Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-07-07, n. 201503364

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-07-07, n. 201503364
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201503364
Data del deposito : 7 luglio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10355/2014 REG.RIC.

N. 03364/2015REG.PROV.COLL.

N. 10355/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello nr. 10355 del 2014, proposto da ODYSSEA S.n.c. di Piga Susanna, in persona del legale rappresentante pro tempore, e dall’architetto E M, rappresentati e difesi dagli avv.ti F A, A I, G M L e C S, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via G. Bazzoni, 4,

contro

- il COMUNE DI SINNAI, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito;
- il MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la integrale riforma, previo provvedimento cautelare,

della sentenza del T.A.R. della Sardegna, Sezione Seconda, del 18 giugno – 28 luglio 2014, nr. 638, notificata ad istanza dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari in data 1 ottobre 2014, resa nel processo di primo grado nr. 968/2012, nel quale si era chiesto l’annullamento del “ parere negativo ” del Responsabile delle Autorizzazioni Paesistiche del Comune di Sinnai in data 20 settembre 2012, prot. nr. 14722, relativo al rinnovo del nulla osta per le opere di urbanizzazione della lottizzazione alberghiera in zona 2F4 della frazione di Solanas, che recepisce integralmente l’identico parere “ obbligatorio e vincolante ” reso dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici in data 7 giugno 2012, prot. nr. 9634, nonché di quest’ultimo, se integrato nella motivazione dalla nota del 1 febbraio 2013, prot. nr. 1912, indirizzata all’Avvocatura Distrettuale dello Stato sotto forma di relazione e dall’Avvocatura prodotta in giudizio il 9 febbraio 2013.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;

Vista la memoria prodotta dai ricorrenti in data 30 aprile 2015 a sostegno delle proprie difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2015, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi l’avv. Asciano per i ricorrenti e l’avv. dello Stato Antonio Grumetto per l’Amministrazione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società Odyssea S.n.c. e l’architetto Enzo Masala hanno impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecuzione, la sentenza con la quale il T.A.R. della Sardegna ha respinto il ricorso, integrato da motivi aggiunti, che gli stessi avevano proposto per l’annullamento delle determinazioni negative assunte dal Comune di Sinnai, su conforme parere della competente Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici delle Province di Cagliari e Oristano, in ordine alla richiesta di rinnovo del nulla osta a suo tempo rilasciato per la realizzazione delle opere di urbanizzazione nell’ambito di una lottizzazione a suo tempo approvata e convenzionata.

L’appello è affidato ai seguenti motivi in diritto:

1) erronea reiezione della censura di incompetenza (per essersi la Soprintendenza, nel proprio parere negativo, ingerita in aspetti relativi alla compatibilità urbanistica dell’intervento, esulanti dalla propria competenza che era circoscritta agli aspetti paesaggistici e ambientali);

2) erronea reiezione della censura di difetto di motivazione (in relazione alla non intelligibilità dell’ iter logico-giuridico seguito dall’Amministrazione per motivare il proprio diniego);

3) violazione dell’art. 73, comma 3, cod. proc. amm. (in relazione al capo della sentenza impugnata relativo alla ritenuta nullità a monte della convenzione di lottizzazione per cui è causa, a cagione della ritenuta violazione dell’art. 6 della legge regionale della Sardegna 25 novembre 2004, nr. 8);

4) violazione degli artt. 6, l.r. nr. 8/2004, 11 e 21- septies, comma 1, della legge 7 agosto 1990, nr. 241, 31, comma 4, cod. proc. amm., 1418 e 1421 cod. civ. (in relazione all’insussistenza dei presupposti per la declaratoria di nullità cui ha proceduto il primo giudice);

5) omesso esame delle censure con cui erano stati dedotti i vizi di eccesso di potere per contraddittorietà della motivazione e violazione degli artt. 9 della l.r. 12 agosto 1998, nr. 28, e 13, comma 1, lettera c ), della l.r. 23 ottobre 2009, nr. 4.

