Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-11-13, n. 201405587

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-11-13, n. 201405587
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201405587
Data del deposito : 13 novembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08191/2013 REG.RIC.

N. 05587/2014REG.PROV.COLL.

N. 08191/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8191 del 2013, proposto da:
Farmacie Comunali di Torino S.p.A.,
in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dagli avv.ti L G e M S, con domicilio eletto presso M S, in Roma, viale Parioli, n. 180;

contro

- Comune di Vinovo,
in persona del Sindaco p.t.,
costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti M F e G S, con domicilio eletto presso M F, in Roma, via dei Gracchi n. 20;
Comune di Venaria Reale,
in persona del Sindaco p.t.,
costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall'avv. Costantino Tessarolo, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Cola di Rienzo n. 271;

nei confronti di

Azienda Speciale Multiservizi di Venaria Reale,
in persona del legale rappresentante p.t.,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall'avv. Costantino Tessarolo, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Cola di Rienzo n. 271;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Piemonte, Sezione II, n. 767 del 14 giugno 2013, resa tra le parti, concernente l'approvazione di convenzione tra il Comune di Vinovo e il Comune di Venaria Reale per la gestione, da parte dell’Azienda Speciale Multiservizi di Venaria Reale, della nuova farmacia comunale del Comune di Vinovo.

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Vinovo, del Comune di Venaria Reale e della Azienda Speciale Multiservizi di Venaria Reale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2014, il Cons. Dante D'Alessio;

Uditi per le parti, alla stessa udienza, gli avvocati L G, M F e Costantino Tessarolo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1.- Con delibera n. 44/CC del 2 luglio 2012, il Consiglio comunale del Comune di Vinovo (TO) ha approvato una convenzione fra lo stesso Comune ed il Comune di Venaria Reale (TO) per la gestione della nuova farmacia comunale, che era stata oggetto di precedente istituzione nell'ambito della revisione della pianta organica delle sedi farmaceutiche, con esercizio del diritto di prelazione comunale ai sensi dell'art. 9 della legge n. 475 del 1968.

Tale convenzione ha previsto l'affidamento della gestione della nuova farmacia all'Azienda Speciale Multiservizi del Comune di Venaria Reale, di seguito anche ASM di Venaria Reale, al fine di « assolvere con efficacia, efficienza ed economicità il servizio farmaceutico assunto dal Comune di Vinovo, senza che questo rinunci alla titolarità del diritto dì esercizio della farmacia » (pagina 3 della convenzione).

La stessa convenzione ha ricordato che l’ASM di Venaria Reale possiede piena conoscenza del settore in quanto già gestisce n. 17 farmacie dislocate nel territorio della Provincia di Torino per effetto di altre convenzioni stipulate con i Comuni interessati, ai sensi dell’art. 30 del d. lgs. n. 267 del 2000.

2.- La società "Farmacie comunali di Torino" S.p.A., società partecipata al 51% dal Comune di Torino, ha impugnato, davanti al T.A.R. per il Piemonte, la citata delibera del Comune di Vinovo, nonché gli altri atti presupposti e connessi.

2.1.- La società ricorrente, dopo aver ricordato che, in conformità al proprio oggetto sociale, già gestiva n. 34 farmacie nel Comune di Torino, ha sostenuto che la gestione della nuova farmacia comunale del Comune di Vinovo era stata illegittimamente affidata all’ASM di Venaria Reale, con l'istituto dell'accordo/convenzione tra enti (di cui all'art. 30 del d. lgs. n. 267 del 2000), in assenza di un confronto concorrenziale e di una valutazione comparativa delle possibili offerte degli altri operatori del mercato.

Ha, in particolare, ricordato di aver offerto la propria candidatura per la gestione della neo istituita farmacia del Comune di Vinovo ed ha aggiunto che l’affidamento in favore dell’ASM di Venaria Reale è stato effettuato prevedendo un corrispettivo inferiore a quello da essa proposto (e non considerato).

2.2.- Farmacie comunali di Torino aveva impugnato anche l'art. 5 del D.P.R. n. 902 del 1986 (recante il regolamento delle aziende di servizi dipendenti dagli enti locali), a norma del quale un Comune può deliberare l'estensione dell'attività della propria azienda di servizi al territorio di altri enti locali, previa intesa con i medesimi, laddove interpretato nel senso di consentire ai Comuni l'affidamento diretto mediante convenzioni onerose di servizi pubblici locali ad aziende speciali istituite da altri Comuni, ma poi aveva rinunciato a tale motivo in relazione alla sollevata eccezione di incompetenza territoriale del T.A.R. adito.

3.- Il T.A.R. per il Piemonte, con sentenza della Sezione II n. 767 del 14 giugno 2013, ha dichiarato il ricorso inammissibile per carenza di interesse.

Il T.A.R., in particolare, dopo aver ricordato che l’art. 9, comma 1, della legge n. 475 del 1968 indica espressamente quali sono le modalità attraverso le quali possono essere gestite le farmacie di cui sono titolari i Comuni, ha sostenuto che il modello della concessione a terzi, pur previo espletamento di una gara pubblica, ai sensi dell'art. 30 del d.lgs. n. 163 del 2006, non potrebbe essere applicato alla gestione delle farmacie comunali.

Tale modello, infatti, « nel determinare una separazione tra la titolarità (che rimane pur sempre in capo all'Ente locale) e la gestione della farmacia, comporterebbe un sostanziale tradimento della ratio che governa la citata disciplina legislativa – tuttora vigente – del 1968, ratio che è ispirata alla natura pubblicistica della finalità di servizio pubblico essenziale insita nel servizio farmaceutico ».

3.1.- Il T.A.R. ha poi aggiunto, richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n. 87 del 2006, che la complessa regolamentazione pubblicistica dell'attività economica di rivendita dei farmaci è preordinata al fine di assicurare e controllare l'accesso dei cittadini ai prodotti medicinali, ed in tal senso a garantire la tutela del fondamentale diritto alla salute, « restando solo marginale, sotto questo profilo, sia il carattere professionale sia l'indubbia natura commerciale dell’attività del farmacista» .

