Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2012-12-21, n. 201206647

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2012-12-21, n. 201206647
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201206647
Data del deposito : 21 dicembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02574/2012 REG.RIC.

N. 06647/2012REG.PROV.COLL.

N. 02574/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2574 del 2012, proposto da:
B D, P M B, rappresentati e difesi dagli avv. A T, I R, con domicilio eletto presso I R in Roma, via Livio Andronico, n. 24;

contro

Comune di Vestone, rappresentato e difeso dagli avv. G P, Emanuele Corli, con domicilio eletto presso G P in Roma, viale Giulio Cesare n. 14a/4;

nei confronti di

Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Brescia;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA: SEZIONE II n. 01291/2011, resa tra le parti, concernente partecipazione al costo della retta centro diurno disabili;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Vestone;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2012 il Cons. A P e uditi per le parti gli avvocati Romagnoli e Pafundi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - La signora B D, anche in qualità di amministratrice di sostegno di Mauro Bacchetti, e il signor Pier Mario Bacchetti hanno impugnato la sentenza del TAR di Brescia n. 01291/2011 che ha respinto il loro ricorso per l'annullamento:

per quanto attiene al ricorso introduttivo:

- della nota 11 marzo 2010, n. U0002706 del responsabile dei servizi sociali del Comune di Vestone;

- della deliberazione della Giunta comunale 12 febbraio 2010, n. 7, e di tutti gli atti preordinati, conseguenti e comunque connessi, ivi compreso ogni provvedimento di determinazione delle modalità di partecipazione al costo del servizio CDD, mensa CDD, trasporto o in generale dei servizi a favore delle persone con disabilità;

per quanto attiene al ricorso per motivi aggiunti:

- dell’atto di intimazione e costituzione in mora 6 settembre 2010, prot. U0009035.

2. - I ricorrenti sono, rispettivamente, la madre, nonché amministratrice di sostegno, e il padre di Mauro Bacchetti, disabile in situazione di gravità ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 3, comma 3, della legge n. 104/1992, inserito presso il Centro Diurno Disabili. Essi si dolgono dell’illegittimità degli atti con cui il Comune - pur applicando, in relazione alla retta di frequenza del servizio CDD, il principio della valorizzazione della dichiarazione ISEE del solo utente – ha previsto che, per quantificare la quota di partecipazione al servizio mensa e al servizio trasporto, si faccia, invece, riferimento all’ISEE familiare.

3. - La sentenza del TAR - superate le eccezioni di inammissibilità in considerazione del deposito dell’autorizzazione a stare in giudizio rilasciata dal giudice tutelare all’amministratrice di sostegno, nonché della circostanza per cui gli stessi genitori, in quanto richiesti di partecipazione alla spesa, hanno un interesse concreto ed attuale a censurare la legittimità degli atti impugnati – respinge il ricorso ritenendo che, nel caso in esame, non si possa ravvisare una fattispecie di rivalsa nei confronti dei soggetti che hanno l’obbligo alimentare nei confronti del disabile, ma si è piuttosto in presenza di una esigenza di compartecipazione alle spese per la prestazione del servizio, in ragione delle capacità economiche del disabile e della sua famiglia, come delineato dalla vigente normativa in materia, ed in particolare di quella regionale. Inoltre, fermo il rispetto delle disposizioni dell’art. 3, comma 2-ter, del D.Lgs. n. 109/1998, nel senso della valorizzazione della situazione economica del solo assistito, si può allargare la valutazione al nucleo di appartenenza ove la capacità contributiva complessiva superi una determinata soglia, individuata secondo canoni di correttezza, logicità e proporzionalità, ossia alla luce delle concrete condizioni di vita di una famiglia che accoglie al suo interno una persona svantaggiata” (principio già espresso nella sentenza TAR Brescia, I, n. 350 del 6 marzo 2008 e ribadito nella sentenza n. 1470/09, confermata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 551/2011). Ciò a maggior ragione nel caso in esame ove concorre la valutazione dell’indiscutibile capacità economica e patrimoniale del nucleo familiare in cui il disabile risulta essere a pieno titolo inserito.

Infatti nel caso di specie, il Comune ha utilizzato, per la determinazione della retta correlata alla fruizione del servizio del Centro Diurno, il riferimento al solo reddito del disabile, ricorrendo all’applicazione del principio di contribuzione estesa alla famiglia ai soli servizi accessori (trasporto e mensa) nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di adeguatezza individuati dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 1607/2011. Al Comune spetta di garantire il trasporto del disabile, ma non anche di garantire la gratuità del servizio. Il principio di proporzionalità è rispettato, tenuto conto della capacità economica e patrimoniale del nucleo familiare. È ragionevole, inoltre, stabilire che chi abbia già un beneficio finalizzato a facilitare gli spostamenti (a causa dell’impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore) non cumuli altro analogo beneficio, consistente in una riduzione tariffaria per il servizio di trasporto, che è comunque garantito.

