Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-10-06, n. 202005897

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-10-06, n. 202005897
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202005897
Data del deposito : 6 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/10/2020

N. 05897/2020REG.PROV.COLL.

N. 01129/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1129 del 2019, proposto da
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

Pricewaterhousecoopers S.p.A., Pricewaterhousecoopers Advisory S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dagli avvocati A D N, L D V, A P, M B e Marco Dell'Antonia, con domicilio eletto presso lo studio A P in Roma, viale Liegi, n. 32;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 10997/2018.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 settembre 2020 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Terracciano, Tesauro, Olivieri, Galbiati, Palatucci, Siragusa, Di Via, Rizza e l’avvocato dello Stato Giacomo Aiello;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1 – PricewaterhouseCoopers s.p.a. e PricewaterhouseCoopers Advisory s.p.a. hanno impugnato il provvedimento con il quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”), a conclusione del procedimento istruttorio I796, ha ritenuto che la società KPMG s.p.a. (KPMG),

KPMG

Advisory s.p.a. (KPMGA), Deloitte Consulting s.r.l. (Deloitte), Deloitte &
Touche S.p.a. (D&T), Ernst &
Y s.p.a. (EY o E&Y), Ernst&Y Financial Business Advisors s.p.a. (EYFBA), PricewaterhouseCoopers s.p.a. (PWC), PricewaterhouseCoopers Advisory s.p.a. (PCWA) avevano posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza contraria all’art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), consistente in una pratica concordata avente la finalità di condizionare gli esiti della gara bandita dalla Consip S.p.A. (“Consip”) per l’affidamento dei servizi di supporto e assistenza tecnica per l’esercizio e lo sviluppo della funzione di sorveglianza e “audit” dei programmi cofinanziati dall’Unione europea (gara “AdA”) attraverso l’eliminazione del reciproco confronto concorrenziale e la spartizione dei lotti relativi.

2 - La gara Consip AdA era suddivisa in 9 lotti (7 lotti geografici e 2 lotti dedicati alle amministrazioni centrali) e aveva un importo totale della base d’asta pari a €66.543.720.

Il criterio di aggiudicazione adottato era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Il punteggio massimo associato all’offerta tecnica era di 70 punti, mentre il punteggio massimo conseguibile tramite l’offerta economica ammontava a 30 punti. Le macro-voci di valutazione dell’offerta tecnica erano 3 (la proposta di contesto, quella progettuale e quella organizzativa) e all’interno di ciascuna macro-voce era considerato un ampio numero di criteri tecnici, a ciascuno dei quali era attribuito un punteggio compreso tra 1 e 7.

Il punteggio dell’offerta economica dipendeva invece dall’entità dei ribassi offerti dai partecipanti sull’importo a base d’asta delle tariffe giornaliere previste per ciascuna figura professionale (manager, consulente senior, consulente junior). Per ciascuna di tali voci di prezzo, gli sconti offerti venivano convertiti in un punteggio economico per mezzo di una formula matematica.

La suddetta formula era tale per cui il punteggio economico generato dipendeva anche dallo sconto medio e dallo sconto massimo offerto per le voci di prezzo in esame.

Il punteggio economico di ciascuna offerta veniva determinato tramite una formula matematica che, per sua struttura, al ridursi del livello del ribasso medio calcolato per il totale dei concorrenti, riduceva il vantaggio ottenibile sugli altri partecipanti (in termini di punteggio per la graduatoria) tramite uno sconto particolarmente accentuato. In altri termini, quando il ribasso medio si riduceva, formulare un ribasso più aggressivo del proprio concorrente diventava via via meno determinante per l’aggiudicazione del lotto.

Alla luce di tale meccanismo, si poteva verificare che, in presenza di una media contenuta dei ribassi presentati in gara, un’impresa che concorreva alla aggiudicazione del lotto, forte di un elevato punteggio tecnico, avrebbe potuto avvantaggiarsi rispetto a rivali che puntavano invece maggiormente sulla aggressività delle offerte economiche.

3 - Alla data prevista per la presentazione delle offerte (21 maggio 2015) pervenivano offerte da parte di 9 operatori.

