Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-05-18, n. 202003163

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-05-18, n. 202003163
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202003163
Data del deposito : 18 maggio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/05/2020

N. 03163/2020REG.PROV.COLL.

N. 04520/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4520 del 2010, proposto dai signori A C S, S C, C C, S C e M S, rappresentati e difesi dagli avvocati F C e G F, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G M G in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18,

contro

- il Comune di Comacchio, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato C B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M T B in Roma, via Caio Mario, n. 7;
- la Provincia di Ferrara, in persona del Presidente pro tempore , non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna (Sezione Prima) n. 2279/2009, resa tra le parti, concernente variante al piano regolatore generale, con richiesta di risarcimento del danno.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Comacchio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 5 maggio 2020, il Cons. Antonella Manzione e dati per presenti, ai sensi dell’art. 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, i difensori delle parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Gli odierni appellanti sono comproprietari di un’area sita nel territorio del Comune di Comacchio, località Lido degli Scacchi, catastalmente individuata al foglio 46, mappali 268, 269, 163, 343, 344, già classificata “ zona agricola litoranea a vocazione turistica ” dal Piano regolatore generale (P.R.G.) del 1975, annullato per difetto di motivazione con sentenza del T.A.R. per l’Emilia Romagna del 24 novembre 1978, n. 471, passata in giudicato, su ricorso del Consorzio titolare di convenzione di lottizzazione e delle singole proprietà aderenti allo stesso, tra le quali la SIAR S.a.s. di Mario Contarini &
C., loro dante causa.

Hanno impugnato innanzi al medesimo T.A.R. per l’Emilia Romagna la variante a ridetto P.R.G., adottata con delibera del Consiglio comunale di Comacchio del 24 settembre 1997, n. 139, approvata con delibera della Giunta provinciale di Ferrara del 26 marzo 2002, n. 103, in quanto confermativa della precedente destinazione urbanistica, e dunque asseritamente affetta dal medesimo vizio di motivazione che avrebbe invalidato l’atto originario. Essendo peraltro nelle more del giudizio di primo grado passata in giudicato la richiamata sentenza del T.A.R. per l’Emilia Romagna n. 471/1978, per declaratoria di perenzione dell’appello proposto avverso la stessa dal Comune di Comacchio (Cons. Stato, sez. IV, decreto 8 febbraio 2002, n. 748), con “ note integrative ” in data 19 gennaio 2004 richiedevano altresì il risarcimento del danno subito per la mancata edificabilità delle aree a partire dalla disciplina di cui al P.R.G. del 1975, quantificato in euro-OMISSIS- Ciò in alternativa al risarcimento in forma specifica sub specie di ripristino del previgente regime di edificabilità dei suoli.

2. Il T.A.R. per l’Emilia Romagna, con la sentenza n. 2279/2009, ha respinto il ricorso, compensando le spese di giudizio. Secondo il Tribunale, le scelte urbanistiche dell’Ente territoriale sarebbero ampiamente motivate avuto riguardo alle previsioni del Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.), nel frattempo sopravvenuto (delibera di Giunta regionale n. 20 del 20 gennaio 1997). La proprietà è infatti ricompresa nell’unità di paesaggio delle dune (art. 8), nel sistema costiero (art.12), e fra i dossi o dune di rilevanza storico-documentale e paesistica (art. 20);
tre mappali inoltre (nn. 181, 343 e 344) rientrano anche nelle “ zone di tutela della costa e dell’arenile ” (art. 15). La ribadita scelta urbanistica, infine, risponderebbe ai criteri generali di cui allo “ schema direttore ”, ovvero una relazione metodologica costituente dichiaratamente il “ quadro di riferimento ” per la pianificazione e gestione urbanistica del territorio.

3. Avverso la sentenza n. 2279/2009 hanno proposto appello i ricorrenti in primo grado, lamentando l’omessa pronuncia sulla domanda risarcitoria emergente dal giudicato di annullamento del P.R.G. del 1975, nonché error in iudicando , laddove si è avallata quale motivazione della variante la sua conformità ai sopravvenuti vincoli paesaggistici, in realtà estranea alla stessa. Nessun vincolo immediato, peraltro, conseguirebbe a tali previsioni provinciali, tanto più che i dossi e le dune oggetto di tutela sarebbero solo quelli “ di valore storico-documentale ”.

