Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-12-21, n. 202211163
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Pubblicato il 21/12/2022
N. 11163/2022REG.PROV.COLL.
N. 00079/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 79 del 2021, proposto da
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del Legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
contro
La 4 Italia S.r.l., in persona del Legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'Avvocato I S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 12690/2020, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di La 4 Italia S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2022 il Cons. Marco Poppi e uditi per le parti gli Avvocati presenti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con delibera n. 91/13/CSP del 12 settembre 2013, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (di seguito AGCOM o Autorità) ingiungeva all’odierna appellata, Società La 4 Italia S.r.l., fornitore del servizio di media audiovisivi in ambito nazionale Shop in TV , il pagamento della sanzione amministrativa di € 20.658,00 per violazione dell’art. 5 ter , commi 1, 2 lett. a) e 3 della delibera n. 538/01/CSP.
La violazione sanzionata veniva specificata nella trasmissione con modalità ingannevoli di « televendite di servizi relativi a pronostici concernenti il gioco del lotto, tra le ore 7:00 e le ore 22:00» con sovrimpressione di «numerazioni telefoniche per la fornitura di servizi in sovrapprezzo »
La sanzione, riferita a trasmissioni del 25 febbraio 2013 sull’emittente televisiva Shop in TV (la cui autorizzazione costituiva oggetto di cessione da parte dell’appellata alla Società Teleitalia S.r.l. con scrittura privata del 29 novembre 2012, registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Brescia in data 14 dicembre 2012), veniva comminata alla cedente ritenendo che alla suindicata data di trasmissione « la titolarità dell’autorizzazione per la fornitura di servizi di media audiovisivi e dati destinato alla diffusione in tecnica digitale su frequenze terrestri in ambito nazionale » per il palinsesto in questione, fosse ancora in capo alla medesima non essendo ancora intervenuti né l’autorizzazione al trasferimento ex art. 1, comma 6, lett. c) n. 13 della L. n. 249/2017, né la voltura della titolarità dell’autorizzazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico (di seguito MISE o Ministero).
La sanzione veniva impugnata innanzi al Tar Lazio con ricorso n. 12664/2013 R.R. allegando l’estraneità della Società La 4 Italia ai fatti contestati (1° motivo) in ragione dell’avvenuta cessione dell’autorizzazione i cui effetti risalirebbero alla data della formalizzazione della stessa o « al più » alla data della relativa registrazione (2° motivo).
Il Tar accoglieva il ricorso con sentenza n. 12690 del 27 novembre 2020 ritenendo « fondato e assorbente » il primo motivo.
AGCOM impugnava la decisione di primo grado con appello depositato il 5 gennaio 2021 deducendo, con un unico motivo, « violazione e falsa applicazione dei principi generali in punto di legittimazione passiva – Difetto di istruttoria – Travisamento dei fatti » ritenendo decisiva, ai fini dell’apprezzamento dell’erroneità della sentenza, la circostanza che la voltura dell’autorizzazione non si fosse ancora perfezionata al momento dell’adozione della sanzione impugnata.
L’appellata si costituiva in giudizio il 4 marzo 2021 eccependo, in via pregiudiziale, l’inammissibilità dell’appello per omessa contestazione della sentenza nella parte in cui, accogliendo la specifica doglianza oggetto del primo motivo del ricorso di primo grado, il Tar pur riconoscendo la necessità di una formale voltura dell’autorizzazione, riteneva l’insussistenza di responsabilità « in capo alla sanzionata ricorrente per la mancata adozione » della stessa trattandosi di condotta negativa addebitabile all’amministrazione.
Nel merito confutava le avverse censure chiedendo la reiezione del ricorso.
All’esito della pubblica udienza del 24 novembre 2022, la causa veniva decisa.
A fini di un corretto inquadramento della presente fattispecie, deve procedersi ad una sintetica ricostruzione della vicenda.
In data 29 novembre 2012, l’appellata cedeva a Teleitalia S.r.l. l’autorizzazione concernente l’emittente televisiva in ambito nazionale denominata Shop In TV mediante scrittura privata registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Brescia in data 14 dicembre 2012, provvedendo alla relativa comunicazione all’AGCOM e, con contestuale richiesta di voltura, al MISE il 28 dicembre successivo.
Con nota del 26 aprile 2013, il MISE comunicava all’AGCOM il possesso, da parte della cessionaria, dei requisiti necessari per il subentro nell’autorizzazione.
AGCOM, in esito a detta comunicazione, con atto 31 luglio 2013 rappresentava al Ministero come la cessione di ramo d’azienda non necessitasse di autorizzazione ex art. 1, comma 6, lett. c), n. 13 della L. n. 249/1997.
Con il provvedimento sanzionatorio, tuttavia, come già anticipato, AGCOM sanzionava l’appellata rilevando non solo il difetto della voltura ma anche della citata autorizzazione.
Con nota trasmessa in data 14 ottobre 2014, AGCOM, in esito all’istanza di riesame in autotutela presentata dalla sanzionata l’8 ottobre 2013, confermava la misura sul rilievo del difetto della voltura: provvedimento che, a richiesta dell’appellata, veniva adottato il 21 ottobre successivo e trasmesso, dall’interessata all’Autorità il giorno successivo.
