Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-04-14, n. 202002421

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-04-14, n. 202002421
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202002421
Data del deposito : 14 aprile 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/04/2020

N. 02421/2020REG.PROV.COLL.

N. 04286/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4286 del 2018, proposto dalla Associazione di protezione ambientale riconosciuta denominata Fare Ambiente MEE – Movimento Ecologista Europeo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato P d C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Liegi, n. 35/B;

contro

i signori A D S, G R e P R, rappresentati e difesi dagli avvocati P R, quale avvocato anche di se stesso, e L V, con i quali elettivamente domiciliano in Roma, via Dora, n. 62;

nei confronti

il Comune di Battipaglia, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Sabato Criscuolo, con cui domicilia presso Carmine De Vita in Roma, via Gallia n. 122;

e con l'intervento di

ad opponendum:
del signor Bruno Di Cunzolo, rappresentato e difeso dall'avvocato Lorenzo Lentini, con cui elettivamente domicilia presso lo studio del dott. Giuseppe Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 30;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione Prima, n. 755 del 18 maggio 2018.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio da valere anche quale appello del Comune di Battipaglia;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori A D S, G R e P R;

Visto l’atto di intervento ad opponendum del signor Bruno Di Cunzolo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2019 il Cons. Roberto Caponigro e uditi per le parti gli avvocati P d C, P R, Sabato Criscuolo e Lorenzo Lentini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il T.a.r. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione Prima, con la sentenza n. 755 del 18 maggio 2018, ha accolto il ricorso R.G. n. 304 del 2015 proposto dagli odierni appellati e, per l’effetto, ha annullato i provvedimenti impugnati, vale a dire il provvedimento del 28 novembre 2014, con cui il Comune di Battipaglia ha annullato in via di autotutela il silenzio assenso che si sarebbe formalizzato ai sensi dell’art. 20 d.P.R. n. 380 del 2011 sull’istanza di permesso di costruire del 3 gennaio 2013 (per mero errore materiale riportato dal Tar come provvedimento del 27 novembre 2013 nell’epigrafe della sentenza impugnata) ed il provvedimento del 26 maggio 2015, con cui il Comune di Battipaglia ha respinto la scia del 15 maggio 2015, in variante al permesso di costruire formatosi per silenzio assenso, per la realizzazione di un fabbricato residenziale e commerciale alla via Rosario.

La detta sentenza ha dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione attiva l’intervento ad opponendum spiegato dalla Fare Ambiente MEE.

Il Movimento Ecologista ha proposto il presente appello, firmato digitalmente dal solo avvocato P d C, premettendo, in fatto, che gli appellati sono proprietari di un fondo intercluso, in parte edificato, di 902,85 mq che, ai sensi della tavola 9 di PGR di “individuazione delle zone territoriali omogenee”, ricade in zona territoriale omogenea “B1 da risanare” ed avente alla luce della tavola 6-ter di PRG denominata “zonizzazione e rete viaria”, destinazione urbanistica in parte edificabile B1 per mq 660,35 e in parte viabilità di progetto per mq 252,50.

In diritto, ha censurato la declaratoria di inammissibilità del proprio intervento per violazione dell’art. 28 c.p.a. ed ha articolato i seguenti motivi di impugnativa:

Omessa applicazione, in violazione del principio iura novit curia, delle norme tecniche di attuazione del PRG e dei criteri dimensionali della zona omogenea “B1 da risanare”. Violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 12 del dPR 380/2001 ed artt. 1 e 41-quinquies della legge 1150/1942 – la asserita urbanizzazione della zona omogenea B1 non è sufficiente ai fini dell’intervento diretto in quanto in zona B1 non è affatto garantito il rispetto degli standards minimi per spazi e servizi pubblici così prescritti dal PRG e comunque - in–ogni caso - è inammissibile in zona territoriale omogenea “B1 da risanare” il ricorso all’indice di fabbricabilità fondiaria anziché territoriale.

Violazione e falsa applicazione delle norme sulle distanze di cui agli artt. 873 e 875 c.c. e alle NN.TT.AA. che per la zona B1 non ammettono la costruzione a confine.

