Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-08-23, n. 201905836
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Pubblicato il 23/08/2019
N. 05836/2019REG.PROV.COLL.
N. 04408/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4408 del 2010, proposto da
P e S T, il primo anche nella qualità di amministratore di sostegno e legale rappresentante della madre M C, rappresentati e difesi dagli avvocati E B e I R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, alla Via Livio Andronico, n. 24;
contro
Comune di Firenze, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati S P e M A L, con domicilio eletto presso lo studio M A L in Roma, alla via Dora, n. 1;
Residenza Sanitaria Assistenziale Immobiliare "La Meridiana S.r.l.", Azienda Sanitaria di Firenze, non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Toscana – Firenze, sez. II, n. 588/2010, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2019 il Cons. G G e uditi per le parti gli avvocati Bertucci e Di Nezza, per delega di Lorizio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Con ricorso, notificato nei tempi e nelle forme di rito, gli appellanti, rispettivamente figlio e coniuge della signora Marisa Coviello, affetta in forma grave del morbo di Alzheimer, esponevano che la stessa, nel corso dell’anno 2003, era stata dichiarata invalida al 100%, con consequenziale riconoscimento di una pensione d'invalidità e di un'indennità di accompagnamento.
Nel 2005, previa valutazione della competente commissione dei Servizi sociali del Comune di Firenze, era stata dichiarata totalmente non autosufficiente ed accolta in un centro diurno presso la residenza sanitaria assistenziale “La Meridiana”, corrispondendo in vari anni, a titolo di compartecipazione al costo della retta, la somma di € 12.402,81.
Nel giugno 2007, a causa di un ulteriore peggioramento delle condizioni di salute, ne era stato disposto il ricovero definitivo nella medesima struttura, al qual fine il Comune aveva richiesto agli appellanti la certificazione dei redditi posseduti, prospettando la seguente ripartizione della quota: € 5,89 giornalieri, a carico della sig.ra Coviello e del nucleo familiare d'appartenenza;€ 40,82 giornalieri a carico del figlio.
In data 15 luglio 2008, essendo parzialmente mutata la situazione reddituale dei ricorrenti, erano state ricalcolate le quote della retta di spettanza, così quantificate: € 5,89 a carico della sig.ra Coviello e del suo nucleo familiare;€ 34, 91 a carico del figlio.
Infine, con determinazione dirigenziale n. 2008/00/08420 dell'1.10.2008, il Comune aveva nuovamente rimodulato le suddette quote.
2.- Contro tale determinazione, erano insorti gli appellanti, con ricorso proposto presso il TAR per la Toscana, con il quale avevano lamentato violazione di legge (in relazione all’art. 54 della l. n. 289/2002, agli artt. 1 e 3 septies del d. lgs. n. 502/1992, al DPCM 29 novembre 2001, all. I lett H, all'art. 3, comma 2 ter , del d. lgs. n. 109/1998, una ad eccesso di potere sotto plurimo profilo.
Sennonché, con la sentenza distinta in epigrafe, il ricorso era stato rigettato.
Avverso la ridetta statuizione insorgono gli appellanti, che ne argomentano la complessiva erroneità ed ingiustizia, auspicandone l’integrale reiezione.
Nella resistenza del Comune di Firenze, alla pubblica udienza del 27 giugno 2019, la causa veniva riservata per la decisione.
DIRITTO
1.- L’appello è infondato e merita di essere respinto.
2.- Importa premettere che oggetto del giudizio è l’impugnativa della determinazione dirigenziale con cui il Comune di Firenze aveva proceduto all’aggiornamento del contributo dovuto per il pagamento della quota sociale per il ricovero in RSA, relativamente alla quota a carico dei ricorrenti, unitamente al “ Regolamento per l’accoglienza di anziani presso strutture residenziali ” emanato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 19/04 del 18 gennaio 1999 e n. 652/144 del 3 maggio 1999, successivamente modificato, e al “ Regolamento per gli interventi di assistenza sociale e di servizio professionale nel territorio del Comune di Firenze ” emanato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 108 dell’11 aprile 1994.