4. Si è costituito in giudizio il Comune di Comacchio, con atto di stile. Con successiva memoria in controdeduzione versata in atti in data 12 marzo 2020 ribadiva la correttezza della sentenza di prime cure, chiedendo la reiezione dell’appello. Nello specifico, la domanda risarcitoria oltre che generica, non troverebbe fondamento, essendo mancata la prova del dolo o della colpa dell’Amministrazione nell’adozione del P.R.G. del 1975, successivamente annullato. Essa peraltro è già stata rigettata dal Tribunale civile di Ferrara presso il quale era stato proposto un giudizio di identico tenore dalla società SIAR S.a.s. (Tribunale di Ferrara, sezione stralcio, 20 aprile 2005, n. 69). La ribadita natura non edificabile dei suoli sarebbe doverosamente coerente con i vincoli imposti dallo strumento pianificatorio sovraordinato, riassunti organicamente nello “ schema direttore ”, quale sintesi dei rimedi da perseguire nella futura programmazione dello sviluppo del territorio alla situazione esistente, contraddistinta da un vero e proprio “ ammasso edilizio ”. Le risalenti e inattuate lottizzazioni non avrebbero potuto comunque d’altro canto condizionare le scelte discrezionali del Comune;
quella invocata nel caso di specie, oltre che inefficace per mancata apposizione dell’allora previsto visto prefettizio, lo sarebbe altresì per avvenuta decorrenza dei termini in assenza di richiesta di alcun titolo edilizio, nonché di realizzazione di interventi di urbanizzazione primaria.

5. All’udienza del 5 maggio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione con le modalità di cui all’art. 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18.

DIRITTO

6. Nel merito, la Sezione ritiene l’appello infondato e come tale da respingere.

7. Con un unico, articolato motivo di censura, gli appellanti lamentano il vizio di motivazione della variante impugnata, ritenendo non satisfattivo il richiamo, peraltro riveniente dalla difesa erariale e non dalla narrativa degli atti, alla disciplina di cui al sovraordinato Piano territoriale di coordinamento provinciale.

L’assunto non è condivisibile.

8.1. Osserva preliminarmente il Collegio che per giurisprudenza costante le decisioni di pianificazione urbanistica appartengono alla sfera degli apprezzamenti di merito dell’Amministrazione, per cui in ordine ad esse non sono richiesti particolari oneri di motivazione.

In tal senso, la scelta compiuta in un piano generale (o in una variante ad esso) di imprimere una specifica destinazione urbanistica ad una zona non necessita di spiegazioni aggiuntive, in quanto essa trova giustificazione nei criteri generali di ordine tecnico-discrezionale seguiti nella impostazione dello strumento, salvo che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni (cfr., ex pluribus , Cons. Stato, Sez. VI, 17 febbraio 2012, n. 854). Gli apprezzamenti di merito sottesi alle scelte effettuate, quindi, sono sottratti al sindacato di legittimità, se non inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità (Cons. Stato, Ad. Plen., 22 dicembre 1999, n. 24;
sez. IV, 20 giugno 2012, n. 3571; id ., 13 settembre 2012, n. 4867;
sez. II, 4 febbraio 2020, n. 915).