Le imprese coinvolte nel procedimento dinnanzi all’AGCM sono risultate vincitrici (prime in graduatoria) per 5 lotti su 9. In particolare: RTI Deloitte &
Touche S.p.A. – Meridiana Italia S.r.l. per 2 lotti, KPMG S.p.A. per altri 2 e Reconta Ernst&Y S.p.A. 1 lotto.

Secondo l’Autorità, sarebbe emerso che le parti, coordinandosi a livello di “network”, avevano presentato delle offerte economiche differenziate per i vari lotti in gara, secondo uno schema comune che appariva indicativo di dinamiche concertative, dato che, pur presentando sostanzialmente sempre un’offerta tecnica equivalente tra i diversi lotti, avevano dato luogo, in alcuni, a offerte economiche con ribassi tra il 30 e il 35%, mentre in altri le offerte erano risultate decisamente inferiori (con ribassi del 10-15% circa).

L’AGCM riteneva particolarmente significativa la circostanza per la quale le offerte con gli sconti più elevati non si erano mai sovrapposte, per cui tale differenziazione delle offerte economiche non era spiegabile se non nell’ottica di un disegno “spartitorio”, finalizzato ad annullare tra le parti il confronto concorrenziale per ciascun lotto di interesse.

4 – Le società appellanti hanno impugnato il provvedimento deducendone l’illegittimità sotto distinti profili.

Il T.A.R. per il Lazio, con la sentenza n. 10997/2018, ha accolto in parte l’ultima censura relativa al computo della sanzione, respingendo per il resto il ricorso.

5 – Avverso tale pronuncia ha proposto appello l’Autorità.

Si è costituita in giudizio l’originaria parte ricorrente, proponendo appello incidentale.

In data 17 settembre 2020 la causa è stata discussa dal Collegio.

DIRITTO

1 – Nel rispetto dell’ordine logico delle questioni, appare prioritario l’esame dell’appello incidentale delle società, con cui si contesta la sussistenza dell’illecito.

2 – Con il primo motivo di appello, la società contesta come il T.A.R. abbia erroneamente ritenuto soddisfatto lo standard probatorio richiesto dalla giurisprudenza in materia di pratiche concordate.

Con tale censura si lamenta che il T.A.R. non avrebbe considerato le evidenze prodotte dalle società nel corso del procedimento e nell'ambito del giudizio di primo grado, che dimostrerebbero come l’accertamento compiuto dall’Autorità sarebbe in violazione (e falsa applicazione) dell’art. 101 TFUE e delle regole poste a presidio della ripartizione dell’onus probandi di cui agli artt. 2 del Regolamento (CE) n. 1/2003, 6.2 CEDU e 48.1 Carta di Nizza.

Più precisamente, parte appellante lamenta che agli atti del procedimento mancavano: a) elementi esogeni a sostegno della sussistenza di contatti che fossero qualificati e causalmente connessi con l’alterazione delle normali dinamiche della Gara AdA;
b) elementi endogeni a supporto della natura irrazionale dei comportamenti tenuti in occasione della Gara AdA.

In particolare, quanto all’assenza di elementi esogeni, sarebbero stati completamente ignorati i seguenti profili:

a) i contatti di cui l'AGCM avrebbe dato prova: (i) non sono qualificati, avendo avuto ad oggetto discussioni relative a profili del tutto estranei alle asserite strategie da adottare in relazione alla Gara AdA;
(ii) non sono causalmente riconducibili alla realizzazione dell’asserito cartello, in quanto essi si riferiscono ad un periodo in cui il bando di gara non era stato ancora pubblicato e, dunque, il suo oggetto non era noto;

b) la documentazione e gli scambi di mail interni rinvenuti presso alcuni degli asseriti cartellisti - da cui, secondo quanto dedotto in sentenza, si evincerebbe la prova della manipolazione degli esiti della Gara AdA (attraverso simulazioni e commenti circa le aggiudicazioni) - sono del tutto inconferenti e, di contro, dimostrano l'estraneità dei comportamenti tenuti da PwC e PwCA rispetto alle contestate logiche ripartitorie.

In definitiva, non vi sarebbe agli atti alcuna prova di un contatto “qualificato” tra le appellanti e gli altri partecipanti alla gara Consip AdA dal quale si evinca la partecipazione della ricorrente ad una pratica concordata ai sensi dell’art. 101, par. 1, TFUE.