La parte appellata ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per difetto di legittimazione e, nel merito, ha contestato la fondatezza delle censure proposte concludendo per il rigetto del gravame.

Il Comune di Battipaglia si è costituito in giudizio proponendo anche appello autonomo, deducendo il seguente motivo:

Error in iudicando. Errata e falsa applicazione della norma sulle distanze e costruzioni in aderenza.

La parte appellata ha eccepito l’inammissibilità anche dell’appello formulato dal Comune, in quanto l’Amministrazione avrebbe avuto l’onere di censurare con idonea impugnativa ogni autonomo capo della sentenza del T.a.r. e delle relative motivazioni, ciascuna di per sé sufficiente a giustificare la decisione;
nel merito, ha chiesto il rigetto del gravame.

L’Architetto Bruno Di Cunzolo si è costituito in giudizio ad opponendum chiedendo che l’appello della Associazione Fare Ambiente sia dichiarato inammissibile e, comunque, sia respinto.

Le parti hanno depositato altre memorie a sostegno delle rispettive difese.

All’udienza pubblica del 5 dicembre 2019, la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. Le eccezioni di inammissibilità degli appelli proposti dalla Fare Ambiente MEE e dal Comune di Battipaglia sono infondate.

2.1. La sentenza di primo grado ha rappresentato che:

la giurisprudenza “ha riconosciuto alle associazioni ambientali la legittimazione ad impugnare atti amministrativi ritenuti illegittimi e lesivi degli interessi sostanziali degli associati, incidenti sull'ambiente, per profili relativi a questi ultimi aspetti: quindi non solo il provvedimento impugnato deve avere una diretta e immediata rilevanza ambientale, ma devono essere dedotte censure che concernono l'assetto normativo di tutela dell'ambiente o la violazione di norme poste a salvaguardia dell'ambiente. Ciò porta ad escludere la possibilità per una associazione ambientale, già titolare di una legittimazione ex lege per la tutela dell'ambiente, di poter fare valere profili di illegittimità degli atti impugnati che non attengano appunto al profilo ambientale (cfr.;
Cons. St., sez. IV, 9 ottobre 2002, n. 5365;
14 aprile 2011, n. 2329).

Va dunque richiamato il consolidato principio per cui le associazioni ambientalistiche hanno sì titolo ad impugnare qualsiasi atto amministrativo, ma la specialità della loro legittimazione a ricorrere, condizionata a monte dagli scopi da esse perseguiti, consente loro unicamente la deduzione di censure funzionali al soddisfacimento di interessi ambientali e impedisce invece la proposizione di doglianze relative a violazioni di altra natura, le quali solo in via strumentale ed indiretta - e non in ragione della violazione dell'assetto normativo di tutela dell'ambiente - potrebbero semmai determinare un effetto utile ai fini della salvaguardia dei valori ambientali (v. Cons. giust. amm. Reg. Sic. 16 ottobre 2012 n. 933).

Pertanto, i profili di gravame devono essere attinenti alla sfera di interesse ambientale dell'associazione e, come tali, devono essere intesi al conseguimento di una utilità "direttamente rapportata" alla posizione legittimante (v. TAR Liguria, Sez. I, 29 giugno 2012 n. 905).

Da tanto discende il difetto di legittimazione dell’intervenuta associazione poiché quest’ultima, da un lato, non ha dedotto alcunchè in ordine al possibile impatto del contestato progetto edilizio sul patrimonio culturale ed ambientale e, dall’altro, ha sollevato dei profili di illegittimità del predetto intervento che, riguardando unicamente l’asserita violazione di norme generali di piano ovvero di attuazione tecnica, potevano, come tali, essere fatte valere dai soli proprietari interessati dall'eventuale trasformazione dell’area in questione ”.

Le doglianze formulate in proposito dall’appellante, volte a contestare la declaratoria di inammissibilità dell’intervento ad opponendum proposto in primo grado e rilevanti anche ai fini di affermare la legittimazione della Fare Ambiente alla proposizione dell’appello, sono fondate.