Nel critico assunto degli appellanti, il regolamento comunale e la pedissequa determinazione applicativa si porrebbero in contrasto con il comma 2 ter dell’art. 3 del D.Lgs. 109/98 (recante “ Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della L. 27 dicembre 1997, n. 449 ”) in virtù del quale, nella formulazione risultante dalla modifica operata con il d. lgs. n. 130/2000, limitatamente alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell'ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo e rivolte a soggetti ultrasessantacinquenni non autosufficienti, le disposizioni del decreto avrebbero trovato applicazione nei limiti stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottarsi al fine di favorire la permanenza dell'assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione.
Al tal fine, non avrebbe avuto rilievo la circostanza della mancata adozione del decreto cui il legislatore aveva rimesso l’individuazione dei limiti applicativi del d.lgs. n. 109/98, giacché la norma di rango primario sarebbe stata comunque immediatamente applicabile nella parte in cui, con previsione asseritamente chiara e non bisognosa di provvedimenti attuativi, aveva stabilito che la prestazioni in questione dovessero essere erogate sulla base della situazione economica del solo assistito.
Con la sentenza epigrafata, il primo giudice ha respinto la doglianza, sull’assunto della attitudine meramente programmatica della disposizione normativa in parola, insuscettibile di immediata attitudine precettiva, in assenza del decreto attuativo.
3.- La sentenza va condivisa.
Come già ritenuto dalla Sezione (da ultimo, in fattispecie analoga, con sentenza 3 aprile 2019, n. 2195), sotto il profilo letterale il menzionato comma 2- ter presenta in realtà tutti i caratteri della norma di mero indirizzo, laddove rimette espressamente al decreto governativo di attuazione non solo l’individuazione dei limiti di applicabilità del d.lgs. n. 109 del 1998 alle prestazioni di natura assistenziale integrata, ma anche il perseguimento del duplice obiettivo di favorire la permanenza dell'assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la situazione economica del solo assistito, obiettivo che lo stesso legislatore mostra dunque di non aver voluto realizzare direttamente.
D’altro canto, il riferimento della norma alla situazione economica del solo assistito si accompagna al contestuale richiamo alla necessità di favorire la permanenza dell’assistito medesimo presso il nucleo familiare di origine, di modo che la realizzazione del primo risultato non può prescindere da quella del secondo, e viceversa, in una più ampia prospettiva di residualità della prestazione resa in ambiente residenziale assistito.
Detta prospettiva non può che trovare il suo assetto nella disciplina secondaria dei limiti applicativi del d.lgs. n. 109 del 1998, in mancanza della quale annettere immediata efficacia precettività alla previsione che valorizza la situazione economica del solo assistito ai fini del concorso ai costi delle prestazioni significherebbe dare vita ad una disciplina incompleta ed incoerente: basti pensare che, in via di eccezione rispetto alla regola generale ricavabile dall’art. 3, l’apporto reddituale e patrimoniale proveniente dai congiunti dell’assistito verrebbe escluso ai fini della valutazione dei requisiti patrimoniali occorrenti per fruire di determinate prestazioni, senza che al contempo il nucleo familiare recuperi quella centralità, sotto il profilo dell’accoglienza dell’anziano presso di sé, che costituisce l’altro fulcro della logica di redistribuzione degli oneri assistenziali introdotta dalla legge n. 130 del 2000.
Inoltre, l’art. 3,comma 2- ter , richiede che il decreto attuativo del Governo sia adottato previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni unificata con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, ex art. 8 d.lgs. n. 281 del 1997;anche tale previsione è sintomatica della non immediata precettività della disposizione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 10 febbraio 2016, n. 564), che, ove fosse interpretata come auto-esecutiva, pur in mancanza del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e, soprattutto, dell’intesa ad esso accessiva, finirebbe per ledere le prerogative costituzionalmente riconosciute a Regioni ed autonomie locali, tanto più dopo la riforma del Titolo V della Costituzione e del nuovo complessivo assetto dei rapporti fra i diversi livelli di governo, improntato al principio della leale collaborazione (di cui l’intesa costituisce espressione, operando quale condizione di efficacia del decreto attuativo nei confronti degli enti riuniti nella Conferenza unificata (tra le altre, Corte Cost., 8 giugno 2005, n. 222 e 1° ottobre 2003, n. 303).