Infine, gli appellanti, pur dichiarando di non voler appellare il capo di sentenza con cui è stata dichiarata la inammissibilità dei motivi aggiunti di primo grado, hanno cautelativamente riprodotto ex extenso anche questi ultimi.

Si è costituito l’appellato Ministero per i Beni e le Attività Culturali, assumendo l’infondatezza del gravame e instando per la conferma della sentenza di prime cure.

Alla camera di consiglio del 20 gennaio 2015, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensiva, quest’ultima è stata differita sull’accordo delle parti, per essere abbinata alla trattazione del merito.

All’udienza del 4 giugno 2015, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Gli odierni appellanti, società Odyssea S.n.c. e architetto Enzo Masala, sono proprietari di suoli siti nel territorio del Comune di Sinnai, ricompresi nel perimetro di una lottizzazione approvata e convenzionata nel 2004, ed in relazione alla quale risultavano a suo tempo rilasciati anche i necessari nulla osta di compatibilità paesaggistica.

Nell’aprile del 2012, approssimandosi la scadenza del termine di dieci anni previsto in convenzione per la realizzazione delle opere di urbanizzazione e non essendo state queste ancora avviate, le parti private hanno chiesto il rinnovo del nulla osta paesaggistico, ottenendo però un diniego fondato sul parere negativo di compatibilità paesaggistica espresso dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici delle Province di Cagliari e Oristano.

2. Avverso tali determinazioni, è stato proposto ricorso giurisdizionale, poi integrato da motivi aggiunti con i quali è stata censurata la relazione depositata dall’Amministrazione in riscontro a richieste istruttorie formulate dall’adìto T.A.R. della Sardegna.

3. Con la sentenza oggetto dell’odierna impugnazione, il T.A.R. ha ritenuto legittimo il giudizio dell’Amministrazione di non compatibilità paesaggistica degli interventi, già a suo tempo previsti dalla convenzione di lottizzazione, a causa della sopravvenuta disciplina che, non consentendo in loco la realizzazione di nuove volumetrie, renderebbe superflua anche la realizzazione delle opere di urbanizzazione (pur previste ab initio in convenzione).

Per pervenire a questa conclusione, il primo giudice ha rilevato la nullità dell’originaria convenzione di lottizzazione per violazione della norma imperativa costituita dall’art. 6 della legge regionale della Sardegna 25 novembre 2004, nr. 8, il quale, nella versione all’epoca vigente, così disponeva: “ …Il dimensionamento delle volumetrie degli insediamenti turistici ammissibili nelle zone F non deve essere superiore al 50 per cento di quello consentito con l’applicazione dei parametri massimi stabiliti per la suddetta zona dal decreto dell’Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica n. 2266/U del 20 dicembre 1983 ”.

Pertanto, poiché per il Piano urbanistico comunale (P.U.C.) non risultava essersi proceduto a verifica del rispetto della citata prescrizione, conseguiva la nullità della convenzione di lottizzazione sottoscritta nel dicembre del 2004.

4. La ricostruzione in fatto che precede, come ricavabile dagli atti e da quella operata dal giudice di prime cure, non risulta contestata dalle parti costituite per cui, ai sensi dell’art. 64, comma 2, cod. proc. amm., deve considerarsi idonea alla prova dei fatti oggetto di giudizio.

5. Tutto ciò premesso, l’appello è fondato e meritevole di accoglimento, nei limiti e con gli effetti meglio appresso specificati.

6. In ordine logico, occorre principiare dalla doglianza di violazione dell’art. 73, comma 3, cod. proc. amm. – della quale parte appellante aveva prospettato una possibile rinuncia, ma che non risulta allo stato rinunciata -, il cui ipotetico accoglimento determinerebbe la rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 105 del medesimo codice di rito.