L’art. 28, comma 2, c.p.a. prevede che chiunque non sia parte del giudizio e non sia decaduto dall’esercizio delle relative azioni, ma via abbia interesse, può intervenire accettando lo stato e il grado in cui il giudizio si trova.

L’art. 102, comma 2, c.p.a. dispone che l’interventore può proporre appello solo se titolare di una posizione giuridica autonoma.

L’esegesi di tale ultima norma postula che siano distinte le ipotesi di intervento ad adiuvandum da quelle di intervento ad opponendum spiegate in primo grado.

La giurisprudenza amministrativa ha interpretato la norma nel senso che il soggetto interveniente ad adiuvandum nel giudizio di primo grado non è legittimato a proporre appello in via principale e autonoma, salvo che non abbia un proprio interesse direttamente riferibile alla sua posizione, come nel caso in cui sia stata negata la legittimazione all'intervento o sia stata emessa nei suoi confronti la condanna alle spese giudiziali (cfr Cassazione Civile, Sezioni Unite, ordinanza 29 novembre 2019, n. 31266, che richiama Cons. Stato n. 3409/2018;
id. 22 febbraio 2016, n. 724;
id. 13 febbraio 2017 n. 614;
6 agosto 2013 n. 4121).

Analogamente, per la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione (cfr Cassazione Civile, Sezioni unite, ordinanza 29 novembre 2019, n. 31266, che richiama, tra le altre, Cass. Sez. U. n. 5992 del 17/04/2012;
seguita da Cass. n. 16930 del 08/07/2013 e, di recente, Cass. n. 2818 del 06/02/2018) "l'interventore adesivo non ha un'autonoma legittimazione ad impugnare (salvo che l'impugnazione sia limitata alle questioni specificamente attinenti la qualificazione dell'intervento o la condanna alle spese imposte a suo carico), sicché la sua impugnazione è inammissibile, laddove la parte adiuvata non abbia esercitato il proprio diritto di proporre impugnazione ovvero abbia fatto acquiescenza alla decisione ad essa sfavorevole;
inoltre, esso non vanta un interesse concreto ed attuale all'impugnazione di affermazioni pregiudizievoli contenute nella sentenza favorevole, qualora svolte in via incidentale e sprovviste della forza vincolante del giudicato".

Tali ragioni, invece, non sono presenti ove l’intervento in primo grado sia stato spiegato ad opponendum, nel qual caso, esclusa ontologicamente la natura di intervento adesivo dipendente dal ricorso introduttivo (di cui l’interveniente chiede, invece, il rigetto), occorre accertare se l’appellante, interventore ad opponendum in primo grado, sia titolare di una posizione giuridica autonoma che lo legittimi alla piena proposizione dell’appello, vale a dire alla formulazione di censure estese alle questioni di merito affrontate nella sentenza appellata e non limitate a contestare l’eventuale declaratoria di inammissibilità o la condanna alle spese del giudizio.

Il Collegio ritiene che, nel caso di specie, tale posizione giuridica autonoma sussista.

La legittimazione ex lege delle associazioni ambientaliste, infatti, può esser riconosciuta non solo nel caso di atti dichiaratamente inerenti la materia ambientale ma anche per gli atti che “incidono sulla qualità della vita in un dato territorio” (cfr Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 2011, n. 2329).

La giurisprudenza, che il Collegio condivide, riconosce che gli atti che costituiscono esercizio di pianificazione urbanistica, la localizzazione di opere pubbliche, gli atti autorizzatori di interventi edilizi, nella misura in cui possano comportare danno per l’ambiente, ben possono essere oggetto di impugnazione da parte delle associazioni ambientaliste, in quanto atti estensivamente rientranti nella materia “ambiente”, in relazione alla quale si definisce (e perimetra) la legittimazione delle predette associazioni (cfr Cons. Stato Sez. IV, 19-02-2015, n. 839), attesa “l’ormai pacifica compenetrazione delle problematiche ambientali in quelle urbanistiche” (così Cons. Stato Sez. V, 28-07-2015, n. 3711).