4. – Gli appellanti censurano in primo luogo la volontà del Comune di attribuire ai familiari civilmente obbligati la compartecipazione agli oneri per i servizi destinati agli assistiti. L’aver indirizzato la nota 11 marzo 2010 al padre dell’assistito Vittorio, e non all’assistito stesso o all’amministratrice di sostegno nella persona della madre B D, dimostra l’intenzione di attribuire gli oneri ai familiari obbligati agli alimenti e non può certamente essere considerata meramente erronea, come assume la sentenza del TAR. Del resto lo stesso Comune fa espresso riferimento ad un sistema di compartecipazione alle spese in rapporto alle capacità economiche del disabile e della sua famiglia. Gli appellanti sottolineano che il Comune continua pervicacemente ad attenersi all’art. 8 della legge regionale n. 3/2008, che prevede la compartecipazione alle spese dei familiari, ma che deve essere interpretata in modo costituzionalmente orientato come affermato da oramai numerosissime decisioni giurisdizionali, al punto che la stessa Regione Lombardia ha modificato in modo esplicito con la legge regionale n. 2 del 2012, eliminando ogni riferimento ai soggetti civilmente obbligati e applicando il principio di cui all’art. 3, comma 2-ter, del D.Lgs. n. 109/1998 di evidenziazione della situazione economica del solo assistito. Pertanto si richiede con il primo motivo di appello di accertare la carenza di legittimazione passiva del signor P M B a ricevere la nota.

Con il secondo motivo di appello, si riafferma la immediata e piena applicabilità del principio dell’art. 3, comma 2-ter, del D.Lgs. n. 109/1998, in contrasto con le statuizioni della sentenza impugnata che giudicano ragionevole e compatibile con il principio suddetto, quando si tratti dei costi di servizi accessori e la capacità contributiva superi una determinata soglia, l’allargamento alla valutazione patrimoniale e reddituale del nucleo familiare. Il principio di eguaglianza sostanziale invocato dalla sentenza impone proprio il contrario e cioè che il principio di considerazione del reddito del solo assistito si applichi ai disabili adulti sulla base del loro diritto all’autonomia. Altrimenti si tornerebbe a considerare il disabile grave un’appendice della famiglia originaria. In tal modo si incentiverebbero le famiglie a disinteressarsi dei disabili gravi con conseguente emarginazione dai nuclei familiari, contro le espresse finalità del citato art. 3, comma 2-ter, di favorire la permanenza dell’assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e determinando il ricorso ai servizi residenziali molto più onerosi di quelli diurni. Inoltre la stessa sentenza riconosce che il principio della considerazione della situazione economica del solo assistito deve ritenersi valido per ogni prestazione erogata al disabile e quindi anche, a maggior ragione, con riferimento ai servizi di trasporto e mensa. Gli appellanti sottolineano al riguardo che l’art. 3, comma 2-ter, descrive l’ambito della prestazioni considerate con un’ampia perifrasi (“percorso assistenziale integrato di natura socio sanitaria”), che evidentemente include le prestazioni accessorie e strumentali.

Il terzo motivo di appello si riferisce alla mancata considerazione della questione relativa alla qualificazione del servizio di trasporto come servizio scolastico, perciò rientrante nell’art. 28 della legge n. 118/2001, che prevede il trasporto gratuito per i mutilati e invalidi civili, non autosufficienti, che frequentino la scuola dell’obbligo o corsi di addestramento professionale. La interpretazione estensiva di tale norma, anche a seguito di una sentenza della Corte costituzionale, ai Centri diurni per i disabili è già stata sancita da sentenze del giudice amministrativo e dalla stessa Sezione del TAR di Brescia con la sentenza n. 1047/2011 sulla scorta di sentenze del Consiglio di Stato CdS, V, n. 2361/2008, e n. 1607/2011. Non si comprende quindi come nel caso in esame lo stesso TAR possa giungere a conclusioni opposte.

Il quarto motivo di appello censura la sentenza per non avere affrontato il vero tema posto dal ricorso con riferimento alla normativa internazionale in materia di disabili e al principio costituzionale di eguaglianza e al principio di parità di trattamento come sancito dall’art. 26 della legge n. 104/1992, che specifica che spetta ai Comuni di assicurare le modalità di trasporto individuali per le persone handicappate non in grado di servirsi dei mezzi pubblici. Pertanto in questo caso non si discute della gratuità del servizio, oggetto del precedente motivo di appello, ma del diritto dei disabili a non pagare per il trasporto tariffe assai più onerose, fattore di grave disparità di trattamento e anche di discriminazione, come quelle imposte ai frequentanti del Centro Diurno per i disabili.