8.2. Le evenienze generatrici di affidamento “qualificato”, sulla scia della giurisprudenza ormai consolidata, sono state ravvisate nell’esistenza di convenzioni di lottizzazione, di accordi di diritto privato intercorsi tra Comune e proprietari, di giudicati di annullamento di dinieghi di concessioni edilizie o di silenzio-rifiuto su domanda di concessione. In mancanza di esse, non è configurabile un’aspettativa “qualificata” ad una destinazione edificatoria non peggiorativa di quella pregressa, ma solo un’aspettativa “generica”, analoga a quella di qualunque altro proprietario di aree che aspiri ad un’utilizzazione più proficua dell’immobile (posizione, questa, cedevole rispetto alle scelte urbanistiche dell’Amministrazione): sicché non può essere invocato il difetto di motivazione, in quanto si porrebbe in contrasto con la natura generale dell’atto e i criteri di ordine tecnico seguiti per la sua redazione (cfr. ancora, ex multis , Cons. Stato, Sez. VI, 17 febbraio 2012, n. 854). Perfino la generica aspettativa alla non reformatio in peius o alla reformatio in melius delle destinazioni impresse da un previgente P.R.G. è posizione sostanziale sfornita di tutela, del tutto cedevole dinanzi alla discrezionalità del potere pubblico di pianificazione urbanistica (T.A.R. Umbria12 luglio 2007, n. 554;
T.A.R. Toscana, sez. I, 1 dicembre 2016, n. 176;
Cons. Stato, sez. IV, 16 novembre 2011, n. 6049; id ., 29 dicembre 2009, n. 9006).

9. Nel caso di specie, rileva la Sezione, gli appellanti, attraverso lo strumentale richiamo al precedente annullamento del P.R.G., contestano la reiterazione della scelta di classificazione delle aree di loro interesse come “E.2” (agricola di salvaguardia). Non essendo stato motivato “ il sacrificio imposto ” alla proprietà privata ora come allora, sarebbe palese il vizio contenutistico del Piano (nuovamente) avversato.

Punto essenziale dell’odierna controversia, dunque, è l’esistenza o meno in capo agli stessi di una posizione di aspettativa “qualificata”, in tal caso nuovamente pretermessa dal Comune di Comacchio, che non avrebbe motivato la scelta di non assecondare le loro aspirazioni edificatorie. Ove la si volesse fondare sull’invocata convenzione di lottizzazione, la cui portata ed efficacia, malgrado le controdeduzioni di parte avversa, gli appellanti non chiariscono in alcun modo, essa finirebbe per vincolare sine die le future scelte urbanistiche dell’Ente, sol perché rafforzata dal precedente giudicato, che ne prorogherebbe ad libitum la durata.

Rileva al contrario il Collegio come altro è censurare per vizio di motivazione un provvedimento, per giunta connotato da amplissimo margine di discrezionalità tecnica, quale un atto di pianificazione urbanistica (nel caso di specie il P.R.G. del 1975);
altro pretenderne il futuro adeguamento ai propri desiderata , laddove lo stesso non può che essere estraneo finanche all’effetto conformativo della sentenza n. 471/1978.

Una volta affermata, dunque, l’illegittimità di una parte, peraltro neppure chiaramente individuata al fine di coglierne con esattezza le ripercussioni nell’odierno procedimento, del previgente P.R.G., il T.A.R. per l’Emilia Romagna non ha potuto che rimettere alle scelte del Comune procedente la determinazione dell’assetto urbanistico della zona, senza condizionarne in alcun modo il contenuto e dunque senza certamente impedire sin da subito la conferma del regime giuridico contestato. Di ciò ha dato chiaramente atto la sentenza impugnata, laddove afferma che con l’annullamento del precedente piano non è certo venuto meno “ il potere-dovere dell’Amministrazione comunale di pianificare il territorio, né è stata preclusa una disciplina ancora difforme dalle aspettative dei ricorrenti per ragioni di tutela ambientale ”. Ciò a maggior ragione, rileva ancora il Collegio, visto il lasso di tempo trascorso dalla precedente scelta urbanistica e tenuto conto proprio delle sopravvenienze sovraordinate, quali il richiamato Piano territoriale paesistico.

