l’appellante collega la sua pretesa risarcitoria) rende conseguentemente la domanda giudiziale inammissibile, come bene considerato dalla sentenza qui impugnata.

Correttamente dunque l'impugnato giudicato del Tribunale amministrativo dell’Emilia-Romagna ha escluso l'esistenza di fondamento di tale pretesa risarcitoria. Vero è che si è in presenza di una non sollecita verifica del possesso dei requisiti e del ritardo nella revoca del contributo. Nondimeno, rileva il Collegio, sia le modalità di verifica che l'accertato ritardo non sono causa di illegittimità del provvedimento di revoca, che è atto dovuto: e sulle somme che sono risultate indebitamente erogate non possono che essere applicati gli interessi, nella misura praticata perché a compensazione dell’utilità che nelle more comunque ha tratto la parte che aveva senza buona ragione percepito la somma stessa. Diversamente, la stessa verrebbe a essere locupletata senza ragione.

Come del resto evidenziato dalla stessa appellante, dal 16 dicembre 1990 al 31 dicembre 1996, il tasso legale degli interessi è stato del 10%. Il Ministero, sulla somma da restituire, ha applicato, nel rispetto della normativa vigente, il tasso di sconto nella misura dell'8 e del 7 per cento, tasso vigente negli anni 1993 e 1994, all'epoca cui risaliva il versamento del contributo: un tasso inferiore a quello astrattamente percepibile nel periodo in cui l'appellante ha avuto a disposizione il contributo erogato. Ciò dimostra che non sussiste alcun danno ingiusto, né sono stati forniti altri elementi che ne attestino la presenza.

Non è peraltro configurabile alcuna violazione delle norme invocate, né sono state allegate argomentazioni sufficienti a convincere di un asserito illegittimo comportamento dell'Amministrazione in termini di violazione di regole di correttezza e di buona fede.

Correttamente, perciò, il giudice di primo grado ha ritenuto non sussistere alcuna delle condizioni che configurano un danno ingiusto da risarcire. Del resto, la legittimità dell’atto è stata, in via definitiva, riconosciuta nei precedenti giudicati E gli interessi liquidati sulla somma capitale rappresentano il corrispettivo per gli importi indebitamente percepiti e trattenuti.

2. Per quanto esposto, l'appello va respinto.

Le spese del presente grado di giudizio seguono, come di regola, la soccombenza, e sono liquidate nel dispositivo.

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