Nello speciale settore del diritto farmaceutico, ha quindi sostenuto il T.A.R., non è prevista la possibilità di separare la titolarità dalla gestione delle farmacie comunali « risultando unicamente regolato il mantenimento della gestione in capo all’Ente locale (pur nella varietà delle forme e nei modi indicati dall’art. 9 della legge n. 475 del 1968 ».

3.2.- Del resto, ha aggiunto il T.A.R., anche le disposizioni contenute nell’art. 11, comma 10, del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito in legge n. 27 del 2012, sono indicative « dell’attuale tendenza della legislazione farmaceutica nel senso di mantenere ferme le modalità di gestione delle farmacie comunali quali indicate dall’art. 9, comma 1, della legge n. 475 del 1968 o, quanto meno, nel senso di escludere che quell’elencazione (pur ormai risalente) possa essere interpretata in modo “aperto” includendovi la possibilità della concessione di servizi ex art. 30 d.lgs. n. 163 del 2006 ».

3.3.- Il T.A.R. per il Piemonte, in conclusione, ha ritenuto inammissibile il ricorso proposto dalla società Farmacie comunali di Torino, in quanto, anche nell’ipotesi di annullamento degli atti impugnati, la società ricorrente non avrebbe potuto legittimamente aspirare a vedersi affidata la gestione della farmacia di cui è titolare il Comune di Vinovo, « perché quest’ultimo dovrebbe percorrere una delle strade indicate dall’art. 9 della legge n. 475 del 1968 »;
mentre la circostanza che neppure il contestato affidamento della gestione ad un’Azienda speciale di altro Comune potrebbe ritenersi legittimo, in quanto non previsto dall’art. 9, comma 1, della legge n. 475 del 1968, attiene al merito del giudizio, la cui disamina, ha concluso il T.A.R., « è comunque preclusa dalla mancanza, in capo alla ricorrente, di una delle condizioni della sua azione (l’interesse ad ottenere una pronuncia per sé favorevole, ai sensi dell’art. 100 c.p.c.) ».

4.- La società Farmacie Comunali di Torino ha appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili.

La società appellante ha, in primo luogo, sostenuto che l’elenco contenuto nell’art. 9 della legge 475 del 1968 non è tassativo, dovendosi ritenere applicabili alle farmacie comunali anche le modalità generali di gestione dei servizi pubblici, introdotte dal legislatore su stimolo della normativa comunitaria.

In particolare, ha ricordato l’appellante, è oramai pacificamente ammesso che la gestione di una farmacia comunale possa essere svolta da una società a totale partecipazione dell’ente locale.

4.1.- L’affidamento a privati mediante gara deve ritenersi la modalità ordinaria di gestione dei servizi pubblici ed in tale ambito deve essere ricondotta, secondo l’appellante, anche la gestione delle farmacie comunali, la cui attività deve qualificarsi come servizio pubblico a rilevanza economica.

Nella fattispecie, aggiunge la società appellante, la modalità in concreto adottata dal Comune di Vinovo per la gestione della nuova farmacia comunale non è certo tale da escluderne la rilevanza economica, in quanto prevede l’affidamento del servizio ad un soggetto di natura imprenditoriale, attivo sul mercato di riferimento, nonché la sua remunerazione mediante i proventi di una attività evidentemente redditizia;
con la conseguenza che, una volta esclusa, per decisione dell’ente locale, la scelta dell’autoproduzione del servizio ed una volta che l’Ente ha deciso di affidare ad un soggetto terzo di natura imprenditoriale la gestione della farmacia, non è lecito provvedervi prescindendo dall’applicazione dei principi di tutela della concorrenza.

La sentenza del T.A.R. Piemonte, secondo l’appellante, ha pertanto erroneamente sostenuto l’inammissibilità del ricorso di primo grado per carenza di interesse.

4.2.- Peraltro l’interesse alla decisione, aggiunge l’appellante, sussiste anche a prescindere dal riconoscimento della possibilità di partecipare ad una eventuale gara informale per la gestione della nuova sede farmaceutica comunale producendosi comunque, a suo avviso, in forza dell’atto impugnato, una distorsione della concorrenza a suo danno ed un indebito vantaggio competitivo a favore dell’ASM di Venaria Reale.

4.3.- La società Farmacie Comunali di Torino ha poi riproposto in appello i motivi di illegittimità degli atti impugnati che aveva proposto nel giudizio di primo grado e che il T.A.R. non ha esaminato in ragione della veduta declaratoria di inammissibilità del ricorso.

4.4.- La società appellante ha, in particolare, contestato l’impiego delle modalità previste dall’art. 30 del T.U.E.L. (convenzione fra Comuni) per l’affidamento della gestione della nuova farmacia, mancando una reale cooperazione ed un esercizio coordinato di funzioni fra le due amministrazioni ed essendosi concretizzato, piuttosto, l’affidamento diretto di una concessione di servizio pubblico non preceduto da gara.

Tale scelta, aggiunge la società appellante, oltre ad essere in contrasto con la citata disposizione risulta in contrasto anche con le condizioni poste dalla giurisprudenza comunitaria alle forme di partenariato pubblico-privato.

4.5.- L’affidamento diretto all’ASM di Venaria Reale, « sotto forma di concessione di servizio pubblico dissimulata da accordo tra Amministrazioni » determina, secondo l’appellante, anche un’alterazione delle regole della concorrenza nel mercato della gestione delle farmacie.

4.6.- Infine la società appellante ha sostenuto che la delibera del Comune di Vinovo impugnata è illegittima anche per non aver dato atto dell’interesse manifestato dalla stessa società per la gestione della neo istituita farmacia comunale, peraltro attraverso la presentazione di un’offerta che era più vantaggiosa per il Comune.