2.1 – Quanto alla mancanza di elementi endogeni, parte appellante contesta che la sentenza impugnata avrebbe omesso di rilevare come l’AGCM, accertando la sussistenza di un’intesa, abbia disatteso in maniera radicale l’onere probatorio su di essa gravante, sottraendosi al doveroso esercizio di controdeduzione cui sarebbe stata tenuta, a fronte dei chiarimenti puntuali resi dalle società circa la sussistenza, per le condotte contestate, di giustificazioni (razionali ed attendibili) alternative alla realizzazione di un’intesa anticompetitiva.

A questo riguardo, parte appellante precisa che la scelta dei lotti per i quali concorrere e dei ribassi da proporre è dipesa principalmente da due fattori: a) evitare situazioni di incompatibilità, attuale o prospettica;
b) conseguire ricavi sufficienti per coprire i costi e garantirsi un margine di guadagno.

3 – Con il secondo motivo di appello incidentale, si deduce la violazione delle regole sulla ripartizione dell’onere probatorio ex artt. 101 TFUE, 2 r. 1/2003, 6.2 CEDU e 48.1 Carta di Nizza in riferimento alla carenza di motivazione della sentenza e omessa pronuncia in relazione alle numerose contestazioni svolte riguardo all’impraticabilità e comunque all’insostenibilità dell’intesa ipotizzata da AGCM.

A questo riguardo, secondo l’appellante:

a) dal punto di vista soggettivo, non è ipotizzabile l’esistenza di un cartello solo fra alcune delle numerose imprese partecipanti ad una gara pubblica, con esclusione di concorrenti che addirittura si sono aggiudicati 4 lotti su 9, così come è insostenibile la sussistenza di un cartello tra imprese radicalmente diverse in termini di organizzazione del business e interessi strategici;

b) dal punto di vista oggettivo, non è ipotizzabile l’esistenza di un cartello, in ragione della imprevedibilità delle condizioni e dell'oggetto di gara, della estrema complessità ed eterogeneità dei lotti (caratteristiche che avrebbero impedito una ripartizione soddisfacente per tutti gli asseriti cartellisti), della insussistenza di disincentivi alla deviazione dal cartello contestato (essendovi invece numerosi incentivi a scardinare l’equilibrio dell’asserito coordinamento), nonché della natura parziale dell’oggetto del coordinamento, limitato alla sola componente economica e non anche a quella tecnica (dalla quale invece sarebbe invece dipesa la parte più rilevante del punteggio di gara), e dunque inidoneo a condizionare le dinamiche della gara stessa.

4 – Prima di esaminare compiutamente il merito di tali censure giova ricordare i principi – specie sotto il profilo probatorio - alla luce dei quali dovranno essere valutate.

Quanto all’intensità dell’onere probatorio, l’intesa restrittiva vietata può realizzarsi sia mediante un “accordo”, sia mediante una “pratica concordata”, nel cui ambito ben possono essere astrattamente ricondotti i comportamenti imputati alle società nel caso di specie.

Tale ultimo concetto viene generalmente descritto come una forma di coordinamento e cooperazione consapevole (concertazione) tra imprese posta in essere a danno della concorrenza che non richiede, come l'accordo, una manifestazione di volontà reciproca tra le parti, o un vero e proprio piano, tanto è vero che il coordinamento può essere raggiunto attraverso un mero contatto diretto o indiretto fra le imprese ( cfr . Corte Giustizia, causa 48/69).

E’ utile ricordare che le pratiche concordate emergono, come concetto del diritto antitrust, in qualità di prove indirette indicative dell’esistenza di un accordo, rappresentando dunque non tanto un’autonoma fattispecie di diritto sostanziale rigorosamente definita nei suoi elementi costitutivi, quanto una fattispecie strumentale operante sul piano probatorio in funzione dell’accertamento di una intesa restrittiva vietata, indicativa dell’esistenza di una concertazione tra imprese concorrenti, le quali, invece, dovrebbero agire autonomamente sul mercato.