In particolare, la giurisprudenza ha affermato che il potere di pianificazione urbanistica non è funzionale solo all'interesse pubblico all'ordinato sviluppo edilizio del territorio in considerazione delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità (civile abitazione, uffici pubblici, opifici industriali e artigianali, etc.), ma esso è funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti.

L'ambiente, pertanto, costituisce inevitabilmente l'oggetto (anche) dell'esercizio di poteri di pianificazione urbanistica e di autorizzazione edilizia;
così come, specularmente, l'esercizio dei predetti poteri di pianificazione non può non tenere conto del "valore ambiente", al fine di preservarlo e renderne compatibile la conservazione con le modalità di esistenza e di attività dei singoli individui, delle comunità, delle attività anche economiche dei medesimi (cfr Cons. Stato, IV, 9 gennaio 2014, n. 36).

Sulla base di tale iter argomentativo, in quanto titolari di una propria posizione giuridica, le associazioni ambientaliste legittimate ex lege non solo possono intervenire in primo grado, ma hanno facoltà di proporre appello autonomo, ai sensi dell’art. 102, comma 2, c.p.a., nel contenzioso relativo ad atti di pianificazione urbanistica, di localizzazione di opere pubbliche, di autorizzazione di interventi edilizi, nella misura in cui tali atti possano determinare un pregiudizio per l'ambiente.

Peraltro, considerata la non necessaria correlazione dimensionale tra interessi urbanistici e interessi ambientali, permane sempre la necessità di una valutazione in concreto dell’incidenza del possibile danno all’ambiente e tale valutazione non può che vertere sull’ampiezza dell’intervento, quale elemento di discrimine degli interventi anche incidenti sul piano ambientale.

L’appellante – premesso di essere un’associazione ambientalista riconosciuta ex lege, che promuove, ai sensi degli artt. 1 e 2 dello Statuto, la adozione di misure idonee alla tutela dell’ambiente e contestualmente alla valorizzazione dello stesso, “mediante lo sviluppo ordinato delle potenzialità territoriali” - ha posto in rilievo di essere intervenuta in giudizio al fine di evitare che i privati possano sottrarre alla comunità territoriale di riferimento volumetrie ed aree destinate a parcheggi, scuole, attrezzature pubbliche e verde pubbliche nonché aree per la circolazione e la sosta.

Pertanto, deve ritenersi, anche in considerazione della consistenza dell’opera da realizzare, che, nel caso di specie, l’intervento edilizio contestato, sia almeno potenzialmente, in grado di incidere sulla qualità della vita di quel determinato territorio su cui insiste.

Ne consegue, in definitiva, che, così come gli atti autorizzatori di interventi edilizi, nella misura in cui possano comportare danno per l’ambiente, possono essere oggetto di impugnazione da parte delle associazioni ambientaliste legittimate ex lege, può essere oggetto di appello, da parte di una associazione ambientalista interveniente ad opponendum in primo grado, una sentenza che abbia annullato gli atti con cui l’intervento edilizio incidente sul territorio era stato negato.

Pertanto, avendo la Fare Ambiente specificato in che modo gli interventi edilizi in oggetto possono pregiudicare la tutela dell’ambiente, intesa in senso ampio, la declaratoria di inammissibilità dell’intervento ad opponendum statuita dal giudice di primo grado non è condivisibile, mentre l’appello è ammissibile, in quanto l’Associazione ambientalista appellante è titolare di una posizione giuridica soggettiva autonoma.

2.2. Parimenti infondata è l’eccezione di inammissibilità dell’appello proposto dal Comune di Battipaglia, da qualificarsi come appello incidentale ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.a.

Infatti, se è vero che detto gravame ha ad oggetto un solo capo della sentenza impugnata, è altrettanto vero che l’eventuale fondatezza delle doglianze relative alla violazione delle norme sulle distanze e costruzioni in aderenza determinerebbe di per sé l’accertamento della legittimità del provvedimento amministrativo impugnato in prime cure, essendo una ragione di per sé sufficiente a giustificare la legittima adozione dell’atto di autotutela, ed il conseguente annullamento della sentenza di primo grado.

