Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-06-04, n. 201003545

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-06-04, n. 201003545
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201003545
Data del deposito : 4 giugno 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00930/2005 REG.RIC.

N. 03545/2010 REG.DEC.

N. 00930/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 930 del 2005, proposto da:
I.N.P.D.A.P., in persona del legale rappresentante in carica,rappresentato e difeso dall'avv. P M, con domicilio eletto presso P M in Roma, via C. Beccaria 29;

contro

Di D A in qualità di erede di D R, rappresentato e difeso dall'avv. R P, con domicilio eletto presso Antonio Migliaccio in Roma, via Arena, 23;

per la riforma

della sentenza del TAR CAMPANIA - NAPOLI - Sezione III n. 01127/2004, resa tra le parti, concernente ACCERTAMENTO DEL DIRITTO ALLA RILIQUIDAZIONE DELLA INDENNITA' DI BUONUSCITA.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Di D A in qualità di erede di D R;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 marzo 2010 il consigliere Fabio Taormina e udito per parte appellante l’avvocato Pezzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso di primo grado parte appellata aveva proposto domanda di accertamento e declaratoria

del proprio diritto alla riliquidazione dell’indennità di buonuscita, con inclusione nella base di calcolo anche dell’indennità integrativa speciale, ai sensi della L. 87/1994 e successive modifiche, nonché per la conseguente condanna dell’Amministrazione intimata al pagamento delle somme dovute con interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto al pagamento effettivo.

In punto di fatto era accaduto che l’appellato (già maresciallo capo della Guardia di Finanza in quiescenza dal 31.12.1989) aveva chiesto all’Amministrazione all’epoca competente, con raccomandata A.R. spedita il 20.1.1994, la riliquidazione dell’indennità di buonuscita mediante computo dell’indennità integrativa speciale: l’odierna appellante INPDAP non aveva accolto l’istanza in quanto questi non aveva presentato la domanda di cui all’art. 3 L. 87/1994 nel termine perentorio del 30.9.1994 (avendo invece presentato detta domanda prima del 6 febbraio 1994, data di entrata in vigore della L. 87/1994).

L’odierna parte appellata era insorta evidenziando, da un lato, che l’art. 3 L. 87/1994 non comminava la nullità della domanda in conseguenza del mancato utilizzo del modello (e che l’istanza a suo tempo presentata recava tutti gli elementi utili per poter procedere alla riliquidazione dell’indennità di buonuscita).

Per altro verso, ai fini dell’ammissibilità della domanda era stato posto esclusivamente un termine finale per la relativa presentazione ma non un termine iniziale: ha pertanto chiesto la riliquidazione dell’indennità di buonuscita con inclusione nella base di calcolo anche dell’indennità integrativa speciale ai sensi della L. 87/1994 con interessi e rivalutazione monetaria.

L’Amministrazione odierna appellante aveva eccepito l’inammissibilità del ricorso per intervenuta prescrizione del diritto alla riliquidazione dell’indennità di buonuscita comprensiva dell’indennità integrativa speciale assumendo che il ricorso giurisdizionale era stato presentato per la prima volta oltre il termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 20 D.P.R. 1032/1973 e, nel merito, contestando la fondatezza delle argomentazioni formulate da parte appellata.

Il T ha accolto il ricorso in primo luogo disattendendo l’eccezione di prescrizione formulata dall’Amministrazione odierna appellante: l’originario ricorrente di primo grado, infatti, era cessato dal servizio il 31.12.1989 ed aveva presentato istanza volta ad ottenere la riliquidazione de qua nel gennaio 1994 (quindi prima dello scadere dei cinque anni dalla data di collocamento a riposo).

Risultava peraltro dagli atti di causa che questi aveva proposto istanze di sollecito nel corso del 1998 ed aveva notificato il ricorso giurisdizionale in data 7 giugno 1999: l’intervenuta decorrenza del termine quinquennale di prescrizione risultava smentita per tabulas.

Sotto altro profilo, il T ha rammentato che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 243 del 19 maggio 1993, aveva dimostrato come l’esclusione in toto dell’indennità integrativa speciale dal calcolo dei trattamenti di fine rapporto produceva sostanziali e ingiustificabili sperequazioni dichiarando l’illegittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 36 Cost., dei combinati disposti dell’art. 1, co. 3, lett. b) e c), L. 324/1959 con gli artt. 3 e 38 DPR 1032/1973, con gli artt. 13 e 26 L. 70/1975 e con gli artt. 14 L. 829/1973 e 21 L. 210/1985, nella parte in cui non prevedevano, per i trattamenti di fine rapporto ivi considerati, meccanismi legislativi di computo dell’indennità integrativa speciale secondo i principi ed i tempi indicati in motivazione.