Come è già stato messo in luce dalla giurisprudenza, la pratica concordata corrisponde ad una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce, in modo consapevole, un’espressa collaborazione fra le stesse per sottrarsi ai rischi della concorrenza, con la precisazione che i criteri del coordinamento e della collaborazione, che consentono di definire tale nozione, vanno intesi alla luce dei princìpi in materia di concorrenza, secondo cui ogni operatore economico deve autonomamente determinare la condotta che intende seguire sul mercato. Devono, dunque, ritenersi vietati i contatti diretti o indiretti aventi per oggetto o per effetto di creare condizioni di concorrenza non corrispondenti alle condizioni normali del mercato ( cfr . Cons. Stato, Sez. VI, 4 settembre 2015, n. 4123).

Anche secondo la giurisprudenza comunitaria “accordi” e “pratiche concordate” sono forme collusive che condividono la medesima natura e si distinguono solo per la loro intensità e per le forme in cui esse si manifestano ( cfr . Corte Giust. UE, 5 dicembre 2013, C-449/11P), corrispondendo, in particolare, le “pratiche concordate” a una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere stata spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce consapevolmente una pratica collaborazione fra le stesse ai rischi della concorrenza.

4.1 – Più nel dettaglio, il parallelismo dei comportamenti può essere considerato prova di una concertazione soltanto qualora la concertazione ne costituisca l’unica spiegazione plausibile. È infatti importante tenere presente che l’art. 101 del Trattato, mentre vieta qualsiasi forma di collusione atta a falsare il gioco della concorrenza, non esclude il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei concorrenti. Di conseguenza, nella fattispecie è necessario accertare se il parallelismo di comportamenti non possa, tenuto conto della natura dei prodotti, dell’entità e del numero delle imprese e del volume del mercato, spiegarsi altrimenti che con la concertazione. La stessa Corte di Giustizia, in applicazione del menzionato criterio, ha avuto modo di concludere nel senso che “ se la spiegazione del parallelismo di comportamenti basata sulla concertazione non è l’unica plausibile…il parallelismo di comportamenti accertato dalla Commissione non può costituire la prova della concertazione ” (cfr. Corte di Giustizia, cause riunite C- 23 89/85, C-104/85, C-114/85, C-117/85 e da C-125/85 a C-129/85 Woodpulp).

4.2 - Le condotte delle singole imprese devono essere invero inquadrate nel contesto complessivo della concertazione e considerate come “ tasselli di un mosaico, i cui elementi non sono significativi di per sé, ma come parte di un disegno unitario, qualificabile quale intesa restrittiva della concorrenza ” ( ex multis , Consiglio di Stato, 2 luglio 2018, n. 4010). In linea con l’orientamento giurisprudenziale, deve pertanto essere respinto il tentativo delle ricorrenti di frazionare e segmentare la struttura argomentativa del provvedimento, al fine di svilire la valutazione complessiva del quadro probatorio.

5 – In applicazione al caso di specie delle coordinate ermeneutiche innanzi delineate, le censure dell’appellante, che stante la loro connessione possono essere esaminate congiuntamente, non devono trovare accoglimento.

5.1 – Conviene iniziare l’analisi dall’aspetto relativo alle modalità (la pratica concordata) attraverso la quale è stato ottenuto l’effetto anticoncorrenziale, tenendo presente che l’effettiva realizzazione dello stesso ben può considerarsi un primo indice significativo circa la sussistenza dell’illecito anticoncorrenziale.

Secondo l’impianto accusatorio, le imprese hanno evitato di competere in occasione della gara, presentando ognuna sconti più elevati nei lotti “assegnati”, senza mai sovrapporsi e, con riferimento ai lotti di interesse delle altre parti, non presentando offerta o presentando offerte di appoggio del tutto inidonee a vincere il lotto.

Tale condotta emerge chiaramente dall’osservazione delle offerte economiche presentate nella gara Consip AdA dalle parti;
offerte che presentavano delle anomalie intrinseche da indurre la stessa stazione appaltante a rilevarle tempestivamente.

Infatti, le offerte delle parti, pur avendo ciascuna partecipato a diversi lotti, sono state concertate ed articolate in modo tale che gli sconti più consistenti presentati da ciascuna di esse - compresi per tutte tra il 30% e il 32,3% - non si sovrapponessero mai, e questo in relazione a ben nove lotti in cui era scomposta la gara.