Infatti, si assume che il T.A.R. avrebbe fondato la propria decisione sul rilievo d’ufficio della nullità dell’originaria convenzione di lottizzazione (per le ragioni che si sono sinteticamente riassunte sub 3), questione non sollevata dalle parti, senza darne rituale avviso in modo da sollecitare il contraddittorio su di essa.

Siffatta doglianza non può essere condivisa.

Ed invero, da un attento esame degli atti del primo grado di giudizio è agevole rilevare che la questione della possibile violazione dell’art. 6 della l.r. nr. 8/2004 – indipendentemente da come sul punto il primo giudice avesse sollecitato i relativi approfondimenti istruttori – era stata espressamente sollevata dalla difesa erariale nella propria memoria depositata in data 7 dicembre 2013 (pag. 13), laddove, sia pure senza sostenere che da tale violazione potesse discendere addirittura la radicale nullità della convenzione, si era sottolineata la mancata effettuazione della verifica preliminare circa le volumetrie realizzabili.

Pertanto, non può dirsi che la questione de qua esulasse dalla sfera dei temi già all’attenzione delle parti e sia stata individuata ex abrupto dal giudice nella propria sentenza.

Il fatto, poi, che l’ipotizzata violazione sia stata considerata dal T.A.R. rilevante sub specie di ritenuta nullità della convenzione (al di là della condivisibilità o meno in diritto della conclusione, su cui si tornerà appresso) non comportava affatto un obbligo di previo avviso alle parti, trattandosi di esercizio del potere attribuito al giudice di apprezzare le conseguenze giuridiche dei fatti sottoposti alla sua attenzione;
opinare diversamente, e quindi ritenere che il primo giudice fosse tenuto ad avvertire le parti della possibilità che i predetti fatti fossero valutati come elementi sintomatici di una nullità (anziché di una mera annullabilità), vorrebbe dire ampliare in modo eccessivo il dovere del giudice di venire in soccorso alle parti ex art. 73, comma 3, cod. proc. amm., dovere che è posto a garanzia del contraddittorio, e non di un inesistente diritto delle parti di essere previamente informate su come il giudice valuterà, in termini di qualificazione giuridica, i fatti portati alla sua attenzione.

7. Sgombrato il campo dalla prima e più radicale delle censure articolate nell’appello, va poi esaminato il motivo con il quale gli istanti reiterano la doglianza di incompetenza, per avere la Soprintendenza nel proprio parere sconfinato dalle proprie competenze in materia paesaggistica per ingerirsi in valutazioni di compatibilità urbanistica riservate (anche alla stregua della vigente legislazione della Regione autonoma della Sardegna) all’Amministrazione comunale.

Il motivo è infondato.

Ed invero, la Sezione reputa del tutto condivisibile il rilievo del primo giudice – su cui gli appellanti non risultano aver replicato in modo convincente – secondo cui l’affermazione contenuta nel parere paesaggistico della Soprintendenza, per cui le opere di urbanizzazione de quibus erano da ritenersi ormai superflue per essere non più realizzabili le nuove volumetrie previste dalla convenzione di lottizzazione, non costituisce di certo un giudizio di compatibilità dell’intervento nel suo complesso con la disciplina urbanistica di zona, ma semplicemente la presa d’atto di una sopravvenuta inedificabilità derivante dal Piano paesaggistico regionale (P.P.R.), e quindi da prescrizioni il cui rispetto rientra certamente nella sfera di competenze dell’Autorità preposta alla salvaguardia dei vincoli paesaggistici.

8. Del pari infondato è il mezzo col quale si reitera la censura di difetto di motivazione, a fronte della quale il primo giudice ha ben rilevato che, malgrado il carattere sintetico della motivazione addotta a sostegno delle determinazioni negative dell’Amministrazione, gli interessati erano stati del tutto in grado di percepire e comprendere le ragioni in fatto e diritto poste a base di queste, in modo da esercitare pienamente il proprio diritto alla tutela giurisdizionale.