Il legislatore, di conseguenza, era intervenuto a disciplinare la materia con la L. 87/1994, entrata in vigore il 6 febbraio 1994.

L’art. 1 di tale legge stabilisce che, in attesa della omogeneizzazione dei trattamenti retributivi e pensionistici per i lavoratori dei vari comparti della pubblica Amministrazione e per i lavoratori privati, l’indennità integrativa speciale di cui alla L. 324/1959 e successive modificazioni viene computata, a decorrere dal 1° dicembre 1994, nella base di calcolo dell’indennità di buonuscita e di analoghi trattamenti di fine servizio secondo le misure ivi indicate.

L’art. 3 dispone poi che il trattamento viene applicato anche ai dipendenti che siano cessati dal servizio dopo il 30 novembre 1984 ed ai loro superstiti nonché a quelli per i quali non siano ancora giuridicamente esauriti i rapporti attinenti alla liquidazione dell’indennità di buonuscita o analogo trattamento. L’applicazione della legge ai dipendenti già cessati dal servizio avviene a domanda che deve essere presentata all’ente erogatore su apposito modello nel termine perentorio del 30 settembre 1994.

Pertanto, il computo dell’indennità integrativa speciale nella base di calcolo dell’indennità di buonuscita, secondo le misure dalla legge indicate, oltre che ai lavoratori cessati dal servizio dal 1° dicembre 1994 in poi, spettava sia ai lavoratori cessati dal servizio dopo il 30 novembre 1984, che ai lavoratori cessati dal servizio sino al 30 novembre 1984 per i quali non fossero ancora esauriti i rapporti attinenti alla liquidazione dell’indennità di buonuscita o analogo trattamento.

Parte appellata era cessata dal servizio il 31.12.1989, sicché rientrava nell’ambito soggettivo di applicazione della norma.

L’INPDAP, aveva negato il diritto alla riliquidazione in discorso, sostanzialmente, perché l’istanza era stata inoltrata in data antecedente al 6.2.1994 (data di entrata in vigore della L. 87/1994) e non risultava presentata alcuna domanda, compilata sull’apposito modello, entro il termine perentorio del 30.9.1994.

Detta tesi non era condivisibile.

Rispondeva al vero, in via di principio, che la disposizione di cui all’art. 3 L. 87/1994 ( individuante la data del 30.9.1994 come termine perentorio per la presentazione della domanda su apposito modello) doveva ritenersi ineludibile: purtuttavia, tale ipotesi non si configurava nel caso in esame in cui era riscontrabile una domanda proposta dall’interessato in data successiva alla sentenza della Corte Costituzionale n. 243 del 19 maggio 1993 anche se antecedente all’entrata in vigore della L. 87/1994.

La citata disposizione, infatti, doveva essere intesa nel senso della individuazione di un dies ad quem per la presentazione delle ulteriori istanze successivamente alla pronuncia della Corte costituzionale, e non già nella esclusione delle domande presentate nel rispetto del termine prescrizionale antecedentemente alla entrata in vigore della legge predetta.

La richiesta di formulazione dell’istanza su di un apposito modello, in un contesto che rivelava come essenziale solo l’espressione della volontà del soggetto di godere del beneficio, appariva rispondente esclusivamente ad esigenze organizzatorie e funzionali dell’Amministrazione e, pertanto, non costituiva requisito di forma essenziale.

Il T ha pertanto accolto il ricorso di primo grado, affermando che sul quantum dovuto a titolo di rideterminazione dell’indennità di buonuscita dovevano essere altresì calcolati i soli interessi legali a decorrere dal 31.12.1998.

La sentenza, è stata appellata dall’Amministrazione originaria resistente in primo grado che ne ha contestato la fondatezza proponendo articolati motivi di impugnazione ed evidenziando che la statuizione dell’Amministrazione doveva reputarsi legittima alla stregua delle prescrizioni di cui alle suindicate disposizioni di legge: la domanda era stata avanzata da parte appellata antecedentemente alla entrata in vigore della legge n. 87/1994 e pertanto non poteva essere accolta, in carenza del titolo sostanziale legittimante.

Il provvedimento impugnato in primo grado era esattamente motivato: del tutto apodittico appariva l’iter motivazionale seguito dal T con la appellata statuizione demolitoria che non teneva conto della inaccoglibilità di una domanda proposta antecedentemente alla legge che riconosceva il preteso diritto.

La sentenza doveva essere annullata in quanto, tra l’altro, non aveva tenuto conto della circostanza che la Consulta aveva ritenuto che non potessero essere esonerati dall’obbligo di ripresentazione della domanda neppure coloro che avevano proposto ricorso giurisdizionale avverso statuizioni reiettive antecedentemente alla entrata in vigore della Legge n. 87/1994.