L’intesa si è spinta fino a concertare il livello degli sconti: tutte le offerte delle parti si sono posizionati intorno a due valori pivotali (30-32 e 10-15), con ciò costituendo un evidente profilo di anomalia.

Di fatto: l’intesa ha potuto trovare attuazione, avendo influenzato gli esiti della procedura con riguardo a tutti i 9 lotti. Se, infatti, le strategie partecipative di tutti i soggetti coinvolti nell’intesa fossero state assunte autonomamente e, dunque, guidate da logiche di confronto competitivo, si sarebbe assistito a risultati differenti.

6 - Deve evidenziarsi che, nel caso di specie, sussistono palesi riscontri oggettivi dell’intento perseguito dalle parti, tali da escludere la necessità di ricorrere a presunzioni, di cui, secondo l’appellante, sarebbe onere dell’Autorità dimostrare l’attendibilità.

Infatti, qualora sussistano ragionevoli indizi esogeni di una pratica concordata anticoncorrenziale, incombe alle imprese “ l’onere di fornire una diversa spiegazione lecita delle loro condotte e dei loro contatti ” (Consiglio di Stato, 4.9.2015, n. 4123;
Trib. UE, 2.4.2013, causa T-442/08, CISAC/Commissione), sempre che la prova della concertazione offerta dall’AGCM rispetti il principio di “congruenza narrativa”, “ in virtù del quale l’ipotesi sorretta da plurimi indizi concordanti può essere fatta propria nella decisione giudiziale quando sia l’unica a dare un senso accettabile alla ‘storia’ che si propone per la ricostruzione della intesa illecita […] o sia comunque nettamente preferibile rispetto ad ogni ipotesi alternativa astrattamente esistente ” (Consiglio di Stato, 18.5.2015, n. 2514).

6.1 - Nel caso di specie, il coordinamento contestato è stato provato, innanzitutto, dai diversi documenti agli atti dai quali emerge che i quattro network, in vista dello svolgimento della procedura, hanno deciso di incontrarsi tra di loro per “aprire un tavolo” e “condividere un’azione”.

È eloquente la mail del 29 ottobre 2014, in cui, a seguito all’invito di Deloitte Consulting a promuovere un incontro tra le parti sulla gara AdA, EYFBA scrive a EY: “ Oggi mi ha chiamato Deloitte per aprire un tavolo sulla gara Audit di Consip. Gli ho detto che saremmo andati insieme ”. In pari data lo stesso socio di Ernst &
Y risponde: “ In sede Assirevi ho incontrato le altre 3 big four con i quali abbiamo condiviso di incontrarci appena abbiamo maggiori indicazioni riguardo la gara. Comunque lunedì 3 ho una riunione con loro in via po (ndr la sede di Ernst &
Y è a via Po). Fammi sapere come vogliamo muoverci, considera che Deloitte è quella che ha la quota di mercato minore. KPMG mi ha fatto sapere che appena esce il bando prima vogliono condividere una azione con noi e poi con gli altri
”.

E’ altresì significativa la corrispondenza intercorsa tra i soci di PWC Advisory che il 29 ottobre 2014, si scrivono: “ con deloitte ey e kpmg abbiamo concordato un incontro per parlare della prossima gara Consip sulle AdA nelle date proposte di seguito, mi fai sapere quando puoi … per me ok 12 e 17 [novembre n.d.r.] ”.

Le evidenze acquisite durante il procedimento hanno inoltre fatto emergere che le imprese hanno condiviso le risposte fornite a Consip rispetto alle consultazioni sulla gara AdA.

Dagli elementi istruttori acquisiti dall’Autorità risulta infatti che le parti si sono nuovamente incontrate il 10 dicembre 2014, scambiandosi informazioni sui precedenti contratti.

Al riguardo, assume una particolare valenza lo scambio di e-mail intitolato “Incontro fondi eu” del dicembre 2014, rinvenuto presso la sede di PWC Advisory. Si tratta di uno scambio di e-mail interno nel quale un socio di PWC Advisory inoltra ad un altro una e-mail contenente la richiesta di un socio di Deloitte Consulting, inviata anche ad alcuni soci di EY FBA, Ernst &
Y, KPMG,

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