A tali condivisibili osservazioni può aggiungersi che – contrariamente a quanto sostenuto da parte appellante – tale percezione e comprensione non è stata frutto di mera casualità, ovvero dell’avere gli istanti “ indovinato ” le reali motivazioni del diniego, ma corrisponde all’unica conclusione logicamente e ragionevolmente raggiungibile sulla base del parere de quo e del contesto fattuale e normativo in cui esso s’inseriva.

E, difatti, risulta difficile negare che era ben noto agli odierni appellanti:

- che, come da essi stessi rilevato, il diniego era da attribuire a un mutamento di avviso da parte di quella stessa Soprintendenza che nel 2003-2004 aveva invece dato il proprio nulla osta all’intervento;

- che, durante il periodo di tempo intercorso, erano intervenute rilevanti novità normative, la principale delle quali – almeno per quanto afferisce alle opere collocate in aree a ridosso della costa, come quelle per cui è causa – era rappresentata dall’entrata in vigore del P.P.R. (approvato con deliberazione della Giunta Regionale nr. 36/7 del 5 settembre 2006);

- che, pertanto, sicuramente a tale novità era da ricondurre il mutamento di avviso della Soprintendenza (specie alla luce di quanto sopra evidenziato, e osservato dagli stessi istanti, circa la limitazione ai soli aspetti paesaggistici del giudizio di compatibilità rimesso alla Soprintendenza medesima).

9. Fondati, invece, nei sensi e limiti che verranno subito precisati, sono i motivi con i quali sono riproposte le censure nel merito articolate avverso il suindicato parere negativo, nonché le critiche rivolte alla sentenza in epigrafe nella parte in cui lo ha ritenuto legittimo.

9.1. Per meglio comprendere tale conclusione, è opportuno riassumere sinteticamente, anche nelle sue vicende “storiche”, il quadro normativo in cui s’inscrive la vicenda che occupa, su cui già il primo giudice ha fornito un’ampia e precisa ricostruzione.

9.1.1. Con le sentenze del T.A.R. della Sardegna nn. 1203, 1204, 1206, 1207 e 1208 del 6 ottobre 2003, furono annullati per vizi procedimentali numerosi Piani territoriali paesistici già in vigore nella Regione Sardegna;
ciò comportò un problema immediato in ordine all’eseguibilità degli interventi già assentiti in particolare nelle aree limitrofe alla linea di costa, avendo ripreso vigore i parametri, giudicati ormai inadeguati dall’Amministrazione regionale, a suo tempo previsti dal decreto assessorile nr. 2266/U del 20 dicembre 1983 (c.d. “decreto Floris”).

Per questo, la Regione è intervenuta:

- nell’immediato, con una deliberazione di Giunta (nr. 33/1 del 10 agosto 2004) con la quale è stata sospesa la maggior parte degli interventi edilizi nella fascia costiera di riferimento, nelle more dell’adozione di una nuova e organica disciplina normativa;

- successivamente, con la citata legge regionale nr. 8 del 2004, dettante la disciplina di salvaguardia anche per gli interventi già assentiti, in attesa dell’approvazione di un nuovo Piano paesaggistico esteso all’intero territorio regionale.

9.1.2. Ancora in epoca successiva, è sopravvenuto il P.P.R., adottato con deliberazione di Giunta Regionale nr. 22/3 del 24 maggio 2006, e quindi approvato con la già richiamata deliberazione della medesima Giunta nr. 36/7 del 5 settembre 2006.

9.2. Per quanto qui rileva, l’art. 3, comma 1, della l.r. nr. 8/2004 confermava la sospensione degli interventi edilizi ricadenti nella fascia di mt 2000 dalla battigia, con la sola eccezione di “ quelli ricadenti nei comuni dotati di Piani urbanistici comunali di cui ai commi 1 (…) dell’art. 8 ” (comma 2);
il riferimento era ai Comuni dotati di strumenti urbanistici generali approvati prima della ricordata delibera nr. 33/1 del 2004.