4.7.- In conclusione la società Farmacie Comunali di Torino ha chiesto, in riforma della sentenza appellata, l’annullamento degli atti impugnati e l’accertamento della nullità, o, in subordine, la declaratoria di inefficacia, ai sensi dell’art. 121 e segg. del c.p.a., del contratto stipulato fra il Comune di Vinovo e l’ASM di Venaria Reale.

Ha chiesto, inoltre, che, ai sensi dell’art. 34 c.p.a. ed a titolo di tutela in forma specifica, il Consiglio di Stato ordini al Comune di Vinovo di procedere all’affidamento della gestione della farmacia in questione attraverso una gara informale, ai sensi dell’art. 30 del codice dei contratti pubblici.

Nella denegata ipotesi in cui non potesse beneficiare di tutela in forma specifica, la società appellante ha formulato una istanza di risarcimento dei danni per equivalente, in una misura non inferiore ad € 300.000,00, oltre interessi legali, o nella misura ritenuta equa dal Consiglio di Stato.

5.- All’appello si oppongono il Comune di Vinovo, il Comune di Venaria Reale e l’ASM di Venaria Reale, che ne hanno chiesto il rigetto perché inammissibile e comunque infondato.

All’udienza pubblica dell’8 maggio 2014 la causa è stata chiamata e trattenuta in decisione.

6.- Prima di esaminare la questione centrale della decisione appellata, riguardante l’affermata (dal T.A.R.) carenza di interesse della società Farmacie Comunali di Torino alla proposizione del ricorso, determinata dalla ritenuta impossibilità per la stessa di potersi vedere assegnata in concessione la gestione della farmacia comunale di Vinovo, si deve esaminare l’ulteriore eccezione di inammissibilità sollevata in appello dal Comune di Vinovo.

Il Comune appellato ha, infatti, sostenuto che la società Farmacie Comunali di Torino sarebbe priva dell’interesse a ricorrere anche perché società mista costituita, ai sensi dell’art. 113, comma 5, lett. b) del d. lgs. n. 267 del 2000, con procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio privato.

Ha aggiunto il Comune di Vinovo che per tale tipologia di società valgono il principio di esclusività dell’oggetto sociale ed il divieto di ricevere affidamenti diversi, sia direttamente che con gara (come confermato dall’art. 1 del capitolato speciale per la scelta del socio operativo industriale di minoranza della stessa società).

6.1.- L’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per carenza di interesse deve ritenersi ammissibile, pur essendo stata proposta per la prima volta in appello, perché investe la sussistenza delle condizioni dell’azione (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 445 del 30 gennaio 2012).

L’eccezione non è tuttavia fondata.

Il divieto, al quale fa riferimento il Comune di Vinovo, era, infatti, desumibile dall’art. 23-bis del d. l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (come sostituito dall'art. 15, comma 1, lett. b, del d. l. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166), che è stato tuttavia abrogato, a seguito di referendum popolare indetto con D.P.R. 23 marzo 2011, dall'art. 1, comma 1, del D.P.R. 18 luglio 2011, n. 113.

6.2.- Nell’ordinamento nazionale ed in quello comunitario, se è invero presente un divieto di affidamento diretto in favore di siffatto tipo di società (tranne che per l’ipotesi in cui si svolga in unico contesto una gara avente ad oggetto la scelta del socio privato - socio non solo azionista, ma soprattutto operativo - e l'affidamento del servizio già predeterminato con obbligo della società mista di mantenere lo stesso oggetto sociale durante l'intera durata della concessione: Corte di Giustizia, Sez. III, 15 ottobre 2009, C-196/08, Acoset), non è affatto rinvenibile un generale divieto per le società a capitale misto pubblico privato di partecipare ad una procedura selettiva pubblica indetta da un diverso ente.

Peraltro lo Statuto della società Farmacie Comunali di Torino prevede espressamente (pagg. 2 e 3) che la società possa assumere la gestione di altri servizi anche partecipando a gare extraterritoriali.

7.- E’ quindi ora possibile passare all’esame delle censure sollevate dalla società Farmacie Comunali di Torino nei confronti della sentenza appellata.

Il T.A.R. per il Piemonte, come si è già accennato, ha ritenuto che il ricorso che era stato proposto dalla società Farmacie Comunali di Torino fosse inammissibile perché, anche nell’ipotesi di annullamento degli atti impugnati, la società non avrebbe potuto legittimamente aspirare a vedersi affidata la gestione della farmacia di cui è titolare il Comune di Vinovo, in quanto il modello della concessione a terzi, pur previo espletamento di una gara pubblica, ai sensi dell'art. 30 del d.lgs. n. 163 dei 2006, non potrebbe essere applicato alla gestione delle farmacie comunali.

Tale conclusione è stata contestata, come pure si è già accennato, dalla società Farmacie Comunali di Torino.

8.- Per risolvere la questione, si deve cominciare con il ricordare che l’assistenza farmaceutica, ai sensi dell’art. 28, comma 1, della legge n. 833 del 1978 (di istituzione del servizio sanitario nazionale), è erogata dalle aziende sanitarie locali attraverso le farmacie, di cui sono titolari enti pubblici (comuni e aziende ospedaliere) o soggetti privati a ciò autorizzati.

Con l’istituzione del servizio sanitario nazionale è stata quindi sancita la rilevanza sociale (anche) del servizio di distribuzione dei farmaci, che è svolto attraverso le farmacie pubbliche o private.

La distribuzione dei farmaci, con o senza oneri a carico del bilancio pubblico, costituisce, infatti, una delle modalità attraverso le quali si esplica il servizio sanitario nazionale e le farmacie – sia quelle assegnate ai privati sia, a maggior ragione, quelle a titolarità pubblica - sono uno strumento di cui il servizio sanitario nazionale si avvale per l'esercizio di un servizio pubblico di particolare rilievo sociale.

8.1.- Il servizio farmaceutico era stato peraltro già disciplinato dalla legge n. 475 del 2 aprile 1968, in parte successivamente modificata ed integrata ma tuttora vigente, che ha stabilito che ogni comune deve avere un numero di farmacie adeguato (oggi una farmacia ogni 3.300 abitanti) e ben distribuito sul territorio (articoli 1 e 2 della legge).