In assenza di ulteriori riscontri, veniva proposta l’impugnazione in primo grado.
Ciò premesso deve procedersi allo scrutino dell’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata da La 4 Italia sul presupposto (in sintesi) che AGCOM non abbia ben colto il senso delle motivazioni con cui il Tar accoglieva il ricorso di primo grado ed abbia, in ragione di tale equivoco, incentrato erroneamente le proprie censure di appello sull’affermata necessità della già intervenuta adozione di formale provvedimento di voltura al momento della trasmissione contestata.
A tal proposito l’appellata deduce che « il Giudice di primo grado, infatti, non ha accolto il ricorso sul rilievo della inutilità della voltura dell’autorizzazione affermando che quest’ultima non rileverebbe ai fini della irrogazione della impugnata sanzione amministrativa, essendo necessario e sufficiente un semplice trasferimento di ramo d’azienda », anzi, ne avrebbe « rammentato la necessità» , ma l’accoglimento censurato in questa sede si determinava rilevando « come alcuna responsabilità appare predicabile in capo alla sanzionata ricorrente per la mancata adozione del provvedimento formale di voltura ».
Tale capo di sentenza, sostiene l’appellata, non sarebbe oggetto di contestazione in appello.
A tacere del fatto che la censura dello specifico profilo da parte dell’Autorità si ricava dalle complessive narrative del ricorso, può prescindersi dallo scrutinio dell’eccezione in quanto l’appello è infondato nel merito.
Con un unico motivo di ricorso l’appellante deduce « Violazione e falsa applicazione dei principi generali in punto di legittimazione passiva – Difetto di istruttoria – Travisamento dei fatti » allegando che, alla data della commissione dell’illecito contestato (25 febbraio 2013) e, quindi, dell’adozione del provvedimento impugnato, non risultava essere intervenuto « alcun atto di voltura » e che tale provvedimento, ancorché ininfluente sui contenuti dell’autorizzazione ceduta risolvendosi una mera « novazione soggettiva del rapporto tra l’Amministrazione e il privato », sarebbe, tuttavia, necessario ai fini del mutamento della titolarità.
Avrebbe, pertanto, errato il Tar nel ritenere l’illegittimità della sanzione sul presupposto della non imputabilità all’emittente del mancato perfezionamento della voltura.
Il motivo è infondato.
Si è già dato atto dell’assolvimento, da parte dell’appellata, della rituale comunicazione dell’avvenuta cessione del canale al MISE che, a sua volta, rappresentava all’Autorità il possesso dei requisiti di legge in capo alla cessionaria.
Con la già citata nota del 26 aprile 2014, infatti, il MISE si esprimeva in ordine alla domanda di subentro in questione comunicando all’Autorità « la positiva valutazione … in capo TELE ITALIA SRL, in ordine al possesso di requisiti » di cui alla delibera Agcom 353/11/CONS « per il subentro nel titolo abilitativo a suo tempo rilasciato alla società LA 4ITALIA SRL per il marchio SHP IN TV » precisando espressamente che restava « in attesa degli esiti delle risultanze, con il controllo anche su eventuali collegamenti con fornitori in ambito locale, predisposte da codesta Autorità al fine di provvedere all’adeguamento richiesto ».
L’Autorità, con la menzionata nota del 31 luglio 2013 recante in oggetto « Voltura del titolo abilitativo tra due società: cessione definitiva o in licenza d’uso del solo marchio identificativo », comunicava al MISE che « la semplice voltura del titolo abilitativo tra due società, come la cessione (definitiva o in licenza d’uso) del solo marchio identificativo della programmazione, ed in generale i trasferimenti dei rami d’azienda [come nel caso di specie, ndr] che non implicano passaggio del controllo da una società ad un’altra … non risultano idonee a giustificare l’avvio del relativo procedimento autorizzatorio di competenza di questa Autorità » precisando, ad ulteriore supporto di quanto affermato, che l’art. 6, comma 1, della delibera n. 353/11/CONS, laddove contiene la locuzione « sentita l’Autorità », non implica necessariamente l’apertura di un procedimento innanzi all’Autorità per il rilascio del titolo autorizzativo.
Deve, pertanto, rilevarsi come l’appellata, inoltrando le citate comunicazioni, avesse adempiuto agli oneri posti a proprio carico (circostanza che esclude ogni profilo di colpa in capo alla stessa) e che il mancato perfezionamento del procedimento di voltura non possa che addebitarsi alla parte pubblica che non vi provvedeva nonostante l’espressione favorevole di entrambe le amministrazioni coinvolte nel relativo procedimento (MISE e Autorità).
Per tale ragione non può che convenirsi con il Tar laddove afferma che l’ordinanza impugnata è « priva del suo necessario presupposto ».
Perplessa è, inoltre, la contestazione, da parte dell’Autorità, della mancanza dell’autorizzazione in merito alla quale, con la più volte citata nota del 31 luglio 2013, si era espressa non ritenendola necessaria.
Per quanto precede l’appello deve essere respinto con condanna dell’appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio nella misura liquidata in dispositivo.