Per quanto specificamente riferito agli “ insediamenti turistici ”, vi era poi il già richiamato disposto dell’art. 6 della stessa l.r., che imponeva il “ridimensionamento” delle volumetrie edificabili nelle zone F nel limite del 50 % rispetto ai parametri in precedenza stabiliti dal c.d. “decreto Floris”.

9.3. Occorre poi aggiungere che, alla stregua del successivo P.P.R., sono stati mantenuti rigorosi limiti di ammissibilità degli interventi in “ ambito costiero ” e, in particolare, quanto al regime transitorio, l’art. 15 delle N.T.A. ha consentito l’esecuzione degli interventi assentiti anteriormente all’entrata in vigore del medesimo P.P.R. ad una serie di condizioni, fra le quali vi è quella che si trattasse di lottizzazioni già convenzionate e ricadenti in Comuni il cui P.U.C. risultasse adeguato alle prescrizioni introdotte dalla l.r. nr. 8/2004.

9.4. Tutto ciò premesso, parte appellante, muovendo dalla sicura riconducibilità astratta della fattispecie all’esame all’ipotesi derogatoria disciplinata dall’art. 6 della l.r. nr. 8/2004, dal momento che il Comune di Sinnai è dotato di P.U.C. approvato anteriormente all’entrata in vigore della menzionata delibera nr. 33/1 del 2004, assume l’erroneità delle conclusioni cui è pervenuto il primo giudice;
più specificamente, si sostiene che l’intervento lottizzatorio de quo sfuggirebbe alla disciplina preclusiva del P.P.R. a cagione delle previsioni della legge regionale 23 ottobre 2009, nr. 4, il cui art. 13, nel regolamentare gli interventi ammissibili pur nel vigore del detto Piano, dispone tra l’altro: “… nei comuni dotati di piano urbanistico comunale ai sensi della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 (Norme per l’uso e la tutela del territorio regionale), sono, altresì, realizzabili gli interventi localizzati nelle altre zone territoriali omogenee C, D, G, ed F, previsti dagli strumenti attuativi approvati e, se di iniziativa privata, convenzionati. Può, inoltre, essere concluso il procedimento di approvazione dei piani attuativi legittimamente adottati prima dell’approvazione del Piano paesaggistico regionale ” (comma 1, lettera c ).

Al riguardo, gli istanti assumono in particolare la non necessità della previa “ verifica ” sulle volumetrie, la cui mancanza è stata addotta dal T.A.R. a sostegno della ravvisata nullità, in quanto il P.U.C. del Comune di Sinnai, essendo stato a suo tempo approvato sotto il vigore del P.T.P. nr. 13 (poi annullato dalla già citata sentenza del T.A.R. sardo nr. 1207/2003), soggiaceva ai limiti dimensionali introdotti per le zone F dall’art. 32 di detto Piano, del tutto identici a quelli poi fissati dal più volte citato art. 6 della l.r. nr. 8/2004.

9.5. Così delineato il tema da approfondire, è evidente che la questione centrale, ai fini della delibazione delle doglianze attoree, è quello dell’esatta portata precettiva del ridetto art. 6: se, cioè, la detta disposizione, nel far salvi in via transitoria taluni interventi avviati in epoca anteriore, imponga sempre e comunque un previo atto di “ verifica ” del rispetto dei limiti dimensionali che esso stesso introduce per le zone F.

9.5.1. La Sezione è dell’avviso che al quesito debba darsi risposta negativa, essendo evidente dal tenore testuale della disposizione che la stessa era intesa, più cha a prevedere adempimenti istruttori obbligatori, a introdurre un requisito sostanziale di validità da rispettare da parte di tutti gli strumenti urbanistici generali, limitatamente alle previsioni relative alle zone F;
la ratio legis della previsione risiedeva nell’evidente preoccupazione del legislatore regionale di evitare che, per effetto della caducazione dei previgenti PP.T.P., potessero “riespandersi” i più blandi limiti dimensionali a suo tempo previsti dal “decreto Floris” del 1983.