Tale distribuzione deve inoltre rispettare l'esigenza di garantire l'accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate.

8.2.- Anche per tenere conto di tali esigenze, l’art. 9 della legge n. 475 del 1968, modificato dalla legge 8 novembre 1991, n. 362, ha stabilito che la titolarità delle farmacie che si rendono vacanti e di quelle di nuova istituzione a seguito della revisione della pianta organica può essere assunta per la metà dal comune.

Lo stesso articolo 9 ha poi precisato che le farmacie di cui sono titolari i comuni possono essere gestite nelle seguenti forme:

a) in economia;

b) a mezzo di azienda speciale;

c) a mezzo di consorzi tra comuni per la gestione delle farmacie di cui sono unici titolari;

d) a mezzo di società di capitali costituite tra il comune e i farmacisti che, al momento della costituzione della società, prestino servizio presso farmacie di cui il comune abbia la titolarità.

8.3.- Fra le forme di gestione individuate dalla predetta norma speciale non era stato, quindi, previsto l’affidamento in concessione a terzi.

Il legislatore aveva, infatti, voluto privilegiare, tenuto conto della particolare natura sociale del servizio pubblico erogato, quelle forme di gestione, nelle quali il comune aveva un controllo diretto ed immediato dell’attività, essendo, invece, possibile la gestione da parte di terzi delle farmacie (non comunali) solo attraverso lo strumento dell’assegnazione (con autorizzazione) di una sede farmaceutica.

9.- A seguito dei diversi interventi normativi, che, anche per adeguare la materia alle disposizioni ed ai principi comunitari, sono stati operati nel settore della gestione dei servizi pubblici, si è posto il problema della coerenza del sistema speciale regolante le possibili forme di gestione delle farmacie comunali con le nuove disposizioni di carattere generale riguardanti il settore della gestione dei servizi pubblici.

10.- Le norme speciali regolanti le forme di gestione delle farmacie comunali, contenute nel già citato art. 9 della legge. n. 475 del 1968, come modificato dalla legge 8 novembre 1991, n. 362, non sono state tuttavia abrogate o ulteriormente modificate.

Il legislatore ha, al contrario, più volte ribadito la specialità del servizio pubblico farmaceutico e la non automatica assoggettabilità del settore alle regole nel tempo dettate per i servizi pubblici di rilevanza economica.

10.1.- La specialità del servizio pubblico farmaceutico, come ha ricordato anche il T.A.R. per il Piemonte nella sentenza appellata, è determinata dalla circostanza che l’attività di rivendita dei farmaci è volta ad assicurare l’accesso dei cittadini ai prodotti medicinali e, in tal senso, a garantire la tutela del fondamentale diritto alla salute, restando solo marginale, sotto questo profilo, sia il carattere professionale sia l’indubbia natura commerciale dell’attività del farmacista (Corte Costituzionale, sentenza n. 87 del 2006).

In tal senso, come pure ha ricordato il giudice di primo grado, anche la giurisprudenza della Corte di Giustizia CE, nel giudicare sul sistema delle distanze minime che le legislazioni nazionali impongono per l’apertura di nuove farmacie, ha stabilito che restrizioni alla libertà di stabilimento possono ben essere giustificate dall’obiettivo di garantire alla popolazione una fornitura di medicinali sicura e di qualità (Corte di Giustizia CE, n. 570 del 2010).

10.2.- Si è, pertanto, confermato che il servizio pubblico farmaceutico pur avendo una rilevanza economica, risponde tuttavia anche ad altre esigenze di carattere sociale che ne giustificano la specialità.

In tale ottica, il legislatore, con l'art. 1, comma 1, del d. lgs. 1 dicembre 2009, n. 179, in combinato disposto con l’Allegato 1 allo stesso decreto (recante “Disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246”), ha, quindi, ritenuto indispensabile la permanenza in vigore delle disposizioni di cui alla legge. n. 475 del 1968, limitatamente agli articoli 1, 2, da 9 a 15 e da 17 a 26 (includendovi pertanto le disposizioni regolanti l’istituzione e le modalità di gestione delle farmacie comunali).

10.3.- Ma già l’art. 23 bis del d. l. n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che aveva integrato e in parte modificato la disciplina dettata per i servizi pubblici locali di rilevanza economica dall’art. 113 del d. lgs. n. 267 del 2000, aveva annoverato le farmacie comunali tra i settori esclusi dalla portata della nuova disciplina, che si caratterizzava per l’affermazione del principio della gara come metodo ordinario d’affidamento della gestione dei servizi pubblici.

Anche il già citato d.l. 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, aveva escluso le farmacie comunali dall’ambito di applicazione della disciplina dettata per i servizi pubblici a rilevanza economica;
ed anche il successivo art. 4 del d. l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito in legge dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, aveva precisato, al comma 34, che era esclusa dall'applicazione della disciplina dei servizi pubblici locali, dettata in adeguamento al referendum popolare e alla normativa dall'Unione europea, la gestione delle farmacie comunali, di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 475.

10.4.- Dopo che anche l’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011, convertito in legge n. 148 del 2011, è stato dichiarato incostituzionale (dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 199 del 17-20 luglio 2012) perché ripristinatorio della normativa abrogata con il referendum, le più recenti disposizioni in ordine all'affidamento dei servizi pubblici locali, dettate dall'art. 34, commi dal 20 al 27, del d. l. n. 179 del 18 ottobre 2012, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, hanno nuovamente ribadito, al comma 25, che i commi da 20 a 22 (concernenti l'obbligo di motivare e di pubblicizzare il ricorso all'affidamento diretto o all'affidamento tramite gara) non si applicano, alla gestione delle farmacie comunali, di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 475.

10.5.- La specialità delle modalità di gestione delle farmacie comunali è, infine, stata conservata anche dall’art. 11 del d. l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, che ha operato una miniriforma del settore, dettando disposizioni per il potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica, l’accesso alla titolarità delle farmacie, la modifica alla disciplina della somministrazione dei farmaci ed altre disposizioni in materia sanitaria.