3. Nel merito, gli appelli proposti dalla Fare Ambiente e dal Comune di Battipaglia sono fondati e vanno accolti.

Il Comune di Battipaglia, con il provvedimento di diniego n. 28/14 del 28 novembre 2014, ha annullato “il silenzio assenso che si sarebbe formalizzato ai sensi dell’art. 20 del dPR 380/2001 sull’istanza prot. n. 543 del 03/01/2013 successivamente integrata con nota prot. n. 30464 del 30/04/2014 con la quale il sig. R P … ha richiesto il permesso di costruire per ‘la realizzazione di un fabbricato residenziale e commerciale’ in via Rosario di questo Comune”.

Il provvedimento è stato adottato in base ai seguenti motivi:

- preso atto che l’istituto del silenzio assenso si fonda sul principio generale della conformità urbanistica dell’opera da realizzare rispetto allo strumento urbanistico vigente, asseverata dal tecnico progettista, con la conseguenza che non può formarsi il silenzio assenso sull’istanza di concessione edilizia quando non è accompagnata ab initio da tutti i requisiti previsti dalla legge necessari perché il silenzio possa essere equiparato a rilascio della concessione edilizia;

- rilevato che per il caso in esame, tale istanza risulta in palese contrasto con la normativa urbanistica riferita all’area in cui si intende realizzare l’opera progettata, così come comunicato nei motivi ostativi prot. n. 62257 del 29 settembre 2014, così riportati:

1. il progetto prevede la realizzazione di un fabbricato in zona omogenea “B1 – residenziale attuale da risanare” mediante rilascio di permesso di costruire diretto e con l’applicazione di un indice fondiario pari a 5,00 mc/mq, in contrasto con quanto prescritto dalle N.T.A. che, per la zona in esame prevedono come strumento di attuazione il piano particolareggiato;

2. il corpo scala previsto sul confine di proprietà non rispetta la distanza minima dai confini né tantomeno è in aderenza ai corpi di fabbrica preesistenti;

- considerato che, pur avendo comunicato all’istante l’esistenza di tali evidenti contrasti con la normativa urbanistica vigente, non è stata formulata alcuna osservazione;

- che è preciso dovere dell’Amministrazione comunale, cui è affidata la gestione del territorio, evitare la compromissione dell’ordinato sviluppo urbanistico che va attuato attraverso gli strumenti pianificatori generali e di dettaglio previsti dalla strumentazione urbanistica vigente;

- che, inoltre, sussiste l’interesse pubblico dell’amministrazione alla rimozione in autotutela del titolo che l’istante ritiene si sarebbe formato per silenzio – assenso sull’istanza n. 543 del 3 gennaio 2013, in quanto in palese violazione della disciplina urbanistica ed edilizia vigente.

Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso proposto dagli odierni appellati ritenendo fondate le seguenti doglianze:

* il motivo di impugnazione con cui i ricorrenti hanno censurato il provvedimento emesso dall’ente comunale di revoca del titolo edilizio, nella parte in cui ha ritenuto preclusa, nell’area in cui insiste il fondo di loro proprietà, l’edificazione diretta in assenza cioè della pianificazione particolareggiata;

* il grado di urbanizzazione dell’area di interesse, infatti, sulla base dell’accertamento tecnico espletato in primo grado, è tale da farla risultare compiutamente e definitivamente collegata ed integrata con le già esistenti opere di urbanizzazione, primarie e secondarie, presenti e/o da eseguirsi sulla scorta di quanto previsto dagli strumenti urbanistici vigenti, per cui la mancanza del piano attuativo non avrebbe potuto condizionare il rilascio del permesso di costruire, essendosi riscontrata l’urbanizzazione dell'area che rendeva superfluo ogni ulteriore adempimento nella definizione della disciplina urbanistica di dettaglio;