10. Con ricorso al Tribunale di Ferrara, la SIAR S.a.s., dante causa degli odierni appellanti, conveniva in giudizio il Comune di Comacchio lamentando di aver subito gravissimi danni economici dall’avvenuto declassamento della lottizzazione “Vascello d’ oro” a “ zona agricola litoranea a vocazione turistica ”, con ciò abbassandone l’indice di fabbricabilità a metri cubi 0,01 per metro quadro. Come ben ricostruito nella narrazione in fatto della vicenda sottesa al contenzioso civilistico, l’opera di lottizzazione era terminata nel 1962 con riferimento agli interventi di urbanizzazione e ad essa aveva fatto seguito il rilascio di permessi di edificabilità sino al 31 luglio 1967, sulla base dei quali erano stati costruiti ben tre residence , un condominio, otto ville, due campi da tennis e una piscina. L’intera area, infine, era stata inclusa nel perimetro del centro urbano solo a seguito di contenzioso (delibera n. 133 del 3 ottobre 1969). Neppure risulta chiaro, pertanto, in mancanza di specifiche allegazioni delle parti, per quale residua parte la pattuizione dovesse ancora trovare sbocco, salvo volerle attribuire un vincolo di destinazione edificatoria senza limite di tempo, ontologicamente incompatibile con la natura stessa del titolo richiamato.

11. La giurisprudenza ha già avuto modo di soffermarsi sulla struttura e la natura delle convenzioni di lottizzazione, sulla loro durata, sull’effetto che consegue alla mancata esecuzione delle opere nei termini e, più in generale, sulla possibilità teorica che in sede di azione amministrativa possano adottarsi provvedimenti di proroga. Pur non essendo dunque stabilito espressamente dalla legge un termine massimo di durata delle stesse, la sua individuazione è ritenuta necessaria proprio per non attribuire loro l’efficacia di condizionare a tempo indeterminato la pianificazione urbanistica futura. Tale termine è stato dunque mutuato dall’art. 16, comma 5, della l. 17 agosto 1942, n. 1150, concernente i piani particolareggiati (cfr. Cons. Stato Sez. IV, 16 marzo 1999, n. 286;
T.A.R. per la Sicilia, 8 aprile 2003, n. 471). Attesa dunque la natura normalmente alternativa che nella pianificazione urbanistica assume il piano di lottizzazione rispetto al piano particolareggiato, è applicabile anche al piano di lottizzazione il termine decennale di efficacia dall’approvazione che l’art. 16, l. 17 agosto 1942, n. 1150 pone per l’attuazione del piano particolareggiato (tenuto conto che l’art. 28 l. n. 1150 cit., prevede soltanto che la convenzione di lottizzazione fissi i termini, non superiori a dieci anni, entro i quali deve essere ultimata l’esecuzione delle opere convenzionate )” (T.A.R. per la Lombardia, sez. I, 16 gennaio 1987, n. 16).

Anche a voler prescindere, pertanto, dal necessario scrutinio della portata originaria della convenzione, la superiore - e per forza di cose sintetica - esposizione dei principi giurisprudenziali che governano la materia non consente di continuare ad attribuire alla stessa efficace cogente a distanza di alcuni decenni dalla sua sottoscrizione.

12. Occorre pertanto valutare se siano ravvisabili nel provvedimento impugnato emersioni inficianti sub specie della illogicità, contraddittorietà, carenza di istruttoria e difetto di motivazione ex se , e non avuto riguardo ad un preteso regime di precedente edificabilità del suolo.

Affermano gli appellanti che la valorizzazione al riguardo della coerenza delle scelte effettuate con le indicazioni del P.T.C.P. sarebbe del tutto inconferente, non avendo queste ultime alcuna efficacia cogente in termini di individuazione del concreto regime di edificabilità dei suoli, senza l’intermediazione di un atto di pianificazione comunale.