Deve essere, in questa sede, ricordato, in particolare, il comma 10 del citato art. 11, richiamato anche dal T.A.R. nella sentenza appellata, secondo cui i comuni non possono cedere la titolarità o la gestione delle farmacie neo istituite per le quali hanno esercitato il diritto di prelazione ai sensi dello stesso comma.

11.- Sulla base degli elementi indicati si deve pertanto ritenere che le disposizioni speciali dettate per le farmacie comunali, ed anche per la loro gestione, dalla legge 2 aprile 1968, n. 475, siano tuttora in vigore.

12.- Ciò chiarito, si pone l’ulteriore problema riguardante la possibile ammissibilità di ulteriori forme di gestione delle farmacie comunali non previste dall’art. 9 della legge 475 del 1968.

12.1.- In proposito si deve osservare che lo stesso legislatore ha previsto forme di gestione del servizio farmaceutico comunale ulteriori rispetto a quelle indicate nell'art. 9 della legge 475 del 1968.

Con l’art. 12, comma 1, della legge n. 498 del 23 dicembre 1992 era stata, infatti, introdotta la possibilità di costituire apposite società per azioni, senza il vincolo della proprietà maggioritaria, anche per la gestione delle farmacie comunali, in deroga a quanto previsto dall’art. 9 della legge n. 475 del 1968.

Con l’emanazione del T.U. degli enti locali, di cui al d. lgs. n. 267 del 18 agosto 2000, si è poi ritenuto che la possibilità di costituire apposite società per azioni senza il vincolo della proprietà maggioritaria (anche per la gestione delle farmacie comunali) fosse stata comunque conservata dalla disposizione generale dettata dall’art. 116 del T.U.

12.2.- Anche con l'art. 100 del d. lgs. n. 219 del 24 aprile 2006 (recante attuazione della direttiva 2001/83/CE relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE) è stata prevista una modalità di gestione delle farmacie comunali diversa da quelle disciplinate dall’art. 9 della legge n. 475 del 1968.

Il comma 1- bis dell'art. 100, inserito dall'art. 2, comma 16, del d. lgs. 29 dicembre 2007, n. 274, ha infatti stabilito che le società che svolgono attività di distribuzione all'ingrosso di medicinali possono svolgere attività di vendita al pubblico di medicinali (anche) attraverso la gestione di farmacie comunali.

Al comma 4-bis dello stesso articolo sono stati fatti poi salvi gli effetti degli affidamenti della gestione delle farmacie comunali a società che svolgono attività di distribuzione all'ingrosso di medicinali, nonché dell'acquisizione da parte di tali società di partecipazioni in società affidatarie della gestione di farmacie comunali, effettuate prima della data di entrata in vigore del decreto.

13.- Tenuto conto di tali disposizioni e della generale estensione (ed utilizzazione) del modello delle società partecipate nel settore della gestione dei servizi pubblici locali si può ritenere che le modalità di gestione delle farmacie comunali, indicate dall’art. 9 della legge n. 475 del 1968, non siano tassative.

13.1.- Non si dubita, in particolare, che la gestione di una farmacia comunale possa essere esercitata da un comune mediante società di capitali a partecipazione totalitaria pubblica (in house), benché tale modalità non sia stata prevista dal legislatore del 1968 (e del 1991), in coerenza con l’evolversi degli strumenti che l’ordinamento ha assegnato agli enti pubblici per svolgere le funzioni loro assegnate;
e non si dubita che la gestione possa essere esercitata, come si è accennato, anche da società miste pubblico/private (come la società appellante che gestisce le numerose farmacie comunali del Comune di Torino), con il superamento del limite dettato dall’art. 9 della l. n. 475 del 1968, secondo cui la gestione poteva essere affidata a società solo se costituite tra il comune e i farmacisti.

13.2.- Questa Sezione ha, al riguardo, di recente affermato che la cessione di quote di una società costituita per l’esercizio di farmacie comunali debba avvenire attraverso gara pubblica (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 3647 del 9 luglio 2013).

14.- L’affidamento della gestione è peraltro consentito in house a patto che il Comune eserciti sulla società un “controllo analogo” a quello che eserciterebbe su proprie strutture organizzative, nel concetto di controllo analogo essendo peraltro ricompresa la destinazione prevalente dell’attività dell’ente in house in favore dell’amministrazione aggiudicatrice.

Si richiede inoltre che gli altri soggetti pubblici o privati partecipanti al capitale della società mista svolgano attività che statutariamente siano compatibili con la funzione da svolgere.

15.- Inoltre la gestione di farmacie comunali attraverso società partecipate dal comune può essere ammessa nei limiti in cui le amministrazioni comunali possono avere partecipazioni societarie.

Si deve, al riguardo, ricordare che il decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito nella legge 30 luglio 2010, n. 122, al fine di contenere il fenomeno della proliferazione delle società pubbliche, all’art. 14, comma 32, aveva posto il divieto per i Comuni con popolazione inferiore ai 30.000 abitanti di detenere partecipazioni societarie;
tale disposizione è stata tuttavia abrogata dall’art. 1, comma 561, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, a decorrere dal 1 gennaio 2014.

16.- Per completare il quadro di riferimento si deve osservare che i comuni possono anche cedere la titolarità delle farmacie comunali.

L'art. 15-quinquies, comma 2, del d. l. n. 415 del 28 dicembre 1989, convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 38, ha, infatti, esteso ai comuni la facoltà, prevista per le farmacie private dall'art. 12 della legge n. 475 del 1968, di trasferire la titolarità della farmacia decorsi tre anni dalla conseguita titolarità.

16.1.- Fa eccezione alla regola la disposizione, richiamata anche nella sentenza appellata, dettata dall’art. 11, comma 10, del d. l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, secondo cui, fino al 2022, tutte le farmacie istituite ai sensi del comma 1, lettera b), dello stesso articolo, sono offerte in prelazione ai comuni in cui le stesse hanno sede, che non possono poi cedere la titolarità o la gestione delle farmacie per le quali hanno esercitato il diritto di prelazione;
se rinunciano alla titolarità di una di tali farmacie, la sede farmaceutica è dichiarata vacante.