Parte appellata si è costituita nell’odierno giudizio facendo presente l’avvenuto decesso del ricorrente di primo grado e chiedendo, in qualità di erede di quest’ultimo, la reiezione del gravame.

DIRITTO

L’appello deve essere accolto, nei termini di cui alla motivazione che segue con conseguente riforma della appellata sentenza e reiezione del ricorso di primo grado.

Premesso che parte appellante non ha riproposto nei motivi di impugnazione l’eccezione di prescrizione già disattesa dal T, l’unico profilo giuridico da affrontare concerne la interpretazione del disposto di cui all’art. 3 comma II della legge n. 87/1994.

In punto di fatto è incontestato che parte appellata presentò l’istanza di riliquidazione successivamente al dictum reso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 243 del 19 maggio 1993, ed antecedentemente al febbraio 1994, data di entrata in vigore della legge n. 87/1994 (con maggior precisione: l’istanza, di riliquidazione dell’indennità di buonuscita mediante computo dell’indennità integrativa speciale fu presentata con raccomandata A.R. spedita il 20.1.1994).

La stessa parte appellata peraltro, lealmente, nel corpo del ricorso di primo grado ha fatto presente che essa non ebbe a ripresentare la domanda nell’apposito modulo entro il termine del 30.9.1994 previsto dall’art. 3 della legge n. 87/1994 perché non aveva avuto conoscenza del testo di legge medesimo in ultimo menzionato (si veda pag. 2 del ricorso di primo grado).

La questione devoluta all’attenzione del Collegio, sotto il profilo generale, è stata più volte esaminata dalla giurisprudenza amministrativa;
d’altro canto, come è noto, anche la Consulta ha avuto modo di soffermare la propria attenzione sulla interpretazione del disposto di cui all’art. 3 della legge n. 87/1994.

Posto che non è contestato che parte appellata, in quanto cessata dal servizio successivamente al 1984 rientrasse sotto l’usbergo della citata disposizione, che essa non aveva proposto domanda di riliquidazione ai sensi della norma predetta ed utilizzando la modulistica da questa prescritta, e che aveva presentato domanda di riliquidazione della IIS antecedentemente alla entrata in vigore della legge n. 87/1994 ancorchè in data successiva alla sentenza della Corte costituzionale n. 243 del 19 maggio 1993 occorre interrogarsi in ordine alla valenza da attribuire alla presentazione di tale domanda.

Ritiene il Collegio – difformemente da quanto sostenuto dal T – che essa non integri le condizioni ex lege previste per il soddisfacimento della richiesta.

E ciò non tanto per l’omesso utilizzo da parte dell’istante dell’apposita modulistica (dovendosi sul punto convenire con l’insegnamento della Corte di cassazione Sezione Lavoro, 10 luglio 2003, n. 11308, secondo il quale la legge non prevede che l'uso della nuova modulistica sia previsto a pena di nullità’) quanto perché la domanda medesima non venne proposta (rectius: non venne riproposta) entro il termine perentorio fissato ex lege n. 87/1994.

All’uopo deve evidenziarsi, in primis, che è palesemente infondata la tesi di parte appellata volta a sostenere che la domanda da essa presentata debba essere considerata tempestiva posto che la citata disposizione di legge prevedeva (soltanto) un termine finale, a natura decadenziale, e non anche un termine finale.

La prospettazione in questione è inaccoglibile, posto che la domanda fu presentata antecedentemente alla entrata in vigore della legge stessa, per cui se quest’ultima avesse voluto attribuire effetti conservativi alle domande presentate antecedentemente alla entrata in vigore della stessa, avrebbe dovuto espressamente stabilirlo.

Così però non è stato.

Sebbene in passato sia stata a volte patrocinata una interpretazione coincidente con la tesi seguita dal T (“la legge, nulla dicendo sulle domande pregresse, evidentemente postula che esse siano regolari ai sensi della precedente normativa vigente al momento in cui vennero effettuate”: si veda Consiglio di Stato n. 329/2006), in contrario, può affermarsi che il dato letterale, e più ancora la interpretazione che di esso ha reso la più recente e maggioritaria giurisprudenza amministrativa (si veda Consiglio di stato , sez. VI, 16 ottobre 2006, n. 6121) e financo il giudice delle leggi collidono con tale prospettazione

Il testo della disposizione in oggetto, infatti, così recita: “l'applicazione della presente legge ai dipendenti già cessati dal servizio avviene a domanda, che deve essere presentata all'ente erogatore su apposito modello nel termine perentorio del 30 settembre 1994.”

Essa chiaramente dispone (esclusivamente) per il futuro, e impone la presentazione di apposita domanda.

