Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-05-21, n. 201903278

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-05-21, n. 201903278
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201903278
Data del deposito : 21 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/05/2019

N. 03278/2019REG.PROV.COLL.

N. 03999/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3999 del 2015, proposto da
Comune di Benevello, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati P P G e G M, con domicilio eletto presso lo studio Fabrizio Pietrosanti, in Roma, via di Santa Teresa, n. 23;

contro

S B, rappresentata e difesa dall'avvocato P S, con domicilio eletto presso lo studio Gian Marco Grez, in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda) n. 00177/2015, resa tra le parti, concernente l’irrogazione di una sanzione pecuniaria per un abuso edilizio.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della sig.ra S B;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2019 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Fabrizio Pietrosanti per delega di P P G e P S;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con determinazione 13/5/2013, n. 1456 il Comune di Benevello ha ingiunto alla sig.ra S B, proprietaria di un immobile realizzato in essenza di titoli edilizi intorno agli anni cinquanta, il pagamento di una sanzione pecuniaria (pari a € 124.077,54) ai sensi dell’art. 34, comma 2, del D.P.R. 6/6/2001, n. 380.

Ritendo il provvedimento sanzionatorio illegittimo la sig.ra Bubbio lo ha impugnato con ricorso al T.A.R. Piemonte, il quale, con sentenza 30/1/2015, n. 177, lo ha accolto riconoscendo fondato il motivo con cui era stata dedotta la violazione del principio di tipicità delle sanzioni amministrative edilizie.

Avverso la sentenza ha proposto appello il Comune di Benevello.

Per resistere al ricorso si è costituita in giudizio la sig.ra Bubbio.

Con successive memorie le parti hanno ulteriormente illustrato le rispettive tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 9/5/2019 la causa è passata in decisione.

Con un unico motivo l’appellante denuncia l’errore commesso dal giudice di prime cure nell’applicare rigidamente il principio di tipicità delle sanzioni amministrative in materia edilizia.

Tale principio infatti andrebbe integrato, in particolari ipotesi come quella di specie in cui l’immobile abusivo risulta realizzato da oltre cinquant’anni, con altri principi, quali quelli di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa, nonché quello che impone di sanzionare comunque gli abusi edilizi accertati.

Il Tribunale, peraltro, dopo aver negato la possibilità di fiscalizzare l’illecito edilizio riscontrato avrebbe omesso di specificare quale altra sanzione il Comune avrebbe dovuto applicare.

La doglianza è infondata.

Per consolidato orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio non ritiene di doversi discostare, il meccanismo della c.d. “ fiscalizzazione ” degli abusi, di cui all'art. 34, comma 2, del DPR n. 380 del 2001, può operare in relazione alla sola ipotesi di opere eseguite in parziale difformità rispetto al titolo e non anche a quella - che qui ricorre - di opera interamente abusiva (Cons. Stato, Sez. VI, 20/7/2018, n. 4418;
16/3/2018, n. 1693;
8/2/2016, n. 507;
5/1/2015, n. 6;
Sez. IV, 13/11/2017, n. 5204).

In materia di sanzioni amministrative vige, infatti, il principio di stretta legalità fissato dall’art. 1, comma 2, della L. 24/11/1981, n. 689, in base al quale “ Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano solo nei casi e per i tempi in esse considerati ”.

Dalla trascritta disposizione, che pone una riserva di legge analoga a quella di cui all'art. 25 Cost., discende che le fattispecie soggette a sanzione pecuniaria si caratterizzino per tipicità e determinatezza, di modo che resta esclusa ogni possibilità di integrazione analogica della norma sanzionatrice per estenderne l'applicazione a ipotesi in essa non contemplate (Cons. Stato, Sez. VI, 12/11/2014, n. 5550;
28/6/2010, n.4141;
Sez. V, 12/10/2018, n. 5883;
sugli esposti principi si veda anche Cass. Civ., Sez. II, 22/5/2007, n. 11826;
Sez. I, 22/1/2004, n. 1081 e 8/8/2003, n. 11968).

Alla luce delle esposte considerazioni non è quindi condivisibile, perché priva di basi normative, la tesi del Comune secondo la quale il principio di tipicità a cui è soggetta la sanzione prevista dall’art. 34, comma 2, del D.P.R. n. 380 del 2001, potrebbe, in particolari situazioni, subire deroghe così da consentire l’applicazione della misura sanzionatoria a ipotesi non considerate dalla norma.

Resta, infine, da rilevare che contrariamente a quanto l’appellante mostra di ritenere, non era compito del Tribunale indicare, una volta esclusa la possibilità di assoggettare l’illecito edilizio accertato a sanzione pecuniaria, quale altra misura repressiva fosse in concreto applicabile.

L’appello va, in definitiva, respinto.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Sussistono eccezionali ragioni per disporre l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.

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