Pertanto, alla stregua della norma de qua la condizione ostativa all’intervento richiesto avrebbe potuto essere semmai costituita dal dato sostanziale del mancato rispetto del limite dimensionale ex art. 6 (salvo quanto appresso si rileverà in ordine alla portata ed all’incidenza di tale vizio), ma non dalla carenza di un adempimento formale, quale è la “ verifica ” cui ha fatto riferimento il primo giudice.

9.5.2. La conclusione testé raggiunta, se certamente contrasta con quelle più volte raggiunte dal T.A.R. della Sardegna in subiecta materia (essendo vero che in plurimi casi, anche con sentenze non appellate dagli interessati, è stata affermata la necessità di una previa verifica dimensionale ex art. 6, l.r. nr. 8/2004), non è invece smentita – contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa erariale – dalla pregressa giurisprudenza di questo Consiglio di Stato che si è occupata della questione.

Difatti, in alcuni casi ci si è limitati a prendere atto dell’avvenuto espletamento della verifica de qua da parte di Comuni il cui strumento urbanistico in precedenza certamente non soddisfaceva il requisito dimensionale imposto dall’art. 6 (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 marzo 2014, nr. 113, e sez. VI, 10 settembre 2009, nr. 5459, entrambe richiamate nella sentenza impugnata), mentre in altre ipotesi si è fatto riferimento alla diversa verifica di compatibilità prevista dal comma 2 dell’art. 13 della più recente l.r. nr. 4/2009, che si ricollega alla fattispecie disciplinata dall’ultimo periodo della lettera c ) del precedente comma 1, essendo finalizzata alla conclusione del procedimento di approvazione dei piani attuativi solo adottati anteriormente all’entrata in vigore del P.P.R., presupponendo quindi la validità a monte di tali piani (sez. VI, sent. nr. 5793 del 24 novembre 2014, richiamata nell’ultima memoria difensiva dell’Amministrazione);
in nessun caso, però, è stata presa in considerazione l’ipotesi in cui s’invocasse la disciplina derogatoria nell’ambito di un Comune per il cui strumento urbanistico generale si predicasse comunque, indipendentemente da una formale verifica preliminare, il sostanziale rispetto dei limiti imposti dall’art. 6.

9.6. Alla luce dei rilievi che precedono, è evidente che, ove risultasse provato che nella sostanza il P.U.C. del Comune di Sinnai rispettava, quanto alle previsioni relative alle zone F, i limiti dimensionali stabiliti dall’art. 6, risulterebbe illegittimo un diniego basato esclusivamente sulla riscontrata omissione di un passaggio formale, quale è l’adozione di un atto espresso di “ verifica ” di tale rispetto.

Proprio sotto tale ultimo profilo, parte appellante ha documentato che il P.U.C. a suo tempo approvato rispettava il limite del 50 % dei parametri di cui al “decreto Floris”, previsto dapprima dall’art. 32 del P.T.P. nr. 13 e quindi in termini identici dall’art. 6 della l.r. nr. 8/2004, producendo la relazione tecnica allegata alla deliberazione del Consiglio Comunale nr. 20 del 1 marzo 2000, recante controdeduzioni al Co.Re.Co. in sede di approvazione del P.U.C., con rilievi ai quali controparte non risulta aver specificamente replicato.

10. Peraltro, al di là di quanto fin qui esposto, la Sezione non può non rilevare come, anche a voler seguire l’impostazione del primo giudice nel senso di una doverosità, sempre e comunque, di un previo adempimento di “ verifica ”, la omissione di questo non potrebbe in ogni caso autorizzare la conclusione raggiunta in sentenza in punto di nullità della convenzione di lottizzazione.