Il quinto motivo di appello censura la sentenza per avere accolto la tesi comunale sul rispetto del principio di proporzionalità in rapporto alla capacità economica e patrimoniale dei ricorrenti. Tale principio risulta invece manifestamente violato se si considera complessivamente viene richiesto alle famiglie degli utenti una contribuzione che arriva a superare il 65 per cento del costo dei servizi di mensa e trasporto, restando al Comune un onere pari al 35 per cento del costo di tali servizi. Sul principio di proporzionalità del contributo delle famiglie lo stesso TAR di Brescia si era già pronunciato, segnando precisi limiti a pretese considerate irragionevoli rispetto alla capacità contributiva per cifre assai inferiori a queste richieste dal Comune di Vestone (TAR Brescia n. 350/2008). La capacità contributiva non può essere presunta, ma va quantificata in base ad una effettiva istruttoria.

Con il sesto motivo dell’appello, la sentenza del TAR viene censurata per aver considerato legittima la previsione del regolamento comunale che collega la misura della partecipazione al costo del servizio di trasporto ai redditi di natura assistenziale percepiti dall’utente. In particolare la sentenza afferma che la indennità di accompagnamento viene presa in considerazione al fine di escludere il cumulo con altro beneficio come l’erogazione di un servizio di trasporto. In realtà il regolamento del Comune aggredisce non solo l’indennità di accompagnamento, ma anche la pensione di invalidità, in misura assai rilevante. Sono ampiamente esposte le finalità per le quali questi benefici sono attribuiti allo scopo di garantire dignità attraverso un minimo di autonomia del disabile anche sulla base di sentenze della Corte Costituzionale. Le finalità non hanno nulla a che fare con il servizio di trasporto, oltre al fatto che gli importi delle indennità sono assolutamente insufficienti rispetto alla finalità per cui sono assegnate, che è quella di assicurare dignità e autonomia del disabile, come appare evidente da studi svolti sui costi che le famiglie devono affrontare nel caso in cui mantengano stabilmente al loro interno il disabile. Se si ritiene ammissibile l’incameramento dell’intera indennità di accompagnamento ai fini del trasporto da e verso i Centri Diurni, la normativa legislativa in materia dovrebbe ritenersi inficiata di incostituzionalità per contrasto con gli articoli 2,3,38 e 53 Cost., oltre all’art. 10 in relazione al rispetto degli art. 3 e 25 della Convenzione di New York, in quanto non idonea a consentire ai soggetti non autosufficienti condizioni esistenziali compatibili con la dignità della persona umana.

5. - L’Amministrazione appellata si costituisce con propria memoria contestando preliminarmente la legittimazione ad agire per carenza di interesse degli appellanti, dal momento che essi non hanno presentato la dichiarazione ISEE né per l’assistito né per se stessi. Ne consegue la carenza di interesse all’impugnazione delle determinazioni riguardanti le modalità di compartecipazione alla spesa dei servizi in considerazione. Nel merito i motivi di appello sono infondati:

- la nota 11 marzo 2010 è un atto endoprocedimentale non autonomamente impugnabile, con la quale si richiede la presentazione del modello ISEE al fine di determinare la compartecipazione, senza alcun riferimento agli obbligati agli alimenti. Il fatto che sia indirizzata al padre invece che alla madre, come amministratrice di sostegno costituisce un errore irrilevante, visto che il successivo provvedimento di intimazione di pagamento in data 6 settembre 2010 è indirizzata a quest’ultima. In ogni caso il contenuto non poteva essere che quello, trattandosi di atto a natura vincolata alla luce delle precedenti determinazioni della Giunta comunale. In ogni caso, il motivo di appello è infondato alla luce della giurisprudenza (sent. CdS n. 1607/2011) che riconosce agli enti erogatori la possibilità di introdurre criteri ulteriori per la compartecipazione alle spese quale il rilievo dato alla presenza di un soggetto obbligato agli alimenti.

- le disposizioni dell’art. 3, comma 2-ter, del D. Lgs. n. 109/1998, che prevedono la evidenziazione della situazione economica del solo assistito, in relazione alle modalità di contribuzione al costo delle prestazioni, si riferiscono alle prestazioni inserite in percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria. I servizi di mensa e di trasporto non rientrano nel concetto di prestazioni di natura socio sanitaria. Secondo il

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