17.- Un comune può pertanto non solo decidere di non svolgere la funzione di “farmacista” (non esercitando nei termini la prelazione ad esso riservata o trasferendo la titolarità della farmacia comunale), ma può oggi svolgere tale funzione anche con modalità di gestione diverse (e non dirette) rispetto a quelle che erano state previste dall’art. 9 della legge 475 del 1968;
modalità diverse che si caratterizzano per la scissione fra la titolarità della farmacia e la sua gestione.

17.1.- Peraltro le esigenze di carattere sociale che nel tempo hanno determinato l’istituzione di numerose farmacie comunali sono state oggi (in gran parte) in concreto superate in numerosi comuni, che ritengono ancora utile l’istituzione (o la sopravvivenza) di farmacie comunali solo per ragioni meramente economiche.

18.- Sulla base di tutte le suesposte considerazioni si deve ritenere che un comune, nel caso in cui non intenda utilizzare per la gestione di una farmacia comunale i sistemi di gestione diretta disciplinati dall’art. 9 della legge n. 475 del 1968, possa utilizzare modalità diverse di gestione anche non dirette;
purché l’esercizio della farmacia avvenga nel rispetto delle regole e dei vincoli imposti all’esercente a tutela dell’interesse pubblico.

In tale contesto, pur non potendosi estendere alle farmacie comunali tutte le regole dettate per i servizi pubblici di rilevanza economica, non può oramai più ritenersi escluso l’affidamento in concessione a terzi della gestione delle farmacie comunali attraverso procedure di evidenza pubblica.

Del resto l’affidamento in concessione a terzi attraverso gare ad evidenza pubblica costituisce la modalità ordinaria per la scelta di un soggetto diverso dalla stessa amministrazione che intenda svolgere un servizio pubblico.

Nella pratica tale modalità risulta peraltro già concretamente utilizzata da numerosi comuni.

18.1.- Anche, invero, utilizzando il modello della concessione a terzi, il servizio pubblico farmaceutico può essere svolto, come si è accennato, in modo che siano garantiti gli obiettivi di rilevanza sociale che ne giustificano l’istituzione.

Tali obiettivi possono essere perseguiti con apposite clausole nel contratto di servizio sottoscritto con il concessionario, attraverso concrete modalità di controllo della gestione e con la previsione di sanzioni nel caso di inadempimento degli obblighi imposti al concessionario e con una dettagliata carta dei servizi in cui siano indicati i livelli qualitativi e quantitativi del servizio da erogare;
tutto ciò al fine di garantire che la farmacia comunale possa comunque continuare ad assicurare al comune non solo un utile economico (attraverso la percezione del canone concessorio e di una percentuale sugli incassi) ma anche quegli standard qualitativi e quantitativi volti a garantire l’efficace svolgimento della funzione sociale propria del servizio farmaceutico comunale.

18.2.- A tale conclusione è giunta di recente anche l’AVCP, ora ANAC, che, con la deliberazione n. 15 del 23 aprile 2014, ha affermato che l’affidamento in concessione può essere ora una delle modalità di gestione delle farmacie comunali.

18.3.- Il possibile affidamento in concessione a terzi (anche) del servizio pubblico farmaceutico risulta peraltro coerente con i principi, anche comunitari, secondo cui quando un soggetto pubblico non provvede in proprio (o con propri soggetti strumentali) alla gestione di un servizio pubblico, pur non rientrando i contratti di affidamento dei pubblici servizi - figura cui appare riconducibile la gestione della farmacia comunale - nell'ambito di applicazione delle direttive CE che coordinano le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, le amministrazioni che li affidano sono tenute comunque a rispettare le disposizioni ed i principi contenuti nel Trattato CE;
ed in particolare i principi di non discriminazione in base alla nazionalità, di parità di trattamento e di trasparenza, con il conseguente obbligo di attuare procedure concorsuali che assicurino, nel caso di ricorso al mercato, affidamenti nel rispetto del canone di imparzialità (cfr. Corte di Giustizia CE, sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324/98, Teleaustria e Telefonadress;
cfr. anche art. 30 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163).

18.4.- In proposito anche questa Sezione ha affermato che le disposizioni contenute nell’art. 9 della legge n. 475 cit., che prevedono l’esercizio diretto di un servizio pubblico per i suoi rilevanti fini sociali (Consiglio di Stato, sez. III, n. 729 dell’8 febbraio2013), non possono essere richiamate per impedire l’applicazione dei principi, anche comunitari, dettati per i servizi pubblici di rilevanza economica quando l’attività assuma un prevalente rilievo economico (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 3647 del 9 luglio 2013, cit.).

18.5.- Peraltro il carattere sanitario di un servizio pacificamente non esclude che esso possa essere oggetto di un confronto concorrenziale tra più operatori economici in possesso dei necessari requisiti.

19.- Alla luce di tutte le esposte considerazioni, non può essere pertanto negato un interesse giuridicamente qualificato della società Farmacie Comunali di Torino a contestare la legittimità degli atti, con i quali il Comune di Vinovo ha ritenuto di poter affidare la gestione della neo istituita farmacia comunale all’AMS di Venaria Reale mediante lo strumento della convenzione fra enti e non attraverso lo strumento, ritenuto non praticabile, della concessione di servizi.

20.- In conseguenza l’appellata sentenza del T.A.R. per il Piemonte deve essere riformata quanto alla declaratoria di inammissibilità per carenza di interesse del ricorso di primo grado.

20.1.- La conclusione raggiunta consente peraltro di superare l’ulteriore questione, sollevata dalla società appellante con il secondo motivo di appello, riguardante la possibile rilevanza di un interesse giuridicamente qualificato (ulteriore rispetto a quello connesso alla possibile assegnazione in concessione del servizio in questione) connesso alla posizione dell’appellante nel mercato della gestione delle farmacie comunali.