* in definitiva, il diniego di permesso di costruire motivato sulla base di una previsione di p.r.g. che subordini l'edificazione su una determinata area alla previa predisposizione di un piano particolareggiato, è legittimo, ma tale obbligo può venire meno nei casi in cui l'amministrazione accerti la sufficienza delle opere di urbanizzazione già esistenti, perché trattasi di lotto "intercluso" o comunque di maglia già adeguatamente urbanizzata;

* l’impugnato provvedimento non avrebbe potuto fondarsi esclusivamente sull’asserita necessità del piano particolareggiato, atteso che lo stato di urbanizzazione accertato all’esito della espletata consulenza imponeva all'amministrazione una valutazione più approfondita dello stato di urbanizzazione dell'area, cui conseguiva l'onere di dar conto nella motivazione delle verifiche effettuate circa la sufficienza o insufficienza della urbanizzazione esistente, nonché, nello specifico, delle ragioni per cui la urbanizzazione, ove esistente, non fosse in grado di soddisfare i parametri minimi necessari per il rilascio del permesso di costruire richiesto, e, quindi, necessitasse della previa predisposizione del piano attuativo;

* l’espletata consulenza tecnica ha consentito di confutare anche la seconda ragione su cui si fonda il primigenio provvedimento impugnato, tenendo conto che le Norme di Attuazione del vigente PRG prevedono la fabbricazione in aderenza, ove possibile, su due lati nelle zone omogenee B1, B2 e C3;

* il fabbricato che i ricorrenti intendono realizzare, cosi come risulta dagli elaborati di progetto ed accertato dal nominato esperto, prevede la costruzione della scala “a confine”, nel rispetto di una eventuale futura costruzione in aderenza da parte della proprietà limitrofa.

3.1. Questa Sezione, con ordinanza 10 gennaio 2019, n. 229, ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio, tesa ad accertare, sulla base della documentazione presente nel fascicolo nonché delle eventuali ulteriori indagini che il CTU avesse ritenuto necessarie:

1) se l’area di cui trattasi costituisca un lotto residuale e intercluso in zona del territorio comunale già completamente urbanizzata;

2) se la zona omogenea “B1 – attuale da risanare” sia dotata degli standard urbanistici per spazi e attrezzature pubbliche nella misura prescritta dallo strumento urbanistico vigente nel Comune di Battipaglia (tenuto conto del nuovo carico insediativo derivante dall’intervento in progetto).

Il CTU, nella relazione finale, ha così concluso:

- con riferimento al quesito sub 1), illustrate le definizioni di lotto residuale ed intercluso e di territorio urbanizzato, che “ l’area di cui trattasi non va considerata come un lotto residuale e intercluso e la zona di territorio comunale in cui essa è inserita non può essere valutata come completamente urbanizzata ”.

Infatti, ha rappresentato che:

In sintesi, sulla base di quanto ampiamente argomentato, un lotto può considerarsi residuale e intercluso solo se costituisce l’ultimo residuo inattuato di una previsione urbanistica, sia essa di livello generale o esecutivo, oppure, comunque, nel caso in cui si trovi all’interno di un tessuto completamento urbanizzato per il quale risulti superfluo elaborare un piano urbanistico di livello esecutivo.

Nel caso in specie, l’analisi dello stato di attuazione del Prg vigente (cfr. paragrafo 4 e allegati n. 5.1, 5.2, 5.3, 5.4) mostra, a giudizio di chi scrive, come le previsioni di “risanamento” subordinate alla redazione di un piano particolareggiato mai approvato, risultino a tutt’oggi solo parzialmente attuate.

In primo luogo, risulta completamente inattuata la previsione di riorganizzazione viabilistica e ristrutturazione urbanistica prevista dal Prg.