Ed invero, dal tenore testuale dell’art. 6 è evidente che la prescrizione da questo posta è relativa non già ai piani attuativi (quale è quello di lottizzazione per cui è causa), ma a monte agli strumenti urbanistici generali, alle cui previsioni impone un preciso limite dimensionale;
pertanto, a tutto voler concedere, l’istanza di lottizzazione – o, che è il caso di specie, di completamento di una lottizzazione già convenzionata – avrebbe costituito semplicemente l’occasione per procedere alla verifica del rispetto delle prescrizioni poste dalla norma primaria, verifica da compiersi sul P.U.C. retrostante ed il cui eventuale esito negativo avrebbe potuto comportare la non assentibilità dell’intervento attuativo.

Se questo è vero, l’eventuale omissione della verifica de qua, più che rifluire direttamente sulla convenzione urbanistica, inciderebbe sulla validità della retrostante approvazione del Piano di lottizzazione (nel caso di specie, si tratterebbe della delibera consiliare nr. 38 del 20 settembre 2004, non versata in atti ma richiamata nel preambolo della convenzione), che sarebbe viziata in via derivata dall’illegittimità del P.U.C.: è del tutto evidente che tale vizio comporterebbe non già una nullità dei provvedimenti in questione, non rientrandosi in alcuna delle ipotesi tassative oggi previste dall’art. 21- septies della legge 7 agosto 1990, nr. 241, ma una mera illegittimità da far valere con impugnazione ordinaria (ovvero in via di autotutela, ad iniziativa della stessa Amministrazione comunale ove ritenuto necessario od opportuno).

Anche sotto questo profilo, dunque, risultano fondate le doglianze di parte appellante, risultando le conclusioni testé esposte maggiormente coerenti con la natura giuridica della convenzione di lottizzazione, la quale non è un contratto sic et simpliciter di diritto privato, ma un accordo integrativo di provvedimento che presuppone pur sempre un formale atto amministrativo con cui il Comune, nell’esercizio della propria potestà di conformazione del territorio, approva il piano attuativo di iniziativa privata (e che, ça va sans dire, deve essere a sua volta rispettoso delle prescrizioni discendenti dalla strumentazione urbanistica generale e dalla normativa primaria).

11. Alla stregua dei rilievi che precedono, i quali appaiono assorbenti di ogni altra questione evocata in ricorso, s’impone una riforma della sentenza appellata, con l’accoglimento del ricorso di prime cure e l’annullamento degli atti con questo censurati.

Ne discende, come pure è evidente, l’obbligo dell’Amministrazione di riesaminare l’istanza illo tempore presentata dagli interessati, con salvezza di ogni ulteriore autonoma determinazione che non risulti pregiudicata dalla presente decisione;
in particolare, la ritenuta ammissibilità dell’istanza in applicazione dell’art. 13 della l.r. nr. 4/2009 comporterà, fra l’altro, la doverosa attivazione della diversa “ verifica della coerenza delle volumetrie programmate con il contesto paesaggistico e ambientale di riferimento ” di cui al comma 2 del medesimo articolo, ed in tale sede potrà essere meglio esaminata la questione del rispetto (o meno) nella sostanza, da parte del P.U.C. di Sinnai, dei limiti dimensionali imposti dall’art. 6 della l.r. nr. 8/2004.

12. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 cod. proc. civ., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: cfr. ex plurimis , per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, nr. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, nr. 7663).

Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso;
in particolare, è evidente la superfluità di ogni approfondimento in ordine ai motivi aggiunti di primo grado (che, peraltro, gli appellanti hanno testualmente riproposto, al tempo stesso dichiarando poco comprensibilmente di non volerne impugnare la declaratoria di inammissibilità).

13. Tenuto conto della peculiarità della vicenda esaminata, nonché della relativa novità delle questioni vagliate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

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