21.- Superate le questioni riguardanti l’ammissibilità del ricorso proposto da Società Farmacie comunali di Torino, è ora possibile passare all’esame del merito delle censure sollevate dalla stessa società avverso l’impiego, da parte del Comune di Vinovo, delle modalità previste dall’art. 30 del T.U.E.L. (convenzione fra comuni) per l’affidamento della gestione della nuova farmacia comunale.

Secondo la società Farmacie comunali di Torino tale affidamento sarebbe avvenuto, infatti, in assenza dei relativi presupposti e si sarebbe concretizzato nell’affidamento diretto all’ASM di Venaria Reale di una concessione di servizio pubblico non preceduta da gara.

22.- Questa Sezione ha già esaminato di recente (Consiglio di Stato, sez. III, n. 309 del 21 gennaio 2013) una fattispecie analoga, nella quale un comune aveva ritenuto di scegliere la modalità di “gestione in economia” per l’esercizio della farmacia comunale, stipulando una convenzione con l’azienda speciale di altro comune appartenente alla stessa provincia ma non confinante né consorziato con il primo.

Tale convenzione, come nel caso in esame, prevedeva che l’azienda gestisse la farmacia con le proprie risorse, in piena autonomia, e facendo suoi anche i proventi, salvo versare al comune una parte degli utili.

Questa Sezione ha affermato che tale formula organizzativa non rientrava in alcuna delle previsioni di cui all’art. 9 della legge n. 475 del 1968 e che con essa il comune aveva « surrettiziamente dato la farmacia in appalto (o meglio in concessione, intendendosi per tale il rapporto nel quale la remunerazione del prestatore del servizio è costituita dai proventi della gestione) all’azienda speciale di un altro Comune »;
soluzione, questa, che non poteva ritenersi « compatibile » con la normativa vigente, tanto è vero che il comune l’aveva dissimulata sotto il nome di « gestione in economia », con una qualificazione manifestamente non appropriata, dal momento che non si trattava di gestione diretta di un servizio a mezzo di personale alle proprie dipendenze e con capitali propri.

Peraltro, ha aggiunto questa Sezione, il Comune non poteva affidare direttamente la gestione della farmacia all’azienda speciale del Comune vicino in quanto totalmente estranea al territorio e alla sfera d’interessi del comune di riferimento;
semmai i due Comuni avrebbero potuto consorziarsi o costituire un’unica azienda di tipo consortile, sempreché vi fosse un comune e reciproco interesse ad organizzare unitariamente il servizio per una sua migliore funzionalità.

22.1.- La Sezione ha poi aggiunto che l’estensione dell’attività delle aziende speciali al di fuori del territorio dell’ente locale che le ha costituite presuppone comunque un collegamento funzionale tra il servizio eccedente l’ambito locale e le necessità della collettività locale (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 1291 del 29 novembre 1988) e richiede il rispetto delle regole procedimentali e dei limiti sostanziali posti da norme positive (Consiglio di Stato, sez. V, n. 475 del 1998).

L’azienda municipalizzata di un comune può, infatti, anche estendere il proprio servizio in un altro comune, ma a patto che ciò realizzi un’integrazione funzionale della propria attività con quella del comune vicino, sicché vengano in tal modo soddisfatte anche le esigenze della collettività stanziata sul territorio dell’ente che l’ha costituita (Consiglio di Stato, sez. V, n. 475 del 1998, cit.)

22.2.- La Sezione ha quindi concluso affermando che, anche a voler ammettere la possibile applicazione alla gestione delle farmacie comunali delle disposizioni dettate dall’art. 5 del D.P.R. 4 ottobre 1986, n. 902, che consentono ad un comune di avvalersi dell’azienda speciale di un altro Comune previa convenzione fra i due enti, nella fattispecie la scelta operata era illegittima, sia per la carenza dei presupposti sostanziali (la contiguità territoriale e l’integrazione funzionale), sia per la violazione delle regole procedimentali (la stipulazione di una convenzione fra i due enti locali).

23.- Tali conclusioni possono essere confermate nel caso in esame, pur essendo stata nella fattispecie stipulata una convenzione fra i due enti locali e non direttamente fra il comune e l’azienda speciale di altro comune, come nel caso esaminato in precedenza.

23.1.- Come nel caso di cui sopra si deve ritenere, infatti, non corretto, per la carenza dei presupposti sostanziali e per la violazione delle regole dettate per l’affidamento della gestione delle farmacie comunali, l’affidamento, mediante convenzione fra enti, all’azienda speciale del Comune di Venaria Reale della gestione della farmacia comunale del Comune di Vinovo.

23.2.- Infatti, come ha sostenuto l’appellante società Farmacie comunali di Torino, attraverso tale modalità il Comune di Vinovo, dopo aver scelto di non gestire in proprio il servizio, ha affidato la gestione ad un soggetto terzo, che è stato scelto senza la necessaria procedura di evidenza pubblica.

23.3.- Trattasi di scelta illegittima, anche se, in parte, giustificata dal difficile “incastro” tra la normativa speciale di riferimento e quella generale in materia di affidamento di pubblici servizi, per di più in presenza di precedenti giurisprudenziali che avevano ritenuto non ammissibile l’affidamento del servizio in concessione a terzi.

Ed invero, se non si può certo affermare in assoluto che l’AMS di Venaria Reale non possa svolgere il servizio in questione in virtù della sua natura di ente meramente strumentale di diverso Comune (essendo la valutazione dell’interesse dell’Azienda speciale alla partecipazione ad una gara in ambito extra territoriale rimessa all’ente esponenziale della comunità di riferimento, ossia al Comune che ha costituito la società), di certo l’AMS di Venaria Reale non poteva risultare assegnataria diretta della concessione a svolgere in servizio in questione attraverso lo strumento, utilizzato impropriamente, della convenzione fra enti e senza una procedura di evidenza pubblica.