In aggiunta, la presenza di un tessuto morfologicamente e funzionalmente disomogeneo come quello del settore urbano in cui è inserito il fondo in oggetto, con presenza di aree produttive dismesse di una certa rilevanza, anche contigue al lotto oggetto di attenzione, non consente di considerare la zona ordinatamente urbanizzata né di escludere, nell’ambito dell’auspicabile aggiornamento del piano urbanistico comunale, l’opzione di subordinare eventuali incrementi edificatori al conseguimento di una profonda riqualificazione della condizione attuale dei luoghi, anche mediante interventi di ristrutturazione urbanistica. L’intervento diretto di edificazione o di sostituzione edilizia con incremento volumetrico andrebbe invece nella direzione opposta a quella auspicata, finendo per consolidare l’attuale, disordinata e incompleta, struttura urbanizzativa ”;

- con riferimento al quesito sub 2), che, “ sulla base di quanto argomentato, la zona B1 del Prg di Battipaglia, in cui è inserito il lotto oggetto di attenzione, non risulta dotata degli spazi ‘a standard’ per spazi e attrezzature pubbliche ai sensi dell’art. 3 del Decreto interministeriale n. 1444/1968 nella misura prescritta dal vigente Piano regolatore generale ”.

Infatti, valutate la quantità di spazi e attrezzature pubbliche, ha rappresentato che:

La dotazione di aree a standard risulta, dalle verifiche effettuate, pari a circa un terzo di quanto previsto dal Piano regolatore generale vigente. Inoltre, il parcheggio pubblico realizzato nelle aree di pertinenza dell’ex industria Salernitana Conserve presenta caratteristiche di temporaneità, sia legate allo stato di diritto che alla condizione dei luoghi, che non assicurano la piena e stabile disponibilità del bene all’uso pubblico ”.

Il CTU, inoltre, ha puntualmente controdedotto alle osservazioni rese dai consulenti tecnici di parte.

L’appello della Fare Ambiente, pertanto, è fondato e va accolto, in quanto, sulla base dei risultati cui è giunta la CTU, l’Amministrazione comunale ha legittimamente ritenuto che non potesse essere rilasciato un titolo di edificazione diretta, in assenza della previa adozione di uno strumento attuativo di pianificazione particolareggiata, ed ha legittimamente riscontrato che la zona in cui dovrebbe insistere l’edificazione non è dotata degli standards per spazi e attrezzature pubbliche nella misura prescritta dal vigente PRG del Comune di Battipaglia, ai sensi dell’art. 3 del D.M. n. 1444 del 1968.

Né le deduzioni sulle risultanze peritali formulate, in particolare, dall’interventore A D C sono idonee, in considerazione dell’ampia ed analitica rappresentazione operata dal CTU, a dimostrare l’infondatezza delle doglianze proposte dalla Fare Ambiente che, viceversa, si rivelano assistite da adeguato supporto probatorio con riferimento, come detto, alla necessità che per l’area edificabile in discorso intervenga quale strumento di attuazione un piano particolareggiato ed al fatto che la zona omogenea B1, in cui ricade l’area in discorso, non interclusa, è carente di standards nelle misure prescritte dalla pianificazione comunale.

3.2. Parimenti fondate si rivelano le doglianze, proposte sia dalla Fare Ambiente sia, in maggior misura, dal Comune di Battipaglia, che ha dedotto nel proprio atto di appello unicamente tali censure, in ordine alla violazione delle norme sulle distanze.

In proposito, la sentenza di primo grado ha ritenuto, in particolare, che

* l’espletata consulenza tecnica ha consentito di confutare anche la seconda ragione su cui si fonda il primigenio provvedimento impugnato, tenendo conto che le Norme di Attuazione del vigente PRG prevedono la fabbricazione in aderenza, ove possibile, su due lati nelle zone omogenee B1, B2 e C3;

* il fabbricato che i ricorrenti intendono realizzare, cosi come risulta dagli elaborati di progetto ed accertato dal nominato esperto, prevede la costruzione della scala “a confine”, nel rispetto di una eventuale futura costruzione in aderenza da parte della proprietà limitrofa.

Tuttavia, come evidenziato nei motivi di appello di entrambe le appellanti, non efficacemente contraddetti dalle controparti, le statuizioni di primo grado partono da un presupposto di fatto non condivisibile, atteso che l’aderenza è limitata ad un piccolo tratto e non coinvolge tutta la lunghezza della parete.