Più volte, come riferito dianzi, la giurisprudenza si è pronunciata in ordine alla portata applicativa della disposizione medesima.

Sotto il profilo della compatibilità delle disposizioni suddette con la Carta Fondamentale, va rammentato che la riconosciuta necessità di presentare, a pena di inammissibilità, detta domanda volta al riconoscimento del maggior diritto previdenziale ha dato luogo a dubbi di costituzionalità con riferimento agli artt. 3 e 24 della Cost. in ordine ai quali la Corte Costituzionale si è pronunciata, dichiarando, in via generale, legittima la legge 87/1994 (ritenendola complessivamente, con la pronuncia 31.3.1995 n. 103, come una "risposta adeguata oltre che sufficientemente tempestiva" alle indicazioni della stessa Corte e ritenendo la manifesta infondatezza -in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, 36, 38, 102, 103, 108 e 113 della Cost.- della questione relativa al profilo della necessaria sottoposizione ad un espresso e tempestivo atto di iniziativa anche di chi avesse presentato ricorso giurisdizionale (ordinanze nn. 207, 324, 468, 295 del 1995;
nn. 19 e 125 del 1996;
n. 55 del 1997;
n. 72 del 1998).

In particolare, la sentenza della Corte Costituzionale 31.3.1995 n. 103 ha dichiarato legittima la prescrizione della presentazione della domanda anche da parte di chi avesse giudizi in corso per ottenere la riliquidazione dell'indennità di buonuscita (come conseguenza della riconosciuta legittimità dell'estinzione d'ufficio di detti giudizi).

La giurisprudenza amministrativa, sotto altro profilo, ha adeguamente elaborato tali autorevoli insegnamenti, e dal canto suo ha chiarito la ratio della prescrizione in oggetto, stabilendo che “in ordine alla ineludibilità dell'obbligo di presentazione della domanda di riliquidazione dell'indennità di bonuscita entro il prescritto termine perentorio di cui all'art. 3 comma 2 l. 29 gennaio 1994 n. 87, la stessa Corte costituzionale ne ha ribadito l'esigenza anche per quei dipendenti che avevano proposto ricorso in sede giurisdizionale onde ottenere il computo dell'indennità integrativa nella base di calcolo dell'indennità stessa;
ciò in un quadro di scelte normative non elusive del canone di ragionevolezza, tese ad identificare la cerchia degli aventi titolo al beneficio previdenziale ed i conseguenti incrementi di spesa a carico del bilancio entro un ambito temporale definito.”(Consiglio Stato , sez. VI, 21 ottobre 2005, n. 5942)

O, ritiene il Collegio che debba muoversi proprio da tale condivisibile orientamento (e dalla ratio ad essa sottesa, di cui si fornisce chiara e sintetica esplicazione nell’ultima proposizione della massima in ultimo citata) che impone a pena di decadenza la presentazione di una (nuova) domanda anche ai soggetti che intrattenevano un contenzioso giurisdizionale con l’Amministrazione: ciò perché, come è noto, in sede contenziosa comunque il giudice sarebbe stato tenuto ad applicare il dictum della Corte costituzionale reso con la più volte citata sentenza n. 243/1993.

Ma se così è, e se anche in tali fattispecie quindi si è ritenuta doverosa (e necessaria) la presentazione di una domanda di riliquidazione, non si vede perché ad analoga conclusione non debba giungersi con riferimento a quei soggetti (come parte appellata) che, pur non intrattenendo un contenzioso con l’Amministrazione, proposero domanda antecedentemente alla entrata in vigore della legge.

Di più: la esaltazione della circostanza temporale della posteriorità della domanda rispetto alla decisione della Consulta n. 243/1993 rinvenibile nella parte motiva della appellata decisione dalla quale traspare una considerazione “auto applicativa” del citato dictum del giudice delle leggi, non trova riscontro proprio laddove si consideri che così non è stato ritenuto (financo) per quei soggetti che avevano instaurato un contenzioso giurisdizionale con l’Amministrazione.

Ne discende che il petitum di parte appellata, supportato dalla avvenuta presentazione di una domanda successiva alla decisione n. 243/1993 della Consulta ed antecedente alla entrata in vigore della legge n. 87/1994, e non reiterata nel termine di cui al comma II dell’art. 3 della citata disposizione doveva essere dichiarato infondato.

Dalle superiori considerazioni discende l’accoglimento del ricorso in appello, la riforma dell’appellata decisione e la reiezione della domanda proposta con il ricorso di primo grado.

Sussistono nondimeno le condizioni di legge per compensare le spese processuali sostenute dalle parti a cagione della complessità delle questioni devolute all’esame del Collegio e della controversa interpretazione giurisprudenziale delle disposizioni di legge che regolamentano la materia.

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