Rileva la Sezione come proprio la natura di “cornice ordinamentale” del Piano provinciale lungi dal depotenziare la scelta del Comune di Comacchio, la rafforza, imponendone la contestualizzazione, e la lettura stratificata, siccome sostanzialmente affermato nella sentenza di primo grado. L’atto rimesso alla competenza della Provincia, infatti, in quanto rivolto ad un ambito territoriale più ampio, non può che essere destinato ad indirizzare per linee generali le scelte degli enti territoriali, nel pieno rispetto della allocazione delle stesse, secondo i principi di sussidiarietà, al livello di governo più vicino al contesto cui si riferisce, rispondendo all’obiettivo di valorizzare le peculiarità storiche, economiche e culturali locali e insieme assicurare il principio di adeguatezza ed efficacia dell’azione amministrativa. Nell’impostazione articolata e flessibile del sistema della pianificazione territoriale, cioè, tipicamente strutturata su vari livelli, essa si colloca “ a monte ”, quale inquadramento degli elementi strutturali, delle reti e delle strategie, dalle quali è evidente che il Comune non può prescindere.

Nel caso di specie, infine, ha fatto da cerniera metodologica tra tali previsioni generali a salvaguardia del territorio e le scelte del Comune di Comacchio il documento denominato “ schema direttore ”: per quanto non ne risulti chiaramente declinata la forma, regolamentare o di mero indirizzo, né l’atto di recepimento, la relativa valenza precettiva non è in alcun modo in discussione tra le parti, stante che il suo esplicito richiamo da parte del giudice di prime cure a sostegno del Piano “ sotto il profilo strettamente urbanistico ” non è oggetto di alcuna specifica doglianza da parte dei ricorrenti. Esso dunque, rubricato “ Relazione introduttiva e di inquadramento generale per la redazione dell’assetto urbano e territoriale ambientale e residenziale produttivo infrastrutturale ” del Comune di Comacchio, al dichiarato fine di evitare “ l’ulteriore cementificazione di tutto il litorale e l’ulteriore devastazione delle risorse ambientali ” oltre a vietare in toto nuove volumetrie (pag. 21), individua nel “ blocco delle lottizzazioni rivierasche ” la condizione indispensabile “ per ribaltare le tendenze in atto puntando sul potenziamento e sulla riqualificazione dei centri esistenti nel rispetto di quel patrimonio ambientale che costituisce il territorio comacchiese ” (pag. 22). Trattasi, evidentemente, di un’indicazione pro futuro , ma che ben giustifica la scelta di non reiterare un regime edificatorio superato da tempo, seppur remotamente riconducibile ad una convenzione edilizia forse parzialmente inadempiuta, ma ormai inefficace, oltre che non compulsata tempestivamente per gli eventuali spazi residui di operatività.

13. Resta infine da dire della lamentata mancata pronuncia sulla richiesta risarcitoria riveniente dall’avvenuto annullamento del P.R.G. del 1975: ammesso e non concesso che potesse attribuirsi consistenza al contenuto delle “ Note integrative ” al ricorso di primo grado datate 19 gennaio 2004, con le quali le parti chiedono genericamente e in via subordinata (anche) il risarcimento del danno subito per la mancata edificabilità delle aree a far data da tale scelta, la Sezione ritiene al riguardo di potere fare proprie le conclusioni del giudice civile nella richiamata sentenza con la quale è stata respinta l’analoga domanda avanzata in tale sede dalla società SIAR S.a.s. (Tribunale di Ferrara, n. 69/2005). Neppure nell’odierno giudizio, infatti, risulta chiarito il fatto illecito asserito generatore del lamentato danno, non potendo lo stesso identificarsi nel solo fatto che parte della scelta urbanistica attuata è stata oggetto di annullamento, senza che peraltro ne sia stato precisato l’effetto pregiudizievole per le parti nell’immediato e in prospettiva, stante che esse non si sono comunque in alcun modo attivate, pur in assenza, per quanto consta, di qualsivoglia sospensione cautelare della decisione di annullamento del provvedimento impugnato, per conseguire nuovi titoli edilizi o compulsare l’adempimento pattizio mancante.

14. Per tutto quanto sopra detto, il Collegio ritiene che l’appello debba essere respinto, e con esso anche la domanda di risarcimento dei danni subiti in conseguenza del P.R.G. già annullato nel 1978, pure riproposta in questa sede. Conseguentemente deve essere confermata la sentenza del T.A.R. per l’Emilia Romagna, sezione I, n. 2279/2009.

Le spese del grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo, in favore del Comune appellato.

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