In linea generale, premesso che nel Comune di Battipaglia non è vietato in modo esplicito la costruzione in appoggio o in aderenza, occorre rilevare che colui il quale edifica per primo su un fondo contiguo ha tre facoltà alternative, come individuate dalla giurisprudenza civile (Cass. Civ., SS.UU., 19 maggio 2016, n. 10318).

Detta giurisprudenza, rammentato che, nel sistema delineato dagli artt. 873 c.c. e ss., il principio della prevenzione comporta che il confinante che costruisce per primo viene a condizionare la scelta del vicino che voglia a sua volta costruire, ha posto in rilievo che al preveniente è offerta una triplice facoltà, potendo egli edificare sia rispettando una distanza dal confine pari alla metà di quella imposta dal codice, sia sul confine, sia ad una distanza dal confine inferiore alla metà di quella prescritta.

A fronte alla scelta operata dal preveniente, il vicino che costruisce successivamente, nel primo caso, deve costruire anch'esso ad una distanza dal confine pari alla metà di quella prevista, in modo da rispettare il prescritto distacco legale dalla preesistente costruzione.

Nel secondo caso, il prevenuto può chiedere la comunione forzosa del muro sul confine (art. 874 c.c.) o realizzare la propria fabbrica in aderenza allo stesso (art. 877 c.c., comma 1);
ove non intenda costruire sul confine, è tenuto ad arretrare il suo edificio in misura pari all'intero distacco legale.

Nella terza ipotesi considerata, il prevenuto può chiedere la comunione forzosa del muro e avanzare la propria fabbrica fino ad esso, occupando lo spazio intermedio, dopo avere interpellato il proprietario se preferisca estendere il muro a confine o procedere alla sua demolizione (art. 875 c.c.);
in alternativa, può costruire in aderenza (art. 877 c.c., comma 2) o rispettando il distacco legale dalla costruzione del preveniente.

Il Comune di Battipaglia ha rappresentato graficamente l’edificio in progetto (fig. 1, pag. 10) e, evidenziato che lo stesso si sviluppa sul confine solo per un piccolo tratto – analogamente la Fare Ambiente ha specificato nel proprio atto di appello che l’eventuale aderenza è limitata solo ed esclusivamente ad un piccolo tratto e non, come dovrebbe essere, per tutta la lunghezza della parete - ha dedotto, in modo persuasivo, che nel caso di specie è applicabile la terza ipotesi enucleata dalla richiamata giurisprudenza civile, sicché la presenza di pareti finestrate previste ad una distanza dal confine inferiore alla metà di quella prescritta dalla norma locale tra le costruzioni nega al prevenuto ogni possibilità futura di esercitare il proprio diritto di avanzare a sua volta la futura fabbrica fino a quella preesistente e, quindi, esclude ogni possibilità di futura aderenza.

Tale ricostruzione si rivela fondata e, determinando l’accertamento della fondatezza della doglianza di violazione delle norme sulle distanze, articolata da entrambe le appellanti, determina l’accoglimento anche dell’appello proposto dal Comune di Battipaglia.

4. La fondatezza degli esaminati motivi di appello, infatti, rende irrilevante l’annullamento disposto in primo grado della nota, in data 26 maggio 2015, con cui il Comune di Battipaglia ha respinto la scia del 15 maggio 2015, in variante al permesso di costruire formatosi per silenzio assenso, in quanto detto permesso è stato annullato con il provvedimento di autotutela comunale in data 28 novembre 2014.

5. L’accoglimento degli appelli proposti dalla Fare Ambiente e dal Comune di Battipaglia, per l’effetto, determina la reiezione del ricorso proposto in primo grado dagli odierni appellati.

6. Le spese del doppio grado giudizio seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in euro 6.000,00 (seimila/00), oltre accessori di legge, sono poste a carico degli appellati ed a favore, in parti uguali (ciascuno per euro 3.000/00), della Fare Ambiente MEE e del Comune di Battipaglia;
sono compensate le spese del giudizio di appello nei confronti dell’interventore signor Bruno Di Cunzolo.

7. Il Collegio liquida in favore del CTU Prof. E F l’importo complessivo di euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge, e pone il compenso a carico delle parti appellate, quali soccombenti in giudizio.

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