24.- Si deve quindi affermare che l’art. 30 del d. lgs. n. 267 del 2000 non può essere utilizzato per giustificare affidamenti diretti in favore di società controllate da enti diversi da quello affidante (ed al fine di eludere le norme che prevedono la scelta attraverso procedure di evidenza pubblica del concessionario di un servizio pubblico);
a meno che non siano stati previsti strumenti, che consentano all’ente affidante di esercitare un “controllo analogo” sulla azienda affidataria (che nella fattispecie non risultano presenti).

25.- Si deve aggiungere che il Comune di Venaria Reale ha sostenuto che la scelta effettuata risulta coerente con la recente direttiva n. 2014/23/UE secondo cui un contratto concluso esclusivamente fra due amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni:

- il contratto stabilisce o realizza una cooperazione fra le amministrazioni aggiudicatrici (o gli enti) finalizzata a fare in modo che i servizi pubblici siano prestati nell’ottica di conseguire gli obiettivi che esse hanno in comune;

- l’attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all’interesse pubblico;

- le amministrazioni aggiudicatrici (o gli enti) partecipanti svolgano sul mercato aperto meno del 20% delle attività interessate dalla cooperazione.

Secondo il Comune di Venaria Reale l’accordo con il Comune di Vinovo soddisfa tali criteri perseguendo l’interesse comune dello svolgimento del servizio pubblico farmaceutico con un affidamento che non coinvolge il mercato e non lede la concorrenza.

Tali conclusioni non possono essere condivise.

Infatti, in disparte la non applicabilità ratione temporis dell’invocata Direttiva alla fattispecie in esame, la convenzione fra il Comune di Venaria Reale e il Comune di Vinovo non è finalizzata al raggiungimento di un comune obiettivo ed al perseguimento di un interesse pubblico comune, ma costituisce l’espressione di interessi diversi dei due Comuni, uno dei quali, il Comune di Venaria Reale, persegue il solo interesse di assicurare una utilità economica alla propria Azienda di Servizi.

Infatti, non risulta provata in alcun modo, nella fattispecie, una integrazione funzionale fra gli interessi dei due comuni, né viene dimostrata l’esistenza di un interesse pubblico del Comune di Venaria Reale alla gestione della farmacia comunale di Vinovo in relazione ad esigenze dei propri residenti a servirsi (anche) di tale farmacia (ad esempio per l’esistenza di un forte fenomeno di pendolarismo legato alla presenza di plessi scolastici o di aziende ospedaliere).

In assenza di obiettivi comuni, nella fattispecie è stato quindi snaturato lo strumento della collaborazione fra enti disciplinato dall’art. 15 della legge n. 241 del 1990 e dall’art. 30 del d. lgs. n. 267 del 2000 ed è stata elusa la disciplina concorrenziale dettata per l’affidamento a terzi dei servizi pubblici.

25.1.- Del resto, gli accordi tra pubbliche amministrazioni regolati dalla legge fondamentale sul procedimento amministrativo (art. 15) sono preordinati al coordinamento dell'azione di diversi apparati amministrativi, ciascuno portatore di uno specifico interesse pubblico e possono essere utilizzati come forma di collaborazione per la più efficiente ed economica gestione di servizi pubblici.

L’insussistenza dell’obbligo a carico dell’amministrazione affidante di fare ricorso alle procedure di scelta ad evidenza pubblica è peraltro, in tal caso, giustificabile con riferimento alla non configurabilità dell’amministrazione affidataria come operatore economico, laddove nel caso di specie il servizio viene affidato per il tramite della convenzione ex art. 30 del d. lgs. n. 267 del 2000 all’AMS di Venaria Reale che tale qualità indubbiamente possiede, nonché in presenza di una remunerazione non qualificabile come corrispettivo, laddove nel caso di specie l’art. 8 della convenzione prevede il versamento da parte del Comune di Venaria Reale al Comune di Vinovo, a consuntivo dell’Azienda Speciale Multiservizi - che ai sensi dei successivi artt. 10 e 11 provvede “a proprie spese all’acquisto di farmaco e parafarmaco per la gestione della farmacia … [e di] mobili, arredi ed attrezzature che provvederà ad ammortizzare per l’intera durata - di una percentuale di fatturato, cui non può negarsi in alcun modo la natura di corrispettivo.

25.2.- Inoltre, va ricordato che, nell’ottica di apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile, la normativa comunitaria è applicabile qualora il soggetto con cui un’amministrazione aggiudicatrice intenda concludere un contratto a titolo oneroso sia a sua volta un’amministrazione aggiudicatrice (sentenza della Corte Giustizia UE C-26/03 dell'11 gennaio 2005, Stadt Halle e RPL Lochau).

26.- Per tutte le suesposte considerazioni l’appello proposto dalla società Farmacie comunali di Torino deve essere accolto e, in integrale riforma della sentenza del T.A.R. per il Piemonte, Sezione II, n. 767 del 14 giugno 2013, deve essere annullata la delibera del Consiglio Comunale del Comune di Vinovo n. 44/CC in data 2 luglio 2012.

26.1.- Per l’effetto il Comune di Vinovo dovrà procedere all’affidamento della gestione della neo istituita farmacia comunale con procedura concorrenziale, a meno che non ritenga (motivatamente) di dover utilizzare una delle diverse modalità disciplinate dall’art. 9 della legge n. 475 del 1968 o una delle ulteriori modalità che si sono ritenute possibili per la gestione.

26.2.- In conseguenza deve essere dichiarata l’inefficacia del contratto stipulato dal Comune di Vinovo con l’ASM di Venaria Reale a far tempo dal trecentosessantesimo giorno successivo alla data di pubblicazione della presente sentenza - dovendosi ritenere tale termine congruo per lo svolgimento di una procedura di evidenza pubblica per la scelta del soggetto affidatario della gestione della farmacia - o comunque dalla data più ravvicinata di conclusione della nuova procedura per la scelta del gestore della neo istituita farmacia comunale.

27.- Le spese del doppio grado di giudizio, considerata la novità e complessità delle questioni trattate, possono essere integralmente compensate fra le parti.

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