Nel mutato ordine delle competenze legislative, riconducibile alle modifiche apportate al Titolo V della Costituzione, la Regione Toscana è intervenuta nella materia delle prestazioni socio-assistenziali dapprima con la legge n. 41 del 2005, istitutiva del sistema integrato di interventi e servizi sociali e poi con la legge n. 66 del 2008, istitutiva del fondo regionale per la non autosufficienza, la quale all’art. 14 ha stabilito espressamente che, nel caso di prestazioni di tipo residenziale, ai fini della situazione reddituale e patrimoniale della persona assistita, determinata secondo il metodo ISEE, sono computate le indennità di natura previdenziale e assistenziale percepite per il soddisfacimento delle sue esigenze di accompagnamento e di assistenza e, comunque, che la quota di compartecipazione dovuta dalla persona assistita è calcolata tenendo conto altresì della situazione reddituale e patrimoniale del coniuge e dei parenti in linea retta entro il primo grado.
A tale criterio risponde anche il regolamento per l’accoglienza degli anziani presso le RSA, che nel calcolo della capacità dell’assistito di provvedere al pagamento della quota sociale coinvolge il nucleo familiare ristretto per la sola porzione non coperta dall’utente, e così il nucleo allargato, nei limiti della porzione di quota non coperta neppure dal nucleo ristretto.
E’ da aggiungere che la Corte Costituzionale, con sentenza 19 dicembre 2012, n. 296, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 2, lettera c), della L.R. Toscana n. 66 del 2008, rigettando la tesi della immediata applicabilità della richiamata norma, giacché detta disposizione “ risulta carente proprio nell’individuazione specifica delle prestazioni da erogare, limitandosi a rinviare ad un successivo decreto le scelte in ordine al perseguimento delle finalità sopra indicate, tra le quali quella di “evidenziare”, per determinate prestazioni, la situazione economica del solo assistito ”.
La circostanza che, nel caso di specie, i provvedimenti adottati fossero anteriori alla entrata in vigore della l. n. 66 cit. non assume rilievo dirimente, perché quel che conta è, in ogni caso, l’inapplicabilità dell’art. 3, comma 2- ter , argomentata nei sensi delle considerazioni che precedono.
Il delineato quadro deve essere integrato anche dalla disposizione dell’art. 10 d.lgs. n. 130 del 2000 – norma transitoria – in forza della quale “ le prestazioni sociali agevolate, in corso di erogazione sulla base delle disposizioni del d.lgs. n. 109/1998 continuano ad essere erogate secondo le disposizioni medesime, fino all’emanazione degli atti normativi che disciplinano l’erogazione in conformità con le disposizioni del presente decreto, nel rispetto degli equilibri di bilancio programmati ”.
Ne deriva che nel calcolo della capacità contributiva del privato, per fare fronte ai costi della c.d. “quota sociale” della retta dovuta per prestazioni assistenziali, non può tenersi conto della situazione economica del solo assistito, ma occorre valutare quella complessiva della famiglia di cui l’assistito fa parte.
Quanto al denunziato computo della indennità di accompagnamento, è sufficiente osservare (di là dalla espressa previsione, peraltro ad opera della l. n. 66/2008), che la stessa, come tutti i redditi percepiti, indipendentemente dalla loro fonte, doveva coerentemente, contrariamente all’assunto degli appellanti, concorre alla copertura della quota sociale della retta (cfr. Cons. Stato, n. 546/2016 cit.).
4.- Il complesso delle considerazioni che precedono, assorbente di ogni altro rilievo, vale a giustificare, in conformità al consolidato orientamento giurisprudenziale, la reiezione dell’appello.
La particolare materia del contendere giustifica l’integrale compensazione, tra le parti costituite, di spese e competenze di lite.